Sommario
L’ernia iatale è una specie di sporgenza di parte dello stomaco attraverso lo “iato” diaframmatico, ovvero la piccola apertura del diaframma attraverso il quale normalmente passa l’esofago. Il diaframma è un muscolo che separa il torace dall’addome e l’esofago passa proprio attraverso un’apertura diaframmatica per ricollegarsi allo stomaco che, invece, si trova sotto il diaframma.
Le ernie iatali sono classificate in base alle caratteristiche anatomiche e fisiologiche e sono di tre tipi: ernia iatale da scivolamento, paraesofagea o ernia iatale mista.
Si tratta di una condizione abbastanza comune, soprattutto dopo i cinquant’anni, nelle persone in sovrappeso e nelle donne in gravidanza. In Italia circa il 15% della popolazione ha un’ernia iatale, ma la percentuale sale e anche di molto dopo gli ottant’anni.
Se l’ernia iatale non provoca sintomi o disturbi, non è necessario intervenire chirurgicamente o assumere una terapia farmacologica.
Ernia iatale: cos’è
L’ernia iatale è una condizione non sempre riconosciuta. Anatomicamente si configura come il passaggio (erniazione) di parte dello stomaco attraverso un’apertura del diaframma, il muscolo che separa la cavità toracica da quella addominale.
Spesso è la causa di reflusso gastroesofageo, che si caratterizza principalmente da bruciore di stomaco, difficoltà a deglutire, tosse secca e alitosi.
Tuttavia molte persone che presentano un’ernia iatale non avvertono alcun sintomo, mentre altre soffrono di reflusso non associato all’ernia.
Spesso è del tutto asintomatica, soprattutto se molto piccola, e la diagnosi accade casualmente, durante altri accertamenti medici, come una radiografia o la gastroscopia.
Se, invece, presenta dimensioni più grandi, può causare la risalita di cibo e acidi dallo stomaco all’esofago, causando bruciore e altri sintomi. La manifestazione più frequente è la dispepsia, cioè disturbi digestivi come rigurgito, senso di pienezza, gonfiore addominale, eruttazioni, nausea o vomito.
La causa non è sempre nota, ma si ipotizza che possa dipendere dalla debolezza dei muscoli addominali che possono perdere di tono e favorire così la risalita di una piccola parte di stomaco nel torace. Le ipotesi sono diverse: da fattori congeniti alla dieta. In realtà, nella maggior parte dei casi, dopo i 60 anni, il disturbo colpisce 1 italiano su 10, ma non si capiscono le cause.
Tipologie
Ci sono tre diverse tipologie di ernie.
- Ernia da scivolamento. È la forma più frequente e si caratterizza per il passaggio, attraverso lo iato esofageo, di una porzione dello stomaco: il cardias (l’orifizio attraverso il quale l’esofago sbocca e s’immette nello stomaco) e il fondo dello stomaco. Se la giunzione gastroesofagea (cardias) viene spinta verso l’alto provoca in molti casi uno dei disturbi tipici della malattia, ovvero il reflusso gastroesofageo. Un passaggio che, in alcune condizioni, può essere reversibile.
- La paraesofagea (o da rotolamento) è più rara, ma allo stesso tempo più pericolosa. In questo caso il cardias rimane nella sua posizione naturale ed il fondo dello stomaco a passare dallo iato. Il problema più grave in questa situazione è il possibile strozzamento dell’ernia fra lo iato e l’esofago, cosa che potrebbe compromettere l’afflusso di sangue nella zona.
- L’ernia mista è una combinazione delle due precedenti tipologie.
Ernia iatale: sintomi
Si tratta di un disturbo spesso asintomatico, quindi non si avverte nessun disturbo. Quando, invece, si manifestano i sintomi, sono per lo più associati alla possibile presenza del reflusso gastroesofageo, cioè il passaggio del cibo o dei liquidi contenuti nello stomaco nell’esofago.
Solitamente le manifestazioni più comuni sono:
- bruciore di stomaco, soprattutto dopo i pasti.
- Rigurgito acido.
- Alito cattivo (alitosi).
- Eruttazioni frequenti.
- Senso di gonfiore.
- Nausea.
- Difficoltà di deglutizione.
Se il disturbo permane per più di tre settimane, è bene consultare il proprio medico di famiglia, soprattutto in caso di:
- dimagrimento non intenzionale.
- Deglutizione sempre più difficoltosa.
- Vomito frequente o tracce di sangue nel vomito.
- Dolori addominali.
Cause dell’ernia iatale
L’ernia iatale è legata all’età: quasi il 100% della popolazione over 80 ne soffre, e dai 50 anni in su la percentuale si attesta sul 25%. Questo è dovuto a un naturale deterioramento organico, in associazione alla ripetizione continua dei movimenti della deglutizione.
Oltre all’età ci sono anche altri fattori di rischio: l’ernia iatale, infatti, colpisce in maniera maggiore le donne e le persone in sovrappeso.
Per quanto riguarda le cause, non esiste tuttora una causa o una spiegazione univoca che giustifichi la comparsa della malattia, ma ci sono varie cause contingenti:
- cambiamenti del diaframma, legati all’età.
- Traumi addominali.
- Apertura del diaframma (iato diaframmatico) più larga del normale, presente fin dalla nascita.
- Pressione per la contrazione dei muscoli addominali, causata dalla tosse, dal vomito, dagli sforzi durante l’evacuazione, dal sollevamento di pesi.
- Gravidanza, per il conseguente aumento della pressione addominale.
Cure e rimedi
La cura dell’ernia iatale prevede più che altro il trattamento dei sintomi. Spesso bastano alcuni accorgimenti e cambiare stile di vita. Ad esempio, fare pasti piccoli e frequenti, smettere di fumare, poiché il fumo può irritare l’apparato digerente, e mantenere il peso forma ed evitare il sovrappeso. È utile anche evitare alcuni cibi tra cui: caffè, cioccolato, alimenti troppo grassi, piccanti o speziati.
È bene, inoltre, non sdraiarsi subito dopo i pasti.
Ci sono anche alcuni rimedi naturali o della nonna che possono aiutare e alleviare i sintomi lievi. In presenza di una sintomatologia più intensa, invece, il medico può prescrivere farmaci da banco come gli antiacidi.
Se tutto questo non basta, il medico potrà prescrivere gli stessi farmaci utilizzati per il reflusso gastroesofageo che riducono l’acidità dei succhi gastrici.
Nei casi più gravi si può, invece, ricorrere all’intervento chirurgico in laparoscopia e in anestesia generale. In questo caso, i disturbi non scompaiono immediatamente dopo l’intervento: a volte il senso di gonfiore, il meteorismo, l’eruttazione e la difficoltà ad ingoiare possono durare qualche mese.
Ernia iatale: rimedi della nonna
Tra i rimedi più comuni per sintomi come bruciore, nausea, flatulenza, ecc. ci sono le tisane al finocchio, per la sua capacità di sgonfiare rapidamente lo stomaco, o alle foglie di fico, ricche di enzimi digestivi che riequilibrano la secrezione dei succhi gastrici e diminuiscono la motilità gastrica.
Anche l’Angelica è indicata per la sua azione sedativa e per l’effetto antispasmodico sulla muscolatura liscia dello stomaco. Inoltre, mitiga l’ansia, contrasta lo stress, alza il tono dell’umore e agisce sulla nausea e il gonfiore.
Infine, la genziana, considerata un digestivo erboristico molto efficace, che facilita lo svuotamento gastrico
Dieta
In caso di ernia iatale, è importante adottare una dieta apposita per questo problema e alcuni accorgimenti. In particolare, è utile:
- fare pasti piccoli, ricchi di proteine e poveri di grassi e carboidrati.
- Evitare cibi caldi e liquidi, preferendo cibi tiepidi: questo aiuta a evitare il peggioramento di eventuali lesioni presenti nello stomaco o nell’intestino e a prevenire il rischio che i sintomi di reflusso acido possano intensificarsi.
- Nelle ore successive al pasto, evitare di riposare o di fare sforzi. Se è proprio necessario coricarsi, è meglio stare con la parte superiore del corpo leggermente rialzata.
- Bere molto. In generale, 2 litri di acqua al giorno permettono alle mucose di essere più protette da una eventuale irritazione.
- In caso di sovrappeso, è fondamentale perdere quei kg di troppo che pressano il diaframma e l’esofago.
Non esistono cibi “no” e cibi benefici per l’ernia iatale in assoluto, ma è bene evitare o ridurre fortemente tutti gli alimenti che possono avere un effetto irritante sull’esofago e provocare disturbi gastrici, privilegiando invece quelli che proteggono la mucosa gastrica. Vediamoli in dettaglio.
Ernia iatale: i cibi da evitare
- Cibi piccanti, come il pepe: evitarli aiuta a prevenire il dolore e il rischio di ulcerazioni.
- Cibi grassi: possono causare reflusso ma anche peggiorare i sintomi perché stimolano la produzione di una maggiore quantità di acido durante la digestione e rallentano lo svuotamento dello stomaco. Da evitare soprattutto i cibi ricchi di grassi saturi, come latticini, burro, panna, formaggio fresco, insaccati, carne di maiale e i fritti. Meglio evitare anche le preparazioni a base di carne che richiedono molte ore di cottura, come brodo, stufato, spezzatino, brasato e ragù.
- Menta e cioccolato: contengono sostanze chimiche che possono stimolare il rilascio di acidi nello stomaco e far rilassare il cardias, favorendo il reflusso acido alla bocca dello stomaco e al petto.
- Caffè, tè, alcol e in generale tutte le bevande che contengono caffeina e teina, che possono irritare il rivestimento dello stomaco.
- Alimenti a base acida: agrumi, mirtilli, pomodori (sia freschi che sotto forma di salsa): possono far aumentare il livello di acidità nello stomaco e causare una riacutizzazione dei sintomi, quindi è bene evitarli o limitarli.
Ernia iatale: i cibi da preferire
- Cereali: pasta, riso e patate agiscono contro l’eccessiva acidità gastrica perché vengono facilmente assimilati dall’organismo e non impegnano in maniera importante l’apparato digerente.
- Frutta e verdura: in particolare, mele e banane svolgono un’azione lenitiva sulle pareti dello stomaco.
- Frutti esotici come ananas e papaya: contengono rispettivamente bromelina e papaina, due enzimi digestivi che aiutano l’organismo a destrutturare alcune proteine ingerite.
- Sale iodato: un suo uso regolare è benefico in caso di ernia iatale, ma se soffri di pressione alta meglio evitare il sale e ricorrere a integratori a base di iodio.
- Pesce: è ricco di omega 3, benefici per l’apparato gastrico.
Farmaci e intervento chirurgico
Se dieta e modifiche al proprio stile di vita non funzionano, il medico potrebbe prescrivere alcuni farmaci. In particolare, gli inibitori di pompa protonica (PPI) vengono spesso utilizzati nei casi di sintomi da reflusso.
Sono farmaci che interrompono temporaneamente la secrezione acida in modo da favorire la rigenerazione delle mucose esofagee. In associazione a questi, il medico può prescrivere anche dei gastroprotettori.
Nel caso di resistenza ai PPI si può eventualmente considerare la chirurgia: una valutazione fatta in base alle caratteristiche individuali del paziente. In particolare, si ricorre all’intervento in caso di ernia paraesofagea, a causa dell’elevato rischio di complicazioni gravi, o nel caso di un’ernia particolarmente voluminosa.
L’operazione riporta la parte di stomaco fuoriuscita nella sua naturale sede. Oggi viene fatta con una tecnica mini-invasiva, mentre l’intervento “classico” è andato in disuso.
Questo metodo prevede l’inserimento di microtelecamere e micro strumenti chirurgici: attraverso cinque o sei mini incisioni effettuate sull’addome si riporta la parte dove dovrebbe essere. Inoltre, nel caso di recidive, il chirurgo potrà intervenire riducendo l’ampiezza dello iato oppure procedendo a una sua ricostruzione.
Questa tecnica moderna fa sì che anche il decorso della malattia sia meno doloroso e più veloce: molti pazienti nel giro di qualche giorno possono tornare al lavoro. Per uno o due mesi, però, il soggetto operato dovrà evitare di fare particolari sforzi.
Come capire se hai un’ernia iatale: gli esami da effettuare
Come già detto, l’ernia iatale può essere asintomatica: per questo viene spesso scoperta nel corso di esami effettuati per altri disturbi, come ad esempio un’ecografia. Ma quali esami fare per capire se hai un’ernia iatale?
La patologia può essere facilmente diagnosticata con una radiografia del tratto digerente superiore o con l’endoscopia.
- La radiografia si fa con un liquido di contrasto a base di bario, che il paziente dovrà ingerire.
- L’endoscopia invece viene fatta con un tubo molto sottile e flessibile che scende dalla bocca fino all’esofago e allo stomaco.
Infine, per avere un’idea dell’evoluzione del problema nel tempo si può monitorare il pH del contenuto esofageo o la pressione all’interno dell’esofago.
Fonti: