Sommario
Il piede piatto nell’adulto è un piede gravemente pronato, che sembra “cedere” sulla sua parte interna, con conseguente aumento su questo lato della sporgenza del malleolo tibiale e dell’astragalo. Può trattarsi dell’evoluzione di un piede piatto del bambino non trattato in età infantile e che, per la concomitanza di fattori degenerativi che si instaurano nell’età media, diventa sintomatico e ingravescente.
Le cause del piede piatto nell’adulto sono da attribuirsi sia a una situazione scheletrica, morfologica del piede, già presente in età infantile e nell’adolescenza, che al sovrapporsi di una ingravescente insufficienza muscolare del tendine tibiale posteriore, che conduce a una instabilità dell’articolazione sottoastragalica.
E’ un disturbo tipico di donne in età media, quindi in menopausa e con eccesso di peso. Il fattore ormonale, unitamente a quello meccanico del sovrappeso, comporta una progressiva degenerazione del tendine tibiale posteriore, che è il maggior baluardo al cedimento della volta plantare.
Il piede piatto nel bambino non sempre evolve in un piede piatto dell’adulto sintomatico, con necessità di trattamento chirurgico.
Il trattamento nell’adulto va riservato ai piedi piatti sintomatici, dolorosi o con deficit funzionali. Può essere conservativo, con plantari volti alla correzione della pronazione, nei casi iniziali o quando, per le condizioni del paziente, non sia possibile sottoporlo a trattamento chirurgico.
Che cos’ è il piede piatto: caratteristiche e tipologie
Il termine “piedi piatti” deriva dall’espressione inglese flatfoot ed è quindi un composto delle parole “piede” e “piatto”. Si tratta di un soprannome dato ai poliziotti americani dai loro concittadini dovuto al pensiero che avessero i piedi piatti perché stessero in piedi tutto il giorno.
Spesso si fa confusione nel capire i diversi atteggiamenti del piede: l’appoggio del piede normale avviene tramite 3 arcate:
- Mediale, va dal tallone al primo metatarso.
- Laterale, che va dal tallone al quinto metatarso.
- Trasversale, che va dal primo al quinto metatarso.
Ad ogni punto del piede corrisponde una percentuale di carico. Spesso ci sono condizioni di piattismo o cavismo, quando c’è una compromissione della pronazione o della supinazione.
Il termine piede piatto interessa l’arco mediale del piede che si presenta meno arcuato del normale e, in base al grado di piattismo, troveremo l’astragalo sempre più vicino al terreno.
Il piede cavo è il perfetto opposto, ovvero una tensione del tendine e muscolare più elevata che crea una trazione tale da far aumentare l’arco mediale.
Quindi possiamo dire che la differenza tra piede piatto e piede cavo sta nella tensione muscolo tendinea. Più il muscolo è lasso più il piede è piatto, al contrario, nel piede cavo troveremo una fascia plantare tesa.
Bambini
E’ una conformazione del piede caratterizzata dall’appiattimento della volta plantare (la parte della superficie plantare del piede che, in situazioni fisiologiche, non tocca il terreno quando si è in posizione eretta) e dalla valgo-pronazione del calcagno.
Dai 10 mesi di vita fino ai 3-4 anni di età questa situazione è del tutto fisiologica e rientra nella normale crescita del piede (piede piatto fisiologico), ed è generalmente portata a correggersi spontaneamente entro i 6-7 anni di età.
In alcuni casi, l’arco plantare non si sviluppa correttamente durante l’infanzia, in altri, il piede può appiattirsi dopo un trauma o a causa dell’usura legata all’invecchiamento.
È, infatti, tra i 7 e i 9 anni che si comprende se effettivamente il piede piatto diventerà patologico o sarà una caratteristica fisiologica nell’adulto. Questa è l’età giusta per ricevere una diagnosi corretta e per valutare le diverse opzioni.
Le attenzioni rivolte a un bambino saranno ovviamente diverse rispetto a quelle che si rivolgono a un adulto, in quanto solo quest’ultimo descrive il dolore e la sintomatologia in modo dettagliato.
Nel bambino, invece, bisogna cogliere i piccoli segnali che magari non sono ancora sintomi, ad esempio, la faticabilità, la scarsa destrezza o difficoltà a eseguire determinati sport.
Tipologie
Il piede piatto si suddivide principalmente in 4 classi:
- Il primo grado: vede un piede piatto poco sintomatico, che ha per lo più le caratteristiche di un piede normale, ma nel quale sono presenti i primi segni di pronazione.
- Secondo grado: prevede un piede piatto sintomatico che presenta le tipiche deformità: pronazione del piede e del retropiede, talvolta abduzione dell’avampiede, ma che mantiene le caratteristiche della flessibilità.
- Terzo grado: ci parla di un piede piatto rigido in cui le deformità sono sempre più marcate, ma nel quale è impossibile indurre una correzione dall’esterno a causa della sua rigidità.
- Quarto grado: vede un coinvolgimento della caviglia che tende, così come il piede, a deformarsi in valgo, la cui correzione deve essere prevista nel trattamento chirurgico.
Sintomi e dolori del piede piatto
La maggior parte dei pazienti affetti da piedi piatti non lamenta alcun fastidio ma, quando presenti, i sintomi più comuni sono:
- Dolore, in particolare nella zona del tallone o dell’arco plantare (ma il dolore può colpire qualsiasi punto del piede).
- Dolore e gonfiore alla caviglia.
- Difficoltà nell’indossare le scarpe.
- Modesta sensazione di alterazione dell’equilibrio (soprattutto se viene colpito dal disturbo un unico piede).
Quando è sintomatico, il piede piatto si manifesta nell’adulto con dolore e affaticabilità in corrispondenza del margine interno del piede, tumefazione e deformità del profilo scheletrico, sempre più convesso e sporgente sulla parte interna.
A questo si accompagna un’infiammazione delle strutture articolari e tendinee corrispondenti, che può arrivare fino alla degenerazione e rottura del tendine tibiale posteriore. Il patologico assetto dell’articolazione sottoastragalica, sempre più pronata, porta parallelamente all’instaurarsi di un’artrosi di questa articolazione con grave dolore al carico (stazione eretta e deambulazione), spesso confuso come un dolore di caviglia.
Nell’adulto, il dolore è mediale proprio a livello del tibiale posteriore. E’ un dolore che può essere continuo o intermittente e che si riaccende dopo lunghi percorsi o dopo l’utilizzo di calzature con poco tacco. Il dolore parte mediale e può risalire anche lungo la gamba seguendo il tragitto del tendine d’Achille e del muscolo tibiale posteriore irradiandosi in alcuni casi fino al polpaccio.
Alcuni pazienti riferiscono crampi, spesso notturni, legati alla contrazione del muscolo tricipite della sura.
Un altro tipico segno che ci fa pensare al piede piatto è il dolore laterale a livello dell’articolazione sottoastragalica. Questo dolore, esacerbato non solo dai lunghi percorsi, ma anche dal cammino su terreni irregolari, evidenzia un interessamento dell’articolazione sottoastragalica e ci indica un piede piatto di grado più severo.
Sintomi nei casi avanzati
Nei casi ancora più avanzati e di gravità maggiore si arriva anche a un coinvolgimento della caviglia con forte limitazione funzionale e zoppia. In questi pazienti la caviglia tenderà spesso a gonfiarsi e il dolore può apparire diffuso e completamente aspecifico.
I sintomi più comuni di piede piatto sono:
- Calli.
- Dolore al piede.
- Dolore al tallone.
- Metatarsalgia.
- Piedi gonfi e stanchi.
I sintomi più rari sono:
- Dolori particolari.
- Ipermobilità articolare.
- Mal di schiena.
- Perdita di equilibrio.
- Rigidità articolare.
- Talloni screpolati.
Vi sono casi in cui un paziente adulto, nato con piedi normali, può sviluppare un piede piatto in seguito a un evento scatenante, generalmente si tratta di:
- Traumi.
- Patologie reumatiche e neurologiche.
- Disfunzione del tendine tibiale posteriore: questa disfunzione è caratterizzata da una protuberanza nel profilo interno del piede.
Questa sindrome compare soprattutto fra le donne di 50-60 anni. In generale, è importante ricordare che il piede piatto, sia nell’adulto che nel bambino, non va mai considerato in modo a sé stante, ma inserito in un quadro più ampio che interessa la postura globale del paziente.
È a causa del piede piatto che molti pazienti presentano disturbi associati come le alterazioni della colonna vertebrale, il ginocchio valgo o il passo intra o extrarotato.
Diagnosi ed esami strumentali per il piede piatto
Il piede piatto si riconosce perché lascia l’impronta dell’intera pianta (o quasi) impressa sulla superficie: in questo caso la sezione centrale, corrispondente agli archi plantari, è larga quasi come l’intera larghezza dell’impronta.
Per una diagnosi di piedi piatti sono sufficienti, molto spesso, l’esame obiettivo e l’anamnesi. I medici considerano il ricorso a ulteriori test diagnostici quando il paziente lamenta un’intensa sintomatologia (dolore intenso al piede, alla caviglia e/o al ginocchio).
Lo specialista deve eseguire una serie di esami, prendere in considerazione la storia clinica del paziente, effettuare test per il bilanciamento di muscoli e tendini e poi osservare il comportamento assunto dai piedi del soggetto in fase di carico e mentre cammina.
È necessaria poi una visita specialistica ortopedica che deve avvalersi di una radiografia del piede eseguita sotto carico (RX – Radiografia segmenti scheletrici sotto carico), TAC (TAC osteoarticolare) o RM del tarso (RM muscolo-scheletrica), per valutare lo stato artrosico delle articolazioni interessate o il grado di degenerazione o infiammazione del tendine tibiale posteriore.
Cure e rimedi per il piede piatto
Si può parlare di terapie conservative solo in un piede piatto flessibile. Se i pazienti sono asintomatici e con piede piatto flessibile, si può parlare di terapie conservative. Se, invece, sono causa di dolore, in base alla gravità della sintomatologia, un medico potrebbe optare per una terapia chirurgica.
Per quanto riguarda la terapia conservativa, i possibili trattamenti consistono:
- Usare un plantare all’interno della scarpa quotidianamente. Migliora la postura e l’equilibrio, perché fornisce le basi di appoggio nei punti carenti. Inoltre se si soffre di piede piatto, spesso le scarpe tendono a deformarsi con il tempo, questo perché il piede non riesce a mantenere una posizione corretta. Il paziente deve portare dei plantari con sostegno, in modo che la volta del piede assuma una forma normale. Grazie a questo accorgimento i tendini e l’articolazione non subiscono le tensioni che hanno portato alla degenerazione, arrestandola. Non solo, a trarre beneficio dai plantari è anche l’intera postura del paziente.
- Effettuare esercizi di stretching (o allungamento muscolare) per tutti i muscoli della gamba che fanno riferimento al tendine d’Achille.
- Utilizzare scarpe ortopediche per piedi piatti.
- Svolgere esercizi di ginnastica posturale.
- Trascorrere un periodo di riposo da tutte quelle attività che favoriscono la comparsa del dolore (es: corsa, lunghe camminate, ecc.). In alternativa, sono consigliati sport come ciclismo o nuoto.
- Eseguire esercizi di fisioterapia per il miglioramento della tecnica di camminata e della tecnica di corsa.
- Un programma dietetico per la riduzione del peso corporeo. Ovviamente, tale trattamento è riservato ai pazienti in sovrappeso o affetti da obesità.
- La somministrazione di farmaci antidolorifici: per ridurre la sensazione dolorosa, assumere i condroprotettori, farmaci che arrestano la degenerazione della cartilagine del piede.
Altre volte invece, a causa di un peggioramento della deformità o della rigidità sopraggiunta, il piede non riesce più a esercitare la sua funzione e quindi nella maggior parte dei casi si ricorre a un intervento chirurgico.
Intervento chirurgico
Quando la terapia conservativa si rivela inefficace, si procede invece al trattamento chirurgico. La procedura prevede di attuare in modo semplice un’artrorisi della sottoastragalica del piede, ossia l’articolazione compresa tra l’astragalo e il calcagno. Un’operazione molto semplice che dura circa 20 minuti per piede. Viene fatta su entrambi i piedi, in anestesia locale.
L’ortopedico introduce una vite all’interno del seno del tarso per via percutanea, praticando un piccolo foro, in modo da indurre una correzione che, inizialmente, è solo “meccanica”, ma poi diventa propriocettiva.
Esistono attualmente due tipologie di intervento che hanno lo scopo di determinare, attraverso stimoli propriocettivi, una corretta impostazione dell’appoggio del piede correggendo progressivamente la deformità:
- “Calcaneo-stop”, ossia il posizionamento di una vite nel calcagno attraverso una piccola incisione di due cm al davanti del malleolo laterale. Dopo qualche anno, solitamente la vite viene rimossa.
- Endortesi, ossia una protesi metallica in titanio a forma di vite che viene inserita all’interno del seno del tarso, ossia tra calcagno e astragalo. Anche con questa tecnica è talora richiesta la rimozione della vite.
Entrambe le procedure sono quindi finalizzate a correggere la pronazione del calcagno, ovvero la sua tendenza a sbilanciarsi verso l’interno, e a far risalire la volta plantare.
Decorso post operatorio
Il decorso post-operatorio varierà in base alla gravità della situazione e all’intervento affrontato. Solitamente sono necessarie quattro settimane di riposo.
Il post-operatorio prevede che il paziente indossi un tutore per almeno 30 giorni senza carico, dopodiché si passa alla riabilitazione.
Il percorso fisioterapico dopo l’intervento per la correzione del piede piatto dura circa 2-3 mesi e prevede:
- Progressivo addestramento alla deambulazione con le stampelle (e dopo 10 giorni senza stampelle).
- Lavoro di propriocezione ed equilibrio.
- Addestramento a salire e scendere le scale.
- Rinforzo muscolare degli arti inferiori.
- Stretching degli arti inferiori.
- Mobilizzazione della caviglia e del piede.
- Addestramento alla percezione della posizione del retropiede.
Piede piatto: conseguenze, complicanze e rischi
Dopo un’operazione al piede piatto, solo una piccola percentuale di casi presenta intolleranza alla vite, che può creare disagio e anche dolore: in questo caso il trattamento è inizialmente conservativo con terapia farmacologica, terapia fisica e manipolazione.
Possibili conseguenze del piede piatto comprendono:
- Alluce valgo.
- Dita a martello.
- Fascite plantare.
- Metatarsalgie.
- Tendinopatie (soprattutto a carico del tendine del muscolo tibiale posteriore).
- Artrosi e crollo della volta plantare.
Quando il piede piatto è molto marcato, anche l’articolazione del ginocchio si adatta a questa condizione, strutturandosi in valgismo. La complicazione più frequente è una modifica della camminata che, associata a una diversa distribuzione del peso sulla pianta del piede, può essere causa di dolore alle gambe e alla schiena, oltre che di altre infiammazioni secondarie (per esempio la fascite plantare).
Se il piede piatto non viene trattato in fase di crescita nel bambino, si può manifestare un’evidente deformità del piede con dolore e difficoltà a camminare.
Quando non si interviene sulla problematica del piede piatto si può verificare:
- Tendinite d’Achille.
- Artrite alla caviglia o ai piedi.
- Borsite.
- Dito a martello.
- La fascite plantare
- Tendinite tibiale posteriore.
Come prevenire il piede piatto
La prevenzione del piede piatto è importante soprattutto se svolta precocemente durante le fasi di crescita del bambino. Tra i 5 e gli 11 anni di età è fondamentale fare almeno un controllo all’anno dal podologo per valutare le fasi di crescita delle gambe e dei piedi.
Se il podologo lo riterrà necessario, interverrà facendo indossare al bambino i plantari su misura, per aiutare le strutture articolari e muscolo-legamentose delle gambe a formarsi correttamente, fino a completa crescita.
Quando non si interviene tempestivamente o quando l’aiuto del plantare non è stato sufficiente, si arriva alle forme più gravi di piede piatto e non resta che ricorrere all’intervento chirurgico di correzione.
In generale, è possibile raccomandare alcune misure preventive e buone norme per contrastare l’insorgenza del disturbo, come:
- Mantenere un peso corporeo nella norma.
- Praticare con costanza l’attività sportiva.
- Indossare calzature comode.
- Correggere eventuali comportamenti posturali.
- Camminare sulle punte, sui talloni, sul margine esterno dei piedi.
- Camminare a piedi nudi sulla sabbia. Afferrare piccoli oggetti con le dita dei piedi.
- Stropicciare con le dita dei piedi un panno steso a terra.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sulla ginnastica per i piedi.
Fonti
- healty.thewom.it.
- federicousuelli.com.
- ortopediaplamieri.it.
- footsurgery.com.