Sommario
La mononucleosi nei bambini è una malattia infettiva di origine virale. Può colpire a ogni età ma è più frequente nella prima infanzia e durante l’adolescenza. Infatti, è anche conosciuta come “malattia del bacio” (o “kissing disease”) proprio perché si trasmette attraverso lo scambio di saliva o le sue goccioline che si disperdono con i colpi di tosse o gli starnuti, oppure usando oggetti contaminati come giocattoli, posate, bicchieri e piatti.
Può manifestarsi in modi diversi, a volte anche senza sintomi e raramente può comportare conseguenze importanti.
Ma è una malattia molto contagiosa? Come si trasmette la mononucleosi nei bambini e come si cura?
Cos’è e come si trasmette
La mononucleosi è una malattia virale e infettiva molto comune nell’infanzia e nell’adolescenza. Può essere facilmente confusa con altre infezioni, principalmente con la tonsillite batterica. Inoltre prevede un lungo periodo di incubazione e talvolta può prolungarsi nel tempo.
La “malattia del bacio” nei bambini in realtà suscita più timore di quanto sarebbe necessario.
L’agente patogeno della mononucleosi è il Virus di Epstein-Bar (EBV), di cui esistono almeno due varianti e per il quale non esiste ancora un vaccino disponibile.
Appartiene alla famiglia degli herpes virus, quelli della varicella, herpes labiale o herpes genitale e fuoco di Sant’Antonio. In alcuni casi, invece, è causata da altri virus come il Citomegalovirus.
Rispetto ad altre malattie infettive, la mononucleosi presenta un tasso di contagio piuttosto basso e questo perché si manifesta più comunemente tra i bambini e gli adolescenti.
Ma come si trasmette la mononucleosi? Principalmente attraverso la saliva (da qui la malattia del bacio), soprattutto tra gli adolescenti. Tuttavia, l’infezione può verificarsi anche attraverso la condivisione di bicchieri o piccole goccioline di saliva disperse con gli starnuti o i colpi di tosse. Oppure per via indiretta condividendo oggetti contaminati. Infatti i bambini più piccoli possono infettarsi portando alla bocca giocattoli contaminati.
Il periodo di incubazione della mononucleosi è abbastanza lungo, dai 30 ai 50 giorni negli adulti e 10-15 in bambini e ragazzi.
Ci si può infettare più volte? No, perché l’immunità alla mononucleosi è duratura, quindi è una malattia che colpisce solo una volta nella vita. In alcune in circostanze abbastanza rare, si potrebbe contrarre due volte, ad esempio incontrando due varianti diverse del virus. Tuttavia, è un evento davvero poco probabile.
Si contrae con più facilità se il sistema immunitario è indebolito, ad esempio per stress o dopo una malattia debilitante.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sulla mononucleosi.
Sintomi della mononucleosi nei bambini
Spesso la malattia si sviluppa in modo del tutto asintomatico. Per questo molti adulti che risultano positivi ai test per la mononucleosi non ricordano di averla avuta. Invece, nei bambini, specialmente i più piccoli, i primi sintomi sono poco caratteristici.
Tra i primi segni ci sono:
- Febbricola o febbre alta e persistente.
- Mal di gola e infiammazione delle tonsille con formazione di placche.
A questi sintomi si possono associare anche:
- Senso di affaticamento e debolezza.
- Ingrossamento e dolore dei linfonodi del collo, sotto le ascelle e a livello inguinale.
- Ingrandimento della milza (splenomegalia) e a volte del fegato.
- Gonfiore delle palpebre.
- Eritema cutaneo con presenza di piccole macchie sparse sulla pelle, simile a quelle del morbillo.
- Mal di testa.
- Poco appetito.
È abbastanza comune che la mononucleosi si manifesti senza febbre. Per questo può accadere che si confonda con una tonsillite batterica e sia trattata con antibiotici. Tuttavia anche se l’antibiotico porta a un rapido miglioramento dei sintomi nelle tonsilliti batteriche, come la scomparsa della febbre, nella mononucleosi è un farmaco del tutto inefficace.
Cure, terapie, rimedi e trattamenti
Come si cura la mononucleosi nei bambini? In realtà, solitamente si risolve spontaneamente entro due-otto settimane e senza complicanze. Non ci sono terapie specifiche, come per molte malattie virali, e il trattamento è sintomatico, cioè mirato a ridurre la gravità dei sintomi e a dare sollievo al bambino.
Riposo, bere molti liquidi e, se necessario, assumere antipiretici e antidolorifici, sono le uniche strategie efficaci per abbassare la febbre e lenire il mal di testa. Eccezionalmente il medico può prescrivere una terapia a base di cortisone, ma solo se la diagnosi è certa e le tonsille sono così gonfie da ostacolare la respirazione e la deglutizione.
Il più delle volte, stabilito che si tratta di mononucleosi, il pediatra consiglierà di attendere la guarigione spontanea della malattia.
L’uso di antibiotici invece è da evitare, come per tutte le malattie virali, poiché non hanno alcuna efficacia ma possono avere effetti collaterali.
Diagnosi ed esami strumentali
La diagnosi di mononucleosi si esegue dal medico con l’osservazione dei segni e dei sintomi clinici e poi con la prescrizione di esami del sangue per confermare la diagnosi e individuare le caratteristiche dell’infezione. I sintomi, infatti, sono molto simili a quelli causati da altre infezioni batteriche o virali (come il citomegalovirus).
I test da fare sono:
- Emocromo: serve a rilevare l’incremento dei globuli bianchi e, in particolare, dei linfociti, oppure una riduzione dei globuli bianchi, dell’emoglobina o delle piastrine.
- Transaminasi: poiché possono aumentare sensibilmente durante un’infezione.
- Ricerca degli anticorpi diretti contro l’EBV (anti-EBV VC IgM, anti-EBV VCA IgG, anti-EBNA IgG).
Questi esami quindi rilevano alcune alterazioni utili per la diagnosi. Ad esempio, l’emocromo mostra un aumento dei globuli bianchi, principalmente linfociti, e una diminuzione dei granulociti. Gli indici di infiammazione come la PCR o Proteina C-reattiva, si presentano elevati, così come i livelli di bilirubina e delle transaminasi. Inoltre, si possono rilevare anticorpi diretti contro il virus della mononucleosi, l’Epstein-Barr.
La durata della malattia varia notevolmente. Nei casi sintomatici cioè con febbre, irritazione della gola, senso di affaticamento, ecc., può durare anche alcune settimane.
Il bambino può tornare a scuola quando si sentirà meno stanco e non avrà la febbre. Questo perché la mononucleosi non richiede un periodo di isolamento.
Si può verificare una riattivazione della mononucleosi? La risposta è no, anche se l’andamento altalenante della malattia, con periodi di benessere seguiti da episodi di febbre e altri sintomi, potrebbe indicare una riattivazione dopo la guarigione.
Ma è solo un falso allarme, vuol dire che l’organismo non l’ha totalmente debellata. Una recidiva quindi non è possibile, tranne in rari casi in cui ci si infetta da un diverso ceppo del virus.
Possibili complicazioni
Le possibili complicazioni della mononucleosi nei bambini sono fortunatamente molto rare, quindi la maggior parte dei bambini con mononucleosi si riprende completamente, senza sviluppare alcuna complicazione significativa. Tuttavia, è sempre consigliabile avvisare il proprio pediatra se il bambino manifesta sintomi insoliti o se la malattia sembra peggiorare invece di migliorare nel corso del tempo.
Tra le possibili conseguenze possono esserci:
- Epatite. La mononucleosi può produrre un’infiammazione del fegato che a sua volta può causare ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi), affaticamento, malessere generale e altri sintomi associati a un funzionamento non ottimale del fegato.
- Anemia emolitica.
- Rash cutanei.
- Complicanze respiratorie: se la gola è molto infiammata, può aumentare il rischio di ostruzione delle vie aeree, specialmente nei bambini più piccoli. Questo può causare difficoltà a respirare o a deglutire.
- Miocardite (infezione del muscolo cardiaco).
- Splenomegalia (ingrandimento della milza): in questi casi è importante evitare sforzi fisici e attività che potrebbero causare traumi addominali e possibili lesioni dell’organo.
- Complicanze neurologiche: in casi molto rari, la mononucleosi può causare complicazioni neurologiche, come meningite o encefalite. Queste condizioni comportano un’infiammazione delle membrane del cervello e possono causare sintomi come mal di testa grave, confusione, convulsioni o cambiamenti nel comportamento.
- Sindrome di Guillain-Barré (malattia che colpisce il sistema nervoso).
In questi casi purtroppo non ci sono percorsi terapeutici che riescano ad evitare che si manifestino queste complicanze.
Prevenzione e convivenza con la malattia
Al momento non è disponibile un vaccino per la mononucleosi. Tuttavia, ci sono alcune misure igieniche che possono aiutare a ridurre il rischio di contrarre o diffondere la malattia nei bambini tra cui:
- Corretta igiene: insegnare ai bambini l’importanza di una buona igiene può contribuire a ridurre il rischio di infezioni. Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone, soprattutto dopo aver toccato oggetti condivisi o aver frequentato luoghi affollati, può aiutare a prevenire la diffusione del virus.
- Evitare il contatto con la saliva: poiché il virus si trasmette principalmente attraverso la saliva, evitare di condividere bicchieri, posate, bottiglie e oggetti personali con altre persone può aiutare a ridurre il rischio di esposizione al virus.
- Evitare il contatto con persone infette: specialmente attraverso abbracci, baci o condivisione di oggetti.
- Stile di vita sano: può rafforzare il sistema immunitario dei bambini. Un’alimentazione equilibrata, sufficiente riposo e attività fisica regolare possono aiutare a prevenire le infezioni e a favorire una risposta immunitaria più efficace.
- Evitare la condivisione di oggetti personali: i bambini dovrebbero essere istruiti a evitare la condivisione di asciugamani, spazzolini da denti, pettini e altri oggetti personali che potrebbero entrare in contatto con la saliva.
- Limitare il contatto con bambini infetti: se a un bambino è stata diagnosticata la mononucleosi, è meglio limitare il suo contatto con altri bambini per evitare la diffusione della malattia.
- Informare i genitori: se il proprio bambino ha una diagnosi di mononucleosi, è importante informare i genitori dei suoi compagni di classe o amici, in modo che possano prendere precauzioni per ridurre il rischio di contagio.
Fonti: