La guerra in Ucraina, fra i tanti disastri, sta mettendo a rischio da un anno anche le basi culturali e artistiche di quel paese. Abbiamo visto, in centinaia di servizi televisivi, anche gli sforzi per mettere in salvo le opere d’arte più importanti, e per contro, l’accanimento degli invasori russi contro teatri, biblioteche, scuole e altri luoghi della cultura.
Ebbene, anche se per chi è nato dopo la seconda guerra mondiale risulta difficile immaginarlo, la stessa cosa avvenne da noi in quegli anni. Da un lato i bombardamenti degli Alleati, dall’altro gli “acquisti” e poi le vere e proprie ruberie dei nazisti, stimolate dalla straordinaria abbondanza e popolarità delle opere d’arte italiane.
Cosa significa “arte liberata”
Di tutto questo, e soprattutto dell’incredibile e poco conosciuta attività di tanti benemeriti funzionari pubblici, parla “L’arte liberata 1937-47 – Capolavori salvati dalla guerra”, una bella mostra in corso a Roma fino al 10 aprile nelle Scuderie del Quirinale. La preparazione per ridurre i prevedibili danni della guerra iniziò per tempo, come spiegano i curatori, anche per merito del ministro Bottai.
Ma una volta entrati in guerra, a trovare nascondigli adatti a mettere in salvo le opere d’arte furono soprattutto i soprintendenti di tutt’Italia, quasi sempre apolitici se non antifascisti, giovani e spesso donne. La mostra ne ricorda tante e tanti, che dal nord al sud dettero prova di immensa inventiva oltre che di grande coraggio e vera abnegazione.
Da Piero della Francesca ad Hayez
Questa la cornice che permette ai curatori di mostrare opere di grandissimo valore, provenienti da un po’ tutti i musei italiani, salvate dalla distruzione mediante spostamenti in cantine, sotterranei, doppi fondi di gallerie e via dicendo.
Si va da Piero della Francesca a Luca Signorelli, da Tiziano ad Hayez, con sculture, tele, affreschi, arazzi e libri antichi, anch’essi sfuggiti a incendi, saccheggi e crolli di biblioteche.
Una piccola ma importante sezione è dedicata alla cultura ebraica (saccheggiata o distrutta con particolare accanimento dai nazisti) e al bombardamento dell’Abbazia di Montecassino, che aveva a lungo ospitato opere d’arte, ritenute più al sicuro in quel luogo di preghiera.
Il paziente recupero dopo la guerra
L’ultimo capitolo delle vicende illustrate da “L’arte liberata” è quello del recupero, dopo la guerra, di centinaia di opere trafugate, danneggiate, scomparse, ritrovate al mercato nero o in collezioni private.
Un impegno immane, coronato da successo in molti casi, ma anche ostacolato per quasi cinquant’anni dalla cortina di ferro, che rese la Germania Est pronta ad approfittare dei saccheggi nazisti e sorda alle nostre richieste.
Del resto anche le loro richieste ai “salvatori” sovietici ebbero la stessa sorte, e molte opere rubate sotto il controllo dell’Armata Rossa sono tornate a Dresda solo negli anni Novanta…
Monuments men fuori dallo schermo
La mostra si chiude dunque con la nascita dei “Monuments men” italiani, i “Caschi blu della cultura”, che proseguono su scala internazionale sotto l’egida dell’Onu i compiti che in Italia svolgono i Carabinieri per la tutela del patrimonio artistico.
Uscendo dal palazzo, evitate l’ascensore e scendete per la scala panoramica, che offre una bella vista sui tetti di Roma, dal Quirinale al Vittoriale e a Piazza San Pietro!
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