Dalla ricerca arrivano nuove possibilità per le terapie contro il Parkinson. Una delle armi principali nella terapia della malattia di Parkinson è la levodopa (L-Dopa), che ha però pesanti effetti collaterali. Ora una ricerca nata dalla collaborazione tra il laboratorio di neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, l’università svedese di Lund, l’INSERM di Montpellier in Francia, l’Università Sapienza di Roma e l’UCB Pharma in Belgio, apre una strada innovativa verso la possibilità di annullare questi effetti collaterali. Infatti, l’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli è un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso e cardiovascolare.
Cos’è la L-Dopa
La levodopa (L-Dopa) è capace di contrastare i tremori e le altre manifestazioni tipiche della patologia del morbo di Parkinson e derivate dalla carenza di dopamina in una particolare area del cervello. Ma con il passare del tempo questo farmaco provoca effetti collaterali crescenti, principalmente movimenti involontari (discinesie) che peggiorano notevolmente la qualità di vita del paziente.
Leggi il nostro articolo per sapere come si può diagnosticare il morbo di Parkinson semplicemente con un prelievo di sangue.
Lo studio italo-francese
Lo studio, effettuato su modelli animali e pubblicato sul giornale scientifico “The Journal of Clinical Investigation”, ha concentrato l’attenzione sull’interazione tra due tipi di recettori. Ovvero le molecole presenti sulla superficie delle cellule nervose capaci di ricevere i segnali chimici dei neurotrasmettitori. Quelli per la dopamina (D1) e gli mGlu5, che reagiscono all’acido glutammico.
“Lo studio dimostra – dice la dottoressa Luisa Di Menna – che i recettori D1 e quelli mGlu5 interagiscono tra loro formando un complesso molecolare. Proprio questo complesso darebbe origine a cambiamenti nei sistemi di trasmissione tra neuroni che, nel corso di un trattamento prolungato con L-Dopa, porterebbero alla comparsa delle discinesie”, ovvero dei movimenti involontari.
L’individuazione di questo meccanismo è molto importante perché apre una nuova luce su uno dei problemi principali nell’ambito della terapia del Parkinson.
Infatti, il ruolo dei recettori mGlu5 combinati con quelli per la dopamina indica la possibilità di intervenire farmacologicamente sul problema. Ad esempio, attraverso molecole capaci di disassemblare il complesso molecolare.
In questo modo avremmo un’arma in più da associare alla normale terapia con L-Dopa, riuscendo a prevenire o mitigare gli effetti collaterali del trattamento. Naturalmente siamo ancora ad un livello iniziale. Infatti, ci vorranno ulteriori ricerche prima di poter sfruttare questa opportunità, spiegano i ricercatori.