Sommario
L’attacco di panico è un disturbo contraddistinto da uno stato di ansia molto intensa, tachicardia, affanno e paura di morire o di impazzire. Può presentarsi in qualsiasi momento e spesso è associato a periodi di forte stress e stanchezza.
Quando gli attacchi di panico si manifestano con una certa frequenza e in un tempo ridotto, si può parlare di disturbo di panico. Rientra nei disturbi d’ansia, insieme alle fobie.
Come si guarisce dagli attacchi di panico? In alcuni casi è una condizione che si risolve spontaneamente. Comunque il trattamento prevede abitualmente l’impiego di farmaci ansiolitici (sintomatici) o antidepressivi, l’uso di tecniche di rilassamento e psicoterapia.
In genere, l’attacco dura pochi minuti, raggiunge l’apice entro 10 minuti e, al termine, lascia un senso di vuoto e debolezza.
Cosa sono gli attacchi di panico?
Gli attacchi di panico o ADP, sono delle crisi di ansia estrema, sconvolgenti, che arrivano all’improvviso, a fronte di una forte paura immotivata.
Infatti, si tratta di un intenso malessere che si presenta in assenza di un vero pericolo e all’improvviso. Le circostanze possono essere del tutto normali, come trovarsi tra la folla. Inoltre, al vero e proprio terrore si associano sintomi psicologici e fisici.
La paura è così intensa che la persona, davanti a ciò che la turba, si sente soffocare e teme di impazzire o perfino di morire. Contemporaneamente, il corpo reagisce al pericolo, anche se non reale, con varie sensazioni di allarme, come sudore, nausea e palpitazioni.
Di per sé, l’attacco di panico è una manifestazione neuropsichiatrica, caratterizzata da ansia acuta. Lo spavento per una minaccia inesistente implica un condizionamento anomalo, senza logica, delle azioni di risposta.
Il termine panico deriva dal greco Panikòs, riferito al Dio Pan, che era metà uomo e metà caprone.
Secondo la mitologia, la divinità, quando veniva importunata, appariva all’improvviso e spaventava a morte chi gli dava fastidio, per poi scomparire nel nulla. I malcapitati restavano impauriti e increduli ed erano sopraffatti da emozioni negative.
Infatti, chi soffre di ADP ha una reazione immotivata che arriva all’improvviso per un rischio immaginario.
Invece l’interpretazione psicologica della parola “panico” si collega al suo significato di “tutto” nella natura, compresi gli abissi. Dunque, il “profondo” è ciò che rimane misterioso nel processo mentale, sconosciuto e inconsapevole.
Per questo motivo, l’espressione “farsi prendere dal panico” sottintende diventare incapaci di riflettere per la paura e quindi, per difesa, fuggire o avere comportamenti alterati.
Attacchi di panico: dati
Nei Paesi industrializzati, gli attacchi di panico sono piuttosto diffusi e ogni anno un episodio colpisce più di un terzo degli adulti. Secondo stime dell’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità, attacchi di panico e ansia patologica sono in forte aumento.
Sarebbero moltissimi i giovani, ma il 30% non rivela ad altri la malattia, per timore dei giudizi. Inoltre, numerosi soggetti guariscono senza cure, ma alcuni sviluppano il “disturbo da panico”, con attacchi frequenti. Si stima che quest’ultimo interessi il 2% delle persone ogni anno.
Le donne sono le più colpite, con una prevalenza 2-3 volte più alta rispetto agli uomini.
Attacchi di panico: sintomi e quanto durano
L’attacco di panico è un disturbo contraddistinto da uno stato di ansia molto intensa, tachicardia, affanno e paura di morire o di impazzire. I sintomi dell’attacco di panico coinvolgono sia aspetti psichici che fisici. I principali sintomi sono:
- Paura di perdere il controllo.
- Sudorazione intensa.
- Palpitazioni.
- Tremori.
- Sensazione di soffocamento.
- Dolore al petto.
- Senso di sbandamento e vertigini.
- Nausea.
- Brividi.
- Formicolii o intorpidimento agli arti.
Non è detto che durante un attacco i sintomi siano tutti presenti contemporaneamente e la frequenza con cui si manifestano indica il livello di gravità del disturbo.
Infatti, è possibile che gli attacchi di panico si manifestino non troppo frequentemente, ad esempio uno al mese. Nei casi più gravi, invece, possono manifestarsi nell’arco di una stessa giornata. Se gli attacchi sono molto frequenti allora si parla di disturbo di panico.
Cosa succede negli attacchi di panico
L’ansia arriva in modo imprevedibile, imprevisto e in luoghi “tranquilli”. Ad esempio, un attacco di panico può arrivare quando si è su un mezzo di trasporto oppure al supermercato.
Ancora di più, gli attacchi di panico si possono verificare in risposta a determinate circostanze considerate problematiche come, ad esempio, attraversare un ponte oppure guidare in autostrada o tenere un discorso in pubblico.
L’attacco comporta la paura intensa di trovarsi in un luogo o in un frangente da cui il soggetto crede di non poter scappare.
Quanto dura un attacco di panico
Il culmine della sintomatologia da attacco di panico si verifica entro 10 minuti dall’inizio dell’episodio. In genere, la manifestazione decresce di intensità in modo graduale e scompare in pochi minuti.
Alla fine, la crisi lascia solo poche tracce, come un senso di debolezza o di vuoto, non solo fisico ma anche mentale.
Però in alcuni soggetti, al termine dell’evento, può subentrare la paura di cadere in un altro attacco terrificante. Poiché il malessere è spesso a sorpresa e si instaura senza una causa apparente, si teme la sua ricomparsa. Per questo motivo alcune persone vivono un’ansia anticipatoria, per cui cercano di prevenire gli attacchi, evitando i luoghi dove hanno già vissuto una crisi di panico.
L’esperienza è talmente destabilizzante che il soggetto teme che gli attacchi si ripresentino e di incorrere nel “disturbo da panico”, con crisi ripetute.
Isolamento
Particolarmente rilevante il fatto che un soggetto perseguitato da attacchi di panico assume atteggiamenti di difesa, isolandosi. Così ai sintomi si associa una qualità di vita scadente, con ripercussioni psicologiche, ulteriori disagi e difficoltà sociali.
Inoltre, lo stato di sofferenza protratto può creare alterazioni nell’organismo, in particolare l’eccesso di cortisolo. Infatti, il rilascio di elevati quantitativi dell”ormone dello stress” potrebbe provocare danni, come ipertensione e infezioni ricorrenti.
La diagnosi è certa se un individuo è colpito da 2 attacchi inaspettati e senza motivo nel corso di 1 mese.
Importante per il responso è anche la successiva comparsa della paura dell’insorgenza di un nuovo attacco.
Attacchi di panico: cause
Le cause degli attacchi di panico possono essere diverse. Solitamente il primo attacco si verifica durante un periodo particolarmente stressante per una determinata situazione o per altri fattori compresenti.
Le principali cause di un attacco di panico possono essere:
- Lutto.
- Malattia grave.
- Cambiamenti di vita (matrimonio, lavoro, separazioni, ecc.).
- Superlavoro o scarso riposo.
- Condizioni relazionali conflittuali.
- Traumi.
- Difficoltà economiche.
Dopo il primo attacco, generalmente la persona sviluppa una forte preoccupazione e vive in uno stato di costante apprensione o tensione che però aumenta i livelli di stress e può favorire altri attacchi. Si instaura quindi un circolo vizioso, dove è la paura di stare male che alimenta l’ansia e che si trasforma in panico.
In altri casi invece, le crisi sono dovute a un disturbo più grave come la depressione, i disturbi alimentari (ad esempio l’anoressia), quello post-traumatico, ecc.
Meccanismi fisici e psicologici
Diverse aree del cervello e alcuni meccanismi biologici sono alla base della patologia. Un’ipotesi fa riferimento alla carenza nei pazienti di componenti fondamentali che regolano il processo delle emozioni.
Amigdala e attacchi di panico
Innanzitutto chi subisce le crisi potrebbe avere il recettore della serotonina, “l’ormone del buonumore”, molto ridotto. Inoltre, presenterebbe un alterato funzionamento dell’amigdala, il centralino d’allarme del cervello.
Le informazioni propagate dai sensi, se ritenute minacciose dal talamo, infatti, sono trasmesse all’amigdala. Questa zona cerebrale, quando avverte un pericolo, attiva il sistema simpatico, che è autonomo, indipendente dalla volontà.
Quindi, lo stato di massima allerta determina i sintomi, tra cui la tachicardia, e la spinta a fuggire o ad attaccare.
Il meccanismo fisiologico di difesa, correlato alla paura, è immediato perché deve preparare il soggetto a essere pronto e vigile. Nel processo anti-minaccia interviene anche la corteccia prefrontale che inquadra realisticamente la circostanza, regolando gli impulsi. In caso di falso allarme, la corteccia fa rientrare le reazioni di attacco e di fuga e riduce l’ansia ingiustificata.
Perciò le strutture cerebrali automatiche, più antiche e riguardanti le emozioni, vengono controllate da quelle più evolute.
Genetica
Gli attacchi di panico rientrano tra i disturbi d’ansia, soprattutto in chi è predisposto geneticamente. Dopo eventi traumatici, in persone con familiarità alla condizione medica, l’ansia piò ingigantirsi fino a incanalarsi in crisi di panico.
Anche chi affronta problemi lavorativi, di salute o relazionali e non riesce a risolverli può avere alti livelli d’ansia che precedono l’ADP.
Allo stesso modo, stress di lunga durata, abusi fisici oppure sessuali o un cambiamento di vita possono essere rischi per la formazione della patologia.
In particolare, fattori individuali o ambientali stressanti che si mantengono per oltre 6 mesi potrebbero esporre agli attacchi.
Dato che il disturbo ha una prevalenza maggiore in alcune famiglie, l’ereditarietà svolge un ruolo importante nella sua espressione.
Cause psicologiche
A livello psicologico, l’ansia sarebbe una risposta a sollecitazioni esterne negative, tra cui un lutto o situazioni di pericolo per la vita. Se non riesce ad elaborare il fatto angosciante, il soggetto viene sopraffatto dall’evento. Perciò la risposta dell’individuo allo stress risulta inadeguata e può insorgere un disturbo d’ansia.
Ad esempio, alcune persone hanno piacere di parlare in pubblico, mentre altre ne provano terrore. Chi non se la sente di affrontare una platea diventa ansioso e impaurito, con sudorazione, tremore e aumento della frequenza cardiaca.
Tuttavia, le manifestazioni d’ansia possono derivare anche da una patologia organica o dal consumo di farmaci.
Crisi di panico ricorrenti
Le crisi di panico sono un disturbo che si autoalimenta e può risultare invalidante, poiché condiziona ogni ambito della vita. Spesso la persona afflitta da attacco di panico finisce per avere paura della paura.
Lo stimolo, interno o esterno, giudicato minaccioso dal soggetto, scatena i sintomi e induce a un’interpretazione negativa degli stessi. Oltre alla preoccupazione per un altro episodio, la persona può anche temere che le crisi siano la manifestazione di malattie psichiatriche, infarto o altre patologie.
Il vortice vizioso, in cui entra il soggetto, lo porta spesso a evitare tutte le occasioni che potrebbero procurargli ansia. In particolare, sopravviene la paura degli spazi aperti, o ”agorafobia”, ma anche di stare in mezzo alla folla o di viaggiare.
Gli “evitamenti” o gli specifici comportamenti hanno quindi la funzione di far diminuire i disagi, ma rendono cronica l’ansia.
Per proteggersi da nuovi attacchi, il soggetto attua poi strategie che possano escludere circostanze a rischio. Tra gli stratagemmi, ci sono le misure di sicurezza, come portare con sé farmaci o stare solo in zone vicine a strutture ospedaliere.
Inoltre, per garantirsi vie di fuga, sui mezzi e nei luoghi pubblici, come il cinema, si colloca accanto alle uscite di sicurezza.
Tutti questi comportamenti rinunciatari hanno serie conseguenze sulla vita sociale. In effetti, questo disturbo può compromettere il lavoro, le relazioni sentimentali, le amicizie e quindi la qualità di vita. Con poca o nulla autonomia, aumenta la frustrazione e il senso di impotenza.
Differenza tra attacchi di panico e disturbo da panico
L’ADP si distingue dal “disturbo da panico”, secondo i criteri del DSM-5 (Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
La diagnosi di quest’ultimo infatti è valida quando sono presenti questi segnali:
- Il soggetto deve avere più attacchi di panico inaspettati e ricorrenti, con un conseguente comportamento alterato.
- Dopo una crisi, l’interessato deve mostrare un mese o più di preoccupazione continua riguardante altri attacchi o implicazioni oppure conseguenze degli stessi.
- Si manifesta l”agorafobia”, con la paura della piazza ma anche di rimanere intrappolato in posti affollati, come le code in banca.
- Le cause degli attacchi di panico non devono essere d’origine fisiologica, a seguito di malattie particolari oppure di assunzione di droghe o altre sostanze.
- Non devono essere connessi ad altre patologie mentali, tra cui la “fobia sociale” (disturbo d’ansia, con timore dei giudizi).
Le condizioni stabilite dal DSM-5, per il disturbi da panico, non sono riscontrabili nell’attacco di panico isolato, che rimane un’unica crisi.
Attacchi di panico: cura
La cura del disturbo di panico può comprendere vari trattamenti terapeutici. In genere sono di tipo farmacologico e/o psicoterapeutico, oppure un’associazione tra le due modalità.
Il primo passo resta comunque accettare di avere un problema e di farsi aiutare. Gli attacchi di panico, anche nelle forme meno gravi, difficilmente possono essere curati da soli. Occorre l’intervento di un professionista che consenta di individuare l’approccio terapeutico più efficace. Curare una crisi di panico, chiedendo aiuto il prima possibile, scongiura quindi il cronicizzarsi del disturbo ed evita che si instauri il circolo vizioso della paura.
Può essere necessario anche escludere cause organiche (per questo è bene fare riferimento al proprio medico curante) e una volta accertata la natura psicologica degli attacchi è possibile iniziare la cura più adatta.
Cura farmacologica
La cura farmacologica e la terapia comportamentale riescono quasi sempre a controllare i sintomi. I farmaci impiegati per il disturbo sono gli antidepressivi e gli ansiolitici, soprattutto le benzodiazepine.
Gli antidepressivi più efficaci sono triciclici, IMAO-inibitori della monoaminossidasi e inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.
Le benzodiazepine agiscono più rapidamente degli antidepressivi, ma risolvono solo i sintomi e possono dare dipendenza.
Tuttavia, questi farmaci hanno anche effetti collaterali, come sonnolenza, rallentamento delle reazioni e incoordinazione.
Gli SSRI-inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina sarebbero preferibili agli altri antidepressivi e alle benzodiazepine. Infatti gli SSRI comportano meno conseguenze fastidiose, come la sonnolenza, e non danno dipendenza. Un medicinale viene considerato efficace se previene o riduce molto la frequenza degli attacchi di panico.
Dal momento che le crisi possono comparire nuovamente alla sospensione dei farmaci, la terapia deve essere seguita a lungo.
Psicoterapia
La psicoterapia può essere sia un supporto, sia un trattamento essenziale per la guarigione. Il semplice colloquio con uno psicoterapeuta è già utile per avere tutte le informazioni sul disturbo, sulle terapie e sulle possibilità di miglioramento.
Diverse pratiche di psicoterapia hanno lo scopo di far capire e far emergere cosa si nasconde dietro le manifestazioni del panico.
Ad esempio, chi deve cambiare vita e ne ha timore, può favorire, senza accorgersene, l’insorgenza degli attacchi per evitare di affrontare il problema. Infatti, le crisi sono disfunzionali in quanto bloccano l’individuo in uno stato pre-cambiamento. Quindi i sintomi avrebbero una funzione compensatoria, che tutte le psicoterapie prendono in considerazione.
Ogni persona può cercare e trovare la psicoterapia più adatta al suo caso tra le tante proposte. Psicanalisi, Gestalt, ipnosi, terapia corporea o costruttivista sono solo alcuni dei trattamenti possibili.
Ipnosi
L’ipnosi consiste nell’induzione dello stato di trance o dell’alterazione della coscienza, per favorire il relax e ridurre l’ansia.
L’ipnosi è dunque una procedura che induce in una persona uno stato di alterazione della coscienza. Per mandare in trance un soggetto, l’operatore può evocare sensazioni, emozioni e associazioni mentali.
Quindi, l’ipnotizzato è in una condizione di profondo rilassamento e raggiunge parti della mente inaccessibili. Tuttavia, non è totalmente estraniato dall’ambiente e partecipa alle suggestioni dell’operatore.
Concentrazione, attenzione e capacità cognitive sono ampliate dalla metodica che consente di modificare comportamenti e disagi. Entrando in contatto con l’inconscio, l’ipnotizzato scopre, infatti, risorse sconosciute e le adopera per il suo benessere.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sull’ipnosi.
Gruppo di “auto-mutuo-aiuto”
Un ulteriore sostegno alle cure viene dai gruppi di “auto-mutuo-aiuto”. Nella “psicologia di comunità”, i partecipanti agli incontri sono tutti allo stesso livello, in una condizione di parità. All’incontro, può presenziare un facilitatore che ha il compito unicamente di catalizzare e rendere più scorrevole la riunione.
Una volta alla settimana, le persone del gruppo raccontano le une alle altre le proprie difficoltà, condividendo paure ed emozioni. Aprendosi con gli altri, la persona si sente protagonista e non prova vergogna, imbarazzo o timore di essere frainteso. Le esperienze dei singoli, riunite, formano un patrimonio comune che offre a tutti la consapevolezza di essere compresi e accettati.
Solitudine, senso di vuoto e sensazione di panico incombente si attenuano con l’adesione al gruppo.
Infatti, l’ascolto degli altri e la condivisione sono importanti per cercare tutti insieme vie di uscita dalla condizione di paura. Se presente, il conduttore, un professionista, orienta gli individui con informazioni, educazione e comunicazione, per far emergere la capacità di cambiare e l’autostima.
Infatti, con la consapevolezza, si può trasformare il disagio in una opportunità per crescere e lavorare sulle proprie risorse.
Rimedi naturali
Per liberarsi dall’ansia, dalla paura e dall’insicurezza, possono essere utili alcuni rimedi, non riconosciuti dalla scienza, come i Fiori di Bach che aiutano a sentirsi meglio e più rilassati.
Sono pertanto utili anche tisane a base di erbe che aiutano a calmare l’ansia e la tensione, come quelle a base di passiflora, camomilla e iperico, ad esempio.
In alternativa, durante un attacco, si possono mitigare i sintomi respirando con forza in un sacchetto. Infatti, la ventilazione, che porta a un giusto equilibrio il rapporto tra ossigeno e anidride carbonica, sposta anche l’attenzione su altro.
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Tecniche di rilassamento
Per focalizzarsi su aspetti diversi dalla paura e dall’ansia potrebbe essere d’aiuto anche una semplice passeggiata. Soprattutto le tecniche di rilassamento e di gestione del respiro hanno l’obiettivo di ridurre la tensione e l’ansia. Infatti, pratiche mirate possono diminuire la pressione sanguigna e la contrazione dei muscoli, rallentare il metabolismo e modificare l’attività cerebrale.
Meditazione o Mindfulness
La meditazione, o Mindfulness, rende più serena la mente e aumenta la consapevolezza di sé. La concentrazione si ottiene rimanendo calmi, seduti a occhi chiusi, e ripetendo un suono o una frase e mettendo a fuoco il respiro. Inoltre, la meditazione alleggerisce lo stress e l’ansia, eliminando il flusso dei pensieri negativi, l’auto-giudizio e le emozioni spiacevoli.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sulla Mindfulness.
Training autogeno
Il Training Autogeno (TA) è un processo di auto-distensione di tipo passivo che utilizza la visualizzazione. Si tratta di una tecnica di rilassamento terapeutico, ideata nel XX° secolo dal neurologo e psichiatra, Johannes Heinrich Schultz. Infatti, gli esercizi mirano a rilassare profondamente la mente e il corpo.
Si può praticare il training autogeno a scopo preventivo o per curare molti problemi come stress, ansia, insonnia, ecc.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sul training autogeno.
Con la consulenza di Rosanna Ercole Mellone, divulgatrice della nutrizione e del benessere. Revisione scientifica a cura della psicoterapeuta Martina Franchi, consulente della LIDAP-Lega Italiana contro i Disturbi di Ansia e Panico.
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