Sommario
L’epatite D è un’infiammazione del fegato causata dal virus D (HDV). L’infezione da epatite D non può verificarsi in assenza del virus dell’epatite B. La coinfezione da HDV-HBV è considerata la forma più grave di epatite virale cronica a causa della più rapida progressione verso il carcinoma epatocellulare.
I soggetti maggiormente a rischio di infezione sono quelli che fanno uso di droghe per vena, chi ha contatti sessuali non protetti e chi usa strumentazione non sterilizzata.
Dopo un periodo di incubazione di circa 3-7 settimane iniziano a comparire i primi sintomi, come ittero (pelle gialla), urine di colore scuro, febbre e sintomi gastro-intestinali. La superinfezione si manifesta accelerando il decorso o causando una malattia conclamata nei portatori asintomatici.
La diagnosi avviene, dopo un’anamnesi ed un esame obiettivo, tramite un semplice prelievo ematico. Il tasso di mortalità nella sovrainfezione oscilla tra il 2% e il 20% dei casi e la vaccinazione contro l’epatite B è l’unico metodo per prevenire l’infezione da HDV.
Epatite D: che cos’è
È un’infezione al fegato che si può contrarre se si ha già l’epatite B. Essa può causare sintomi gravi che possono portare a danni permanenti. Sebbene non sia molto comune, l’HDV è la forma più grave di epatite. Dopo molto tempo, può portare a cancro al fegato o insufficienza epatica.
L’epatite D può essere acuta o cronica. La forma acuta si manifesta all’improvviso e in genere provoca sintomi più gravi. Se l’infezione dura per sei mesi o più però, la condizione è nota come epatite cronica D. La variante a lungo termine dell’infezione si sviluppa gradualmente nel tempo.
Il virus potrebbe essere presente nel corpo per diversi mesi prima che si manifestino i sintomi. Con il progredire dell’epatite cronica D, le possibilità di complicanze aumentano.
Molte persone affette da questa condizione alla fine sviluppano la cirrosi. Sebbene il trattamento dell’HDV può essere una sfida, i medici sperano che siano presto in arrivo trattamenti migliori.
Quali sono i sintomi?
L’infezione simultanea da HBV e HDV può portare a un’epatite da lieve a grave con segni e sintomi indistinguibili da quelli di altri tipi di infezioni virali acute.
Queste caratteristiche compaiono tipicamente 3-7 settimane dopo l’infezione iniziale e includono febbre, affaticamento, perdita di appetito, nausea, vomito, urine scure, feci pallide e ittero (occhi gialli).
Dopo aver contratto il virus B ed aver intrapreso un trattamento, lo sviluppo di epatite fulminante è raro così come l’epatite cronica D (meno del 5% dei casi).
In una sovrainfezione l’HDV può attaccare una persona già cronicamente infetta da HBV ed accelerare la progressione verso una malattia più grave nel 70-90% delle persone (arriva verso la cirrosi quasi un decennio prima rispetto alle persone con infezione semplice da HBV).
I pazienti con cirrosi indotta da HDV hanno un aumentato rischio di carcinoma epatocellulare. Tuttavia, il meccanismo con cui l’HDV causa un’epatite più grave e una progressione più rapida della fibrosi rimane poco chiaro.
I sintomi dell’epatite B e dell’epatite D sono simili, quindi può essere difficile determinare quale malattia sia in atto. In alcuni casi, può peggiorare i sintomi dell’epatite B oppure rivelarne l’infezione rimasta per anni latente.
L’epatite D non causa sempre sintomi, ma quando si verificano questi spesso includono:
- Ingiallimento della pelle e della parte bianca degli occhi (ittero).
- Dolori articolari.
- Dolore addominale.
- Vomito.
- Perdita di appetito.
- Urina scura.
- Fatica persistente.
Presentazione clinica
L’infezione da epatite D può verificarsi solo come coinfezione o sovrainfezione in individui infetti da HBV. La coinfezione spesso porta a forme più gravi di epatite acuta. Invece, la superinfezione si verifica accelerando il decorso o causando una malattia conclamata nei portatori asintomatici.
L’ittero e l’aumento degli enzimi epatici possono verificarsi rapidamente dopo la superinfezione da HDV. Il tasso di mortalità nella sovrainfezione oscilla tra il 2% e il 20% dei casi.
Come avviene il contagio da epatite D?
La trasmissione dell’HDV, come quella dell’HBV, avviene attraverso la pelle lesa (iniezioni, tatuaggi, ecc.) o attraverso il contatto con sangue o prodotti biologici infetti. La trasmissione da madre a figlio è possibile ma rara.
La vaccinazione contro l’HBV previene la coinfezione da HDV, e quindi l’espansione dei programmi di vaccinazione nell’infanzia ha portato a un calo dell’incidenza dell’epatite D in tutto il mondo. I portatori cronici di HBV sono a rischio di infezione da HDV.
Le persone che non sono immuni all’HBV (per malattia naturale o immunizzazione con il vaccino contro l’epatite B) sono a rischio di infezione da HDV.
Coloro che hanno maggiori probabilità di avere una coinfezione includono le popolazioni indigene, le persone che fanno uso di droghe ed i soggetti già portatori di virus dell’epatite C o HIV.
Il rischio di coinfezione sembra anche essere potenzialmente più elevato nei soggetti che ricevono emodialisi, negli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e nelle prostitute.
Cause e soggetti a rischio
Le persone possono essere infettate dal virus dell’epatite D solo se entrano in contatto con liquidi biologici delle persone portatrici del virus. Tuttavia, l’infezione con il virus dell’epatite D è possibile solo se la persona ha già contratto l’epatite B, perché il primo utilizza il secondo per riprodursi. Le situazioni in cui una persona sana può venire a contatto con i liquidi biologici di un individuo infetto sono rappresentate da:
- Punture con aghi infetti.
- Rapporti sessuali non protetti (orali, anali o genitali).
- Contatto con sangue infetto.
- Nascita da madre infetta.
- Uso di strumentazione medica non sterilizzata.
Allo stesso tempo è bene precisare che il virus NON può essere contratto attraverso:
- Tosse o starnuti.
- Contatto con la pelle di una persona infetta.
- Uso condiviso di stoviglie, dello stesso cibo o bevanda.
Le persone a più alto rischio di sviluppare l’epatite D sono quelle che:
- Sono già state infettate con l’epatite B.
- Non sono state vaccinate contro l’epatite B (o non hanno effettuato il richiamo).
- Si sono punte con aghi.
- Hanno rapporti sessuali non protetti con più partner.
- Vivono in una zona del mondo dove l’epatite D è molto comune.
Diagnosi ed esami strumentali
La diagnosi di infezione acuta da HDV si basa sui test sierologici (tramite prelievo di una piccola quantità di sangue) per dosaggio dell’immunoglobulina IgM anti-HDV, HDV RNA o l’antigene HDAg.
L’infezione acuta è di solito autolimitata, quindi i marcatori spesso scompaiono entro poche settimane e in alcuni casi possono non essere rilevabili.
La superinfezione da HDV nell’epatite B cronica può portare alla soppressione dei marcatori dell’HBV durante la fase acuta, presentandosi sierologicamente con esito positivo per test HDV ma negativo per HBV.
L’antigene HDV viene solitamente eliminato, tuttavia gli anticorpi HDV possono persistere per anni. L’RNA dell’HDV si trova anche nel sangue di pazienti super-infetti. Gli antigeni HDV sono rilevabili nel fegato, tuttavia non sempre si osservano nel sangue.
Cure, terapie, rimedi e trattamenti
Non ci sono trattamenti noti per l’epatite D acuta o cronica.
A differenza di altre forme di epatite, gli attuali farmaci antivirali non sembrano essere molto efficaci nell’HDV. È possibile che vengano somministrate grandi dosi di un farmaco chiamato interferone per un massimo di 12 mesi.
L’interferone è un tipo di proteina che può impedire la diffusione del virus e portare alla remissione della malattia. Tuttavia, anche dopo il trattamento, le persone con epatite D possono ancora risultare positive al virus. Ciò significa che è ancora importante utilizzare misure precauzionali per prevenire la trasmissione.
Molto spesso è necessario rimanere vigili osservando i sintomi ricorrenti. In caso di cirrosi o un altro tipo di danno epatico avanzato, in un numero limitato di pazienti, potrebbe esserci bisogno di un trapianto di fegato.
E’ un’operazione chirurgica importante che comporta la rimozione del fegato danneggiato e la sua sostituzione con un organo sano da un donatore.
Dopo il trapianto, circa il 70% delle persone sopravvive almeno 5 anni o più.
Epatite D: possibili complicazioni
In rari casi l’epatite D può portare a insufficienza epatica acuta, una condizione in cui il fegato smette improvvisamente di funzionare.
Sebbene la condizione sia rara, è più probabile che le infezioni da epatite D e B insieme portino allo shock acuto rispetto alla sola infezione da epatite B. L’epatite cronica D può portare a:
- Cirrosi.
- Insufficienza epatica.
- Cancro al fegato.
La diagnosi precoce e un trattamento non ritardato possono ridurre le possibilità di sviluppare ulteriori complicazioni.
Cirrosi
La cirrosi è una patologia in cui il fegato perde lentamente la sua struttura e non è quindi più in grado di funzionare normalmente. Il tessuto cicatriziale sostituisce il tessuto epatico sano, bloccando in parte il flusso di sangue all’interno dell’organo.
Nelle prime fasi della cirrosi la funzionalità viene conservata, ma con il peggiorare della condizione i metaboliti organici iniziano a non essere più processati, accumulandosi nel sangue.
Insufficienza epatica
Chiamata anche malattia epatica allo stadio terminale, l’insufficienza epatica progredisce nell’arco di mesi o anni. In presenza di questa condizione il fegato non può più svolgere le sue funzioni importanti o sostituire le cellule del corpo danneggiate.
Cancro al fegato
Avere l’epatite cronica B e l’epatite cronica D aumenta le possibilità di sviluppare un cancro al fegato (epatocarcinoma).
In presenza di sintomi suggestivi lo specialista può consigliare di effettuare alcuni esami del sangue, un’ecografia o una TAC per verificare la presenza della neoplasia ed iniziare prontamente una terapia.
Diagnosticare un epatocarcinoma in una fase precoce migliora le possibilità di curarlo.
Prevenzione e convivenza con l’epatite D: importanza del vaccino
L’unico modo noto per prevenire l’epatite D è evitare l’infezione da epatite B. È possibile adottare a tal scopo le seguenti misure preventive per scongiurare un contagio.
- Vaccinazione: esiste un vaccino per l’epatite B che tutti i bambini dovrebbero ricevere (in Italia è divenuto obbligatorio con la Legge 165/1991, su proposta di iniziativa parlamentare del 1988). Anche gli adulti ad alto rischio di infezione, come quelli che usano farmaci per via endovenosa o sono esposti a liquidi biologici, dovrebbero essere vaccinati. Un’immunizzazione completa viene solitamente somministrata in una serie di tre iniezioni in un periodo di sei mesi.
- Praticare sempre sesso sicuro: usare un preservativo ad ogni rapporto (orale, anale o genitale) con tutti i partner sessuali protegge dalla trasmissione del virus B; non si dovrebbe mai fare sesso non protetto a meno che non si sia effettuato uno screening (tramite prelievo) per accertarsi che il proprio partner non sia infetto da epatite o da qualsiasi altra malattia a trasmissione sessuale.
- Evitare l’uso di droghe che possono essere iniettate, come l’eroina o la cocaina; in caso di dipendenza conclamata o se non si riesce a smettere, assicurarsi di usare un ago sterile nuovo ad ogni iniezione; non condividere mai aghi o siringhe con altre persone.
- Attenzione a tatuaggi e piercing: servirsi solo in studi affidabili (con certificazioni regionali o altri) che sterilizzano la strumentazione in autoclave oppure assicurarsi che i dipendenti utilizzino aghi sterili monouso.
Regime alimentare nell’epatite D
Chi è stato diagnosticato con un’infezione da epatite D, che sia essa acuta o cronica, dovrebbe seguire una dieta equilibrata e sana.
Dovrebbe evitare l’alcol, l’abuso di farmaci e l’uso di sostanze stupefacenti perché questi possono appesantire il lavoro del fegato di depurare il sangue dai composti organici.
Lo sport, nel limite della tolleranza, è raccomandato, tenendo conto della presenza di altre patologie o comorbidità del paziente.
Fonti
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