Sommario
L’AIDS è la manifestazione clinica dell’infezione causata dal virus dell’immunodeficienza umana o HIV (Human Immunodeficiency Virus). Questo virus colpisce in particolare le difese immunitarie che si indeboliscono gradualmente, rendendo l’organismo un facile bersaglio di infezioni da virus, funghi o batteri.
Si trasmette attraverso il contatto con sangue, sperma, liquido vaginale e latte materno infetti. Non ci sono sintomi specifici, anzi la malattia può essere asintomatica per molti anni, finché non si manifesta clinicamente. La cura è farmacologica e si basa su specifici farmaci detti antiretrovirali.
Nel 2021, nel mondo, a fronte di circa 38 milioni di persone (di cui almeno 1,7 milioni di bambini sotto i 15 anni) che convivono con l’infezione da HIV, ci sono state 1,5 milioni nuove diagnosi.
Grazie alle recenti scoperte scientifiche, la prognosi è generalmente buona se la malattia è curata tempestivamente.
Vediamo allora cos’è l’AIDS, le differenze con l’HIV, cause, contagio e sieropositività.
Che cos’è l’AIDS
L’AIDS, cioè la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è la manifestazione clinica dell’infezione del virus da immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus).
Si tratta di un virus che attacca il sistema immunitario e in particolare una specifica tipologia di globuli bianchi, i linfociti T CD4. Questi hanno un ruolo fondamentale nei meccanismi di difesa dell’organismo per fronteggiare le infezioni. Il sistema immunitario è quindi fortemente indebolito e non riesce a difendersi da altri virus, batteri, funghi e perfino tumori.
L’AIDS tuttavia può restare asintomatica anche per molti anni dopo il contagio.
Si rivela con l’insorgenza di malattie non specifiche, cioè infezioni da agenti patogeni come, ad esempio, candida, herpes, citomegalovirus, ecc.
Queste infezioni possono non evolvere in patologie nelle persone sane, ma si manifestano invece nei soggetti immunodepressi.
Il test dell’HIV è l’unico strumento per scoprire l’infezione che si trasmette prevalentemente per via sessuale (con sperma o liquido vaginale infetti), ma anche attraverso il sangue e il latte materno.
Grazie ai progressi della ricerca scientifica e alle nuove terapie antiretrovirali, la prognosi, l’aspettativa di vita e la qualità della vita sono notevolmente migliorate.
Infatti, i nuovi farmaci hanno un impatto più tollerabile sull’organismo e minori effetti indesiderati.
AIDS, HIV e sieropositività: le differenze
Facciamo chiarezza, indicando le esatte definizioni di AIDS, HIV e sieropositività e le relative differenze. È importante, infatti, distinguere la malattia dal virus che la causa e la presenza di anticorpi specifici per HIV nel sangue.
AIDS
È l’acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome, cioè la manifestazione clinica conclamata della malattia causata dall’infezione da HIV, il virus dell’immunodeficienza umana.
Può restare asintomatica anche per molti anni, fino alla manifestazione di specifiche malattie considerate “indicative di AIDS”. Si tratta di infezioni causate da agenti patogeni che in un soggetto immunodepresso possono prendere il sopravvento. Tra questi:
- Protozoi, tra cui lo Pneumocystis carinii, responsabile di una particolare forma di polmonite e il Toxoplasma gondii, che causa la toxoplasmosi, una malattia che colpisce prevalentemente occhi e cervello.
- Batteri, soprattutto Mycobacterium tuberculosis, responsabile della tubercolosi.
- Virus, tra cui l’Herpes simplex e il Cytomegalovirus.
- Funghi, come la Candida albicans, che può coinvolgere soprattutto bocca, esofago e polmoni.
Invece, fra le malattie rivelatrici dell’AIDS ci sono anche diversi tipi di tumori, come linfomi, sarcoma di Kaposi e carcinoma del collo dell’utero.
HIV
Sta per Human Immunodeficiency Virus. È un virus che ha come bersaglio il nostro sistema immunitario.
Appartiene a una specifica famiglia virale, i retrovirus, contraddistinta da un meccanismo di replicazione caratteristico. I retrovirus, infatti, sono in grado di trasformare la loro struttura genetica a RNA in un doppio filamento di DNA.
In questo modo si inseriscono nella cellula colpita (detta “cellula bersaglio”) per iniziare a riprodursi.
Le cellule bersaglio sono i linfociti T di tipo CD4, la prima linea del nostro sistema immunitario contro diversi tipi di agenti patogeni e oncogeni. Quindi, l’infezione da HIV produce un indebolimento progressivo del sistema immunitario aprendo la porta a tumori e a infezioni da parte di microrganismi patogeni (virus, batteri, protozoi, funghi).
Sieropositività
È un termine che indica che la persona è positiva al test dell’HIV, un esame del sangue che verifica la presenza di anticorpi specifici contro il virus. Quindi una persona sieropositiva ha contratto l’infezione da virus HIV.
Chi è sieropositivo, tuttavia, non presenta sintomi, per questo non può ancora definirsi un malato di AIDS (la malattia conclamata).
Quando si parla poi di sieropositività occorre tenere presente anche la carica virale, cioè la quantità di virus presente nel sangue e nelle secrezioni:
- Sperma.
- Liquido pre-seminale (precum).
- Secrezioni vaginali.
In altre parole, più alta è la carica virale e più aumentano le possibilità di trasmettere il virus attraverso il contatto con sangue o secrezioni.
Quali sono i sintomi dell’AIDS?
Quando l’infezione da HIV diventa clinicamente evidente, la diagnosi di AIDS deve tenere conto dei sintomi di alcune malattie definite “patologie correlate all’AIDS”. I sintomi dell’AIDS, infatti, non sono specifici e possono essere confusi con quelli di altre malattie.
Tra queste:
- Infezioni gravi tra cui micosi (come la criptococcosi e la polmonite da Pneumocystis jirovecii) e infezioni da herpes simplex.
- Tumori come il cancro della cervice invasivo, il sarcoma di Kaposi e altri linfomi.
- Alterazioni del sistema nervoso.
- Perdita di peso senza apparente motivo (deperimento da AIDS).
I sintomi dell’AIDS quindi non sono specifici ma riferibili a infezioni dovute all’abbassamento dei meccanismi di difesa dell’organismo.
All’inizio, infatti, l’infezione può essere asintomatica, ma nel giro di qualche settimana si può manifestare con:
- Febbre.
- Mal di gola.
- Eruzioni cutanee.
- Gonfiore ai linfonodi.
- Malessere generale.
Anche senza trattamento, sono segni piuttosto lievi che possono risolversi da soli ed è possibile restare asintomatici (o con sintomi leggeri) per un periodo che oscilla dai 2 ai 15 anni.
Tuttavia, tra i segnali che possono manifestarsi in quest’arco di tempo (dovuti all’HIV o a infezioni causate da altri patogeni per l’indebolimento del sistema immunitario) ci sono:
- Gonfiore ai linfonodi.
- Candidosi (soprattutto nella bocca).
- Fuoco di Sant’Antonio.
- Febbre.
- Diarrea.
- Debolezza.
- Graduale perdita di peso.
- Anemia.
Infezioni opportunistiche
Tali infezioni sono dette “opportunistiche” e possono essere anche più gravi in base all’organo colpito, che può presentare sintomi come:
- Polmoni: febbre, tosse o affanno.
- Cervello: mal di testa, debolezza, alterazioni della coordinazione e delle funzioni mentali.
- Apparato digerente: dolore addominale, diarrea o sanguinamento.
- Reni: insufficienza renale, con edema agli arti e al volto, affaticamento e alterazioni della minzione.
- Cuore: insufficienza cardiaca, affanno, tosse, respiro sibilante e affaticamento.
AIDS: le fasi della malattia
Gli stadi della malattia sono tre.
Primo stadio
L’infezione è allo stato acuto e si manifesta dopo circa 2-4 settimane dal contagio. I sintomi sono generici, non specifici, e comuni a quelli di altre infezioni.
Tuttavia, può essere anche una fase completamente asintomatica, ma altamente contagiosa. Chi ha un’infezione primaria è infatti il principale responsabile della trasmissione del virus HIV, sia perché il più delle volte non ne è consapevole (e quindi non adotta comportamenti adeguati), sia perché in questa fase la carica virale è molto alta.
Nelle prime 3-4 settimane dopo il contagio, il test di screening per la ricerca di anticorpi anti-HIV potrebbe non essere ancora positivo. È utile, pertanto, ricorrere a test combinati che rilevano contemporaneamente la presenza sia di anticorpi anti-HIV, sia dell’antigene virale.
Inoltre, poiché potrebbero essere necessarie alcune settimane prima che gli anticorpi del virus HIV siano rilevabili dai test, è necessario ripetere il test dopo almeno 4 settimane dal contatto a rischio e, dopo un primo esito negativo, ancora dopo 3 mesi, per aver la certezza della negatività.
Tra i sintomi più comuni in questa fase:
- Febbre.
- Eruzione cutanea o rash.
- Gola infiammata e/o candidosi orale.
- Ghiandole gonfie (linfoadenopatie).
- Mal di testa.
- Dolori articolari e muscolari.
Secondo stadio
Dopo la fase acuta segue quella di latenza in cui l’infezione può diventare cronica. Può durare anni anche in assenza di sintomi, ma senza trattamento, il sistema immunitario si indebolisce progressivamente.
Infatti, molte persone iniziano spontaneamente a sentirsi meglio, ma il virus in questa fase è sempre attivo, continua a replicarsi nel sangue e nell’organismo, danneggiando progressivamente il sistema immunitario.
Terzo stadio
In questa fase l’AIDS è conclamata, caratterizzata quindi da un grave deficit delle difese immunitarie dovuto alla distruzione dei linfociti T CD4 da parte del virus HIV. Il corpo quindi non riesce più a combattere le infezioni (che normalmente riuscirebbe a contrastare) causate da altri agenti patogeni.
Queste infezioni sono chiamate “opportunistiche”.
Tra i sintomi più comuni ci sono:
- Perdita di peso.
- Diarrea cronica.
- Sudorazioni notturne.
- Febbre.
- Tosse persistente.
- Problemi alla bocca e alla pelle.
- Infezioni ricorrenti.
- Malattie gravi.
AIDS: come si trasmette
Sono tre le modalità di trasmissione dell’HIV:
- Sessuale: attraverso rapporti etero o omosessuali non protetti.
- Ematica: scambio di siringhe o condivisione di strumenti per l’uso di droghe o trasfusioni di sangue contaminato.
- Verticale: da madre a neonato durante la gravidanza, al momento del parto e, più raramente, attraverso l’allattamento al seno.
Non esistono, in realtà, soggetti a rischio ma comportamenti rischiosi, come i rapporti non protetti e lo scambio di siringhe per chi fa uso di sostanze stupefacenti.
Vediamo allora nel dettaglio come si trasmette l’infezione da HIV.
Sangue: via ematica
Si verifica mediante trasfusioni di sangue infetto o con lo scambio di siringhe contaminate.
Negli anni ‘80, quando si sapeva ancora poco sull’AIDS e sulle modalità di contagio, molte persone hanno contratto l’HIV proprio a causa di trasfusioni di sangue infetto. Negli anni ’90 invece, con controlli sempre più severi sui donatori e sul sangue, questo pericolo è stato del tutto scongiurato.
Tuttavia, il rischio di contrarre l’HIV attraverso il sangue è ancora molto alto in chi fa uso di stupefacenti per endovena e ha l’abitudine di scambiarsi la siringa o utilizzare siringhe o aghi già usati da altri.
Soprattutto per gli aghi, è necessario, infatti, usare sempre aghi sterili e monouso, anche per le pratiche di agopuntura, tatuaggi, piercing, ecc.
Madre-figlio: via verticale
Anche se in Italia non è molto frequente, questo tipo di trasmissione avviene durante la gravidanza, il parto e, piuttosto raramente, l’allattamento.
Una donna sieropositiva (cioè positiva al test per l’HIV) ha il 20% di possibilità di trasmettere il virus al neonato. Grazie ai nuovi farmaci, somministrati durante la gravidanza, e al neonato nei primi mesi di vita, la soglia di rischio si è abbassata.
Tuttavia, è sempre consigliabile per le coppie che vogliono avere un bambino sottoporsi al test per l’HIV per verificare l’eventuale positività al virus.
Via sessuale
È la modalità di infezione più di diffusa. La trasmissione avviene per contatto con i fluidi corporei infetti (sperma, secrezioni vaginali o sangue) e le mucose.
Infatti, piccole lesioni delle mucose genitali, anche causate dal rapporto stesso, possono veicolare il virus. Quindi, i rapporti non protetti sono un fattore di rischio molto concreto soprattutto con partner occasionali.
È comunque opportuno ricordare che, oltre l’HIV, le infezioni trasmesse sessualmente sono tante. Il coito interrotto, poi, così come l’uso della pillola anticoncezionale o del diaframma, non proteggono dalle infezioni.
Molto dipende anche dalla quantità di virus presente nel fluido biologico.
Il sesso vaginale e anale sono le pratiche più ad alto rischio di contagio. È più basso, invece, (ma sempre possibile) in caso di rapporti orali (fellatio, cunnilingus).
Anche l’uso di sex toys (giocattoli sessuali) per la penetrazione, se usati da più persone, rappresenta una potenziale fonte di rischio. È consigliato quindi, in questi casi, l’uso del preservativo o disinfettare l’oggetto tra un utilizzo e l’altro.
Solitamente la possibilità di contrarre il virus a seguito di una singola esposizione è comunque bassa, aumenta con il numero dei rapporti non protetti.
I rapporti più rischiosi sono quelli penetrativi (anali e vaginali) e poiché la mucosa anale è molto delicata e soggetta a lesioni (anche per la scarsa lubrificazione), i rapporti anali sono quelli più “pericolosi”.
Infine, la presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili (come clamidia, gonorrea, herpes genitale o sifilide) aumenta il rischio di trasmissione dell’HIV.
AIDS: come NON si trasmette
- Attraverso saliva, lacrime, tosse, sudore, feci e urine.
- Condividendo piatti, bicchieri, forchette e altre stoviglie, asciugamani e lenzuola.
- Carezze o baci, abbracci o strette di mano.
- Punture di insetti.
- Frequentando palestre, piscine, docce, saune e bagni, luoghi pubblici o mezzi di trasporto.
Diagnosi e test HIV
In Italia è alta e in costante crescita la percentuale di diagnosi tardive. Sono, infatti, molte le persone non consapevoli di aver contratto il virus e che arrivano al test HIV in uno stato di salute già debilitato. Si stima poi che la maggior parte delle infezioni sia trasmessa proprio dalle persone che non sanno ancora di avere contratto il virus dell’HIV e che non adottano alcuna precauzione.
Basta sottoporsi a un semplice prelievo di sangue per verificare se si è stati contagiati dall’HIV. Il test permette di accertare la presenza di specifici anticorpi prodotti dall’organismo per contrastare il virus.
È un test semplice e rapido, basta una goccia di sangue, e il risultato è pronto in pochi minuti. In caso di risultato dubbio, sarà invece necessario un prelievo ematico.
Si può eseguire negli ospedali pubblici, è anonimo, gratuito e in molte strutture non occorre la ricetta medica. Il risultato è comunicato esclusivamente al soggetto che ha eseguito il test.
Esiste anche un test rapido acquistabile in farmacia.
Il test non è obbligatorio, ma in caso di comportamenti a rischio è bene farlo. Sapere se si è infetti, permette di intervenire tempestivamente con le cure appropriate.
Non è, tuttavia, in grado di rilevare l’infezione nei giorni subito dopo il contagio. Per ottenere un risultato attendibile è, dunque, necessario che dall’ultimo comportamento a rischio trascorra un periodo di tempo (detto periodo finestra), variabile a seconda del tipo di test.
Tipi di Test per l’HIV
I test più utilizzati sono Elisa e ComboTest.
Il test Elisa o test di terza generazione non ricerca direttamente il virus nel sangue, ma rileva gli anticorpi anti-HIV, che si sviluppano solo a seguito dell’infezione. Poiché l’organismo non produce immediatamente gli anticorpi, vi è dunque un periodo in cui il test non è in grado di riscontrare l’infezione (periodo finestra).
Dopo un comportamento a rischio, l’indicazione è effettuare il test a un mese di distanza; in questo caso è possibile accertare il contagio nella quasi totalità dei casi.
Se, invece, l’esito del test è negativo, è bene ripetere il test a 3 mesi dal comportamento a rischio per ottenere un risultato definitivo.
Il ComboTest, o test di quarta generazione o combinato, oltre ad individuare gli anticorpi anti-HIV, è in grado di rilevare la presenza di una particolare proteina.
Si tratta dell’antigene P24 che compare e aumenta significativamente dopo pochi giorni dal contagio. Per questo motivo il periodo finestra si riduce a un mese.
Quando si diagnostica l’AIDS?
Quando il numero dei linfociti T CD4 è inferiore a 200 cellule per microlitro di sangue, si assiste a un rapido deperimento fisico e/o si manifestano infezioni opportunistiche o tumori.
Inoltre, in caso di diagnosi positiva, gli esami del sangue devono essere eseguiti regolarmente per monitorare i valori dei linfociti T CD4 e la carica virale (quantità di HIV presente).
Se, infatti, il conteggio dei linfociti è basso, aumentano le possibilità di contrarre infezioni. Sono informazioni preziose per il medico. Lo aiutano cioè a decidere quando iniziare il trattamento farmacologico, anche per prevenire le infezioni da altri agenti patogeni.
Infatti, più è alto il valore della carica virale, più diminuisce il numero di linfociti, più aumenta il rischio di infezioni opportunistiche, anche nei casi asintomatici.
Con un trattamento efficace, invece, la carica virale scende a livelli molto bassi in poche settimane e la quantità dei linfociti inizia lentamente a risalire verso livelli normali.
Tuttavia, l’HIV inattivo (latente) rimane sempre presente nelle cellule e se s’interrompe la cura, ricomincia a replicarsi e la carica virale aumenta.
AIDS: cura e trattamenti
La terapia è farmacologica e consiste nella somministrazione di farmaci specifici che bloccano la riproduzione del virus nelle cellule. Ci sono attualmente varie classi di farmaci che, combinate tra loro, combattono il virus, hanno meno effetti collaterali e consentono di avere una buona qualità della vita.
Il primo farmaco antiretrovirale, la zidovudina, risale al 1987. Dal 1996 invece è disponibile una terapia antivirale ad alta efficacia (HAART – Higly Active Anti-Retroviral Therapy) basata sulla combinazione di più farmaci con diversi meccanismi di azione.
Questo perché l’HIV è un virus che tendenzialmente è soggetto a mutazioni, quindi occorre trovare sempre nuovi rimedi e somministrare più farmaci contemporaneamente (terapia combinata).
Sono comunque in corso, da alcuni anni, anche studi scientifici per definire nuovi farmaci che stimolino il sistema immunitario invece di avere un’azione diretta contro il virus.
Oltre ai farmaci, la ricerca è orientata anche verso la definizione di un vaccino capace di prevenire l’infezione o migliorare il decorso della malattia.
È molto importante seguire scrupolosamente le indicazioni mediche, non saltare mai i farmaci prescritti e non interrompere la cura.
Alimentazione, AIDS e HIV
Un valido aiuto per chi è affetto da AIDS è anche una dieta corretta e calibrata. In molte malattie la stessa cura farmacologica, oltre alla sintomatologia, può condizionare l’assunzione, la digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive, alterando il metabolismo.
Per questo motivo, chi è affetto da AIDS è bene che sia seguito anche da un nutrizionista, non solo per stabilire un regime alimentare corretto, ma anche per valutare le possibili interazioni tra alimenti e farmaci.
Durante l’infezione, infatti, l’assorbimento dei nutrienti tende a diminuire, anche per la risposta del sistema immunitario che provoca febbre, malessere e inappetenza.
Poi ci sono i sintomi come diarrea, vomito, nausea, ecc., che possono peggiorare lo stato nutrizionale.
La malnutrizione comporta inoltre una progressiva perdita di massa magra e del tessuto adiposo. L’organismo non riesce quindi a far fronte alle esigenze energetiche per combattere il virus.
AIDS: prognosi e decorso
Nonostante l’efficacia delle attuali terapie, non si guarisce mai dall’infezione; si può tuttavia tenerla sotto controllo.
Grazie ai nuovi farmaci, l’aspettativa di vita di un soggetto affetto da AIDS è simile a quella di un soggetto sano. Anche la qualità della vita è migliorata e gli effetti indesiderati dei farmaci sono più accettabili.
È importante, durante la terapia, mantenere una vita regolare, controllando anche l’alimentazione.
È anche opportuno avere sempre rapporti sessuali protetti, non solo per il rischio di contagiare altre persone ma perché si può contrarre un’infezione da ceppi HIV diversi e resistenti alle terapie in atto.
Aids: come prevenire
Sono poche, in fondo, le precauzioni che possono ridurre o annullare il rischio di infezione da HIV. Vediamo quali sono a seconda della modalità di trasmissione.
Via ematica
È fondamentale evitare l’uso in comune di siringhe, aghi e altro materiale per l’iniezione di sostanze. Meglio usare quelli monouso senza riutilizzarli. Sottoporsi a iniezioni, agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing solo se gli aghi utilizzati sono monouso.
È poi fondamentale ricordare che nei Paesi europei le trasfusioni di sangue e derivati, i trapianti di organo e l’inseminazione artificiale sono sottoposti a screening e ad accurati controlli per escludere la presenza dell’HIV.
Via sessuale
L’uso corretto del preservativo protegge dal rischio di infezione durante ogni tipo di rapporto sessuale ed è l’unica reale barriera per difendersi dall’HIV. Dovrebbero essere indossati prima di ogni rapporto sessuale e durante tutta la sua durata, poiché l’HIV può essere trasmesso anche attraverso il liquido pre-spermatico, il fluido vaginale e le secrezioni delle mucose anali.
Non vanno usati lubrificanti oleosi perché potrebbero alterare la struttura del preservativo e provocarne la rottura. Meglio optare per quelli a base acquosa.
Nei rapporti orali, invece, evitare il contatto con il liquido seminale o usare il preservativo o il dental dam (fazzolettino in lattice).
Per un uso adeguato del preservativo è importante fare attenzione a non danneggiarlo durante l’uso e conservarlo correttamente, lontano da fonti di calore (cruscotto dell’auto e altro) e senza ripiegarlo (nelle tasche, nel portafoglio).
La pillola, la spirale e il diaframma, invece, sono metodi utili a prevenire gravidanze indesiderate, ma non hanno nessuna efficacia contro il virus dell’HIV.
Profilassi Pre-Esposizione (PrEP)
Si tratta di assumere una combinazione di farmaci contro l’HIV prima dei rapporti sessuali e/o comportamenti ad alto rischio. Quindi la PrEP è usata da persone senza HIV, per non acquisire l’infezione e per non diventare sieropositive.
I farmaci vanno assunti seguendo un iter specifico e dietro prescrizione medica.
Chi sceglie questo metodo di prevenzione sarà comunque seguito da un infettivologo che monitorerà lo stato di salute e i possibili effetti indesiderati.
È opportuno evidenziare tuttavia che la PrEP non protegge dalle altre malattie sessualmente trasmesse. Il costo, inoltre è totalmente a carico di chi la richiede.
Chi può usare la PrEP?
Questo protocollo medico si rivolge principalmente a persone che hanno:
- Una relazione con un partner sieropositivo che non risponde bene alle terapie.
- Comportamenti a rischio, cioè rapporti sessuali con partner diversi e senza usare il preservativo.
- Una relazione con un partner ad alto rischio (ad esempio fa uso di droghe o ha più partner).
- L’abitudine a condividere aghi e siringhe per iniettarsi sostanze stupefacenti.
Profilassi Post-Esposizione (PEP)
Si tratta di assumere farmaci antiretrovirali subito dopo un evento a rischio per la trasmissione di HIV. L’obiettivo è impedire la diffusione del virus nell’organismo.
Deve essere assunta il prima possibile e comunque entro 72 ore dalla possibile esposizione (ad esempio dopo un rapporto occasionale non protetto o in cui si rompa il preservativo).
Tuttavia, la PEP non è efficace al 100% ed è bene non considerarla un’alternativa ai preservativi.
Aids: epidemiologia e diffusione in Italia e nel mondo
Secondo i dati dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e del Global HIV & AIDS statistics, si stima che nel 2021 a fronte di più di 38 milioni di persone che vivono con il virus (di cui 1,7 milioni sono bambini con meno di 15 anni), ci siano state 1,5 milioni di nuove diagnosi.
Ogni settimana sono diagnosticate circa 5.000 nuove infezioni da HIV tra giovani donne (15-24 anni); tra gli adolescenti dei Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, 6 nuove diagnosi su 7 riguardano ragazze (15-19 anni).
Anche i decessi tendono a diminuire, grazie soprattutto alle terapie antiretrovirali combinate. Infatti, nel 2021 sono stati registrati 650.000 decessi contro i 680.000 del 2020.
In Italia, nel 2020 sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari ad un’incidenza di 2,2 nuovi casi per 100.000 abitanti. L’incidenza diminuisce progressivamente dal 2012.
Nel 79,9% dei casi le persone che hanno scoperto di essere sieropositive nel 2020 sono uomini, e un’età media di 40 anni per entrambi i sessi. L’incidenza più alta si riscontra nelle fasce d’età 25-29 anni e 30-39 anni.
Nel 2020 la causa più diffusa per le nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono circa l’88% di tutte le segnalazioni.
Dal 2015 aumentano però le persone a cui viene diagnosticata l’infezione da HIV in fase avanzata di malattia, ovvero con bassi valori di linfociti CD4, o in fase di AIDS.
Sempre nel 2020, oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV ha eseguito il test HIV per sospetta malattia o per la presenza di sintomi HIV correlati (37,1%). Tra gli altri principali motivi per l’esecuzione del test ci sono stati: rapporti sessuali senza preservativo (17,2%), comportamento a rischio generico (10%), iniziative di screening/campagne informative (6,5%), accertamenti per altra patologia (3,5%).
Infine, nel 2020 è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere HIV positiva nel semestre precedente la diagnosi di AIDS, passando dal 70,9% nel 2019 all’80,4% nel 2020.
Personaggi famosi
Sono tanti i Vip che hanno contratto l’HIV virus e si sono ammalati di AIDS, sopratutto negli anni ‘70, quando ancora si sapeva ben poco di questa malattia o quando ancora non esisteva la terapia antiretrovirale. Il primo personaggio famoso fu senza dubbio Rock Hudson, cui fu diagnosticato l’AIDS nel 1984. L’anno successivo l’attore morì per un tumore dovuto all’immunodeficienza da HIV.
Tra le altre celebrità, ci sono:
- Lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov (per una trasfusione con sangue infetto).
- Il cantante dei Queen Freddy Mercury (contrasse l’HIV nel 1982 e morì nel 1991 per una polmonite).
- Il portiere del Napoli Giuliano Giuliani (morto nel 1996 per crisi polmonare).
- Il campione di basket Magic Johnson che fondò la Magic Johnson Foundation proprio contro l’AIDS ma che non svilupperà mai l’AIDS.
Cenni storici
Secondo un gruppo di ricercatori internazionali, la prima persona sieropositiva accertata risale al 1960, a Leopoldville (oggi Congo Kinshasa). Il team ha analizzato le sequenze genetiche dei vari ceppi dell’HIV negli ultimi 50 anni, pubblicando i risultati sulla rivista Science.
Nell’Africa coloniale degli anni ’20 le condizioni igieniche erano scarse, la prostituzione molto diffusa, così come l’abitudine negli ospedali di usare sempre le stesse siringhe o aghi per curare i malati. A Leopoldville c’era poi la ferrovia su cui viaggiavano migliaia di persone per raggiungere gli altri Paesi africani.
Ed è così quindi che il virus ha potuto espandersi sempre di più.
L’epidemia in America scoppia però nel 1981, a circa vent’anni di distanza. Questo perché il virus può essere latente per molti anni prima che si possa parlare di AIDS e si “camuffa” con sintomi aspecifici e tipici di altre malattie.
E in Italia? Il primo caso, nel 1982, è un giovane omosessuale che andava spesso negli USA. Due anni dopo però i casi salgono a 18, tra cui persone che non erano mai state in America.
Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90, inoltre, ci fu un grosso scandalo sui prodotti emoderivati per le trasfusioni. Si scoprì che le sacche di sangue provenivano da donatori non sottoposti ai controlli. Buona parte di questi derivati proveniva poi anche dagli Stati Uniti. Chi pagò il prezzo più alto furono gli emofiliaci che contrassero l’Epatite C e l’HIV.
Nel 1994 fu però varato il Piano Sangue, con protocolli accurati per l’accertamento dell’idoneità dei donatori di sangue e plasma.
Con la consulenza della Dott.ssa Laura Anelli, Specialista in Ostetricia e Ginecologia, Responsabile del percorso citologico Asl Roma1, Responsabile di Branca Ostetricia e Ginecologia Asl Roma 1
Fonti
- Ministero della salute, Cos’è l’AIDS.
- Istituto Superiore di Sanità, Infezione da HIV e AIDS.
- Mayo Clinic, HIV/AIDS.
- UNAIDS, Global HIV & AIDS statistics.
- Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS
- Help AIDS (Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna)