Siamo in Francia, o meglio in Bretagna e ancor più precisamente nel Finistère, ai cui confini più occidentali si trova un’isoletta meravigliosa, che fa da sfondo principale al giallo “Marea bretone” di Jean-Luc Bannalec.
E’ lo pseudonimo di Jörg Bong, scrittore, editore e critico letterario tedesco, autore dei romanzi che vedono protagonisti il commissario Dupin e la Bretagna. Devo dire che questi libri, pubblicati in Italia da Superbeat-Neri Pozza, a me piacciono più per la descrizione di paesaggi, cibi e abitudini bretoni che per la trama.
Niente strade né auto
Anche questo volume è eccezionale perché ti porta letteralmente sull’isola: 200 abitanti in mezzo chilometro quadrato, praticamente a livello del mare, ma con una storia secolare alle spalle. Per farvi capire: all’appello antinazista del generale De Gaulle, il 18 giugno del 1940, i primi a rispondere furono gli uomini dell’isola, che piantarono tutto e corsero in Inghilterra ad arruolarsi!
Non ci sono né strade né auto, si va a piedi o in bici, e gli otto chilometri dalla terraferma possono essere uno spettacolo o un incubo, in base al meteo e dunque alle condizioni del mare…
La chiesa, poi, è pura Bretagna di Bannalec: la “sorvegliano” due menhir, simbolo della immortale radice celtica della regione e dell’isola.
Al primo raggio di sole, tutti in spiaggia
Come in tutta la Bretagna, ogni angolo dell’isola è leggiadro e curatissimo. Anche la polemica contro chi porta via i ciottoli dall’isola è condotta con grande civiltà.
Mi ha colpito in particolare il meraviglioso rapporto col mare. Il giorno in cui abbiamo visitato Île-de-Sein, il tempo è stato bruttino fino alle 14, ma è bastato un po’ di sole per far rifulgere immediatamente i colori del paesaggio.
Tutti sono usciti rapidamente dalle case e hanno riempito la spiaggetta. I ragazzi hanno iniziato le gare di tuffi dal molo, e poco dopo i turisti son dovuti rientrare sulla terraferma con grande nostalgia …
Fari e case spettacolari
In un posto come questo, ma direi in tutta la costa bretone, si capisce che i salvavita dei marinai sono stati (e sono ancora) i fari. Qui ce ne saranno una decina, grandi o piccoli, anonimi oppure orgogliosamente denominati, con architetture sempre affascinanti.
Lo stesso aggettivo vale per quasi tutti gli edifici dell’isola, per i vicoletti costruiti strettissimi fra le case per ridurre gli effetti del vento e della pioggia. E perfino per il cimitero o per il monumento ai caduti (coperto di muschi e licheni, che gli hanno creato una specie di pelliccetta protettiva…). Insomma, se vi capita, andateci! Non ve ne pentirete.
© Brugam