Sommario
Le bronchiectasie sono una malattia polmonare cronica, caratterizzata dalla formazione di dilatazioni permanenti e irreversibili della parete dei bronchi. Questa modificazione anatomica favorisce l’accumulo di muco all’interno delle vie respiratorie, condizione che può promuovere la replicazione di batteri e virus. Quindi può determinare la comparsa di infezioni respiratorie ricorrenti, che coincidono con le riacutizzazioni della malattia.
Le cause possono essere congenite, in una percentuale relativamente bassa di casi, oppure acquisite. Le bronchiectasie acquisite possono essere, a loro volta, provocate da infezioni respiratorie pregresse trascurate oppure da ostruzione bronchiale. In entrambi i casi, il meccanismo comune con cui queste cause portano all’insorgenza delle bronchiectasie è rappresentato dall’infiammazione cronica.
Questa patologia può presentarsi, soprattutto nella sua fase iniziale, con sintomi lievi (forma paucisintomatica). Quindi, possono essere confusi con i segni di una bronchite, o in forma asintomatica. Le manifestazioni compaiono negli anni e sono perlopiù rappresentate dalla tosse cronica con produzione di grandi quantità di muco e dalla dispnea. Le forme più gravi sono generalmente riscontrabili nelle persone con fibrosi cistica in fase avanzata.
Vengono diagnosticate a valle della ricostruzione della storia del paziente e dell’esecuzione di esami quali la radiografia toracica e la TC polmonare ad alta risoluzione. Il trattamento previsto deve essere personalizzato caso per caso. Si compone di un approccio farmacologico, terapie mediche (come la fisioterapia respiratoria) e, in casi specifici, della chirurgia.
Perché la qualità di vita rimanga soddisfacente, è necessario che il paziente aderisca alle prescrizioni scrupolosamente, ma anche che segua uno stile di vita sano, rinunciando al fumo, all’alcol e ad uscire con temperature molto basse.
Cosa sono le bronchiectasie
Le bronchiectasie sono una malattia respiratoria cronica progressiva che comporta la dilatazione irreversibile (dal greco ἔκστασις) della parete bronchiale dovuta a cause congenite o acquisite senza distruzione della stessa.
Qual è il meccanismo patogenetico delle bronchiectasie?
L’infiammazione provoca la migrazione di cellule del sistema immunitario, che accorrono per portare soccorso. Le prime a comparire sono i neutrofili: il loro intervento può portare alla risoluzione del problema oppure, se lo stimolo patogeno permane, al fallimento della missione.
Se la task force immunitaria non ha avuto successo, non si dà per vinta, ma prosegue nella sua azione offensiva contro le cause che l’hanno generata. Per perseguire questo obiettivo prolunga lo stato di emergenza: a livello molecolare, questo significa che l’infiammazione persiste.
Ma è proprio questo fattore a determinare il rilascio di molecole che, intenzionate ad agire contro il nemico esterno, si scagliano involontariamente anche contro le stesse strutture anatomiche del corpo, danneggiandole irreversibilmente. Il fuoco nemico è rappresentato, in questo caso, dalle elastasi, enzimi che attaccano le proteine presenti nell’epitelio.
Il risultato è la progressiva fibrosi dei bronchi, che porta alla perdita di elasticità della parete bronchiale e alla contrazione delle strutture che circondano i bronchi stessi. Questi due fattori determinano una trazione sulla parete dei bronchi, che ne provoca la dilatazione, la bronchiectasia, appunto.
Epidemiologia
Un’interessante ricostruzione epidemiologica su questa patologia è stata effettuata da un gruppo di ricercatori della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali dell’Università di Sassari e con l’Istituto di Ricerca della Società Italiana di Medicina Generale. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica BMC Pulmonary Medicine, si basa sui dati ottenuti da oltre un milione di pazienti, seguiti da più di 800 medici di medicina generale nel periodo compreso tra il 2002 e il 2015.
Ne è emerso che le bronchiectasie non sono una condizione rara, come per molto tempo si è creduto, nella popolazione italiana. La prevalenza e l’incidenza delle bronchiectasie nel nostro Paese nel 2015 sono state rispettivamente pari a 163 casi su 100.000 persone e 16,3 su 100.000 persone all’anno.
Inoltre, questa patologia è più frequente al di sopra dei 75 anni e, di poco, nella popolazione femminile.
Per monitorare il comportamento della malattia nella popolazione è stato istituito un Registro Nazionale (IRIDE), che costituisce la sezione italiana del Registro Europeo (EMBARC).
Bronchiectasie diffuse e focali: le differenze
La differenza fra le due forme della malattia dipende essenzialmente dalla distribuzione delle lesioni, che possono essere concentrate in uno o due punti oppure distribuite nei polmoni.
Bronchiectasie diffuse
Colpiscono molte aree dei polmoni e si verificano soprattutto nei pazienti con anomalie genetiche e, dunque, forme congenite della malattia, in particolare nelle persone con la fibrosi cistica.
Queste forme sono anche comuni nei Paesi in via di sviluppo e possono rappresentare una complicanza di disturbi autoimmuni, come l’artrite reumatoide o la Sindrome di Sjögren, o di malattie respiratorie come la BPCO o l’asma.
Forme focali
Le bronchiectasie focali si concentrano in una o due aree polmonari e sono perlopiù dovute a cause ostruttive che colpiscono le grandi vie respiratorie.
L’ostruzione e la conseguente impossibilità di drenare il muco ne determina il ristagno, aumentando il rischio di infezione, che, a sua volta, accende l’infiammazione e porta a nuove lesioni della parete delle vie aeree.
L’area dei polmoni più colpita da queste forme è il lobo medio destro. La sua particolare conformazione, caratterizzata da un bronco piccolo e angolato e dalla vicinanza con i linfonodi, lo rende più soggetto alle infezioni, in particolare da microorganismi come i micobatteri:
- Haemophilus influenzae
- Pseudomonas aeruginosa
- Moraxella catarrhalis
- Staphylococcus aureus
- Streptococcus pneumoniae.
Generalmente le colonizzazioni sono portate avanti da più microbi. Inoltre, queste condizioni sono alla base di fenomeni come l’ostruzione bronchiale e le bronchiectasie focali.
Dilatazione delle vie aeree: classificazione di Reid
La forma delle dilatazioni presenti nei bronchi colpiti da bronchiectasie è modellizzata dalla classificazione di Reid.
In base a questa, si possono avere 3 tipi di dilatazioni.
- Cilindriche: i bronchi sono dilatati in maniera uniforme e decorrono senza la fisiologica rastremazione. Vengono conservate le ramificazioni nei rami bronchiali, anche se alcune di esse sono tamponate da tappi di secrezioni.
- Varicose (o varicoidi): sono tortuosità del decorso dei bronchi, che diventa irregolare, con aree di dilatazione alternate ad aree di costrizione; vengono perse numerose ramificazioni bronchiali.
- Cistiche: sono le alterazioni più gravi, comunemente presenti nei pazienti con fibrosi cistica. Le dilatazioni cistiche sono rappresentate da bronchi con dilatazioni di forma rotonda; viene perso il 75% delle ramificazioni bronchiali.
Come si manifesta e qual è l’andamento della malattia
Il sintomo principale è costituito dalla tosse cronica, che produce grandi volumi di un espettorato denso, viscoso e purulento. Inoltre, l’ostruzione bronchiale determina la comparsa di difficoltà respiratoria (dispnea). Può essere presente dolore al torace.
Uno dei sintomi caratteristici è l’ippocratismo digitale, ovvero la dilatazione della punta delle dita (delle mani o dei piedi) conseguente alla proliferazione del tessuto connettivo compreso tra il letto dell’unghia e l’osso del dito. Questa caratteristica può essere osservata perché provoca un aumento dell’ampiezza dell’angolo con cui l’unghia emerge dal dito (rivolta, quindi, verso l’alto) e la presenza di tessuto spugnoso al di sotto dell’unghia.
Inoltre, all’auscultazione del paziente il medico percepisce suoni respiratori anomali:
- crepitii: un tempo erano chiamati rantoli. Sono paragonabili al rumore ottenuto dallo sfregamento di una busta di plastica e sono generati dalla riapertura di alveoli precedentemente collassati.
- Ronchi: possono essere uditi sia durante l’inspirazione che durante l’espirazione e sono compatibili con diverse condizioni; sono generati dalla reazione dei bronchi che cercano di modulare l’ostruzione.
- Sibili: sono fischi che aumentano di intensità durante l’espirazione e dipendono dal restringimento delle piccole vie aeree; sono solitamente associati alla dispnea.
Bronchiectasie senza tosse: è possibile?
I sintomi delle bronchiectasie compaiono in maniera subdola, mantenendosi lievi e aspecifici e peggiorando gradualmente nel corso degli anni. Quindi, le bronchiectasie possono non causare tosse anche per anni.
Cause e fattori di rischio
In molti casi la causa della malattia è ignota: queste forme vengono definite idiopatiche. Quando conosciuta, la causa può essere di tipo congenito, e quindi presente fin dalla nascita, oppure acquisito.
Le bronchiectasie non sono una malattia contagiosa.
Le cause delle bronchiectasie congenite
Le bronchiectasie congenite sono relativamente rare e responsabili del 15% dei casi totali. Sono il risultato della formazione di un epitelio respiratorio alterato durante la vita embrionale.
Fra le possibili cause presenti fin dalla nascita, la più diffusa è la fibrosi cistica, seguita dai disordini del movimento delle ciglia presenti sulle cellule che rivestono le pareti dei bronchi con la funzione di mantenere deterse le vie aeree (discinesia ciliare primitiva).
Fra i difetti congeniti causa di bronchiectasie, anche alcune malformazioni, come la tracheobroncomegalia. Definita anche Sindrome di Mounier-Kuhn, è una dilatazione diffusa dell’albero tracheo-bronchiale, associato a flaccidità degli anelli cartilaginei della trachea e dei bronchi principali.
Un’altra patologia correlata all’insorgenza delle bronchiectasie è la broncomalacia (Sindrome di William-Campbell), che comporta la parziale o completa assenza delle cartilagini bronchiali.
Vi sono, poi, alcune sindromi di cui le bronchiectasie sono una componente. Fra queste la Sindrome di Kartagener, detta anche Triade di Kartagener, che comprende bronchiectasie, sinusite e situs inversus (una condizione congenita nella quale tutti gli organi presenti nel torace e nell’addome sono collocati dalla parte opposta rispetto a quella fisiologica) e la Sindrome di Young, che comporta bronchiectasie, sinusite e azoospermia.
Forme acquisite
Le cause delle forme acquisite possono essere di tipo infettivo oppure ostruttivo; il decorso di queste forme viene peggiorato da fattori non evitabili, come l’invecchiamento, ed evitabili, come il fumo.
Sia le bronchiectasie post-infettive che quelle post-ostruttive riconoscono come fattore patogenetico comune l’infiammazione, che cronicizza e distrugge progressivamente il tessuto di rivestimento dei bronchi e i sistemi fisiologici di pulizia delle vie aeree.
Le bronchiectasie post-infettive
Sono causate da un’infezione polmonare pregressa trascurata, che ha causato la cronicizzazione dell’infiammazione polmonare e sono responsabili del 40-50% dei casi totali.
Infezioni correlate alle bronchiectasie
Si può trattare di polmoniti oppure di complicanze polmonari di malattie infettive quali morbillo e pertosse, tubercolosi e di tutte le patologie che possono portare a fibrosi del polmone. Fra queste, l’aspergillosi broncopolmonare allergica, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), responsabile del 10% dei casi di bronchiectasie, e l’asma, presente nel 5% dei pazienti.
Queste forme comprendono anche i casi dovuti a deficit del sistema immunitario, che comporta una maggiore esposizione al rischio di infezioni respiratorie e delle loro complicanze e conseguenze.
Altre condizioni
L’immunodepressione dovuta ad infezione da HIV o ad assunzione di terapie farmacologiche per la cura di malattie infiammatorie croniche o per la prevenzione del rigetto post-trapianto (terapia immunosoppressiva) è una condizione di rischio per le bronchiectasie.
Le bronchiectasie mostrano anche una certa correlazione con alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide e la Sindrome di Sjögren.
Le bronchiectasie post-ostruttive
Alla base delle bronchiectasie possono esserci cause ostruttive, ad esempio:
- presenza di corpi estranei
- masse tumorali
- modificazioni strutturali postoperatorie del tessuto polmonare
- linfoadenopatie (ingrossamento dei linfonodi).
L’ostruzione di una grande via aerea ostacola il drenaggio delle secrezioni, il cui ristagno innesca un ciclo vizioso di infezione, conseguente infiammazione e danno della parete bronchiale.
Dove si sviluppano più di frequente le forme post-ostruttive
Il lobo medio destro è quello più coinvolto nelle bronchiectasie post-ostruttive, perché il suo bronco è piccolo e angolato e ha linfonodi nelle immediate vicinanze.
La linfoadenopatia può provocare infezioni da micobatteri, che a loro volta possono causare ostruzione bronchiale e bronchiectasie focali.
Diagnosi: come si riconoscono le bronchiectasie
Lo step primario della diagnosi delle bronchiectasie è rappresentato dall’anamnesi, ossia la ricostruzione della storia del paziente, e dall’esame obiettivo.
La radiografia toracica è un esame di primo livello che può fornire le prime indicazioni e addirittura essere diagnostico per la malattia. Permette di accertare l’ispessimento delle pareti delle vie aeree (dovuto alle infiltrazioni cellulari associate all’infiammazione) e la loro dilatazione, condizioni che producono il reperto caratteristico dei segni da binari del tram. L’esame presenta opacità sparse, espressioni dei tappi di muco che bloccano molte vie aeree.
Il test diagnostico più valido è la TC ad alta risoluzione del torace (HRTC), che consente di valutare l’estensione delle bronchiectasie. Può essere effettuata una TC dei seni paranasali nei pazienti con forme congenite di bronchiectasie associate alla fibrosi cistica o alla discinesia ciliare.
Il monitoraggio della progressione della malattia viene realizzato con i test di funzionalità polmonare (fra cui la spirometria), che evidenziano e quantificano la limitazione del flusso aereo dovuta alla malattia.
Le frequenti riacutizzazioni impongono talvolta di istituire tempestivamente una terapia antibiotica. Per accelerare l’individuazione delle molecole efficaci, ogni paziente dovrebbe essere studiato per determinare quali tipi di microorganismi alberga più facilmente nelle vie respiratorie. Questa valutazione viene effettuata nei periodi di remissione con una coltura dell’espettorato.
La broncofibroscopia prevede l’osservazione delle diramazioni bronchiali in endoscopia attraverso l’inserimento di uno strumento a fibre ottiche. L’esame permette la raccolta di campioni di muco da sottoporre all’esame colturale.
Verificare la presenza di altre patologie
Esistono, inoltre, test specifici per accertare cause sospette alla base della malattia.
Per esempio, può essere effettuata una ricerca sierologica delle immunoglobuline (IgG, IgA, IgM) per accertare la presenza di immunodeficienza comune variabile. Oppure il test del sudore per la diagnosi della fibrosi cistica, il dosaggio del fattore reumatoide, degli anticorpi anti-nucleo (ANA) e il test per gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili se viene ipotizzata una patologia autoimmune.
Vengono dosate le IgE nel siero e le precipitine per Aspergillus per escludere l’aspergillosi broncopolmonare allergica, l’alfa-1-antitripsina per verificare la presenza di un enfisema.
In caso di sinusite o otite media croniche deve essere sospettata la discinesia ciliare primaria, che può essere confermata dall’esame di un campione epiteliale nasale o bronchiale.
Come si riconoscono le riacutizzazioni delle bronchiectasie?
Una riacutizzazione è definita come un deterioramento che si protrae per almeno 48 ore di almeno 3 dei seguenti sintomi:
- tosse
- volume e/o consistenza dell’espettorato
- purulenza dell’espettorato
- dispnea
- stanchezza e/o malessere ed emottisi.
Bronchiectasie o bronchite cronica?
La bronchite cronica e le bronchiectasie hanno molti aspetti in comune, ma queste ultime sono associate ad una produzione giornaliera di escreato più abbondante e purulento e per le tipiche alterazioni delle vie aeree evidenziabili negli studi di imaging.
Decorso e riacutizzazioni
Il decorso delle bronchiectasie è generalmente costellato da riacutizzazioni, che coincidono con le infezioni, alternate a periodi di miglioramento della sintomatologia. Mentre nella fase iniziale le remissioni sono caratterizzate da un recupero completo della capacità respiratoria, con il trascorrere del tempo il recupero è sempre più incompleto.
Il decorso delle bronchiectasie è fortemente variabile, da caso a caso. Globalmente, le forme associate alla fibrosi cistica hanno il decorso peggiore. Le riacutizzazioni si manifestano con il peggioramento della tosse, della dispnea e con l’aumento del volume e della purulenza dell’espettorato. Inoltre, può essere presente una lieve febbre e sintomi generali quali la stanchezza e il malessere.
Come si manifestano i casi avanzati di bronchiectasie
Nei casi avanzati, l’accumulo di catarro nelle sacche dei bronchi dilatati espone al rischio di infezioni (bronchiectasiti), che, nel tempo, causano lesioni irreversibili. Queste alterazioni ostacolano il flusso dell’aria, riducendo la capacità respiratoria in maniera significativa (insufficienza respiratoria) e causando una riduzione della saturazione di ossigeno dell’emoglobina (ipossiemia).
L’alterazione del tessuto bronchiale causa la riduzione del calibro dei vasi sanguigni, responsabile dell’aumento della pressione (ipertensione polmonare). La difficoltà che il sangue incontra nel circolare nei vasi polmonari crea una pressione a ritroso sul lato destro del cuore. Lo sforzo che il cuore deve compiere per pompare il sangue nei polmoni, nel lungo periodo, porta all’insufficienza cardiaca, che peggiora la dispnea e provoca la comparsa di vertigini.
Nel tentativo di riparare i danni riportati dai bronchi, l’organismo cerca di deporre nuovo tessuto con nuovi vasi sanguigni. Questo processo, chiamato neoangiogenesi, porta però alla formazione di vasi sanguigni tortuosi e alterati, facilmente soggetti a rottura. Questa eventualità coincide con la raccolta locale di sangue e la sua emissione dalla bocca, un fenomeno definito emottisi.
Qual è l’aspettativa di vita
La malattia ha un forte impatto sulla aspettativa di vita. Infatti, si stima che a 10 anni dalla diagnosi il 25% dei pazienti sia già giunto a morte. Il tasso di mortalità è più elevato quanto minore è l’aderenza complessiva alle terapie prescritte (farmaci, trattamenti medici e stile di vita).
Inoltre, la mortalità è aggravata da fattori quali l’età , i parametri della funzionalità respiratoria, il numero di ospedalizzazioni e la presenza di ipertensione polmonare.
Le bronchiectasie comportano anche una spesa sociale molto elevata, più elevata rispetto a quella della BPCO.
Le conseguenze
La migrazione degli elementi di difesa nelle pareti delle vie aeree forma infiltrati che le ispessiscono e ostruiscono il passaggio dell’aria, causando la dispnea e, nelle fasi avanzate della malattia, l’insufficienza respiratoria.
La formazione di dilatazioni e la distruzione delle cellule ciliate sono responsabili della ritenzione di muco e dell’aumento della possibilità che si verifichi proliferazione locale di microorganismi, con conseguente sviluppo di infezioni respiratorie ricorrenti.
Poiché l’azione dei batteri è, a sua volta, uno stimolo infiammatorio, ogni infezione ha come conseguenza un aggravamento della malattia, per la formazione di nuove lesioni irreversibili.
Quali sono le complicanze
Le infezioni respiratorie ricorrenti possono determinare la deposizione di tessuto cicatriziale (fibrosi) e quindi la progressiva perdita di elasticità del polmone, che si traduce in una riduzione della sua capacità funzionale.
Le alterazioni polmonari restringono il diametro dei vasi sanguigni, ostacolando il passaggio del sangue e determinando ipertensione polmonare. L’aumento delle resistenze vascolari nel polmone rende più gravoso il lavoro di pompaggio del lato destro del cuore. Ne può derivare una forma di insufficienza cardiaca detta cuore polmonare.
Una delle possibili conseguenze delle bronchiectasie è rappresentata dalle infezioni polmonari gravi, che possono formare ascessi. La presenza di una sintomatologia particolarmente preoccupante deve spingere ad un consulto medico tempestivo. È importante, in particolare, alzare il livello di attenzione nel caso di febbre superiore a 38°C, respiro affannoso (più di 25 respiri al minuto), cianosi (in particolare alle labbra, che appaiono bluastre), forte dolore al torace (che rende difficoltoso tossire ed espettorare), senso di confusione mentale.
La colonizzazione da parte di microrganismi resistenti ai comuni antibiotici può portare ad infiammazione cronica di basso grado delle vie aeree, fonte di riacutizzazioni ricorrenti, che peggiorano la funzionalità respiratoria. La colonizzazione da Streptococcus aureus è fortemente associata a fibrosi cistica.
Il deterioramento della funzione polmonare può evolvere verso l’insorgenza di insufficienza respiratoria grave.
Perché le bronchiectasie sanguinano?
L’infiammazione stimola la deposizione di nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazione), più fragili. La loro spiccata facilità di rottura può portare all’emissione di sangue dalla bocca (emottisi). In caso di emottisi massive, il paziente deve essere ricoverato e sottoposto a trattamento specifico.
Come si curano le bronchiectasie
Nella maggior parte dei casi il trattamento comprende una combinazione di farmaci, di dispositivi medici e procedure (da eseguire il più possibile in autonomia) finalizzati a mantenere puliti i bronchi. Nel dettaglio, le singole soluzioni dipendono dai sintomi e dalle cause specifiche relative al singolo paziente.
Il principale obiettivo del trattamento, che non può, con gli strumenti oggi disponibili, risolvere la patologia, è il mantenimento di una buona qualità di vita.
Questo aspetto comprende:
- buon controllo della sintomatologia
- riduzione della frequenza delle riacutizzazioni
- mantenimento della funzione polmonare.
Per consentire al paziente di condurre una vita il più possibile normale, occorre trattare la malattia in sé, ma anche le condizioni di base che hanno portato a svilupparla, laddove possibile. Questo permette di rallentare la progressione della malattia.
Una aderenza terapeutica elevata e uno stile di vita bilanciato permettono di vivere una vita soddisfacente anche con le bronchiectasie.
Le prime linee guida per la gestione delle bronchiectasie sono state pubblicate nel 2017 da una equipe coordinata da Eva Polverino, patofisiologo respiratorio dell’Ospedale Vall d’Hebron di Barcellona.
Farmaci
Molti dei farmaci necessari al trattamento delle bronchiectasie devono essere somministrati con un dispositivo chiamato nebulizzatore, un apparecchio utilizzato anche per la terapia di altre malattie respiratorie.
Il farmaco, generalmente un mucolitico, un antibiotico o un broncodilatatore, viene introdotto in forma liquida nell’ampolla del dispositivo e trasformato, passando attraverso un compressore, in aerosol, che il paziente inala da un boccaglio.
I broncodilatatori sono farmaci che causano un rilassamento della muscolatura bronchiale e dunque un aumento del diametro delle vie aeree. Vengono prescritti solo in caso di gravi disturbi, quando è presente ostruzione reversibile, e per brevi periodi. Fra i broncodilatatori:
- beta-agonisti adrenergici a lunga durata di azione
- anticolinergici (come il tiotropio).
Invece, i beta-adrenergici a breve durata d’azione vengono usati al bisogno. Inoltre, può rendersi necessaria l’assunzione di cortisonici per via inalatoria, soprattutto in caso di ostruzione respiratoria o riacutizzazioni frequenti o marcata variabilità nelle misurazioni della funzione polmonare, ma sul loro ruolo i pareri non sono unanimi.
Sono anche in sperimentazione farmaci che riducono l’attività lesiva dell’elastasi, l’enzima che produce il danno sulla parete bronchiale.
Molta dell’efficacia dei farmaci prescritti per le bronchiectasie dipende dalla corretta assunzione, sia in termini di dosaggio che di frequenza. La bassa aderenza terapeutica è correlata ad una riduzione significativa della qualità della vita. Questa condizione può essere dovuta anche ad un uso scorretto degli inalatori.
Cosa fare in caso di riacutizzazione?
Le riacutizzazioni richiedono l’uso di antibiotici e broncodilatatori.
Il protocollo per l’uso degli antibiotici nella prevenzione delle riacutizzazioni deve essere adattato in maniera personalizzata. La cosiddetta terapia soppressiva riduce i sintomi e la frequenza delle riacutizzazioni, ma può aumentare il rischio di future infezioni da microrganismi resistenti.
Le linee guida suggeriscono l’uso di antibiotici nei pazienti con almeno 3 riacutizzazioni all’anno e in quelli con un numero anche minore di esacerbazioni ma con esame colturale con confermata colonizzazione da Pseudomonas aeruginosa.
La terapia cronica con macrolidi (azitromicina) riduce le riacutizzazioni e può rallentare il declino della funzionalità polmonare nei pazienti con fibrosi cistica. I macrolidi sono efficaci non solo per il loro effetto antibatterico, ma anche per l’attività antinfiammatoria e immunomodulatrice.
I broncodilatatori vengono somministrati per inalazione (soprattutto se i pazienti presentano dispnea con sibilo). Inoltre, durante le fasi di riacutizzazione viene aumentata la frequenza delle procedure di detersione delle vie respiratorie.
La superinfezione da micobatteri richiede quasi sempre una combinazione di antibiotici:
- claritromicina
- rifampicina o rifabutina
- etambutolo.
Trattamenti medici
I trattamenti medici sono procedure che contribuiscono ad eliminare le secrezioni dalle vie aeree, attenuando la tosse cronica e migliorando la sintomatologia durante le riacutizzazioni. È il terapista respiratorio a dover spiegare queste tecniche al paziente, in modo che questi possa applicarle da solo e individui quella più efficace.
La fisioterapia respiratoria comprende una serie di manovre meccaniche esterne, quali la percussione del torace, il drenaggio posturale (i due sistemi più usati) e la vibrazione, che hanno l’obiettivo di aumentare la mobilizzazione e la clearance delle secrezioni respiratorie.
Nel drenaggio posturale e nella percussione toracica, il paziente viene fatto ruotare per facilitare il drenaggio delle secrezioni da una specifica area del polmone, applicandogli colpetti con le mani per sciogliere e mobilizzare il muco stagnante, che può essere espettorato o drenato.
Per produrre una percussione del torace possono anche essere utilizzati vibratori meccanici e panciotti pneumatici.
Il drenaggio autogeno è una tecnica respiratoria che aiuta a spostare le secrezioni dalle vie aeree periferiche verso quelle centrali, per facilitarne il drenaggio.
Chirurgia
Il peggioramento della sintomatologia, l’insuccesso delle terapie o il sanguinamento massivo possono, in determinate circostanze, consigliare l’approccio chirurgico. L’intervento è quello di exeresi, ossia rimozione di un segmento polmonare (segmentectomia), di un lobo (lobectomia), di un intero polmone (pneumonectomia). Viene effettuato, soprattutto nei pazienti con fibrosi cistica, il trapianto bi-polmonare.
L’intervento di exeresi è più indicato in caso di lesioni focali.
Se il paziente viene colpito da un’emottisi massiva, deve essere trattato con antiemorragici e sottoposto in emergenza alla procedura di embolizzazione. Il medico inietta nell’arteria bronchiale rotta un colorante (mezzo di contrasto) che la rende visibile ai raggi X. Guidato dall’angiografia bronchiale, localizza la fonte di sanguinamento e la occlude introducendovi minuscole particelle di una materiale che blocca l’emorragia.
Come convivere con la malattia
Le bronchiectasie sono compatibili con una buona qualità di vita a patto di rispettare e seguire le prescrizioni del medico e di osservare uno stile di vita sano.
Meglio andare in vacanza al mare o in montagna?
L’esposizione alle temperature basse e all’inquinamento atmosferico peggiora la sintomatologia, perché irrita i bronchi. Compatibilmente con le proprie possibilità e con la diffusione ormai globale degli inquinanti, meglio non uscire quando fa molto freddo, preferendo le ore più calde delle giornate più soleggiate, anche in inverno e vivere in ambienti con una minore concentrazione di agenti irritanti.
In casa, utilizzare sistemi di ventilazione efficienti, mantenere un clima umidificato e non usare l’aria condizionata a basse temperature.
In generale, possono andare bene sia mare che montagna (a parte quando fa molto freddo).
Devo rinunciare allo sport?
Fra le raccomandazioni per uno stile di vita sano, c’è anche quella a praticare sport con regolarità senza affaticarsi. Fare movimento fisico contribuisce a mantenere la funzione respiratoria e migliora il benessere generale dell’organismo.
Anche sollevare pesi moderati non è sconsigliato.
Invece, praticare gli esercizi respiratori non rientra nelle attività sportive, ma aiuta a controllare l’ansia, a drenare le secrezioni bronchiali stagnanti e a familiarizzare con il respiro.
Posso mantenere una vita sociale e frequentare gli amici?
A parte le circostanze contingenti riguardanti la diffusione del SARS-CoV-2, le bronchiectasie non devono causare isolamento sociale, che si traduce in un peggioramento della qualità della vita.
Quando il clima è favorevole, è sempre positivo uscire all’aria aperta e frequentare persone.
Cosa mangiare con le bronchiectasie?
Nello stile di vita sano suggerito per la gestione delle bronchiectasie è compresa una corretta alimentazione.
Alle persone in sovrappeso viene raccomandato il recupero del peso forma con una dieta restrittiva. Infatti, maggiore è la massa del corpo e maggiore è il consumo di ossigeno. Inoltre, la presenza di accumuli di tessuto adiposo a livello del punto vita rende la respirazione più difficile perché impedisce la piena dilatazione dei polmoni.
La dieta deve innanzitutto comprendere una corretta idratazione. L’espettorazione di grandi quantità di muco e la respirazione difficile causano una ingente perdita di liquidi, che devono essere reintegrati.
Inoltre, i pasti non devono essere pesanti, per non creare un senso di gonfiore addominale che ostacolerebbe la respirazione. Quindi, meglio suddividere gli alimenti in più spuntini leggeri che concentrarli in un pasto pesante.
Il consiglio è di scegliere cibi che siano ricchi di antiossidanti, che hanno attività antinfiammatoria generale, vegetali, in particolare, ricchi di vitamine C, A ed E.
Infine, ridurre l’uso del sale da cucina ed evitare l’assunzione di bevande gassate, responsabili del gonfiore addominale che può ostacolare l’espansione dei polmoni.
Prevenzione
La prevenzione delle riacutizzazioni e la riduzione della loro intensità viene ottenuta sottoponendosi alle vaccinazioni consigliate, che sono quella anti-influenzale (da ripetere ogni anno) e quella anti-pneumococcica.
In alcuni casi è consigliata la terapia antibiotica soppressiva. Infine, per mantenere una buona qualità di vita occorre eliminare il fumo.
Fonti
- S.Aliberti et al – BMC Pulmonary Medicine, 2020.
- European Lung Foundation.
- E. Polverino et al – European Respiratory Journal, 2017.
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