Sommario
La PCR (Proteina C Reattiva) è una glicoproteina prodotta nel fegato in caso di traumi o infezioni che innescano processi infiammatori. Solitamente non è presente nel sangue o lo è in bassissime quantità. Si rilascia, quindi, nel sangue in caso di infiammazioni da infezioni batteriche o per uno stato infiammatorio generale dell’organismo.
E’ quindi uno degli indicatori di fase acuta più sensibili. I suoi livelli plasmatici aumentano notevolmente (100 volte o più) dopo gravi traumi, infezioni batteriche, infiammazioni, interventi chirurgici o durante la proliferazione tumorale.
Può essere anche un indicatore di rischio cardiaco, poiché è liberata nel sangue anche in seguito a un attacco cardiaco.
Il test per misurare la molecola consiste in un semplice prelievo venoso effettuato a digiuno e il risultato arriva dopo qualche giorno. Di fondamentale importanza è l’indice PCR nei bambini e nei neonati, dove arriva a ricoprire un ruolo vitale nel capire l’avanzamento della flogosi e predirne la prognosi.
Ma cosa vuol dire una PCR bassa o alta e quali sono i valori normali?
Proteina C reattiva: cos’è
La proteina C reattiva (PCR) è una proteina prodotta dal fegato in risposta all’infiammazione nel corpo. È un marker di infiammazione ed è misurata attraverso un esame del sangue.
La PCR è un componente importante del sistema immunitario. Infatti, quando si verifica un’infezione o un’infiammazione nell’organismo, i livelli di PCR aumentano rapidamente. Questo accade perché il sistema immunitario riconosce i segnali di infiammazione e produce PCR per aiutare a combattere l’infezione o l’infiammazione.
Misurare i livelli di PCR nel sangue può essere utile per diagnosticare e monitorare una serie di condizioni. Ad esempio, la PCR elevata può indicare la presenza di un’infezione batterica, un’infiammazione sistemica, come nell’artrite reumatoide o in malattie autoimmuni, o anche un rischio aumentato di malattie cardiovascolari.
L’esame della PCR si esegue prelevando un campione di sangue e misurando i livelli di PCR nel siero o nel plasma. I risultati sono espressi in milligrammi per litro (mg/L) e i valori normali possono variare a seconda del laboratorio che esegue il test.
È importante però evidenziare che la PCR è solo un indicatore e non fornisce informazioni specifiche sulla causa dell’infiammazione, né sulla sua localizzazione. Per questo motivo si associa ad altri test e valutazioni cliniche per una diagnosi accurata.
Quindi se si rileva un aumento oltre i valori normali, si può presumere un fenomeno infiammatorio di qualche tipo, ma non possiamo ottenere informazioni né sulla sua natura né sulla sua origine.
Proteina C reattiva: valori normali
La concentrazione di PCR nel sangue si misura in milligrammi per litro. Normalmente se non si soffre di particolari patologie, i valori normali della proteina C reattiva non dovrebbero superare i 5-6 milligrammi per litro.
Sono valori però che aumentano decisamente in presenza di un processo infiammatorio. La variabilità dei valori è determinata anche dal sesso, dall’età e dallo stile di vita della persona.
Infatti, solitamente nelle donne, si rilevano valori un po’ più alti di quelli degli uomini e, più in generale, il valore aumenta con l’età.
In presenza di una malattia o condizione i valori iniziano ad aumentare entro due ore dall’inizio dell’evento infiammatorio, raggiungendo il picco a 48 h dall’inizio del processo.
Invece, valori più elevati di PCR, ma che non sono direttamente correlati all’esistenza di malattie croniche nell’organismo, possono essere registrati se una persona soffre di:
- Ipertensione.
- Obesità.
- Vita sedentaria.
- Dipendenza dal fumo o dalle bevande alcoliche.
- Colesterolo alto.
- Dieta ricca di cibi infiammatori o allergeni.
Proteina C reattiva: valori alti
Cosa significa avere la proteina C reattiva alta? Come abbiamo visto, vuol dire che c’è un processo infiammatorio in corso. Questo può essere dovuto a motivi diversi, poiché la PCR indica l’entità e la gravità di questa infiammazione, ma non la causa. Quindi, più la concentrazione ematica di questa glicoproteina risulterà alta, maggiore sarà l’infiammazione presente nell’organismo.
La PCR alta può essere anche l’indicatore di un’infezione (anche batterica), grave o cronica, per questo saranno necessari altri esami per approfondire la situazione.
Infatti, nelle infezioni batteriche acute, la concentrazione aumenta rapidamente, dopo 4-6 ore e può raggiungere valori superiori a 100 mg/L, diminuisce poi in pochi giorni con il trattamento dell’infezione.
Invece, nelle malattie infiammatorie croniche e nei tumori c’è un moderato aumento della concentrazione di PCR, tra 10-100 mg/L.
Insomma, i livelli possono aumentare esponenzialmente (100 volte o più) a causa di: gravi traumi, infezioni batteriche, infiammazioni, interventi chirurgici e tumori.
PCR: valori alti del test
Un valore alto può indicare l’esistenza di infiammazione nelle arterie, che può riflettersi in un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e infarto del miocardio.
- I valori del test al di sotto della soglia di 1 mg/L indicano che la persona ha un basso rischio di malattie cardiovascolari.
- Risultato del test con valori nell’intervallo 1 – 2,9 mg / L indica un livello di rischio intermedio.
- Un risultato del test con valori superiori a 3 mg/L indica un alto livello di rischio cardiovascolare.
- Risultato del test con valori superiori a 10 mg/L è un segnale di allarme e richiede ulteriori test per determinarne la causa.
Va ricordato che la valutazione del rischio cardiovascolare non comprende solo i valori di PCR, anzi, nella maggior parte dei casi questa è sinonimo di lesioni infiammatorie aspecifiche.
Un quadro generale del soggetto, che comprenda età, genere, diabete, valori colesterolemici e capacità renale, aiuta lo specialista ad attribuire il rischio ad ogni singolo paziente.
Valori alti e possibile patologie
Numerosi studi scientifici hanno fornito prove del ruolo funzionale che la proteina C-reattiva svolge nei processi infiammatori che avvengono all’interno del corpo umano.
Essa è un biomarcatore dell’infiammazione ma alcuni studi suggeriscono che si attacchi alle membrane cellulari danneggiate per contribuire alla risposta infiammatoria.
La proteina C-reattiva non è solo un marker di infiammazione, ma ha anche un ruolo protettivo contro le infezioni batteriche. Quindi, alti livelli possono segnalare l’esistenza di diverse condizioni come:
- Malattie cardiovascolari e infarto.
- Malattie infiammatorie intestinali.
- Appendicite.
- Malattie autoimmuni (es. artrite reumatoide) o polmonari (es. BPCO, tubercolosi, polmonite).
- Diabete.
- Tumori (polmonari, linfoma).
- Malattie del tessuto connettivo.
- Infezioni ossee (osteomielite).
- Infezioni batteriche o fungine più o meno gravi.
- Setticemia.
- Colecistite.
- Pancreatite acuta.
Inoltre, il livello può essere aumentato a seguito di: traumi importanti o fratture multiple o interventi chirurgici.
Allo stesso tempo, possono verificarsi alti livelli di proteina C-reattiva in assenza di un processo infiammatorio, come nel caso di donne che seguono una terapia contraccettiva orale o in gravidanza e persone con uno stile di vita sedentario, sovrappeso, anziani.
Proteina C reattiva: quando e perché va misurata
Questo esame può essere prescritto dal proprio medico in caso di sospetto stato infiammatorio acuto causato da una malattia. Tra queste:
- Artrite reumatoide o altre patologie infiammatorie autoimmuni.
- Patologie infiammatorie intestinali.
- Lupus.
Il test viene utilizzato anche nel contesto di una diagnosi differenziale tra:
- Morbo di Crohn (alta PCR)
- Colite ulcerosa (bassa PCR)
- Artrite reumatoide (alta PCR)
- Lupus non complicato (bassa PCR).
Tuttavia, si rammenta che i valori di PCR sono solo indicativi di alcune condizioni mediche, ma rimangono fini a sé stessi se non correlati da un processo diagnostico complesso sotto stretta osservanza medico-specialistica.
Il processo infiammatorio, poi, può essere innescato, come abbiamo visto, anche da infezioni batteriche gravi (sepsi) o infezioni fungine.
Il test della PCR può servire, inoltre, a valutare il rischio cardiovascolare del soggetto, monitorare la convalescenza di ustioni o ferite chirurgiche o, ancora, verificare lo stato dell’organismo in caso di trapianto di organi.
Nelle indagini cliniche più approfondite, il test della PCR è spesso associato alla Velocità di eritrosedimentazione (Ves).
Il test della PCR può essere richiesto anche nei neonati qualora manifestino i tipici segnali di un’infezione o sepsi quali:
- Tachicardia.
- Brividi.
- Febbre.
- Iperventilazione.
Preparazione all’esame
Il test della proteina C-reattiva è un semplice prelievo di sangue. Si consiglia di effettuare la raccolta al mattino, a stomaco vuoto, in modo che l’accuratezza dei risultati sia massima.
E’ utile accertarsi con il proprio curante se sia possibile assumere i farmaci del mattino, inghiottendoli con un po’ d’acqua naturale.
La mattina del prelievo un infermiere lega un laccio emostatico attorno al braccio del paziente per rendere evidente una vena. Dopo aver accuratamente disinfettato la zona, provvede al prelievo di pochi ml di sangue, che riporrà accuratamente dentro una provetta sterile.
Il risultato è pronto dopo qualche giorno, a meno che non ci si trovi ricoverati o in pronto soccorso.
Esistono essenzialmente 2 tipi di test PCR che possono essere richiesti dal medico curante.
- PCR standard: solitamente utilizzato in pazienti con processi infettivi o infiammatori (generalmente con un intervallo di 3-200 mg/L).
- PCR ultrasensibile (hsCRP) o ad alta sensibilità: in grado di rilevare livelli inferiori di molecola nel circolo sanguigno con sensibilità analitica intorno allo 0,1 mg/L; viene utilizzato anche per stimare il rischio cardiaco.
Proteina C reattiva: interpretazione dei risultati
Per un test CRP standard, i valori normali possono essere inferiori a 5 mg/L.
Un risultato del test che mostra un livello di CRP superiore a 10 mg/L segnala l’esistenza di un problema di salute, una malattia cronica, un infortunio o delle ustioni.
L’aumento della PCR è una risposta non specifica all’infiammazione e all’infezione. Per valutare il rischio cardiaco, viene utilizzato il test PCR ultrasensibile.
Invece, per stimare il rischio di malattie cardiache esso tiene conto del fatto che un valore inferiore a 1 mg/L corrisponde a una soglia di rischio basso (un valore medio normale è di circa 0,8 mg/L).
Al di sopra di tale valore ritroviamo le soglie di rischio intermedio e alto. Il test ultrasensibile viene utilizzato anche per la diagnosi precoce delle infezioni e della loro gravità in pediatria.
Infatti, particolarmente in questo ambito, la PCR rientra tra i primi parametri indicativi di una flogosi ed è ritenuta la pietra miliare dell’iter diagnostico.
PCR e rischio di infarto
Negli ultimi anni numerosi studi epidemiologici hanno confermato che i pazienti con elevati livelli plasmatici di PCR vanno incontro a un aumentato rischio di malattia coronarica e infarto miocardico.
Sebbene vi siano chiare prove del ruolo dell‘infiammazione nella malattia coronarica, non è stato stabilito il meccanismo preciso della relazione tra i livelli plasmatici di PCR e il rischio cardiovascolare.
Una questione irrisolta rimane se l’aumento dei livelli plasmatici sia la causa o la conseguenza della malattia (probabilmente entrambe). È possibile che la risposta infiammatoria associata alle lesioni ateromatose inneschi la produzione di citochine in quantità sufficiente a indurre un aumento misurabile della PCR nel plasma.
A sua volta essa, a causa dei suoi effetti proinfiammatori, può aumentare la vulnerabilità delle placche aterosclerotiche o può avere altre azioni che aggravano la malattia.
Proteina C reattiva: valori bassi
Normalmente, bassi valori di PCR indicano un basso livello di infiammazione nel corpo, proporzionalmente. E’ tuttavia un’evenienza raramente incontrata e poco considerabile.
Fonti
- Immunoanalytical characteristics of C-reactive protein and high sensitivity C-reactive protein.
- A unifying biologic explanation for “high-sensitivity” C-reactive protein and “low-grade” inflammation.
- Prevalence of low-grade inflammation in depression: a systematic review and meta-analysis of CRP levels.