Sommario
La valle della Bekaa
Lungo la strada di avvicinamento a Baalbek vedrete spesso una bandiera a disegni verdi su sfondo giallo. E’ quella di Hezbollah… Se è per questo, scendendo dalle vette del Monte Libano verso la Valle della Bekaa, nella quale si trova questo incredibile sito archeologico, troverete anche le famose piantagioni di marijuana che da decenni danno da vivere ai contadini locali.
Innumerevoli volte il governo e le autorità internazionali hanno tentato di estirparle. Con scarso successo, perché nella valle (occupata fino a pochi anni fa dai militari siriani, che esercitavano il potere in maniera arbitraria e feroce), una delle poche entrate sicure per gli abitanti è stata proprio quella derivante dalla droga.
I templi giganti di Baalbek
Sono cose che è bene sapere, arrivando a Baalbek, ma che per fortuna non toccano direttamente i turisti interessati ai templi. Quasi al confine con la Siria, Baalbek è una perla rara, una meta che da sola giustifica un viaggio in Libano. In epoca preromana era Heliopolis. La città dedicata al dio fenicio Baal fu poi colonia romana nel primo secolo avanti Cristo e in età imperiale fu arricchita con una serie di templi di dimensioni inimmaginabili. Una vicina cava custodisce un masso non ancora staccato ma simile a quelli usati nella costruzione del complesso. E’ talmente grande rispetto a una figura umana, che per secoli ci si è chiesti come sia stato tecnicamente possibile edificare templi e altri edifici così maestosi e sontuosi.
Purtroppo i terremoti, la trasformazione di alcuni edifici in chiese e soprattutto la fortificazione del complesso in epoca araba, fino alla decadenza sotto l’impero ottomano, hanno segnato la quasi scomparsa delle rovine sotto metri di sabbia. Questa coltre ha funzionato come le ceneri di Pompei, preservando molte opere, che sono state progressivamente scoperte negli ultimi 150 anni, soprattutto da tedeschi e francesi. Lo documenta una bella mostra sulla storia del sito, aperta in uno spazio visitabile prima di uscire dal complesso. Anche la cooperazione italiana sta lavorando da anni alla conservazione e messa in sicurezza del sito, che richiede una visita di qualche ora a causa della sua estensione e della complessità e ricchezza di motivi ornamentali.
Le cantine della Bekaa e Anjar
Per completare la visita della Bekaa, andando verso sud a Zahle ci si può fermare presso alcune celebri cantine libanesi. Tra queste lo Chateau Ksara, fondato a metà dell’Ottocento da monaci francesi che dopo un secolo hanno poi venduto a investitori privati. Molto spettacolari le cantine sotterranee, lunghe un paio di chilometri (www.chateauksara.com).
Ultima tappa, a pochi chilometri dal confine siriano lungo l’antica strada fra Beirut e Damasco, sono le rovine della città omayade di Anjar. Risalente alla prima metà del settimo secolo dopo Cristo, è inserita nel patrimonio Unesco. Sembra si trattasse di una specie di gigantesco centro commerciale con seicento negozi, che restò in funzione per una quarantina d’anni prima che fosse sconfitto il califfo che l’aveva fondato. E’ dunque molto interessante, anche perché del periodo dell’occupazione omayade del Libano restano solo Anjar e una moschea a pochi passi dai templi di Baalbek.
Le rovine di Tiro
Tiro è la città più meridionale del Libano. Dopo di essa l’autostrada che da Beirut scende verso sud si interrompe e inizia una terra di nessuno, una zona-cuscinetto che separa il paese da Israele. Lo stato ebraico si è ritirato da queste zone nel 2000, dopo oltre venti anni di occupazione. Da allora, non ha mai ripreso i rapporti diplomatici con la “repubblica dei cedri”, tanto che il passaggio fra i due stati è impossibile nonostante la vicinanza.
L’Unesco ha voluto dare una mano e nel 1984 ha inserito le rovine di Tiro, divise in varie sezioni della città, nel suo Patrimonio mondiale. Non ha sbagliato, perché la città ha una storia plurimillenaria, che decolla in età fenicia grazie al commercio della porpora, il prezioso pigmento ricavato dal murice. I coloni provenienti da Tiro fondarono colonie in Sicilia, Sardegna e soprattutto Cartagine in Tunisia. Della Tiro romana e bizantina restano due siti ampi e spettacolari:
- Al Bass più all’interno (con una necropoli e le rovine di un gigantesco stadio per le corse alla Ben Hur…)
- Al Mina sul mare, con meravigliosi colonnati, mosaici e marmi pregiati quasi lambiti dalle onde.
Il souk di Sidone
Risalendo verso nord e dunque verso la capitale, ci si ferma a Sidone: stesso scenario socioeconomico, e in più il Castello dei Crociati sul mare. Non solo: ci sono anche un caravanserraglio sede dell’Istituto francese, un souk abbastanza caratteristico con il bellissimo “Museo del sapone” della fondazione Audi e una piccola nota di speranza, il ristorante Tawlet. Ricordate il farmers’ market nel ricostruito souk di Beirut (ne abbiamo parlato nella prima tappa del nostro viaggio in Libano)? Ebbene, questo ristorante di Sidone si deve sempre all’iniziativa di Kemal Mouzawak.
Lo chef pacifista ha creato in tutto il Libano una rete di locali a scopo sociale che – come in questo caso – danno lavoro a brave cuoche scelte fra le donne libanesi meno fortunate, tra le profughe palestinesi e in altre categorie svantaggiate. Grazie a un piccolo ma elegante punto vendita, permette anche uno sbocco sul mercato a piccole cooperative che producono spezie, sapone e altri prodotti di artigianato.
E se il contributo italiano si nota negli scavi di Tiro, qui ad arredare il ristorante ci ha pensato la cooperazione norvegese, che ne ha fatto un piccolo pezzo di Oslo in pieno Medio Oriente … Inutile dire che si mangia benissimo: piatti nel solco della tradizione (peraltro ottima), ma con quel pizzico di cura artigianale e di passione civile che ne fanno un posto da non perdere (www.soukeltayeb.com).
Il misterioso dio della medicina
Ultima tappa prima di tornare nella capitale, pochi minuti dopo aver lasciato Sidone, è il tempio di Eshmun, antico e misterioso luogo di culto dedicato alla divinità fenicia della guarigione. Situato vicino al fiume Awali e colpito durante la guerra civile, il tempio ha perso i suoi gioielli che sono per fortuna, anche se parzialmente, esposti nel Museo archeologico di Beirut. Ma il luogo di provenienza ha comunque un fascino particolare, sia pure nella triste situazione di trascuratezza nella quale si trova. Le guide temono che i turisti attuali siano gli ultimi a trovare ancora qualcosa in questo sito, che a breve potrebbe essere cancellato dallo sviluppo urbanistico e dall’incuria.
Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche la prima parte del nostro viaggio in Libano, da Beirut a Tripoli.
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