Sommario
Il daltonismo è un difetto visivo, d’origine soprattutto ereditaria, che impedisce una normale percezione dei colori. La cosiddetta cecità alle tinte può essere totale, acromatopsia, oppure parziale, discromatopsia. L’anomala visone, che fa confondere i colori, riguarda in prevalenza il verde e il rosso e meno il blu e il giallo.
Il disturbo colpisce di più gli uomini, il 7-8%, contro lo 0,4-0,5 delle femmine, e in Italia riguarda 2,5 milioni di persone. La causa principale del difetto è genetica, dovuta a mutazione del cromosoma X, trasmesso dalla madre ai figli maschi. Avendo gli uomini un solo cromosoma X, materno, se la madre è portatrice o malata ereditano il disturbo da lei.
Ma la cecità ai colori può essere anche acquisita, provocata in particolare da traumi alla testa e patologie oculari. I colori, grazie ai quali il cervello registra l’ambiente, dipendono dalle diverse lunghezze d’onda captate dagli oggetti. Nella retina dell’occhio, i coni, fotorecettori, trasformano le radiazioni luminose in impulsi nervosi, tradotti in immagini dal cervello.
Se in un soggetto i coni sono alterati o mancano, si instaura una carenza visiva dei diversi colori. Le forme di daltonismo sono tante, a seconda delle numerose sfumature esistenti.
L’insensibilità al rosso è detta protanopia, quella al verde deuteranopia e a blu, violetto e giallo tritanopia.
Il disturbo può essere diagnosticato già dall’infanzia per mezzo di tavole colorate e disegnate, come quelle di Ishihara. Il daltonismo può migliorare tramite esercizi per gli occhi e occhiali, con appositi filtri, in attesa di una terapia genetica.
Daltonismo: cos’è
Definito anche cecità ai colori, il daltonismo è un difetto visivo che comporta una percezione alterata delle tinte. La condizione può essere di gradi diversi, da una anomalia parziale alla completa assenza di visione dei colori.
Con la mancanza totale di percezione, detta acromatopsia, il soggetto vede tutto in bianco e nero. Il problema è anche associato a ipersensibilità alla luce, ma è una situazione piuttosto rara.
Invece, la discromatopsia, ovvero il difetto più lieve, è frequente ed è contraddistinta da insensibilità a 1 o pochi colori. In genere, sono il verde e il rosso a non essere distinti dai daltonici, con le conseguenze del caso.
Infatti, questi soggetti, che confondono tra loro i colori, hanno difficoltà, come la distinzione delle luci di un semaforo. Il disturbo colpisce entrambi gli occhi, se congenito, ovvero ereditario, oppure uno solo, quando è acquisito.
In effetti, il daltonismo può sopravvenire dopo la nascita per cause traumatiche o patologie, soprattutto oculari. Inoltre, nel daltonismo, i coni, cellule sensibili della retina, deputate alla visione dei colori, non funzionano in modo corretto.
In particolare, nella discromatopsia, l’alterazione dei 3 tipi di questi fotorecettori non trasmette le luci dei diversi colori. Così un daltonico non riesce a distinguere le luci di diversa lunghezza d’onda, come un disegno verde su sfondo rosso.
Nonostante le problematiche legate al difetto, gli interessati presentano anche qualche vantaggio.
Non essendo la loro visione distratta dai vari e troppi colori, i soggetti possono vedere meglio degli altri in certe circostanze.
Ad esempio, in guerra, i daltonici sono stati impiegati nelle ricognizioni aeree per individuare obiettivi in ambienti mimetizzati. Oppure gli affetti da discromatopsia risultano provetti cacciatori in quanto scorgono le prede nascoste nella macchia.
Epidemiologia
Il daltonismo colpisce in particolare gli uomini, mentre le donne sono coinvolte soprattutto nella sua trasmissione. Particolarmente rilevante il fatto che l’8% del gentil sesso sarebbe portatore dei cromosomi difettosi.
In Italia, si contano circa 2,5 milioni di sofferenti del difetto visivo, con il 7-8% dei maschi e lo 0,4-0,5 di femmine.
Nel mondo, i daltonici sono quasi 300 milioni, con una prevalenza di cecità al colore verde. Poiché il disturbo è soprattutto a valenza ereditaria, la sua maggior incidenza si riscontra nelle zone isolate.
Infatti, in tali aree gli abitanti conservano un profilo genetico ristretto, immutato e intatto nel tempo. Perciò il daltonismo è più diffuso nelle isole greche, nei territori rurali della Finlandia e in Australia, fino al 4% della popolazione.
Secondo altre statistiche, 1 uomo su 12 e 1 donna su 200 manifestano un’alterata percezione dei colori. L’acromatopsia riguarderebbe 1 caso su 35.000 individui e la monocromia 1 soggetto su 100.000.
L’alterazione visiva verso verde e rosso, o deuteranomalia, interessa 5 femmine su 1.000 e 8 maschi su 100.
La forma più comune di daltonismo è quella relativa al verde e si manifesta prevalentemente nel sesso maschile.
Invece, molto più rara è la tritanopia, o cecità al blu, e la tritanomalia, scarsa visione di questo colore.
Occhio e visione cromatica
Il cervello si rende conto dell’ambiente attraverso i colori che dipendono dalle diverse lunghezze d’onda captate dagli oggetti. Gli oggetti chiari assorbono meno per cui riflettono quasi l’intero spettro della luce, al limite del bianco.
All’opposto, gli oggetti più scuri riflettono solo una parte dello spettro, al limite del nero che non riflette niente. La retina oculare è sensibile alle radiazioni luminose con una lunghezza d’onda compresa tra 380 e 770 nanometri.
In essa, i fotorecettori lavorano per la visione, i bastoncelli con scarsa luce e i coni con buona luminosità. La luce trasmessa dagli oggetti va a colpire i coni che la trasformano in impulso elettrico.
Il segnale migra lungo il nervo ottico e arriva alla corteccia visiva che lo traduce in immagine. Nell’area maculare, 3 diversi gruppi di coni sono ognuno sensibile ai 3 colori fondamentali, rosso, verde e blu.
L’occhio umano percepisce, nello spettro del visibile, 7 colori principali che hanno diversa lunghezza d’onda.
Oltre a viola, indaco, blu, verde, giallo, arancio e rosso, l’occhio è capace di distinguere 150 tonalità differenti.
La discriminazione dei colori è affidata ai coni che permettono una visione tricromatica di blu, rosso e verde.
Come vede un daltonico
Il malfunzionamento o la mancanza dei coni comportano una carenza visiva che impedisce di vedere bene i colori. Quindi il daltonismo, in prevalenza su base ereditaria, determina l’incapacità di una perfetta percezione dei colori.
I coni anomali dei daltonici inviano informazioni confuse al cervello che non riesce a codificare il segnale nel colore giusto.
Quando i coni sono solo alterati, l’individuo può scorgere i colori in uno spettro limitato, ma non le sfumature. Quindi, se manca un cono, circostanza più diffusa, la distinzione tra verde e rosso oppure giallo e blu risulta difficoltosa.
Nel caso dell’assenza di tutti i coni, evento eccezionale, è impossibile distinguere alcun colore e la visione si limita al grigio. Nello specifico, di solito il daltonico ha difficoltà a distinguere i toni di rosso e verde e, meno di frequente, di blu e giallo.
La possibilità di riconoscere specifiche tonalità può essere danneggiata in parte oppure completamente compromessa. Quindi la cecità ai colori, ovvero il daltonismo, a volte è parziale e, più raramente, totale.
Nella prima situazione, si ha la discromatopsia, contraddistinta da una scarsa sensibilità a 1 o pochi altri colori. Le tonalità, in particolare di verde e rosso, non sono del tutto invisibili per i daltonici, ma vengono distinte solo se accese.
Nella seconda condizione, o acromatopsia, i soggetti non vedono nessun colore, per anomalia di tutti i coni.
Le diverse forme
Normalmente una persona sana può ridurre su un monitor la percentuale di rosso, verde e blu, fino all’eliminazione. Al contrario, un daltonico, che non distingue i 3 colori, ha una visione monocromatica, in bianco e nero.
Se il soggetto non percepisce uno dei 3 colori primari, ha una visione bicromatica, diversa a seconda della tinta interessata.
L’insensibilità al rosso è detta protanopia, quella al verde deuteranopia e a blu, violetto e giallo tritanopia.
Invece, l’insufficiente insensibilità al rosso viene definita protanomalia e al verde teranomalia o deuteranomalia. La tritanomalia riguarda la scarsa sensibilità ai colori blu, violetto e giallo.
Comunque, un daltonico percepisce in modo anormale il colore a cui è insensibile e non distingue le sfumature.
Per questo motivo, i tipi di daltonismo sono molti, ognuno in rapporto a una delle numerose sfumature esistenti. In ogni caso, il disturbo non è progressivo e non degenera e l’interessato può condurre una vita normale, con qualche limitazione.
Daltonismo nei bambini
Nei più piccoli, il difetto visivo può essere riscontrato dai genitori non appena il figlio è in grado di distinguere i colori. A 6 mesi, l’infante dovrebbe incominciare a vedere meglio i colori, a 2 anni ad abbinarli e verso i 3 anni a padroneggiarli.
Tuttavia, nei primi anni di vita, quando l’evoluzione della vista non è completata, la distinzione cromatica può essere scorretta. Quindi è più probabile accorgersi del disturbo nel bambino in età scolare che può essere valutato anche dagli insegnanti.
Di solito, il disturbo viene rilevato dai disegni che sono colorati dal piccolo in modo anomalo. Inoltre, il giovane daltonico non memorizza i colori, li scambia tra loro e non sa indicare la tinta richiesta.
Però spesso il disturbo passa inosservato e viene poi scoperto durante una comune visita oculistica.
Se il bambino stenta a riconoscere le tinte e a dar loro il nome esatto, si utilizzano test, proposti come un gioco.
Più facilmente, il giovane soggetto si dimostrerà incapace di differenziare il verde e il rosso. Un bambino totalmente daltonico mostrerà una visione monocromatica, composta da sfumature di grigio, ma senza colori.
Questa condizione è peraltro molto rara dato che coinvolge soltanto 1 soggetto su 30.000 circa.
Le cause della cecità alle tinte
Cause genetiche
Nella maggioranza dei casi, il daltonismo è provocato dalla mutazione di un gene che così non funziona correttamente. Perciò nell’individuo vengono a mancare alcune informazioni genetiche che permettono la normale visione dei colori.
Il difetto visivo è ereditario e si trasmette in modo recessivo, ovvero solo se il carattere è portato in dote.
L’alterazione dei fotorecettori è legata ai cromosomi: 22 coppie omologhe e 1 eterosoma, o diversa, secondo il sesso.
Nell’uomo, i 2 cromosomi eterosomi sono X e Y, mentre nelle donne entrambi X.
Una mutazione recessiva sul cromosoma X provoca l’errata percezione di verde e rosso, che quindi è in relazione al sesso. Infatti, un individuo per avere un’anomala visione cromatica non deve avere nemmeno un cromosoma X normale.
Un maschio, con un solo cromosoma X ereditato dalla madre, ha il 50% di probabilità di essere daltonico se questa è portatrice.
Invece, l’eventualità del daltonismo maschile sale al 100% quando la mamma è anch’essa affetta dal disturbo. Se il padre è o meno daltonico non influisce sulla condizione del figlio, che non eredita mai il cromosoma X paterno.
Per essere daltonica, una figlia, con 1 cromosoma X materno e 1 paterno, deve avere madre portatrice o malata e padre daltonico. La donna portatrice della mutazione vede bene i colori grazie alla presenza di 1 cromosoma X sano, che compensa.
Il disturbo, presente dalla nascita, è sempre binoculare, in quanto riguarda entrambi gli occhi. Il processo alterato si spiega con il fatto che l’occhio percepisce i colori componendoli in alcuni canali.
Nel daltonico, i canali sono squilibrati per cui alcune tinte vengono scambiate per altre.
Fattori non ereditari
Negli adulti, il daltonismo può essere acquisito e monoculare, cioè colpisce un solo occhio. Il difetto non congenito avviene in particolare a seguito di malattie del nervo ottico o della retina.
Una leggera perdita della percezione del blu e del giallo può essere provocata dalla cataratta.
Infatti, l’opacità del cristallino, lente dell’occhio, può bloccare le frequenze luminose in questione. Anche chi è affetto da maculopatia o altre otticopatie può subire una riduzione della sensibilità cromatica.
La sclerosi multipla, che attacca il sistema nervoso, può interessare anche il nervo ottico e dare il difetto. Inoltre, incidenti che producono traumi alla testa possono scatenare deficit della visione a vari colori.
Negli alcolisti cronici, si può instaurare una spiccata diminuzione a percepire le tinte, soprattutto blu e giallo. La cecità ai colori può apparire dietro l’assunzione di alcuni farmaci, tra cui vermifughi e santonina.
Tuttavia, in questi casi, il problema è solo temporaneo e si risolve con la disintossicazione dalle sostanze.
Invece, risulta più grave il daltonismo da avvelenamento da nicotina del tabacco, con errata visione di verde e rosso nell’area maculare.
Così i soggetti non vedono i colori a distanza, ma possono percepirli strizzando gli occhi, poiché la visione periferica è intatta. La perdita di visione cromatica si verifica anche dopo un lungo stress o fatica, ma la funzione può essere recuperata.
Si ritiene che il disturbo possa manifestarsi dopo una lunga permanenza in luoghi bui, come le grotte. Anche una sovraesposizione alla luce solare e il contatto degli occhi con polveri potrebbero favorire il daltonismo.
Come diagnosticare il daltonismo
Tavole di Ishihara
Per diagnosticare il daltonismo, i medici oculisti ricorrono a un esame cromatico del riconoscimento dei colori.
In prevalenza si usano le Tavole di Ishihara, contenenti disegni numerici o tracciati, che però non indagano l’asse giallo e blu. Il metodo, creato dal professor Shinobu Ishihara all’Università di Tokyo nel 1917, permette una rapida valutazione.
Il test va eseguito con una illuminazione corretta, ponendo i disegni a distanza di 30-40 cm dagli occhi. Le 38 tavole, in un libro con pagine a sfondo nero, sono piene di cerchietti di colore diverso e di identica luminosità.
Chi è dotato di normale visione cromatica, distingue in esse numeri e percorsi impressi sullo sfondo in un’altra tinta. Rossa su blu o su verde, qualunque siano le tinte, l’immagine non è facilmente riconoscibile dai sofferenti di cecità ai colori.
La prima tavola, con raffigurato il 12, è di prova e chiamata pseudoisocromatica, in quanto letta anche dai daltonici. Dalla tavola 2 alla 17, i numeri riportati non vengono visti dai soggetti con alterazioni della percezione di rosso e verde.
Invece, le tavole dalla 18 alla 21 non presentano numeri che tuttavia vengono visti dai daltonici. Queste tavole sono dette di confusione perché solo chi ha deficit sul rosso e il verde scorge numeri inesistenti.
La distinzione tra la cecità per un colore e quella parziale viene effettuata per mezzo delle tavole dal 22 al 25.
Dopo la 26, di confusione, dal 27 al 38, le tavole sono destinate a chi non sa leggere i numeri, sostituiti da tracciati da seguire con la matita.
Test di Farnsworth
Per la diagnosi o un’analisi più approfondita, si può utilizzare anche a un altro metodo, non invasivo ma complesso. Il test cromatico di Farnsworth-Munsell è stato sviluppato negli anni ’40 per capire quali e quanti colori vengono individuati.
Inizialmente il sistema di categorizzazione delle tinte fu creato dal professor Albert Munsell agli inizi del XX secolo. Ma è stato Dean Farnsworth, medico e comandante della marina militare americana, a completarlo durante la seconda guerra.
Il test è formato da 100 caselle colorate, che sono suddivise in 4 gruppi da 25 ciascuno. Il primo gruppo riguarda le tonalità tra l’arancione e il magenta e il secondo tra il giallo e il verde.
Invece, nel terzo gruppo, sono inserite le sfumature tra il blu e il viola e nel quarto tra il viola e il magenta.
L’esaminato deve sistemare le caselle nella corretta successione di toni a seconda del gruppo.
Al termine della prova, dai risultati, è possibile sapere il grado di accuratezza della percezione dei colori.
Il punteggio massimo è 0 ed equivale alla capacità di distinguere perfettamente tutte le 100 tonalità. All’opposto, 100 è il punteggio peggiore perché indica una completa cecità ai colori.
Per il daltonismo acquisito, esiste un test ridotto, con 15 caselle che comunque possono servire per classificare i difetti congeniti.
Altri test
Un esame simile a quello di Ishihara risale al 1954 ed è stato approntato da Hardy, Rand e Rittler. Il test HRR, rimodernato molte volte, consiste in 24 tavole con composizioni di punti di diverse grandezze a formare figure.
I disegni geometrici sono visti da chi vede in modo normale, ma non da quanti hanno deficit nell’asse blu e giallo.
Invece l’anomaloscopio di Nagel rileva gli eventuali difetti di percezione del verde e rosso. In pratica, si tratta di un tubo con 3 fessure, attraverso le quali passano: 1 luce gialla, 1 verde e 1 rossa.
Le luci sono proiettate su un campo circolare, che riceve sopra quelle verde e rossa e sotto la gialla. Il soggetto deve unire il rosso e il verde in modo da poter accoppiarne tonalità e luminosità al giallo.
L’esame nella norma porta a rendere identico il colore nelle 2 parti del circolo, bilanciando le 3 luci. Infatti, grazie ad appositi comandi si può variare l’intensità delle diverse luci colorate.
Un test genetico per l’individuazione del daltonismo è stato proposto dall’Università di Washington, ma non è ancora diffuso.
Di recente sono stati realizzati software dedicati, ovvero applicazioni per:
- telefoni cellulari
- tablet
- altri dispositivi elettronici.
Con simili strumenti, è possibile riscontrare deficit nella visione dei colori, ma la diagnosi definitiva spetta allo specialista.
Daltonismo: trattamento
Il daltonismo è irreversibile e non si può curare ma non implica handicap, come un ritardo dell’apprendimento. Se gli occhi sono normali, si possono eseguire esercizi per migliorare la percezione cromatica.
La retina può essere educata a distinguere i colori, ma per ottenere risultati occorrono salute fisica e psichica. Una persona deve rilassare mente, nervi e occhi e non deve limitarsi a interpretare gli oggetti come scuri o chiari.
Con l’allenamento, l’interessato può sviluppare sensibilità ai colori, esercitando le terminazioni nervose della retina. Grazie ad attenzione e concentrazione, le terminazioni possono reagire alle diverse lunghezze d’onda dei colori dello spettro.
Una speranza per i daltonici è data dalla terapia genica, ancora in fase sperimentale.
Attualmente l’intervento si basa sulla sostituzione di un gene difettoso, il CNGB3, ma forse sarà necessario rimpiazzarne altri. In effetti, le forme di daltonismo sono diverse per cui per ognuna andranno previsti specifici geni sani.
All’Università della Pennsylvania, i ricercatori hanno trattato cuccioli di cane con la cura in esame. Tramite iniezioni sotto la retina, i cagnolini hanno ricevuto un gene normale al posto di quello alterato, guarendo dal daltonismo.
Secondo uno studio dell’Università di Washington, del 2014, nelle scimmie è possibile trattare geneticamente un tipo di daltonismo. Così i primati hanno sconfitto l’assenza di distinzione tra verde e rosso e sono passati dalla visione bicromatica a quella tricromatica.
Per il momento, le ricerche genetiche sulla cecità ai colori non hanno ancora prodotto una cura valida. Molto discusso, dagli stessi daltonici, è il ricorso a speciali occhiali, con filtri in grado di aumentare la sensibilità ai colori.
Per alcuni degli interessati, questi strumenti non sono abbastanza efficaci per correggere il difetto visivo. A loro parere, la vita dei daltonici può essere migliorata con semplici supporti, come più informazioni grafiche nella segnaletica.
Il test di Lüscher
Una delle difficoltà che incontrano i daltonici è la partecipazione a esami per il Q.I. o per la ricerca di lavoro. Infatti, le prove di intelligenza o attitudinali richiedono in molti punti la visione dei colori perfetta.
Però esiste un test che tiene conto della cecità cromatica e viene impiegato in campo clinico e del lavoro. L’esame psicologico è stato ideato da Max Lüscher e viene somministrato anche ai daltonici.
In particolare, la prova è utilizzata per la selezione del personale della Marina Americana e del Ministero dell’Interno Italiano.
Il test valutativo può essere effettuato su daltonici con deficit meno grave, che possono in parte differenziare i colori. Secondo lo psicoterapeuta svizzero, la reazione a una tinta è legata allo stato psicologico e fisico dell’esaminato.
Infatti, i colori sono percezioni sensoriali, vibrazioni elettromagnetiche di frequenza determinata. A livello fisico, il meccanismo fisiologico di questa visione è uguale per tutti ma, dal lato soggettivo, dipende dal gradimento.
Invece, nei confronti della sensazione, un colore genera una reazione, sia emotiva sia fisica. Ad esempio, un ambiente tinteggiato di chiaro riesce a tranquillizzare molto più di uno rosso. Poiché l’esperienza del colore risale alla comparsa dell’uomo sulla Terra, ha lasciato tracce nel sistema nervoso.
Cromoterapia e daltonismo
Quindi l’esposizione a certe tinte, in condizioni precise, determina modificazioni su cui si basa anche la cromoterapia. Perciò il test di Lüscher va bene anche per le reazioni istintive e le risposte emotive a un colore dei daltonici.
Nell’analisi, per delineare la personalità, la verifica più importante riguarda il gradimento o il rifiuto di una tonalità. Il test si avvale di 6 colori, con un significato particolare, sia se graditi sia se rifiutati.
Ad esempio, il grigio è considerato neutro, privo di stimoli, ed è scelto da chi non vuole farsi coinvolgere. Al contrario, il rosso esprime forza vitale per cui viene preferito dalle persone produttive e in cerca di successo.
Daltonismo: cenni storici
La cecità ai colori deve il suo nome al fisico e chimico inglese John Dalton che l’ha descritta nel 1798. Nell’articolo “Fatti straordinari legati alla visione dei colori”, lo scienziato ha illustrato dettagliatamente il difetto.
Tuttavia, la comunità scientifica dell’epoca ha bollato le sue teorie come deliri di un pazzo sotto effetto di acidi. Anche lui sofferente di discromatopsia, Dalton non riusciva a distinguere il giallo dal grigio.
La prova della sua effettiva condizione risiede nel fatto che ha scritto il testo con inchiostro giallo e non nero. Il ricercatore si accorse del disturbo quando indossò un abito rosso invece di uno nero, come imposto dalla sua fede quacchera.
Dal momento che anche il fratello aveva lo stesso problema, il fisico ha dedotto l’origine ereditaria del daltonismo. Alla morte di Dalton, nel 1844, l’assistente Joseph Ransome prelevò i suoi bulbi oculari per studiare a fondo il fenomeno.
Soltanto 150 anni dopo, i ricercatori sono riusciti a confermare le intuizioni dell’inglese sulla causa genetica del disturbo. Dalton è stato il primo a definire l’alterata percezione delle tinte, ma di essa hanno sofferto molti personaggi nei secoli.
Daltonici famosi
Uno dei più famosi daltonici della storia è il poeta Arthur Rimbaud, che ha riportato in poesia i suoi disturbi. Probabilmente il pittore Kandiskij ha impostato i particolari accostamenti di colori dei suoi quadri in quanto cieco cromatico.
Lo stile del puntinismo nell’800 e lo startrekkismo del 2000, basato su avventure intergalattiche, sarebbero opera di daltonici.
Oggi, risultano affetti da anomalie visive dei colori il conduttore Amadeus e l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton.
Infine, l’attore Paul Newman non ha mai potuto fare il pilota, come desiderava, perché daltonico.
Con la consulenza di Stefano De Pietro, presidente dell’Associazione Italiana “Come vedono i daltonici“ di Genova e di Rosanna Ercole Mellone, divulgatrice della nutrizione e del benessere.
Fonte
- Foto di Paul Newsman- Instagram.
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