Sommario
L’ambliopia o occhio pigro è una malattia che comporta una riduzione marcata della capacità visiva di un occhio, più raramente di entrambi, in assenza di lesioni apprezzabili.
Si tratta di una patologia prevalentemente pediatrica, che si sviluppa nella maggior parte dei casi entro i 2 anni, per la quale la tempestività della diagnosi fa la differenza nelle possibilità di recupero. Solo se trattata adeguatamente entro i 5-6 anni, può consentire un recupero più o meno completo della capacità visiva.
La persistenza del difetto non trattato impedisce lo sviluppo fisiologico del sistema visivo perché comporta la trasmissione di informazioni contraddittorie al cervello, che è costretto a scegliere un occhio solo da cui vedere, invariabilmente quello migliore, escludendo il peggiore.
L’ambliopia non curata in maniera opportuna impedisce la visione tridimensionale, la percezione della dimensione della profondità.
La diagnosi è effettuata nel corso di una visita oculistica associata alla valutazione ortottica. A seconda dalla patologia responsabile del difetto, si possono avere diverse tipologie della malattia: in generale si riconoscono l’ambliopia refrattiva, ostruttiva e l’ambliopia strabica.
Il trattamento di questa condizione consiste in primo luogo nella cura del problema di base (cataratta congenita, difetto refrattivo, strabismo) e, successivamente, nell’istituzione della terapia occlusiva, nella quale viene bendato l’occhio migliore per favorire lo sviluppo armonico del sistema visivo.
La prima parte del trattamento si avvale dell’uso di occhiali o lenti a contatto, della chirurgia o dell’adozione di protocolli specifici di riabilitazione.
Ambliopia o occhio pigro: che cos’è
Il termine deriva dal greco αμβλύς (ottuso, poco acuto, debole e pigro) e significa approssimativamente “visione ottusa”.
L’ambliopia è un deficit marcato nella capacità visiva di un occhio senza che vi sia un problema oggettivo apprezzabile.
Già nell’800 l’oftalmologo von Graefe definì l’ambliopia come la condizione in cui l’osservatore non vede nulla ed il paziente vede poco.
Chi colpisce
Interessa il 2-4% circa dei bambini e in genere si sviluppa prima dei 2 anni, anche se fino agli 8 anni tutti i bambini dovrebbero essere monitorati per questo rischio.
Rappresenta la settima causa, in ordine di importanza, di riduzione della capacità visiva (ipovisione) e cecità nei Paesi occidentali.
Perché vediamo
Il segnale luminoso arriva all’occhio e attraversa le cosiddette strutture diottriche, che sono una successione di mezzi trasparenti (film lacrimale, cornea, cristallino, umor acqueo, corpo vitreo) che consentono il passaggio della luce e la proiezione dell’immagine sulla retina.
La retina, con il supporto di speciali strutture di origine nervosa dette fotorecettori (coni e bastoncelli), trasforma il segnale luminoso in segnale elettrico, che viene inviato lungo il nervo ottico alla corteccia cerebrale responsabile dell’elaborazione del segnale visivo (corteccia visiva), situata nella zona occipitale.
Perché siamo in grado di vedere la profondità
La visione binoculare è garantita dal complicato percorso compiuto dal segnale nervoso. Infatti, i nervi ottici si incrociano poco sopra l’ipofisi, al centro della testa, a livello del cosiddetto chiasma ottico: parte delle fibre provenienti dalla retina destra prosegue verso la corteccia visiva sinistra e viceversa.
La corretta integrazione dei segnali luminosi provenienti dalla retina destra e dalla retina sinistra permette la percezione delle tre dimensioni delle immagini (stereopsi), possibile solo grazie alla visione binoculare.
Ne deriva che la visione monoculare esclude la percezione della profondità.
Perché non vediamo
Quando non vediamo correttamente, il problema può, quindi, essere:
- Periferico, se riguarda le strutture anatomiche dell’occhio (i diottri cui accennavamo sopra).
- Centrale, se interessa la corteccia visiva.
- Localizzato a livello del sistema di trasmissione del segnale: il disturbo può colpire il nervo ottico, il chiasma ottico oppure le fibre nervose che vanno dal chiasma ottico alla corteccia visiva.
Ambliopia: cosa non funziona
Proprio a causa del complicato percorso seguito dalle fibre nervose dalla retina alla corteccia visiva, la vista si sviluppa correttamente solo se le informazioni provenienti da un occhio e quelle provenienti dall’altro sono in equilibrio.
Un’alterazione monolaterale del sistema visivo durante la fase di sviluppo (dagli 0 ai 6 anni) provoca una trasmissione anomala dei segnali luminosi dalla retina al cervello e dunque un’alterazione nella corteccia visiva.
Ricevendo dati conflittuali fra gli occhi, la corteccia è costretta ad eliminare quelli provenienti dal peggiore (secondo il meccanismo della soppressione) e a scegliere quelli che vengono dal migliore. È proprio la soppressione a determinare la comparsa dell’occhio pigro, fenomeno che dà il nome alla malattia.
Di fatto, il cervello vede solo da un occhio, il migliore.
Cosa comporta l’ambliopia
Se non viene corretta precocemente pregiudica lo sviluppo della corteccia visiva in maniera irreversibile e penalizza la visione tridimensionale.
In sostanza, la persona affetta da ambliopia non correttamente curata non percepisce la dimensione della profondità.
Come si manifesta
I deficit prodotti dalla malattia non vengono quasi mai riferiti dal bambino, che è troppo piccolo per rendersi conto del gap visivo fra un occhio e l’altro. Quando è in grado di capire che fatica a vedere da un occhio, ovvero intorno agli 8 anni, è già troppo tardi per intervenire.
È vero che alcuni bambini reagiscono al difetto strizzando gli occhi o coprendone uno con la mano nel tentativo di vedere meglio. Ma è una percentuale esigua di casi e, in generale, aspettare che il piccolo dia segni di problemi visivi autonomamente non è una buona idea.
I sintomi collaterali
Malgrado l’ambliopia, di per sé, sia difficilmente osservabile tout court senza un esame della capacità visiva, alcuni dei difetti che la provocano sono osservabili chiaramente.
La presenza di problemi quali la ptosi palpebrale (in cui una palpebra risulta cadente e copre parzialmente o completamente l’occhio) o lo strabismo (nel quale lo sguardo di un occhio è deviato dall’asse visivo) spinge di solito a richiedere consulti specifici, che mettono in luce l’ambliopia.
I pediatri insistono con la necessità di eseguire un primo screening della popolazione infantile già dai 6 mesi di vita e una serie di controlli successivi almeno fino ai 5-6 anni, che includano sia la visita oculistica che la valutazione ortottica con studio della motilità oculare.
Le cause dell’ambliopia
L’ambliopia è causata da alterazioni nella trasmissione del segnale visivo raccolto dalla retina alla corteccia cerebrale che elabora i dati provenienti dall’esterno e li integra per formare l’immagine.
Questa condizione nasce nella maggior parte dei casi da un disturbo degli occhi che impedisce agli stimoli luminosi di raggiungere la retina.
A seconda della causa, si avranno diversi tipi di ambliopia.
L’ambliopia da deprivazione
È dovuta alla cataratta congenita, presente cioè fin dalla nascita. La cataratta è una patologia che colpisce il cristallino, la lente naturale dell’occhio, che diventa opaca molto precocemente, già intorno al momento della nascita o entro i primi 3 mesi di vita.
La cataratta congenita rappresenta una delle cause più frequenti di cecità nell’infanzia. In 2 casi su 3 sono coinvolti entrambi gli occhi (cataratta bilaterale congenita).
L’opacità del cristallino impedisce la trasmissione equilibrata dei segnali visivi fra i due occhi. Causando un’interruzione dell’asse visivo, determina un’ambliopia più o meno grave.
La malattia è diagnosticata generalmente perché i genitori notano la presenza di un riflesso pupillare biancastro (definito leucocoria) o l’assenza del classico riflesso rosso nelle fotografie.
Se l’ambliopia da deprivazione è monolaterale è spesso presente anche lo strabismo.
L’ambliopia da ptosi palpebrale
Anche la ptosi palpebrale, ossia l’abbassamento della palpebra superiore, può essere alla base di questo fenomeno.
Quando si verifica nel bambino, non è solo un problema estetico, ma anche funzionale perché interferisce con il corretto sviluppo del sistema visivo.
La ptosi può essere parziale (quando la palpebra si abbassa lievemente) o totale (se l’occhio è completamente chiuso). Può interessare uno o entrambi gli occhi, essere ereditaria, già presente alla nascita (ptosi congenita) oppure presentarsi nel corso della vita.
La ptosi congenita è per lo più determinata dallo scarso sviluppo del muscolo che solleva la palpebra, il muscolo elevatore. Talvolta è un problema isolato, altre volte può essere associato ad:
- anomalie dei movimenti oculari
- malattie neuromuscolari o neurologiche
- tumori della palpebra.
Mentre la ptosi determinata da un disturbo curabile migliora con l’istituzione del trattamento, quella di origine congenita tende a rimanere stabile nel tempo.
Un caso di ptosi palpebrale divenuto popolare è quello dell’allenatore di calcio Rino Gattuso, che qualche tempo fa è stato visto in campo indossare occhiali occlusivi e che ha dichiarato di essere affetto da miastenia gravis, una patologia neuromuscolare che causa indebolimento e perdita di tono dei muscoli.
Strabismo
Un’altra possibile causa è rappresentata dallo strabismo, una condizione in cui un difetto dei meccanismi che trasmettono il segnale nervoso ai muscoli che controllano i movimenti degli occhi determina il loro disallineamento.
Nell’ambliopia strabica il cervello non è in grado di fondere le immagini provenienti dagli occhi divergenti o convergenti e, nella confusione dei dati che riceve, decide di eliminare i dati provenienti da uno dei due occhi, ricorrendo al classico trucchetto della soppressione.
Questa condizione può insorgere dalla nascita fino ai 5 anni circa di età e tende a recidivare anche dopo la sua correzione, almeno fino ai 10 anni.
In alcuni casi lo strabismo, soprattutto se in età pediatrica, è associato alla ptosi palpebrale. In questi casi è prima trattato lo strabismo e successivamente eseguito l’intervento chirurgico per la correzione della ptosi.
L’ambliopia anisometropica
Fra le cause di ambliopia, anche la forte differenza fra le capacità visive degli occhi per una diversa refrazione (anisometropia), che si ripercuote negativamente nello sviluppo del sistema visivo.
Anche se normalmente una lieve anisometropia è presente in tutte le persone, perché gli occhi possiedono raramente la stessa capacità visiva, quando questo gap supera i 1.50-2.00 D può avere conseguenze patologiche.
Questa condizione, che può essere dovuta ad astigmatismo, ipermetropia o miopia, coinvolge dal 2,5 al 10% della popolazione.
Occhio pigro negli adulti
Negli adulti le vie ottiche sono già sviluppate completamente e il fenomeno della plasticità neuronale, intesa come cambiamento della struttura, dell’organizzazione, e della funzione dei neuroni in risposta a nuove esperienze, è ridotto rispetto all’età pediatrica.
Il cervello adulto non può escludere i segnali provenienti da un occhio ricorrendo al meccanismo della soppressione. Ma è costretto a conservare i dati di entrambi. Ricevendo due immagini diverse dello stesso oggetto, vede doppio (diplopia).
Come si manifesta
L’adulto con questo problema tende a strizzare gli occhi o ad escluderne uno dalla visione, socchiudendolo, nel tentativo istintivo di vedere meglio.
Un’altra abitudine caratteristica è quella di inclinare la testa lateralmente esaminando un oggetto, anche questa motivata dalla volontà di migliorare la visione.
Altri sintomi possono essere l’affaticamento oculare e la cefalea.
Invalidità
L’ambliopia è una delle patologie dell’occhio per cui è possibile beneficiare del riconoscimento dell’invalidità.
Il grado di invalidità è stabilito in funzione di fattori quali:
- La gradazione dei due occhi esaminati singolarmente.
- Acuità visiva raggiunta in ogni singolo occhio.
- Risultato della perimetria automatica computerizzata. E’ un esame che utilizza programmi di lettura che valutano punto per punto, in genere un occhio per volta, la sensibilità retinica; è eseguita in ognuno dei due occhi e poi in binoculare.
Le conseguenze dell’ambliopia negli adulti
Gli adulti affetti da ambliopia non trattata usano solo un occhio (visione monoculare). Questo può avere conseguenze pesanti sulla visione in generale e sulla vita di tutti i giorni.
In primo luogo, impedisce di realizzare un corretto sviluppo della localizzazione spaziale, della visione della terza dimensione e, in seconda battuta, può penalizzare l’attività professionale e le possibilità di carriera e di ottenimento di patenti o brevetti.
Patente di guida e occhio pigro
In caso di ambliopia, la patente di guida richiede un rinnovo ogni cinque anni invece che ogni dieci.
In ogni caso la conseguibilità di questa patente (che viene definita speciale perché soggetta a requisiti ed adempimenti eccezionali) è stabilita dal criterio dell’effettiva capacità visiva. La legge non impedisce a priori la possibilità di condurre un veicolo purché l’acutezza visiva complessiva raggiunta con entrambi gli occhi non sia inferiore a 8/10 raggiungibile anche con qualsiasi correzione di lenti.
In Italia si sono verificati episodi nei quali le commissioni di valutazione delle Aziende Sanitarie Locali hanno negato il rilascio o il rinnovo del titolo di guida a persone affette da strabismo. Un comportamento censurato dalla sentenza n. 2775 del 22 giugno 2016 del Consiglio di Stato.
Come si diagnostica l’ambliopia
Il fattore che fa la differenza nelle possibilità di cura dell’ambliopia è la precocità della diagnosi.
Solo se viene effettuato un trattamento nella fase di sviluppo del sistema visivo, che si protrae dalla nascita ai 6 anni, si può sperare di ottenere un recupero più o meno completo.
Per questa ragione i pediatri consigliano un primo screening a tutti i bambini intorno ai 6 mesi e controlli periodici fino ai 5-6 anni, che includano la visita oculistica e la valutazione ortottica.
Fotoscreening
Per i bambini molto piccoli, che non possono essere sottoposti ad un test soggettivo della vista, è previsto il fotoscreening.
E’ una metodica che comporta l’uso di una macchina fotografica per registrare le immagini dei riflessi pupillari mentre il piccolo fissa un oggetto e i riflessi rossi che vengono prodotti in risposta ad uno stimolo luminoso.
Le immagini vengono poi confrontate per simmetria con quelle dell’occhio controlaterale.
Screening
E’ una visita oculistica associata ad una misurazione della vista effettuata dall’ortottista, prima in un occhio e poi nell’altro.
Per la valutazione ortottica viene usato un tabellone (ottotipo) con figure semplici che possono essere riconosciute anche dai piccoli, non ancora in grado di leggere numeri o lettere.
Lo screening non richiede alcuna preparazione, né l’instillazione di gocce.
Se il piccolo vede con ciascun occhio almeno 6/10, il test è in genere considerato negativo; se non vede con ciascun occhio almeno 6/10, il test è positivo.
In caso di positività, deve essere eseguita una visita oculistica completa.
Diagnosi dello strabismo
Lo strabismo viene di solito riconosciuto osservando il disallineamento degli occhi e confermato con il cover test alternato o con il cover-uncover test.
Cos’è il cover test? È una prova durante la quale il bambino viene invitato a fissare un oggetto. Un solo occhio viene coperto mentre l’altro viene tenuto sotto osservazione durante il movimento. Se gli occhi sono allineati correttamente, non viene rilevato nessun movimento. Lo strabismo manifesto è presente se l’occhio non occluso si sposta per assumere la fissazione una volta che l’altro occhio, che era fisso sull’oggetto, viene bendato.
Come curare l’ambliopia
Il trattamento deve essere istituito il più presto possibile, in modalità congiunta fra oculista e ortottista.
Devono anzitutto essere valutati e corretti i difetti refrattivi e le eventuali alterazioni anatomiche che impediscono la corretta proiezione sulla retina delle immagini provenienti dall’ambiente esterno.
Successivamente viene eseguita la terapia occlusiva dell’occhio sano.
Le recidive sono possibili in alcuni casi e possono comparire fino al termine dello sviluppo del sistema visivo. Alcuni pazienti hanno una piccola diminuzione dell’acuità visiva anche dopo questo termine.
Il trattamento dell’ambliopia nei bambini
La correzione del difetto refrattivo
L’ambliopia refrattiva richiede di indossare gli occhiali correttivi del difetto a tempo pieno ed uno scrupoloso monitoraggio.
Una volta che il miglioramento dell’acuità visiva si è stabilizzato, si inizia la terapia di occlusione.
La correzione dello strabismo
Lo scopo del trattamento dello strabismo è quello di riequilibrare la vista ed allineare gli occhi.
La correzione chirurgica si effettua quando i metodi conservativi messi in campo dagli ortottisti si sono rivelati inefficaci. L’allineamento chirurgico consiste in procedure di allentamento (recessione) e rinforzo (resezione) dei muscoli retti orizzontali, che controllano la posizione degli occhi.
Questa procedura, che viene di solito praticata in anestesia generale, ha un’efficacia relativamente alta, che può superare l’80%. In qualche caso sono però necessari più interventi per ottenere un risultato estetico soddisfacente.
Nel post-operatorio si può avere arrossamento degli occhi, disturbi visivi temporanei, lacrimazione, bruciore, prurito e, talvolta, cefalea.
La chirurgia della cataratta congenita
I casi lievi di cataratta congenita non vengono operati.
Quando, invece, il difetto impedisce l’effettivo sviluppo della funzione visiva viene eseguito l’intervento chirurgico. Generalmente, la chirurgia della cataratta è consigliata entro i primi 3 mesi di vita.
Il cristallino opaco viene asportato e sostituito da una lente artificiale, se il piccolo ha più di 18 mesi. Se è più piccolo, fino ad allora deve seguire una riabilitazione con occhiali speciali.
Alcuni studi sperimentali stanno considerando la possibilità di impiantare cellule staminali nel cristallino per stimolare la sua rigenerazione.
La chirurgia della palpebra cadente
Prima dell’intervento di correzione della ptosi, il chirurgo valuta il grado dell’abbassamento e la funzione residua del muscolo elevatore per stabilire la tecnica di esecuzione più opportuna, anche in funzione dell’età dei pazienti.
Le metodiche seguite più spesso sono quelle che comportano:
- La resezione del muscolo elevatore, quando l’attività del muscolo elevatore è buona.
- La sospensione della palpebra al muscolo frontale, applicata quando l’attività del muscolo elevatore è scarsa.
L’intervento è effettuato in anestesia generale oppure in regime di sedazione.
Nei 10-15 giorni successivi si possono avere rigonfiamenti palpebrali e lividi.
In alcuni casi, può essere necessario eseguire un secondo intervento per migliorare la simmetria fra gli occhi.
La terapia occlusiva
Consiste nell’applicazione di bende adesive sull’occhio per stimolare la visione dell’occhio ambliope.
Il bendaggio dell’occhio dominante può durare da qualche mese a diversi anni. I pazienti strabici, soprattutto se intorno ai 4-5 anni, possono essere trattati con l’occlusione per tutto il giorno. Inizialmente si opta comunque in quasi tutti i casi per un’occlusione parziale e i risultati sono monitorati per decidere su come procedere con la terapia. In assenza di miglioramenti si procede con l’occlusione per tutto il giorno.
È importante, in questa fase, seguire i pazienti scrupolosamente nel tempo, per valutare l’evoluzione del problema.
Specialmente nei bambini piccoli può essere complicato convincerli a tenere la benda sull’occhio. Per questo, l’aderenza al trattamento non è sempre adeguata.
L’occlusione può essere realizzata con l’utilizzo di occhiali o lenti a contatto occlusive. Questo trattamento alternativo è impiegato solo quando l’occlusione tradizionale, condotta con la bendina, non ha prodotto risultati soddisfacenti.
Le gocce di atropina
Sono instillate gocce di atropina nell’occhio migliore per peggiorare la visione nell’occhio migliore e fornire un vantaggio visivo all’occhio ambliopico.
E’ un trattamento alternativo alla terapia occlusiva, che garantisce un’aderenza migliore ma che comporta effetti collaterali associati al farmaco.
L’atropina agisce paralizzando il muscolo ciliare, che controlla l’accomodazione, e provoca la dilatazione della pupilla (midriasi): per queste ragioni provoca sfuocamento della vista. E’ usata, allo 0,5%, nelle ambliopie profonde e nei casi in cui l’occlusione non ha prodotto alcun miglioramento.
Nel confronto tra l’occlusione e l’utilizzo dell’atropina, è stato dimostrato che, nel lungo periodo, producono gli stessi effetti sulla visione.
La somministrazione dell’atropina è definita penalizzazione e può essere riprodotta con l’uso di una lente che crea una visione annebbiata nell’occhio migliore.
La levodopa
E’ un farmaco che, nell’organismo, viene trasformato in dopamina, un neurotrasmettitore normalmente presente nelle vie visive e che risulta ridotto in concentrazione nei soggetti ambliopi.
La levodopa fu usata per la prima volta nel 1990 in persone con ambliopia profonda, sia associata a strabismo che ad anisometropia, con risultati notevoli.
In ogni caso, la somministrazione di questo farmaco non viene impiegata per il trattamento dell’ambliopia perché i risultati che produce non sono stabili nel tempo.
Il trattamento dell’ambliopia negli adulti
Anche nell’adulto, sebbene con margini di miglioramento molto più limitati, vengono applicati gli stessi schemi terapeutici previsti per il bambino.
Come primo approccio, devono essere curati i difetti che hanno causato l’insorgenza della ambliopia. E, in seconda battuta, istituita la terapia occlusiva.
Dopo i 10-12 anni, in ogni caso, è molto raro riuscire ad ottenere un miglioramento soddisfacente, sebbene negli ultimi anni si siano evidenziate chance superiori di recupero per queste forme.
La chirurgia della ptosi palpebrale
Nell’adulto viene eseguita la stessa serie di valutazioni pre-operatorie effettuate nel bambino.
Anche qui, viene eseguita la sospensione della palpebra al muscolo frontale se l’attività del muscolo elevatore è scarsa oppure la resezione del muscolo se la sua attività è buona.
A differenza del bambino, all’adulto viene di solito somministrata una sedazione oppure un’anestesia locale.
La terapia occlusiva
Viene istituita con l’occlusione totale dell’occhio dominante in almeno il 60-80% delle ore di veglia. L’ambliopia nell’adulto non è trattabile come nel bambino, perché il cervello è molto meno plastico.
Tuttavia, uno studio italiano del 2018 dimostra che anche in età non più infantile è possibile, in alcuni casi, ottenere un parziale recupero della capacità visiva nell’occhio peggiore con l’occlusione di quello migliore. Il fenomeno viene potenziato dall’esecuzione di esercizio fisico concomitante alla terapia occlusiva.
Il training
Sono disponibili protocolli di riabilitazione che si basano su programmi digitali che guidano nell’allenamento dell’occhio che vede peggio.
Si tratta di protocolli come il Neuro Visual Treatment (NVT), che supportano in maniera personalizzata nel miglioramento della capacità di distinguere le immagini a basso contrasto dal loro contesto mascherante. I pazienti possono allenarsi da casa usando un computer e vengono monitorati periodicamente dal personale della struttura sanitaria presso la quale sono in cura.
Il protocollo NVT stimola la plasticità neuronale nelle persone con ambliopia e altri disturbi visivi.
Ambliopia e videogiochi
Sono disponibili diversi videogiochi per il trattamento dell’ambliopia che si basano sull’apprendimento percettivo, ossia la capacità di imparare a riconoscere stimoli percepiti in precedenza.
L’apprendimento percettivo visivo è direttamente legato alla plasticità neuronale e si realizza mediante modificazioni nella corteccia visiva e nel rafforzamento dei collegamenti fra i neuroni.
Si tratta di un approccio fondamentale in tutti i casi in cui l’occlusione non ha prodotto alcun risultato o la diagnosi è stata raggiunta fuori tempo massimo, quando l’occlusione esprime un’efficacia piuttosto limitata.
Fonti
- Anisometropia – F. Casalboni
- Lens regeneration using endogenous stem cells with gain of visual function – Haotian Lin et al – Nature
- A new counterintuitive training for adult amblyopia – M.C. Morrone et al – Annals of Clinical and Translational Neurology, 2018
- La valutazione dell’apparato visivo per l’invalidità civile – Società Oftalmologica Italiana, 2020.
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