Sommario
Anche nota con la sigla BPCO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia dell’apparato respiratorio che, come suggerisce il nome, è caratterizzata da un‘ostruzione irreversibile delle vie aeree. La gravità di questa ostruzione è variabile in funzione della gravità della patologia.
E’ una malattia progressiva che, nel tempo, attraverso fasi successive di riacutizzazione alternate a periodi di miglioramento, porta ad un rimodellamento dei bronchi. Le alterazioni anatomiche che ne derivano sono tali da provocare una riduzione significativa della capacità respiratoria.
Ad oggi non è disponibile una cura risolutiva per la BPCO. Ma esistono farmaci che permettono un controllo efficace della sintomatologia e la prevenzione delle riacutizzazioni e delle complicanze. Infatti, l’evoluzione della malattia comporta un aumentato rischio di infezioni respiratorie, che, nel lungo periodo, sono responsabili di un aggravamento delle condizioni del paziente.
Il principale strumento diagnostico per la BPCO è rappresentato dalle prove di funzionalità respiratoria, in particolare della spirometria, che permette di misurare la capacità polmonare residua. La spirometria viene anche utilizzata per monitorare il decorso della malattia e valutare la risposta al trattamento.
Poi, vengono eseguiti esami radiologici, quali la radiografia e la TC toracica, per rilevare ulteriori segni che permettano di escludere altre patologie e descrivere meglio le caratteristiche cliniche della malattia.
Accanto al trattamento farmacologico, che comprende broncodilatatori, cortisonici e antibiotici, sono disponibili anche le terapie mediche come l’ossigenoterapia e la fisioterapia respiratoria e, in casi selezionati, la chirurgia.
Fondamentale la correzione dello stile di vita, con la cessazione del fumo da sigaretta, il fattore di rischio più importante per la BPCO, e la protezione dall’esposizione agli inquinanti, in particolare quando presenti nell’ambiente professionale (ad esempio attraverso l’uso di apposite mascherine).
Il 20 novembre si celebra la giornata mondiale della broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Broncopneumopatia cronica ostruttiva: che cos’è
La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia ostruttiva e progressiva dell’apparato respiratorio. Si tratta di un disturbo respiratorio complesso che colpisce i bronchi e che, attraversando fasi di remissione e di riacutizzazione, nel tempo riduce la funzionalità polmonare.
Nel lungo periodo, il risultato è un vero e proprio rimodellamento dell’anatomia dei bronchi, correlato ad una riduzione consistente della capacità respiratoria.
Dal punto di vista patogenetico, la BPCO è il risultato della reazione del tessuto respiratorio all’azione di tossine che vengono inalate ma che i meccanismi di difesa dell’organismo non riescono a neutralizzare.
Quanti tipi di BPCO esistono
La broncopneumopatia cronica ostruttiva viene classificata nel tempo sulla base della gravità della sintomatologia.
- Stadio 0: il soggetto è esposto a fattori di rischio per la malattia, presenta tosse cronica e produzione di espettorato, ma la sua funzionalità respiratoria è normale alla spirometria.
- I: la malattia è di grado lieve, così come la riduzione della capacità respiratoria.
- II: la malattia è di grado moderato, con una riduzione più consistente della capacità respiratoria; è presente dispnea in caso di sforzo.
- III: la malattia è di grado severo, con una forte riduzione della capacità respiratoria; possono essere presenti segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.
Epidemiologia: chi colpisce la BPCO
La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia relativamente diffusa, che, solo in Italia, interessa 3,5 milioni di persone.
Si stima che negli Stati Uniti, dove la malattia è la terza causa di morte, circa 24 milioni di persone soffrano di una forma di limitazione del flusso d’aria. La metà di queste ha ricevuto una diagnosi di BPCO.
Nel mondo ne sono colpite 64 milioni di persone.
Inoltre, negli ultimi anni, il numero di morti per BPCO ha subito un’impennata, tanto che nel 2030 questa patologia è destinata a diventare la terza causa mondiale di morte. I tassi di prevalenza, incidenza e mortalità aumentano con l’età.
La prevalenza è attualmente maggiore nelle donne, anche se la mortalità totale è simile fra i sessi.
Sembra esserci una predisposizione familiare allo sviluppo della BPCO, anche al di là del deficit di alfa-1-antitripsina, che rappresenta un fattore di rischio genetico accertato.
I fumatori, specialmente quelli con una preesistente reattività delle vie aeree (dimostrata mediante specifici test diagnostici), anche senza segni clinici di asma, hanno un rischio maggiore di sviluppare la broncopneumopatia cronica ostruttiva.
La mortalità per BPCO
In aumento anche il tasso di mortalità. Dal 1980 al 2000 è cresciuto del 64%, presumibilmente a causa della diffusione del fumo e dell’uso dei carburanti organici come il legno e l’erba, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Si stima che il 15% dei fumatori sviluppi una broncopneumopatia cronica ostruttiva clinicamente evidente.
La mortalità della broncopneumopatia cronica ostruttiva è superiore nei Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli industrializzati.
Broncopneumopatia cronica ostruttiva: cosa colpisce
L’esposizione ai fattori di rischio ambientali, ad esempio attraverso l’inalazione di agenti irritanti, nei soggetti predisposti, è alla base della risposta infiammatoria delle vie aeree.
È l’infiammazione a stimolare l’attività delle proteasi, molecole che sono in grado di spezzare i legami proteici (da qui il nome) e che vengono liberate nel tentativo di degradare l’elastina e il collagene, permettendo la rigenerazione dei tessuti infiammati.
La loro azione non deve durare che il tempo richiesto per eliminare le cellule danneggiate dall’infiammazione. Per questo normalmente vengono presto antagonizzate dalle cosiddette antiproteasi, fra cui l’alfa-1-antitripsina.
Però, nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva, per diverse ragioni, le proteasi rimangono attive a lungo.
Quali sono le alterazioni prodotte?
Il risultato è la distruzione dei tessuti e l’iperproduzione di muco. Lo stato di infiammazione protratto causa un rimodellamento dei bronchi, che provoca, nel tempo, una riduzione consistente della capacità respiratoria.
Anche il torace cambia forma: il caratteristico torace a botte dei pazienti con BPCO è dovuto all’aumento del diametro anteroposteriore.
Il livello dell’infiammazione nella broncopneumopatia cronica ostruttiva aumenta con l’aumentare della gravità della malattia.
Il ruolo delle infezioni
Le infezioni sono coinvolte sotto due aspetti. Da un lato i pazienti con BPCO sono più esposti al rischio di infezioni delle vie respiratorie e dall’altro questi episodi, a causa dell’infiammazione che sono in grado di scatenare, accelerano la distruzione del polmone.
Circa il 30% dei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva alberga in via continuativa nelle proprie vie aeree inferiori colonie di batteri, che, approfittando delle condizioni di debolezza dell’ospite, possono proliferare e dare luogo ad infezioni.
La presenza di muco gioca a favore dei batteri. Infatti, ristagnando diventa un terreno di coltura per i microbi. In questo quadro, il fumo non può che peggiorare la situazione: irritando i bronchi, stimola ulteriormente la produzione di muco.
Le infezioni ripetute aumentano il livello di infiammazione dei tessuti e velocizzano la progressione della malattia.
BPCO: componente enfisematosa e componente bronchitica cronica
La BPCO non è un’entità patologica unica, ma un insieme di condizioni che coinvolgono polmoni e bronchi e che provocano tosse cronica e dispnea e, nel tempo, gravi conseguenze come l’insufficienza respiratoria.
Le componenti della broncopneumopatia cronica ostruttiva sono la bronchite cronica e l’enfisema polmonare.
Bronchite cronica o BPCO?
La bronchite cronica è una condizione che comprende, per definizione, ostruzione al flusso aereo, osservabile sottoponendo il paziente alla spirometria, e tosse produttiva presente quasi tutti i giorni della settimana per almeno 3 mesi di durata per 2 anni consecutivi.
È il risultato dello stato infiammatorio prolungato della mucosa bronchiale, che ne determina l’alterazione e la riduzione degli scambi gassosi che consentono di ossigenare il sangue.
Può esistere indipendentemente dalla BPCO, ad esempio come complicanza dell’asma nei fumatori.
Enfisema o BPCO
Lo stato infiammatorio prolungato conduce anche all’insorgenza dell’enfisema, che consiste nella distruzione delle pareti degli alveoli polmonari. Abbattuti i setti che li separano, gli alveoli confluiscono in bolle sempre più estese, a scapito degli scambi gassosi e dell’ossigenazione del sangue.
L’enfisema comporta una riduzione dell’elasticità del tessuto respiratorio, che si irrigidisce e si distorce. Quindi, alveoli sempre più grandi intrappolano cospicui volumi d’aria senza riuscire a ricavarne ossigeno e neppure a liberarsene per farne entrare di nuova.
Le conseguenze dell’ostruzione delle vie aeree
La caratteristica principale del tessuto colpito da BPCO è rappresentata dall’ostruzione delle vie aeree. Questa condizione è causata dall’aumento di spessore della parete bronchiale (edema) e dall’iperproduzione di muco, entrambi conseguenti all’infiammazione.
Per quanto riguarda la componente enfisematosa, gli spazi alveolari possono essere tanto dilatati da occupare un emitorace.
In queste condizioni, con le vie aeree ostruite, è chiaro che la respirazione diventa molto difficile. Quindi, nei polmoni entra meno aria e, di conseguenza, nel sangue meno ossigeno.
Tutto questo espone organi particolarmente sensibili come il cuore e il cervello a gravi rischi.
Cause e fattori di rischio della broncopneumopatia cronica ostruttiva
Fra i fattori di rischio della BPCO sono inclusi agenti ambientali, come il fumo da sigaretta e alcuni inalanti, e fattori genetici, che definiscono una predisposizione individuale allo sviluppo della malattia.
Il fumo, in particolare, è il principale fattore di rischio. Se combinato con la iperreattività delle vie aeree, condizione che non implica necessariamente l’asma, aumenta significativamente il rischio di sviluppare la broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Quali sono i fattori di rischio individuali
Negli ultimi anni sono stati individuati numerosi geni che potrebbero essere associati all’insorgenza della BPCO.
Malgrado siano stati identificati più di 30 alleli legati alla malattia, l’unica correlazione significativa è quella con le alterazioni genetiche alla base del deficit di alfa1-antitripsina. Si tratta di una condizione ereditaria che comporta una riduzione della sintesi dell’alfa-1-antitripsina, molecola che fisiologicamente ha il compito di disattivare l’azione delle proteasi attivate dall’infiammazione.
Il deficit di questa antiproteasi rappresenta nei non fumatori una causa importante di enfisema e aumenta notevolmente la predisposizione alla patologia nei fumatori.
Anche le patologie respiratorie complesse possono contribuire allo sviluppo della malattia, specialmente l’asma e l’ipersensibilità bronchiale, in particolare se si manifestano durante l’infanzia.
Come già approfondito nei paragrafi precedenti, anche le infezioni respiratorie (bronchiti, polmoniti, pleuriti) possono innescare episodi infiammatori che portano al danno cronico dei polmoni.
Quali sono i fattori di rischio ambientali
Il principale fattore di rischio per la BPCO è il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta (sembra meno influente quello di sigaro e pipa), che amplifica il peggioramento della funzione respiratoria. A causa del fatto che irrita cronicamente i bronchi, il fumo mantiene elevato il livello di infiammazione, predisponendo all’attivazione continua delle proteasi che distruggono il tessuto locale.
Si stima che la maggior parte dei pazienti affetti da BPCO abbia fumato più di 20 sigarette al giorno per almeno 20 anni.
Anche il fumo passivo può contribuire allo sviluppo della malattia. Così come l’esposizione per ragioni professionali all’inalazione di:
- gas
- vapori
- fumi irritanti, a particolato e polveri (per esempio polvere minerale o polvere di cotone).
Ha un impatto sulla malattia l’inquinamento dell’aria, non solo quello atmosferico, ma anche quello presente all’interno degli ambienti chiusi e causato dal funzionamento di:
- stufe
- apparecchi elettrici
- impianti di aria condizionata.
Tuttavia, sembra che questi inalanti producano un danno limitato rispetto a quello causato dal fumo.
Sintomi della broncopneumopatia cronica ostruttiva: come si manifesta
Lo sviluppo e la progressione della broncopneumopatia cronica ostruttiva impiegano anni a manifestarsi.
Quali sono i sintomi iniziali
I due sintomi iniziali, che compaiono prima della diagnosi, sono la tosse e la dispnea.
La tosse, che è spesso cronica, è più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. Si presenta nei fumatori dai 50 anni in su.
La dispnea, ossia la condizione che comunemente definiamo fiato corto, compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi limita pesantemente le normali attività quotidiane.
La dispnea è progressiva e persistente. Può essere causata da uno sforzo o essere presente anche a riposo e generalmente si accentua in caso di infezioni respiratorie. È comunque un sintomo più avanzato rispetto alla tosse.
Tosse e dispnea sono talvolta accompagnate da respiro sibilante.
I sintomi durante la progressione
La progressione dei sintomi, mediamente più lenta nei pazienti che hanno rinunciato al fumo da sigaretta, è molto più rapida nei soggetti che continuano a fumare e in coloro che hanno fumato per periodi di tempo molto lunghi.
Negli anni, la produzione di muco aumenta, sostenuta dallo stato infiammatorio del tessuto respiratorio. Possono verificarsi anche piccole perdite di sangue dovute alla rottura di vasi sanguigni neoformati nel tentativo di ripristinare il tessuto distrutto. Per questo possono verificarsi episodi di emissione di sangue con gli accessi di tosse, una condizione nota come emottisi.
La scarsa ossigenazione del sangue e la presenza di un eccesso di anidride carbonica provocano cefalea mattutina, un sintomo che si accentua nelle fasi più avanzate della malattia.
BPCO con febbre
Si può avere febbre, accompagnata da brividi di freddo e dolori articolari, specialmente durante le riacutizzazioni.
Gli altri sintomi della BPCO
Il paziente può sentire dolore al torace oppure dolore durante la deglutizione.
Persiste uno stato di debolezza e il sonno viene alterato nel suo equilibrio naturale, interrotto da frequenti risvegli notturni.
Si verifica spesso perdita di peso. La spiegazione potrebbe essere nella riduzione dell’apporto calorico, associato alla mancanza di appetito causata dal malessere, oppure nell’aumento del livello di molecole infiammatorie circolanti. Quest’ultimo fattore, insieme all’immobilità e all’ipossia, provoca atrofia muscolare e intolleranza allo sforzo.
Dispnea e atrofia muscolare rendono molto difficile l’esecuzione di attività fisica da parte del paziente, aumentando il suo stato di immobilità e peggiorando l’insufficienza respiratoria.
I sintomi avanzati
I segni della malattia in stadio avanzato sono causati dalle gravi difficoltà respiratorie. Il paziente respira a labbra socchiuse, è cianotico e usa i muscoli respiratori accessori dilatando la gabbia toracica in modo caratteristico (segno di Hoover).
Le complicanze cardiache dovute all’ipertensione polmonare causano la distensione delle vene del collo, aritmie e edemi periferici.
Quali sono le complicanze della BPCO
La conseguenza a lungo termine della malattia è il rimodellamento dei bronchi, associato all’indebolimento della capacità respiratoria. Il ristagno di muco e l’edema della parete bronchiale aumenta la predisposizione allo sviluppo di infezioni respiratorie di origine virale, batterica o fungina, che sono alla base delle riacutizzazioni della malattia.
Gli episodi infettivi possono essere causati dai batteri che colonizzano i polmoni dei pazienti oppure dall’acquisizione di nuovi ceppi.
La formazione di bolle, dovuta alla distruzione del tessuto polmonare, e la loro conseguente rottura può essere causa di una condizione nota come pneumotorace spontaneo e che deve essere sospettata nei pazienti che peggiorano bruscamente. In questi casi, l’aria fuoriesce dal polmone attraverso la membrana che lo riveste (pleura) e l’organo collassa, impedendo la respirazione.
In condizioni di ipossiemia, ossia quando il sangue è poco ossigenato, il tono della parete dei vasi aumenta. Inoltre, molti vasi vengono distrutti dalla reazione infiammatoria persistente: quindi il sangue si concentra nei pochi sopravvissuti.
L’aumento del volume di sangue nei vasi e del tono della loro parete ha come conseguenza l’aumento della pressione al loro interno (ipertensione polmonare).
Questa situazione di congestione fa accumulare sangue refluo verso il cuore. Aumentando le resistenze polmonari, l’organo deve lavorare molto di più per pompare il sangue in quella direzione. Nel lungo periodo, questo superlavoro porta allo scompenso cardiaco.
La progressiva distruzione del tessuto polmonare, che riduce gli scambi gassosi e dunque l’ossigenazione del sangue, causa insufficienza respiratoria. Una condizione che espone organi sensibili come il cuore e il cervello al rischio di gravi danni.
Broncopneumopatia cronica ostruttiva: diagnosi
Dopo avere raccolto un’accurata anamnesi, il medico prescrive al paziente gli esami ritenuti necessari per inquadrare la patologia.
Fra le procedure sempre consigliate all’inizio della valutazione diagnostica:
- spirometria
- radiografia toracica
- prelievo di sangue
- calcolo dell’indice di massa corporea.
Altri esami vengono indicati in funzione dei segni e sintomi individuali.
La radiologia toracica
La radiografia del torace consente di valutare la presenza di segni di infezioni più estese, come la polmonite. Alla radiografia è visibile, anche se non sempre particolarmente evidente, la componente enfisematosa della malattia, che viene riconosciuta sulla base della presenza di bolle di iperinflazione nei polmoni, dell’appiattimento del diaframma.
Attraverso questo esame è possibile osservare le forme di BPCO da deficit di alfa-1-antitripsina, nelle quali le alterazioni dovute all’enfisema sono localizzate principalmente alla base dei polmoni.
La TC toracica può rivelare segni non osservabili alla radiografia e permette di verificare la presenza di infezioni o tumori. Viene anche utilizzata in preparazione ad un intervento di riduzione del volume polmonare.
La spirometria per la BPCO
Il principale strumento diagnostico per la BPCO è la spirometria, esame che permette lo studio della funzione respiratoria e l’esclusione di altre patologie, oltre a identificare con precisione i segni e lo stadio della malattia.
Questo esame, la principale prova di funzionalità respiratoria, misura la quantità di aria (volume) e la velocità con cui viene mobilizzata (flusso) durante la respirazione. Le prove di funzionalità respiratoria consentono anche di stabilire la gravità della patologia, escludere altre malattie che possono causare una sintomatologia simile e monitorare la BPCO nel tempo.
I parametri utili, alterati nella BPCO, sono:
- FEV1, ossia il volume di aria espirata forzatamente durante il primo secondo dopo un respiro completo.
- CVF (la Capacità Vitale Forzata), ovvero il volume d’aria espirato con la massima forza disponibile.
- La curva flusso-volume.
Altri esami per la diagnosi della BPCO
Il medico può prescrivere un esame del sangue per valutare l’eventuale alterazione del numero di globuli bianchi e test di coltura sull’espettorato, entrambi possibili indicatori di un’infezione. L’emocromo consente di verificare se il paziente è anemico.
Invece, l’emogasanalisi permette di misurare il livello di ossigenazione dell’emoglobina nel sangue e verificare la corretta eliminazione dell’anidride carbonica.
Nei pazienti con BPCO di età inferiore di 50 anni e nei non fumatori, più soggetti alla forma della malattia dovuta al deficit di alfa-1-antitripsina, viene rilevato il livello dell’enzima.
Le complicazioni cardiache della malattia rendono necessario il monitoraggio della funzione del cuore.
La diagnosi differenziale della BPCO
In alcuni casi, la BPCO può essere confusa con un quadro di bronchite cronica asmatica, che implica tosse produttiva cronica, sibili e ostruzione parzialmente reversibile del flusso aereo. La bronchite asmatica cronica è frequente soprattutto nei pazienti asmatici fumatori.
Si possono porre dubbi anche nei confronti di malattie che limitano il flusso aereo, come l’infezione da HIV, la sarcoidosi, la bronchiolite obliterante, le bronchiectasie e l’insufficienza cardiaca.
Come si cura la broncopneumopatia cronica ostruttiva
Per la BPCO non esiste ad oggi una cura risolutiva, ma sono disponibili diversi trattamenti per prevenire la progressione della malattia, controllarne i sintomi, evitare (o trattare) le pericolose complicanze e, in definitiva, ridurre la mortalità.
Quali farmaci per la BPCO
Molti dei farmaci usati per il trattamento di questa patologia sono di tipo inalatorio. Possono essere utilizzati dal paziente in momenti nei quali è spaventato dal respiro corto, angosciato dal sentire i bronchi chiusi, dalla tremenda sensazione di non poter fare entrare aria nei polmoni.
Aumentare la compliance
Questa ansia è fonte di possibili errori nell’assunzione del medicinale. Molto spesso accade che il paziente prenda meno farmaco di quanto prescritto, perdendo così la possibilità di massimizzarne l’efficacia.
Per questo è importante che ci sia un controllo dell’aderenza terapeutica, generalmente bassa per le malattie respiratorie.
Come respirare meglio
I farmaci principali impiegati per la terapia della BPCO sono i broncodilatatori, somministrati per via inalatoria. Sono sostanze che dilatano piuttosto rapidamente le vie aeree e garantiscono un migliore flusso di aria. Fra i broncodilatatori usati, i beta-adrenergici (come salbutamolo e fenoterolo) e gli anticolinergici (ipatropio, oxitropio).
Per migliorare la respirazione viene prescritta anche la teofillina, che ha tuttavia una finestra terapeutica molto ristretta. Questo significa che piccoli errori nel dosaggio possono dare problemi di tossicità. Quindi la sua somministrazione, in particolare nelle persone anziane, deve essere strettamente monitorata.
Nelle forme gravi o negli episodi di riacutizzazione della malattia, si possono usare antinfiammatori potenti come i cortisonici, sempre per via inalatoria. Ma l’uso di questi farmaci non deve essere protratto nel tempo, per evitare pesanti effetti collaterali.
A volte i cortisonici vengono prescritti come terapia di mantenimento. In questo caso si usano forme orali. Per le ragioni di cui sopra, la terapia deve essere accuratamente monitorata.
Prevenire le infezioni: gli antibiotici
Il paziente deve assumere antibiotici se è colpito da infezioni respiratorie.
Per quanto riguarda la possibilità che, nelle forme stabili, assuma queste molecole cronicamente, come copertura verso le infezioni, non ci sono sufficienti evidenze scientifiche a favore ma neppure contro.
Per prevenire il rischio infettivo, invece, sono raccomandate le vaccinazioni, in particolare quella antinfluenzale e quella contro la polmonite da pneumococco. In un paziente con gravi fragilità dell’apparato respiratorio, infatti, queste infezioni potrebbero determinare l’insorgenza di complicazioni potenzialmente letali.
Come eliminare il catarro?
I mucolitici, farmaci usati per sciogliere il catarro e facilitarne l’espettorazione, vengono prescritti solo ai pazienti con tosse cronica produttiva. Inoltre, il trattamento, viene proseguito solo se produce un reale miglioramento della sintomatologia.
Al contrario, i medicinali anti-tosse non sono consigliati.
I trattamenti medici per la BPCO
Nei casi avanzati, il paziente ha bisogno di aiuto per respirare. L’ossigenoterapia, che comporta la somministrazione di ossigeno puro, può essere indicata al bisogno, per brevi periodi, oppure indefinitamente.
L’uso di un contenitore portatile permette l’erogazione dell’ossigeno anche fuori casa, nei casi in cui sussiste il rischio di desaturazione. Questo aspetto è particolarmente importante, perché occorre sempre favorire le uscite all’aria aperta e il movimento dei pazienti.
Invece, nelle forme più gravi o durante le riacutizzazioni, si ricorre alla ventilazione meccanica.
Come respirare meglio: la riabilitazione polmonare
La riabilitazione polmonare è una serie di esercizi specifici strutturati e supervisionati da un tecnico specializzato che hanno lo scopo di mantenere in attività i muscoli respiratori. Fa parte del programma di cure multidisciplinari destinate ai pazienti con danno respiratorio cronico.
Malgrado sia consigliata a tutti i pazienti con BPCO, deve essere pianificata in maniera personalizzata sulla base delle esigenze di ogni paziente.
La chirurgia nella BPCO
La malattia danneggia irreversibilmente il tessuto polmonare. La distruzione delle pareti che separano gli alveoli fra loro e il progressivo irrigidimento della struttura anatomica dell’organo portano alla formazione di grandi bolle nelle quali ristagnano ingenti volumi di aria residua inutilizzabile e che tuttavia impedisce l’ingresso di nuova aria.
In alcuni casi, la rimozione del tessuto leso può migliorare la sintomatologia.
A questo scopo vengono eseguiti interventi di bollectomia, ossia eliminazione delle bolle. Nel caso in cui il danno sia più esteso, viene rimossa un’area maggiore, eseguendo un intervento di riduzione del parenchima polmonare.
Nei pazienti più gravi, può rendersi necessario il trapianto polmonare.
Broncopneumopatia cronica ostruttiva: consigli per convivere con la malattia
Il più grande fattore di rischio per questa malattia è rappresentato dal fumo. Per questa ragione la cessazione del fumo è una misura sia preventiva della progressione della malattia che terapeutica.
L’eliminazione del fumo è il comportamento più importante ai fini del rallentamento dell’evoluzione della BPCO e della prevenzione delle riacutizzazioni.
Mantenersi in forma
Il paziente deve controllare il peso e mantenere il suo BMI (indice di massa corporea) fra 20 e 25. Infatti, il sovrappeso affaticherebbe ulteriormente il sistema respiratorio.
Può essere utile una consulenza nutrizionale, sia nei casi in cui il BMI è elevato (ai fini della prescrizione di consigli dietetici), sia nei casi in cui è basso (per la prescrizione di integratori nutritivi che assicurino un aumento dell’apporto calorico).
Cosa fare in casa
Per favorire la respirazione e minimizzare il rischio di infezioni, è bene che gli ambienti domestici e professionali siano correttamente umidificati.
In tutti i casi è importante osservare le comuni regole di igiene: il lavaggio frequente e accurato delle mani, l’equilibrio nell’alimentazione e la corretta idratazione sono condizioni che possono migliorare la qualità di vita.
La fame d’aria: come gestirla
Le ripercussioni psicologiche della BPCO sono notevoli. Il paziente vive la paura di soffocare ed è spesso assalito da ansia o depressione. Per questa ragione è importante che sia seguito da una équipe attenta nel riconoscimento dei primi segni di malessere psichico.
Queste manifestazioni vengono generalmente trattate con i farmaci tradizionalmente in uso.
Il paziente esperto è consapevole
La formazione del paziente sugli aspetti più pratici della gestione della malattia migliora la qualità della sua vita.
È fondamentale che sappia che in caso di dispnea grave deve assumere i cortisonici. Che sia a conoscenza di quale antibiotico utilizzare in caso di riacutizzazione. Che possa disporre di uno schema terapeutico flessibile adattabile ad eventuali variazioni della sintomatologia.
È anche opportuno che il medico faccia in modo che egli possa avere una piccola scorta dell’antibiotico generalmente usato in caso di infezione.
Il decorso della malattia
La sopravvivenza del paziente con BPCO è legata al decorso della malattia, al livello di ostruzione delle vie aeree, aspetto a sua volta associato al numero e alla gravità delle complicanze e delle riacutizzazioni.
Una riacutizzazione è definita come un peggioramento dei sintomi riferiti dal paziente che attraverso variazioni giornaliere, passa da una situazione di stabilità all’attacco acuto. I segni che possono segnalare questa eventualità sono:
- aggravamento della dispnea
- aumento della tosse
- produzione di catarro.
Il monitoraggio con la spirometria permette di tenere controllati i parametri strettamente correlati alla sopravvivenza, come FEV1, il volume di aria espirata forzatamente durante il primo secondo dopo un respiro completo.
Il tasso di mortalità dei pazienti con un FEV1 superiore o uguale al 50% rispetto al valore normale è lievemente maggiore di quello della popolazione generale.
Mediamente, se il FEV1 è compreso:
- fra 0,75 e 1,25 litri, la sopravvivenza a 5 anni varia dal 40 al 60%
- se è inferiore a 0,75 litri si muove fra il 30 ed il 40%.
Evoluzione e riacutizzazioni
Le persone con BPCO sono soggette a infezioni croniche dell’apparato respiratorio, che occasionalmente provocano ricadute, con improvvisi aggravamenti della sintomatologia. La progressione della malattia rende questi episodi più frequenti, tanto che possono arrivare anche a 3 all’anno.
Non sempre i medici riescono a identificare con precisione la causa della riacutizzazione. Si tratta generalmente di infezioni virali delle alte vie respiratorie o bronchiti batteriche acute o ancora di episodi legati all’esposizione a irritanti respiratori. Con il progredire della broncopneumopatia cronica ostruttiva, le crisi acute tendono a divenire più frequenti.
Le riacutizzazioni comportano:
- un aumento della tosse, dell’espettorato, della dispnea
- una bassa saturazione dell’emoglobina
- tachicardia
- cianosi.
Nei casi gravi il paziente deve essere ospedalizzato e valutato per la possibile presenza di una polmonite, dello pneumotorace o dell’insufficienza respiratoria acuta.
Il paziente può avere malattie, spesso concomitanti con la BPCO, che ne penalizzano ulteriormente la qualità di vita e la sopravvivenza, come:
- osteoporosi
- depressione
- ansia
- malattia coronarica
- tumore al polmone
- reflusso gastroesofageo.
Qual è l’aspettativa di vita
Circa il 50% delle persone con broncopneumopatia cronica ostruttiva muore entro 10 anni dalla diagnosi.
I pazienti più a rischio di morte imminente sono quelli che hanno sperimentato una progressiva perdita di peso inspiegabile con altre cause o un grave declino funzionale, che può interessare le normali attività quotidiane, come vestirsi, lavarsi o mangiare.
Generalmente il decesso è la conseguenza dell’insufficienza respiratoria acuta, oppure di complicanze come la polmonite e le cardiopatie, o di malattie concomitanti come il tumore del polmone.
Ai pazienti terminali che non rispondono ad altre terapie, la gestione della dispnea grave può essere affidata all’uso di:
- oppioidi
- benzodiazepine
- antidepressivi triciclici
- e, naturalmente, all’ossigenoterapia.
Prevenire la broncopneumopatia cronica ostruttiva
Cosa evitare per ridurre il rischio di sviluppare la BPCO?
Per prima cosa occorre rinunciare al fumo, in particolare a quello da sigaretta.
In secondo luogo, anche proteggersi dagli altri fattori di rischio, come l’esposizione all’inquinamento atmosferico e agli inalanti, ad esempio mediante l’uso di mascherine nelle condizioni più a rischio.
Cosa mangiare per prevenire la BPCO?
Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica BMJ dimostra come l’alimentazione giochi un ruolo determinante nella prevenzione della BPCO.
Le persone che hanno una dieta ricca di cereali integrali e acidi grassi polinsaturi e più povera di salumi, carni rosse e cibi raffinati si ammalano molto meno di questa patologia.
Fonti
- Management della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nei pazienti anziani – GIMBE
- Spirometria pratica per il Medico di Medicina Generale – Area Respiratoria SIMG
- Alternate Healthy Eating Index 2010 and risk of chronic obstructive pulmonary disease among US women and men: prospective study – R. Varraso et al – British Medical Journal, 2015.
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