C’è una preoccupazione in più per le donne giovani che si ammalano di cancro: perdere la possibilità di diventare genitore. Circa 9mila persone ogni anno in Italia ricevono una diagnosi di tumore prima dei 40 anni. Per loro sottoporsi alle cure può significare affrontare il rischio concreto di una riduzione o della perdita della fertilità, secondo i dati dell’Aiom, l’associazione italiana di oncologia medica. Eppure oggi un’alternativa c’è.
Il rapporto fertilità e cancro
Per le pazienti in età fertile con le tecniche di onco-fertilità le chance di avere figli aumentano notevolmente. Stando al rapporto diffuso da Institut Marquès in occasione della Giornata mondiale contro il cancro, 7 pazienti post oncologiche su 10 riescono a coronare il sogno di maternità in meno di 2 anni, senza il rischio di recidivanti.
L’82% restano incinte a un’età media di 40 anni e vengono per la maggior parte da cancro al seno (35%), neoplasie ematologiche come leucemia o linfoma (29%) e cancro ovarico (14%). Solo il 10% aveva vitrificato gli ovociti prima del trattamento del cancro. Scopri nel nostro come prevenire e curare il cancro alle ovaie.
Preservare, una scelta poco praticata
Si tende a discutere sempre troppo poco con le pazienti della possibile menopausa precoce o del rischio di infertilità indotta dai trattamenti. E di conseguenza delle tecniche di preservazione della fertilità in generale.
Michela Benigna, ginecologa e membro dell’Unità specializzata in oncologia e riproduzione di Institut Marquès spiega: “basterebbe mettere le pazienti cui è richiesta maggiore tempestività in contatto con un centro di fertilità privato e far accedere al servizio pubblico tramite ticket chi può attendere i tempi necessari”.
Le strade percorribili dopo la guarigione
Fino a qualche anno fa il desiderio di un figlio riguardava la metà delle giovani pazienti, ma meno di 1 su 10 rimaneva incinta dopo le terapie. In molti casi, a vincere era proprio il timore di recidiva tumorale.
Oggi, quando la recidivante sembra scongiurata, ci sono diverse opzioni percorribili.
“Se la malattia non ha danneggiato l’utero si può sicuramente ricorrere all’ovodonazione. Non è però indicato sottoporre la paziente a liste d’attesa troppo lunghe bensì affidarsi ad equipe specializzate in grado di garantire efficacia e tempestività nel trattamento. La possibilità di diventare madre con ovodonazione dopo la malattia è la stessa di chi non ha avuto un cancro. Stesso discorso per i pazienti uomini che possono affrontare, insieme alla compagna, un’eterologa con donazione di seme.
Embrioadozione, una nuova frontiera
Un’altra opzione, ancora poco conosciuta, è l’embrioadozione. Attraverso questa tecnica le pazienti possono adottare gli embrioni che sono rimasti senza una famiglia.
Quando si effettua un trattamento di fecondazione in vitro si trasferiscono solo uno o due embrioni, gli altri restano crioconservati. In Italia, la legge prevede che se la coppia non ha bisogno di effettuare altri tentativi gli embrioni restino congelati per sempre.
Secondo la legge spagnola i genitori possono, invece, scegliere il futuro dei propri embrioni: se non hanno la volontà di portare avanti una nuova gravidanza, possono darli in adozione ad altre coppie (ma anche distruggerli o donarli alla ricerca).