Sommario
L’allattamento a richiesta è riconosciuto da diversi anni come modalità ottimale per allattare al seno i neonati, dati i noti benefici per la salute dei piccoli e per quella della mamma. Ma allattare a richiesta cosa significa? Significa che tutte le volte che il neonato sollecita nutrimento, la mamma risponde alla sua richiesta allattandolo al seno, senza seguire orari rigidi.
L’OMS e l’Unicef raccomandano questa modalità come la migliore in termini di salute ma questa indicazione spesso provoca nelle donne preoccupazione, ansia, perplessità e dubbi. “Avrò abbastanza latte?” “Dovrò stare giorno e notte a disposizione del bambino?” “Perderò la mia libertà?”, ecc.
Per rispondere a questi dubbi, legittimi, faremo chiarezza sugli aspetti principali dell’allattamento a richiesta.
Cos’è l’allattamento a richiesta
L’allattamento è la modalità fisiologica e naturale che le mamme hanno a disposizione per nutrire e accudire i neonati. L’OMS raccomanda l’allattamento al seno come metodo di alimentazione esclusivo per i primi sei mesi di vita.
Consiglia anche di mantenere il latte materno come alimento principale fino al compimento del primo anno d’età, integrando gradualmente cibi complementari adeguati.
Se la mamma e il bambino sono favorevoli, inoltre, il proseguimento dell’allattamento è indicato fino ai due anni di vita.
L’allattamento può essere effettuato in via esclusiva, cioè il bambino è alimentato solo con latte materno, o mista, alternando il latte della mamma con latte artificiale e, dal 5°-6° mese, anche altri liquidi come acqua, tisane, camomilla o altro.
L’allattamento esclusivo, in particolare, può seguire orari prestabiliti, come raccomandato da alcuni pediatri, o essere richiesta, cioè la mamma offrirà il seno al bambino tutte le volte che lo richiederà.
Allattare a richiesta è, ad oggi, la modalità maggiormente raccomandata dai pediatri perché la più naturale e sana per la crescita del bambino.
La mamma ha inoltre una stimolazione positiva nella produzione del latte dovuta proprio alla suzione frequente, instaurandosi un circolo virtuoso per cui più il bambino poppa, più latte viene prodotto.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sull’allattamento al seno.
Quando inizia la lattazione
Nella donna il processo di produzione di latte si avvia in modo spontaneo già a partire dal quarto mese di gravidanza. Nei primissimi giorni dopo la nascita poi la mammella produce quello che è chiamato “il primo latte” cioè il colostro, un liquido giallo, denso, molto digeribile e dall’alto potere nutritivo. Entro 3-4 giorni dal parto, il colostro si trasforma gradualmente in latte di transizione.
Da qui inizia la fase di produzione di latte (la montata lattea), che dura circa 10-15 giorni, alla fine della quale la mammella produce il latte “maturo”, ricco di vitamine, sali minerali e oligoelementi fondamentali per la crescita del neonato.
Il meccanismo fisiologico legato alla lattogenesi, cioè alla formazione e alla produzione del latte, è molto delicato. Ogni interferenza, come la separazione dal neonato o la decisione di allattare a orari prestabiliti, l’uso del ciuccio o del latte artificiale, possono far sì che nel latte materno entri in gioco la proteina FIL (fattore inibitorio della lattazione).
Se il neonato poppa di meno, questa proteina si accumula nel latte contenuto nella mammella e rallenta progressivamente la produzione di latte.
Per garantire dunque una sufficiente produzione di latte, fin dal primo giorno, è fondamentale che la mamma attacchi il bambino al seno tutte le volte che il neonato lo richiede. Un buon avvio dell’allattamento influenzerà anche la sua prosecuzione.
Come funziona l’allattamento a richiesta
I pediatri sostengono che, fin dalla nascita, i neonati hanno bisogno di un allattamento a richiesta, cioè di attaccarsi al seno ogni volta che lo desiderano. Quando il neonato è agitato o cerca il seno con la bocca, si succhia le manine, fa schiocchi con la lingua, suzioni a vuoto, oppure è un po’ nervoso, non c’è niente di più naturale che prenderlo in braccio. Il bambino, una volta in braccio, si girerà verso il seno e, se la mamma glielo offre, si attaccherà felicemente.
Il pianto rappresenta certamente il segnale di fame più conosciuto in un lattante, tuttavia il pianto è un segnale tardivo di fame.
In genere, tra il primo segnale e il pianto disperato, passano circa 20-30 minuti. Per nutrirlo al meglio è quindi opportuno fare attenzione al suo linguaggio, cogliere i primi suoi segnali e soddisfare i suoi bisogni il prima possibile.
Certo è che non si può dare il latte al bambino ogni volta che piange. Quindi è necessario per i genitori capire ogni volta l’origine e la causa del pianto. L’allattamento a richiesta è infatti definito “on cue”, cioè allattamento al momento giusto osservando il segnale dato dal bambino.
Come si fa a capire che un neonato ha fame
Fin dalla nascita è ben sviluppato nel neonato il meccanismo di fame e sazietà che lo rende perfettamente in grado di regolare l’assunzione di latte in base alle sue esigenze.
Nel caso abbia fame, mostrerà dei segnali tipici; nel caso sia sazio, invece, chiuderà la bocca, girando la testa per allontanarsi dalla mammella e avrà le manine rilassate.
Tra le forme di allattamento, solo quella a richiesta, cioè guidata dalla domanda del neonato, permette di assecondare le sue competenze innate e gli garantisce una giusta quantità di latte.
Fisiologicamente dunque la mamma è in grado fin dal primo momento di allattare il suo bambino al seno in modo efficace e il bambino è fin da subito capace di richiedere latte quando ha fame e di fermarsi quando è sazio.
Quando ha fame, il piccolo esprime questa necessità attraverso quattro segnali:
- Inizia in una prima fase a fare schiocchi con la lingua sul palato, o a imitare con le labbra il movimento del succhiare (il riflesso di suzione).
- Apre gli occhi e gira la testa verso il seno (il riflesso di ricerca).
- Ondeggia la testa, sporge in fuori la lingua e si succhia le manine o i piedini.
- Piange per comunicare alla mamma che ha fame. In questo caso, la mamma, prima di allattarlo, dovrà cercare di calmarlo tenendolo in braccio e coccolandolo, anche per ottenere una poppata efficace.
Quando il bambino piange perché ha fame, infatti, non è in grado di poppare bene e potrebbe attaccarsi al seno in modo scorretto perché troppo agitato.
Allattare un bambino soltanto quando piange rende difficile correggere un attacco al capezzolo non corretto. Per di più è stanco, quindi comincerà a poppare, si sazierà facilmente e si addormenterà senza aver assunto il giusto quantitativo di latte.
Come si fa capire se il neonato è sazio
Anche per capire se un bambino mangia a sufficienza abbiamo a disposizione alcuni segnali:
- Peso: se nelle visite e nelle pesate di controllo, nei primi sei mesi di vita, il suo peso è raddoppiato rispetto alla nascita ed è triplicato prima di compiere un anno, si può essere certi che sta crescendo – e quindi mangiando – correttamente.
- Regolare evacuazione intestinale: se il bambino bagna diversi pannolini al giorno e evacua almeno una volta dopo ogni poppata, vuol dire che il suo fabbisogno nutritivo è corretto.
- Si stacca dal seno in modo autonomo ed è rilassato, solitamente vuol dire che è sazio. A questo punto per essere sicure che ha mangiato abbastanza, è buona pratica fargli fare il ruttino e poi provare comunque ad offrirgli l’altro seno: se non si attacca, il bambino è sazio.
Quante poppate al giorno?
L’allattamento a richiesta che ha un buon avvio, prevede inizialmente un numero di poppate in media al giorno che va tra 8 e 12, questa però è appunto una media: ci sono bambini che arrivano anche a 15 poppate giornaliere.
Questo dato non deve spaventare le neo mamme perché sappiamo che i bambini, essendo diversi tra loro, poppano in modo diverso l’uno dall’altro. Non esiste infatti uno standard di alimentazione infantile e considerare la norma una poppata ogni 3 ore circa, è una regola creata per l’alimentazione artificiale, che appunto va data ogni 3 ore.
Nell’allattamento a richiesta, inoltre, va tenuto ben presente che possono influire sulla richiesta di latte da parte del neonato, diverse variabili: ad esempio in estate, quando è molto caldo, e la mamma allatta a richiesta, il bambino sarà più richiedente.
In questo caso è corretto che la mamma allatti più volte il proprio bambino al fine di garantirne la giusta idratazione ed evitare un’eccessiva perdita di liquidi e sali minerali.
Oppure, durante quelle fasi chiamate “scatti di crescita”, il bambino, oltre ad essere più irrequieto, chiede più volte al giorno il seno, richiesta che spesso fa preoccupare le mamme di non avere latte a sufficienza.
In realtà è proprio il contrario, il lattante è più richiedente proprio perché ha bisogno di più nutrimento per realizzare un salto in avanti a livello di sviluppo.
Come allattare a orari
Rispetto all’allattamento a richiesta, la modalità di allattamento ad orario, invece, in passato consigliata dai pediatri, prevede che la mamma allatti al seno a intervalli fissi, stabiliti a priori dalla donna, circa 8 volte nelle 24 ore.
Abbiamo già sottolineato che l’intervallo delle tre ore tra una poppata e l’altra è un falso mito. Risponde più alle aspettative sociali, secondo cui il bambino deve smettere di chiedere il latte ad ore imprevedibili e dorma tutta la notte. Non sono inoltre considerati in questa pratica gli scatti di crescita.
Dietro questa scelta di allattamento, c’è spesso il desiderio delle donne di riuscire a programmarsi la giornata e contemporaneamente di dare al bambino maggior stabilità e regolarità.
Un’altra motivazione è che l’allattamento ad orario solleva la mamma dal timore di non essere in grado di comprendere i segnali di fame del bambino che, soprattutto all’inizio, sono poco diversificati.
Questa pratica, che sembra anche vantaggiosa, nasconde diverse criticità. Da un lato, non sempre l’orario stabilito dalla mamma coincide con la fame del neonato, quindi si risponde a un bisogno che in quel momento non c’è.
In questo caso la mamma dovrà trovare degli stratagemmi per stimolare la fame nel bambino all’orario che ha stabilito. Dall’altro, il piccolo piange a lungo perché non viene soddisfatto il suo bisogno di nutrimento nel momento in cui si presenta.
Inoltre, il bambino forzato in uno schema, continua a poppare in modo irregolare e, per rispettare gli intervalli, la mamma dovrebbe ricorrere al ciuccio.
Allattamento a richiesta o a orario
Negli ultimi anni, si è sempre più diffusa tra i pediatri la ferma convinzione che il metodo di allattamento a richiesta sia il più corretto poiché si adatta ai ritmi di ciascun bambino e favorisce un rapporto più sereno con la mamma. L’allattamento ad orario resta la scelta consigliata dai medici in rari casi:
- Neonato itterico: in questo caso è importante attaccarlo al seno con frequenza (ogni 2-3 ore massimo) per aiutare il piccolo a diminuire i livelli di bilirubina nel sangue.
- Neonato sonnolento nelle primissime settimane di vita: alcuni neonati dopo il parto sono molto stanchi, sonnolenti e dormono di più. Questo li porta a un digiuno prolungato, cioè più di 3-4 ore: in questo caso è buona prassi, consigliata dai professionisti sanitari, intervenire proponendo il seno al bambino e stimolarlo a succhiare.
- Neonato pre-termine.
Allattamento continuo
È una particolare modalità di allattamento in cui la mamma offre sempre il seno al proprio bambino in modo continuo, ogni ora.
Se per alcune donne allattare il bambino sempre è una scelta, per altre rappresenta una delle più grandi paure legate all’allattamento a richiesta.
A prescindere dalle scelte personali di ogni mamma, vale la pena dissipare questa preoccupazione, ricordando che quando il bambino segnala di voler poppare, la richiesta non è sempre legata al bisogno di nutrienti. Può aver bisogno di calmarsi, trovare conforto e consolazione o perché semplicemente sente la necessità di un contatto con la mamma.
La scelta di allattare ad ogni ora è diversa dalla richiesta del neonato di essere sempre allattato: può succedere a volte che il bambino non soddisfatto, soprattutto di sera, sia nervoso e più richiedente.
La mamma dunque finisce per offrire il seno ad intervalli più brevi su richiesta del piccolo. Se succede però, non c’è da preoccuparsi: è una fase temporanea, legata ad un malessere. Ad esempio, in caso di febbre o per lo spuntare dei dentini o appunto, allo scatto di crescita.
L’allattamento continuo nasconde però il rischio che la mamma diventi in breve tempo troppo stressata dalla richiesta continua e finisca per abbandonare l’allattamento. Quindi, se l’allattamento continuo provoca malessere alla mamma è meglio sperimentare altri modi per rispondere alla richiesta del bambino. Può provare, ad esempio, a prenderlo in braccio, a coccolarlo, a fargli un massaggio, a metterlo pelle a pelle.
Affinché un neonato stia bene, è necessario che la mamma stia bene e sia serena, vivendo l’allattamento come un piacere e non come un obbligo o un sacrificio.
Pro e benefici dell’allattamento a richiesta
I vantaggi dell’allattamento al seno sono molteplici, sia per il neonato sia per la madre. Una mamma che allatta ha livelli più bassi di stress percepito, una migliore autostima e meno sintomi depressivi, minor rischio di sviluppare patologie quali carcinoma mammario, ovarico o endometriale, malattie cardiovascolari e diabete di tipo II rispetto a una donna che non allatta.
L’allattamento provoca inoltre alla donna un generale stato di benessere fisico e consente, solitamente, un rapido recupero del peso. Crea anche una maggiore sensibilità durante l’interazione con il proprio figlio nei primi mesi di vita.
Il latte della mamma inoltre è gratuito, pratico e alla perfetta temperatura. Si può allattare ovunque, senza la necessità di portarsi dietro nulla.
Vantaggi per il bambino
Molti sono anche i vantaggi per il bambino: il latte materno contiene sostanze che compensano le carenze del sistema immunitario del neonato, proteggendolo da diverse forme di infezioni, dallo sviluppo di malattie come asma e diabete mellito di tipo I.
Riduce anche il rischio di mortalità da sindrome da morte improvvisa infantile (SIDS) rispetto ai bambini nutriti con sostitutivi del latte materno.
L’allattamento inoltre è correlato allo sviluppo neurologico e a prestazioni migliori nei test di intelligenza a lungo termine. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che i bambini allattati al seno, per almeno quattro mesi, sono meno soggetti a problemi comportamentali durante l’infanzia, così come al disturbo da deficit dell’attenzione.
Allattare ha ancora effetti positivi sullo sviluppo psicomotorio e sulla formazione del sistema visivo.
In aggiunta, l’allattamento al seno pare produrre un effetto analgesico dato dall’intensità del legame madre-bambino; i bambini allattati al seno vivrebbero con meno stress eventuali procedure mediche dolorose rispetto ai bambini nutriti con latte artificiale.
Relazione madre-bambino
Infine, non va dimenticato che l’allattamento rappresenta per il neonato e la mamma un evento relazionale sia fisico che psichico, nel quale si realizza il profondo legame di attaccamento tra i due.
La relazione di allattamento è uno spazio privilegiato per nutrire e accudire il bambino, fornendogli le cure di cui ha bisogno, sperimentando un modello di relazione su cui costruirà qualsiasi altra relazione futura.
Allattare a richiesta è il modo più naturale, efficace e immediato per soddisfare la richiesta del neonato e aiuta madre e neonato a conoscersi, favorendo quel legame di attaccamento permanente e indissolubile che viene chiamato bonding. Rispondere non solo ai bisogni legati alla fame, rafforzerà quindi nel bambino quel senso di sicurezza e di fiducia verso i genitori.
In più, c’è uno stress minore per entrambi: se la poppata è stata efficace, il neonato non piange in attesa della poppata successiva e la mamma può godersi un po’ di serenità.
Per i bambini, il seno offerto a richiesta ha un effetto tranquillizzante, protettivo che fa sentire il bambino contenuto, protetto e amato.
I contro dell’allattamento a richiesta e cosa non fare
Se allattare a richiesta ha dunque innumerevoli vantaggi, di contro c’è da ricordare che è piuttosto stancante per la donna, soprattutto nelle prime settimane.
Tuttavia sono davvero poche le controindicazioni e riguardano spesso la salute della donna, l’assunzione di alcuni farmaci o specifiche condizioni di salute del bambino. Nello specifico si raccomanda di non allattare alle donne che soffrono di specifiche patologie come l’infezione da HIV, la psicosi puerperale, l’infezione da Herpes simplex bilaterale del capezzolo, malattie debilitanti o nel caso si assumano determinati farmaci che possono nuocere al bambino.
Ad esempio, alcuni antitumorali, antitiroidei, cloramfenicolo, se si è a contatto con sostanze radioattive durante esami di radiodiagnostica, psicofarmaci o sostanze psicoattive.
Sono tutti casi in cui occorre chiedere una valutazione medica.
Si può invece allattare in caso di:
- Positività per l’antigene dell’epatite B, qualora il piccolo abbia ricevuto immunoglobuline specifiche e vaccinazione specifica subito dopo la nascita.
- Epatite C (a meno non si abbia l’AIDS).
- Malattie lievi (febbre, influenza, infezioni urinarie).
- Anestesia generale o locale.
- Ipotiroidismo.
- Presenza del ciclo mestruale.
- Gravidanza.
- Covid-19.
Raccomandazioni per l’allattamento a richiesta
- Non bere alcolici: diversamente da quanto ci dice la tradizione popolare che, ad esempio, “la birra fa latte”, sappiamo oggi che l’alcol non ha nessun effetto benefico sulla produzione di latte ma, anzi, può avere effetto negativo sia sull’allattamento che sul bambino.
- Evitare di assumere stupefacenti: le sostanze stupefacenti una volta assunte passano nel latte e possono causare seri danni al neonato.
- No al fumo: può compromettere l’allattamento stesso perché la nicotina riduce i livelli di prolattina.
- Attenzione ai preparati erboristici senza consultare il medico.
Come e quando regolarizzare l’allattamento a richiesta
L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di allattare in modo esclusivo per i primi sei mesi, di mantenere l’allattamento materno come scelta prioritaria anche durante l’introduzione al cibo solido e, se mamma e bambino lo desiderano, di continuare ad allattare fino a due anni.
Allattamento e svezzamento
Al compimento del sesto mese, ma anche prima, i pediatri consigliano alle mamme di iniziare lo svezzamento, introducendo gradualmente cibi solidi. Piano piano il bambino inizia ad assaggiare alimenti nuovi, con consistenze diverse, a volte impara a bere dal bicchiere e a dissetarsi con qualcosa di diverso dal latte.
L’allattamento è comunque da mantenersi perché ogni poppata, anche breve, apporta nutrienti di alta qualità e rimane contemporaneamente un momento di conforto e tenerezza.
Alcuni bambini riducono spontaneamente in questa fase il numero delle poppate, altri invece richiedono latte con la stessa frequenza ma la poppata dura di meno. Quando il bambino di sei mesi o più salta una poppata perché già sazio, il seno inizia a produrre meno latte, poiché la produzione è sempre in funzione della domanda.
Lo svezzamento però non coincide necessariamente con il declino dell’allattamento: il giorno che il bambino richiederà più latte, il seno sarà in grado di produrlo.
Così anche il fatto che un bambino chieda il latte della mamma prima di mangiare il pasto solido, non rappresenta un ostacolo a mangiare. L’allattamento resterà sempre un momento magico, riservato a momenti speciali nella giornata, come la sera, prima di addormentarsi o durante i risvegli notturni.
Smettere di allattare
La mamma ha tutto il diritto di smettere di allattare quando desidera. Creare un’alternativa alla poppata significa comunque continuare a rispondere con amore ai bisogni del proprio bambino, non ingannarlo né abbandonarlo. L’importante è che la mamma stessa prenda questa decisione, senza condizionamenti esterni.
La parola chiave è la gradualità: non si può smettere da un giorno all’altro se non si vuole incorrere in ingorghi e mastiti. Così come non è salutare fasciare il seno. Per smettere di allattare, è sufficiente eliminare poco alla volta alcune poppate durante la giornata, fino a toglierle del tutto.
Spesso le poppate più difficili da eliminare sono quelle della sera e della notte e qui può essere utile coinvolgere il papà: può essere difficile per un bimbo abituato ad attaccarsi al seno durante i risvegli notturni accettare che la mamma non sia più disposta. Sarà più facile riaddormentarsi con l’aiuto del papà. E se il bambino si sveglia di notte, creare altri modi per farlo riaddormentare.
In genere, con un po’ di fatica, tanta attenzione e tanta pazienza, si riesce a smettere di allattare in poche settimane e il bambino riesce ad adattarsi abbastanza in fretta alla nuova condizione.
Fonti
- Ministero della Salute, Allattamento al seno oltre il primo anno di vita e benefici per lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale del bambino.
- Paola Negri, Sapore di mamma. Allattare dopo i primi mesi, Il Leone Verde, Città di Castello (PG).
- Linee di indirizzo nazionale sulla promozione, protezione e sostegno dell’allattamento al seno (Accordo Stato Regioni del 20 dicembre 2007, e pubblicate nella G.U. n. 32 del 7 febbraio 2008).
- WHO- Protecting, promoting and supporting breastfeeding in facilities providing maternity and newborn services (Linea guida sull’allattamento).
- OMS/UNICEF: Campagna mondiale “Ospedale amico dei bambini”.
- Ospedale pediatrico Bambino Gesù: Percorsi di cura e salute: allattamento.
- Perez-Escamilla: Perspective: Should Exclusive Breastfeeding Still Be Recommended for 6 Months?, American society for nutrition.
- Kim P. et al: Breastfeeding, brain activation to own infant cry, and maternal sensitivity, Journal of Child Psychology and Psychiatry.