Sommario
Se andrete in India, è molto probabile che il primo impatto sia con la capitale. Delhi è una metropoli di 15 (o 20, secondo altri calcoli) milioni di abitanti, che dopo essere stata a lungo il centro dell’impero Moghul, era stata poi declassata da Calcutta durante il dominio britannico. Ma poi è tornata in auge alla fine dell’epoca coloniale diventando la capitale dell’India postcoloniale, dal 1947 ad oggi.
Delhi: tra templi, moschee e il mausoleo di Gandhi
Il giro può iniziare proprio in un luogo simbolo della decolonizzazione: il Raj Ghat, ovvero il mausoleo dedicato al Mahatma Gandhi, l’artefice della liberazione dalla presenza britannica. Gandhi fu ucciso appena un anno dopo quel successo, nel 1948, e dopo la rituale cremazione ebbe dedicato un parco con al centro un sobrio ed elegante lastrone di marmo nero, adorno di fiori e meta di pellegrinaggio.
Dicevamo del passato di Delhi nell’impero Moghul, dunque sotto il dominio musulmano. Di quel periodo restano due monumenti da non perdere, la moschea Jama Masjid e il complesso del Qutb Minar. La moschea si trova nel cuore della Old Delhi, in una zona affollatissima e a suo modo pittoresca. Fu costruita alla metà del 1600 ed è caratterizzata da un enorme cortile che può ospitare fino a 25mila persone.
Qutb Minar è invece un meraviglioso minareto in mattoni, altro più di settanta metri, al centro di un vasto complesso archeologico nel cuore di Delhi. È meritatamente censito nel patrimonio Unesco e risale al 1200, con successivi rimaneggiamenti, riparazioni e aggiunte. Tutto intorno decine di altri monumenti, con pregevoli resti di moschee e di preesistenti templi indù e giainisti. Spicca su tutto, oltre al minareto, un reperto unico al mondo: la colonna di Ashoka, costruita altrove 1600 anni fa e poi trasferita a Delhi. Qui resiste impavida alla corrosione e custodisce intatta una incisione con la dedica a Vishnu.
A proposito di religioni, nella New Delhi, la zona monumentale ricca di musei e di edifici costruiti soprattutto dagli occupanti britannici. Qui si trova il Tempio d’Oro della religione Sikh. Si può visitare, anche se è obbligatorio farlo a piedi nudi. Il tempio di Delhi è bello e molto frequentato, anche se non ha l’importanza del Tempio d’Oro di Amritsar nello stato del Punjab, dove la religione Sikh ebbe origine alla fine del 1400. Una curiosità: chiunque può recarvisi non solo come visitatore o fedele, ma anche per mangiare. Sotto al tempio, infatti, si possono vedere un grande refettorio e delle cucine altrettanto spaziose. Ogni giorno decine di migliaia di persone si sfamano grazie a questa lodevole iniziativa.
Organizzare la visita a Delhi
Una piccola postilla, di carattere generale. In India, forse Delhi è uno dei pochissimi luoghi nei quali è possibile girare autonomamente, con taxi e risciò. Il traffico incontrollabile, tale da far sembrare le strade di Napoli o Roma quasi prive di pericoli, scoraggia qualunque tentazione di turismo fai-da-te. Da qui la necessità di organizzarsi con un bravo tour operator, che capisca le esigenze del viaggiatore italiano curioso e colto, ma allo stesso tempo abbia una perfetta conoscenza dell’India. In questo senso, mi sentirei di consigliare Kesar Singh di Viaggindia. Lui è un perfetto trait d’union fra i due mondi, visto che ha scelto di vivere da noi ma si tiene costantemente in contatto con la madrepatria. Sul suo sito www.viaggindia.it troverete decine di proposte per visitate nella maniera più adatta alle esigenze di ciascuno.
Jaipur: i 4 monumenti da non perdere
L’atmosfera cambia notevolmente spostandosi nella più fotogenica città di Jaipur, nello stato del Rajastan, a qualche ora di distanza da Delhi. Ottima idea, perché Jaipur merita davvero di essere conosciuta e apprezzata per almeno 4 monumenti.Il più celebre e iconico è il Palazzo dei vènti (Hawa mahal). Una sorta di quinta teatrale al riparo della quale le donne della corte del Maharaja potevano osservare il brulicante centro della città senza essere viste.È il primo biglietto da visita del centro storico, tutto dipinto in rosa e giustamente inserito nella lista Unesco. Se potete, tornate a vedere l’Hawa Mahal in orari diversi della giornata, per ammirare l’effetto cromatico cangiante della “pietra del deserto”, l’arenaria con cui è costruito.
Dopo aver visto questa magnificenza, il pur interessante settecentesco Palazzo del Maharaja al centro di Jaipur, poco distante dal Palazzo dei vènti, non potrà stupirvi più di tanto, benché anche lì non abbiano risparmiato negli effetti speciali, come nel magnifico Portale dei pavoni.
La seconda fermata obbligatoria è al cinquecentesco Forte Amber, a una decina di chilometri dal centro. Già l’avvicinamento è spettacolare, fra laghi e scorci di una sorta di “grande muraglia” che lo proteggeva esternamente. Arrivati alla base della collina, potete decidere se salire a piedi oppure in groppa a un elefante, naturalmente guidato dal suo padrone. Arrivati al Forte, visiterete una infinita serie di cortili, tutti magnificamente decorati e, per giunta, con materiali, colori e stili tutti diversi.
Molto più affascinante e unico nel suo genere è l’osservatorio astronomico Jantar Mantar, costruito dal Maharaja Jai Singh II intorno al 1730. Anch’esso è Patrimonio Unesco e merita una visita anche se foste completamente disinteressanti a stelle e pianeti.
Per il resto, Jaipur è una “cittadina” di qualche milione di abitanti, con parchi, università, zone periferiche degradate o ultramoderne, e un centro storico dove il degrado si mescola all’affascinante e frenetica attività di commercianti, venditori di streetfood, mucche al pascolo, ciclisti e conducenti di risciò.
Se a un certo punto avrete bisogno di staccare un attimo, sappiate che a duecento metri dal Palazzo dei vènti c’è un piccolo tempio indù in cima a una breve scalinata, che vi offrirà un’inaspettata pausa di quiete e misticismo, come se i clacson e gli altri rumori stradali non esistessero.
India in cucina: spezie e non solo
A proposito di cibo, colgo l’occasione per tornare sulla meravigliosa cucina indiana. Meravigliosa almeno per chi ama le spezie e non va pazzo invece per la carne, qui quasi del tutto assente per motivi religiosi. Al turista viene offerta regolarmente, almeno quella di pollo e tacchino, ma vi consiglio di provare a farne a meno almeno per qualche giorno. Quanto alle spezie, il viaggio è l’occasione per provarle un po’ tutte, a cominciare dalla meravigliosa curcuma.
Mandawa e Ab(h)aneri
Chiudo con altre due località del Rajastan, meno conosciute di quanto meriterebbero: Mandawa e Ab(h)aneri.
La prima si trova a nordovest di Jaipur. Famosa come “la città rosa”, Mandawa è rinomata per gli haveli, case di ricchi mercanti che poco più di un secolo fa le fecero affrescare con motivi tradizionali ma anche con immagini di sorprendente freschezza. La ricchezza di Mandawa derivava dall’essere uno snodo fondamentale delle rotte carovaniere. Adesso invece è molto isolata, e per raggiungerla occorrono varie ore su strade improbabili quanto affascinanti. Nel corso degli ultimi decenni, molti dei mercanti si sono trasferiti e hanno ceduto, abbandonato o nella migliore delle ipotesi affidato a dei custodi queste case, col risultato che gli affreschi sono ormai un pallido ricordo di ciò che erano all’inizio del Novecento.
A un centinaio di chilometri da Jaipur ma verso est, in direzione di Agra, si trova un’altra località incredibile: Ab(h)aneri. Oggi è un poverissimo villaggio agricolo, fondato probabilmente dal re Raja Chand, che verosimilmente fece costruire un tempio e un gigantesco pozzo a gradini davanti ad esso. Il risultato è una sorta di piramide rovesciata di quasi quattromila gradini su una dozzina di livelli. Qui si raccoglieva l’acqua che permetteva, tra l’altro, le abluzioni dei fedeli. Anche il tempio è su vari livelli sovrapposti, per consentire di averne sempre una parte disponibile in base al livello più o meno alto dell’acqua raccolta nel pozzo. Il Chand Baori (pozzo di Chand, appunto) è una costruzione quasi unica anche per l’India, e merita assolutamente una visita.