Sommario
La terapia cognitivo comportamentale è una terapia psicoterapeutica che nasce dall’unione di due tipologie di terapia, quella cognitiva e quella comportamentale.
Ingloba al suo interno diversi approcci accomunati dall’idea che il disturbo o la sintomatologia derivino dall’apprendimento di un pattern di risposta comportamentale disadattivo a causa di processi cognitivi disfunzionali.
Attraverso un cambiamento a livello cognitivo (modifica dei pensieri automatici, credenze e schemi mentali), attuato tramite la terapia si potrà ottenere un cambiamento comportamentale (riduzione dei sintomi e/o guarigione).
Quindi, la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) viene privilegiata nel trattamento dei disturbi d’ansia, dell’umore, ossessivi e fobici ma può essere utilizzata per una moltitudine di altri disturbi psicologici.
Negli ultimi anni sono stati proposti approcci integrati in cui la terapia cognitivo-comportamentale è stata associata all’utilizzo di strumenti tecnologici di realtà virtuale.
Terapia cognitivo-comportamentale: cos’è e definizione
La terapia cognitivo-comportamentale è un approccio psicoterapeutico. E’ basata sull’idea che il disturbo psicopatologico (nella maggior parte dei casi) derivi dall’apprendimento di un pattern di risposta comportamentale disadattivo.
Questo approccio parte dall’idea che esista una stretta relazione tra:
- Pensieri
- Emozioni
- Comportamenti.
Il termine terapia comportamentale o Behavior Therapy è stato introdotto nel 1958. Quindi, fonda le sue radici nel comportamentismo e più in particolare nel condizionamento classico di Pavlov.
Il cane di Pavlov
Pavlov, Nobel nel 1904 per la Medicina e la Fisiologia, studiava il comportamento e l’apprendimento negli animali. Ogni volta che presentava del cibo al suo cane, questo salivava.
Quindi, associò la presentazione del cibo ad uno stimolo neutro come un suono di una campanella. E al termine della procedura di associazione, il cane produceva il comportamento di salivazione in risposta al solo suono della campanella senza che il cibo fosse presente.
Il cane aveva appreso ed emesso una risposta condizionata. Quindi, secondo Pavlov, la ripetuta associazione tra la campanella e la risposta comportamentale spontaneamente emessa dal cane (salivazione) era in grado di generare una risposta condizionata.
Ma questo tipo di apprendimento poteva verificarsi anche con stimoli avversivi, quali la paura, e portare a comportamenti disadattivi come la fobia. Inoltre, il comportamento poteva essere modellato attraverso l’utilizzo di rinforzi e punizioni. Sono variabili che aumentavano o riducevano, rispettivamente, la probabilità di emissione del comportamento appreso.
Quindi, le stesse leggi che governano l’apprendimento possono essere utilizzate a scopo terapeutico. Da questo pensiero prende spunto la terapia comportamentale.
Successivamente, in questo processo di apprendimento sono state inclusi oltre che le stimolazioni ambientali anche i fattori cognitivi come:
- Interpretazione che noi facciamo della situazione.
- Aspettative che abbiamo rispetto a noi stessi e agli altri.
- Esperienze pregresse.
Da qui il nome “terapia cognitivo-comportamentale” (TCC).
A cosa serve la terapia cognitivo-comportamentale
E’ una terapia psicoterapeutica che combina la terapia cognitiva (cambiare il modo in cui si pensa) con la terapia comportamentale (cambiare il comportamento).
Questa terapia è indicata per il trattamento di disturbi: psicologici, emotivi e comportamentali.
La sua efficacia è stata dimostrata per:
- Disturbi d’ansia
- Attacchi di panico
- Disturbi dell’umore
- Fobie
- Disturbo ossessivo-compulsivo
- Depressione
- Disturbo post traumatico da stress
- Disturbo da deficit di attenzione
- Iperattività e disturbo da accumulo.
Viene utilizzata anche nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare (bulimia, anoressia, binge eating disorder). Ma anche disturbi sessuali, disturbi del sonno, di coppia e di personalità.
Inoltre, la TCC tratta anche l’elaborazione del lutto, disturbi psicosomatici, dipendenze e stress. Viene preferita anche per il miglioramento dell’assertività o dell’autostima.
Essa permette di modificare il comportamento disfunzionale attraverso una modificazione dei pensieri, del modo di approcciarsi alla vita e ai problemi.
Buoni risultati si possono ottenere in poche sedute, fermo restando un coinvolgimento attivo e partecipativo del paziente. Tuttavia, in casi molto gravi sono necessarie terapie supplementari, come quella farmacologica.
Caratteristiche della TCC
Scientificità. La terapia cognitivo-comportamentale è scientificamente dimostrata come approccio valido ed efficace.
Durata limitata. La terapia cognitivo-comportamentale risolve il problema rapidamente focalizzandosi sul presente. Ma problemi che richiedono più di 12 mesi generalmente traggono beneficio da una psicoterapia integrata con altre tecniche e/o farmaci.
Concretezza e praticità. Infatti, tutti gli approcci TCC cercano di risolvere un problema (psicologico e comportamentale) visibile e misurabile come i sintomi ansiosi. La terapia è pratica, serve a ridurli o ad eliminarli.
Interesse specifico. Ogni intervento è diretto a problematiche specifiche dell’individuo modificandosi in funzione dei suoi successi, fallimenti ed evoluzione.
Partecipazione attiva del paziente e collaborazione. La TCC ritiene fondamentale la collaborazione terapeuta-paziente. Quest’ultimo è responsabile del proprio cambiamento. Quindi, deve avere una partecipazione attiva in questo processo e una forte motivazione.
Orientamento allo scopo. Molti approcci TCC forniscono al paziente gli strumenti e le tecniche per fronteggiare disturbi, disagi e ricadute simili in futuro.
Pregi e limiti della TCC
Vantaggi
- Efficacia scientificamente dimostrata.
- Breve durata.
- Azione diretta su problemi circoscritti, specifici, attuali e quotidiani.
- Flessibile in base alle richieste e alle esigenze del paziente.
- Insegnamento al paziente delle strategie per acquisire maggiore autonomia in futuro ed evitare ricadute.
Svantaggi
- Azione diretta su problemi circoscritti, specifici, attuali e quotidiani.
- Non si occupa del trattamento di disturbi più profondi che hanno una radice e una causa nel passato.
- Le sessioni devono essere sistematiche e ripetitive, è necessaria molta costanza.
- Il paziente si mette alla prova costantemente, deve essere motivato ed è responsabile del cambiamento.
Come funziona la terapia cognitivo-comportamentale
Il processo terapeutico inizia dai primi incontri in cui avviene la valutazione del paziente, del problema, la definizione degli obiettivi e la somministrazione, eventuale, di test clinici. Quindi, da questo momento in poi, si cerca di indurre un cambiamento comportamentale partendo da quello cognitivo.
La terapia prevede che l’attività cognitiva (pensieri, aspettative, valutazioni) influenzi il comportamento e il grado di adattamento all’ambiente (funzionale vs disfunzionale). Tale attività cognitiva può essere controllata e direzionata ottenendo un cambiamento comportamentale.
Tutti gli approcci cognitivo-comportamentali sono accomunati da alcune peculiarità e caratteristiche che li distinguono dagli altri approcci.
Le TCC prevedono l’utilizzo di diverse tecniche per la gestione del disturbo. Quindi, sono tecniche che vengono “insegnate” al paziente affinché diventi autonomo e possa gestire anche situazioni future.
Tra le tecniche abbiamo tecniche comportamentali, tecniche specifiche per il trattamento dei disturbi d’ansia, e tecniche cognitive.
Nei primi incontri con lo psicoterapeuta avviene una valutazione del paziente che non ha solo l’obiettivo di fare diagnosi ma di valutare il funzionamento globale del paziente.
Valutazione necessaria per individuare i meccanismi cognitivi disfunzionali e i comportamenti che creano disagio. Alle volte lo psicoterapeuta può avvalersi di test cognitivi o di personalità.
Tecniche comportamentali
Training di assertività
Ha l’obiettivo di migliorare le abilità sociali dell’individuo attraverso una comunicazione più efficace dei propri bisogni, desideri ed opinioni nel rispetto altrui.
L’obiettivo di questo training è quello di addestrare l’individuo ad emettere un comportamento verbale e non verbale (contatto oculare, postura, tono di voce) assertivo, idoneo alla situazione, non passivo né aggressivo.
Rilassamento muscolare progressivo
In questa tecnica il paziente viene aiutato a controllare il suo stato tensivo muscolare e a raggiungere un rilassamento totale e una profonda distensione muscolare.
Lo scopo è quello di far comprendere e riconoscere al paziente gli stati di tensione e di rilassamento di ogni parte del proprio corpo.
Se condotta in maniera corretta ha effetti psicofisiologici diretti e psicologici indiretti aumentando il senso di autocontrollo soprattutto sui sintomi ansiosi.
Esposizione graduale o desensibilizzazione sistematica
Si utilizza prevalentemente per disturbi d’ansia e fobici ma viene applicata anche ad altri disturbi.
La tecnica ha lo scopo di trasformare uno stimolo altamente ansiogeno in uno stimolo neutro attraverso la graduale ma ripetuta e sistematica esposizione allo stimolo fobico.
Si procede per piccoli passi e obiettivi, si può iniziare con l’esposizione immaginativa o in presenza, in base alla gravità dei sintomi.
Social Skill training
È uno specifico trattamento innovativo mirato a far acquisire al paziente abilità sociali necessarie per stabilire e mantenere relazioni interpersonali in campo affettivo e sociale.
Questa tecnica si basa sugli studi di Bandura e prevede che si verifichi l’apprendimento per osservazione di altri e il riscontro con i propri comportamenti.
Tecniche Cognitive
Tecnica della freccia discendente
È un metodo di conduzione del colloquio in cui il terapeuta chiede al paziente il significato dei suoi pensieri automatici per poter identificare gli schemi e le credenze che ha su sé stesso, gli altri e il mondo e che guidano il suo comportamento.
Tecnica dell’ABC o monitoraggio dei pensieri automatici
È un metodo grazie al quale terapeuta e paziente possono identificare il significato dei pensieri automatici del paziente. Si chiede al paziente di:
- Identificare la situazione problematica (A).
- Valutare dettagliatamente quali sono i pensieri automatici, le credenze o le immagini che accompagnano l’evento (B), prima, durante e dopo.
- Identificare i comportamenti e le conseguenze emotive che vengono disturbate da tali pensieri automatici (C).
Inizialmente il paziente eseguirà questo esercizio con il terapeuta e successivamente da solo a casa.
Problem-solving
È una tecnica che ha l’obiettivo di aiutare il paziente che presenta specifiche difficoltà nel trovare soluzioni a problemi di vita quotidiana.
Si chiede al paziente di identificare e definire un problema di vita quotidiana e di proporre diverse soluzioni alternative, di sceglierne una e di metterla in atto valutando gli effetti del suo utilizzo.
Se la soluzione non funzionerà si passerà a quella successiva con lo stesso processo.
Inizialmente il paziente viene direzionato dal terapeuta che può aiutarlo a definire le diverse possibilità di azione. Successivamente il terapeuta interverrà sempre in maniera minore per lasciare maggiore autonomia nell’utilizzo della tecnica.
Terapia cognitivo comportamentale: fasi
Valutazione preliminare
In questa fase, attraverso il colloquio clinico, il professionista cercherà di comprendere e valutare il funzionamento globale del paziente.
Il terapeuta, in sinergia con il paziente, cercherà di definire il problema o il disagio che ha condotto il paziente a chiedere aiuto.
Già in questa fase inizia il processo terapeutico. Infatti, molto spesso, durante i primi incontri, si utilizza la tecnica dell’ABC per identificare:
- Pensieri
- Emozioni
- Comportamenti disfunzionali che creano disagio rendendoli espliciti e definiti.
Una volta individuati i meccanismi cognitivi causa della sintomatologia questi vengono condivisi con il paziente.
Grazie a questa condivisione potranno essere concordati i diversi obiettivi terapeutici da raggiungere. Talvolta, in questa fase, al colloquio clinico si affianca una valutazione psicodiagnostica tramite test.
Cambiamento psico-educazione
Una volta definiti e concordati gli obiettivi, devono essere raggiunti. Per fare questo vengono utilizzate e insegnate al paziente diverse tecniche cognitive e comportamentali.
Il successo della terapia è nel cambiamento. Il cambiamento non si riferisce esclusivamente al cambiamento comportamentale come, ad esempio, una riduzione dei sintomi ansiosi, depressivi o attacchi di panico.
Ma il cambiamento fa riferimento anche al cambiamento cognitivo che avviene nel paziente. Questo tipo di cambiamento si vedrà in una modifica del sistema di credenze, del modo di pensare e di affrontare le situazioni.
La terapia cognitivo-comportamentale funziona?
Le ricerche scientifiche internazionali (evidence-based medicine) hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognito-comportamentale nel trattamento di diversi disturbi.
La terapia cognitivo-comportamentale è stata al centro di molti studi scientifici.
Queste ricerche hanno dimostrato che tale approccio psicoterapico è uno dei più efficaci e riconosciuti per il trattamento della maggior parte dei disturbi psicologici non solo in età adulta ma anche in età evolutiva.
Alle volte la tipologia del disturbo e/o la sua gravità richiedono un trattamento complementare farmacologico per aiutare a contenere i sintomi e poter intervenire più efficacemente.
La terapia è di breve durata, generalmente richiede una seduta settimanale di 40-50 minuti per 6-12 mesi.
La terapia deve essere effettuata da professionisti della salute mentale specializzati in psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Efficacia e trattamento di alcuni disturbi
Fobie. Per il trattamento delle fobie le due terapie d’elezione che hanno dimostrato il maggior successo sono quella cognitivo-comportamentale (successo del 90-95% dei casi) e quella farmacologica.
Per questo disturbo la terapia cognitivo comportamentale prevede l’utilizzo di tecniche di rilassamento e la desensibilizzazione sistematica.
Molto spesso i risultati si intravedono già nelle prime sedute (circa 4) e un percorso di circa 3-4 mesi.
ADHD (disturbo di attenzione e di iperattività). In questo caso la terapia è incentrata sull’insegnamento di tecniche per l’autocontrollo (self instructional training) e di problem solving per ridurre l’impulsività e l’iperattività.
Generalmente si coinvolgono anche i genitori (parent training) per meglio contenere la sintomatologia quotidiana del bambino e gli insegnanti per quanto possibile.
Solitamente sono necessarie circa 10 sedute (1 alla settimana di 50 minuti).
DOC (disturbo ossessivo compulsivo). Per poter ottenere dei risultati significativi in questo percorso sono necessarie almeno 5 sedute a settimana (2 ore ciascuna) per 4-6 settimane.
Inizialmente vengono fornite al paziente informazioni inerenti il disturbo, i suoi sintomi, il suo decorso e gli obiettivi da raggiungere (psico-educazione).
Vengono insegnate anche tecniche di problem solving e assegnati degli esercizi da ripetere a casa durante la settimana.
Depressione: l’approccio cognitivo-comportamentale si è dimostrato molto efficace nella riduzione dei sintomi maggiori della depressione lieve o media.
Studi recenti hanno dimostrato che la remissione totale per questo disturbo è circa del 60%, molto maggiore rispetto ad altri approcci come quello familiare (38%) o di sostegno (39%). I primi miglioramenti si notano in 6-12 settimane.
Test clinici
MMPI-2
Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (Butcher et all. 2011). È uno dei test più diffusi per la definizione dei sintomi, delle caratteristiche personologiche del paziente. Il questionario è composto da 567 domande a cui il paziente deve rispondere vero o falso.
Quindi, ci sono 8 scale cliniche di base che valutano ipocondria, depressione, isteria, psicopatia, mascolinità/femminilità, paranoia, schizofrenia, ipomaniacalità e introversione sociale.
Invece, ci sono anche tre scale che valutano la menzogna (tentativi di mettersi in buona luce), la negazione di un disturbo (il paziente può cercare di nascondere un disturbo), la simulazione (il paziente può simulare un disturbo).
S.T.A.I
E’ uno strumento utilizzato per la valutazione dell’ansia di tratto e di stato.
Nella versione per la valutazione dell’ansia di stato si chiede al soggetto di rispondere alle domande facendo riferimento a quel momento.
Invece, nella versione che valuta l’ansia di tratto si chiede di rispondere pensando a come ci si sente abitualmente. È formato da 40 item ed è molto utile per valutare lo stress e l’ansia.
CBA 2.0 (Cognitive Behavioural Assessment 2.0 – Scale primarie)
E’ una batteria di test clinici che valutano l’ansia di tratto (tipica del paziente), l’ansia di stato (nel momento in cui si esegue il test), la personalità, paura, sintomatologia depressiva lieve, ossessioni e compulsioni e così via.
È molto utile durante il colloquio iniziale per reperire informazioni anamnestiche del paziente. Fornisce informazioni relativamente ai disturbi del paziente e permette di inquadrare il disturbo dal punto di vista diagnostico e definirlo meglio.
Terapia cognitivo-comportamentale: cenni storici
L’evoluzione della terapia cognitivo-comportamentale non si è mai arrestata fino ad arrivare ai giorni nostri in cui si è cercato di integrarla con strumenti tecnologici come la realtà virtuale al fine di offrire sempre cure migliori e maggiori possibilità di guarigione.
Le prime terapie cognitivo-comportamentali si sviluppano negli anni 70’. In questo periodo la psicologia inizia a focalizzare l’attenzione non solo sul comportamento manifesto ma anche sui fattori cognitivi interni (es. pensieri ed aspettative che noi abbiamo su noi stessi e sul mondo).
L’assunto di base è che le rappresentazioni mentali (pensieri automatici e credenze) del paziente possono spiegare il comportamento disfunzionale, la sintomatologia e il disagio.
Questo assunto viene sostenuto da due psicologi di impronta psicoanalitica, Beck ed Ellis. All’interno della clinica dove lavoravano crearono un metodo di cura basato su di un protocollo che successivamente prenderà il nome di terapia cognitiva.
Quando ci si riferisce alla terapia cognitivo-comportamentale bisogna tener presente che nel corso del tempo sono stati utilizzati e si sono succeduti diversi approcci come:
- Behavior analysis.
- Cognitive-behavior therapy.
- Behavior modification.
- Analisi e terapia del comportamento, ecc.
La TCC si raffigura come un metodo non omogeno all’interno del quale vivono diversi approcci. Nonostante ciò, la caratteristica che accomuna tutti questi approcci è la focalizzazione sui processi di elaborazione dell’informazione (disfunzionali) come variabile necessaria nella comprensione del comportamento sintomatologico (disadattivo).
Realtà virtuale e terapia cognitivo-comportamentale
A partire dagli anni ’90, ma in generale con lo sviluppo della tecnologia, la ricerca ha cercato di integrare tecniche provenienti da ambiti diversi per migliorare le cure fornite ai pazienti.
Ultimamente la terapia è stata implementata dall’utilizzo della realtà virtuale per il trattamento di:
- Fobie
- Attacchi di panico
- Fobia sociale
- Disturbo post-traumatico da stress.
Per realtà virtuale si intende un ambiente virtuale complesso che si può esplorare e con il quale si può interagire tramite un’interfaccia grafica che può essere differentemente immersiva.
Man mano che l’individuo utilizza la realtà virtuale e lo strumento tecnologico, egli viene coinvolto sempre di più arrivando a dimenticare che lo sta utilizzando. Questo vuol dire che il paziente vivrà l’ambiente virtuale e le situazioni che in esso si presentano con sempre maggiore presenza e realtà. Come se si trovasse fisicamente in quella situazione.
La terapia cognitivo-comportamentale aumentata (VR-CBT) può aiutare il paziente, soprattutto se ha delle difficoltà rappresentative, ad immaginare gli stimoli fobici durante il processo di desensibilizzazione sistematica.
L’efficacia del suo utilizzo si aggira intorno al 92% nel trattamento delle fobie, dei disturbi alimentari, dell’immagine corporea e sessuali.
In generale la realtà virtuale viene impiegata per:
- Ristrutturazione cognitiva (riqualificazione dei processi cognitivi e pensieri disfunzionali o deficitari).
- Insegnamento di comportamenti adattivi e funzionali, risoluzione di problemi nella vita quotidiana.
Il vantaggio del suo utilizzo consiste nel controllo delle diverse componenti dell’ambiente virtuale e del grado di difficoltà dell’obiettivo da raggiungere.
Fonti
- Benigni, A., Romano, G., & Casieri, D. (2020). Lo stato dell’arte riguardo l’utilizzo della realtà virtuale nel trattamento dell’ansia e la presentazione di un nuovo software. Lo stato dell’arte riguardo l’utilizzo della realtà virtuale nel trattamento dell’ansia e la presentazione di un nuovo software, 7-26.
- Woods, D. W., & Kanter, J. W. (2007). Disturbi psicologici e terapia cognitivo-comportamentale. Modelli e interventi clinici di terza generazione.
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