Sommario
Oggi le tipologie di allevamento sono molte e i consumatori stanno mostrando una sensibilità nuova nei confronti delle tematiche ambientali. Questo interesse implica la valutazione dell’impatto che determinano sull’ambiente i prodotti alimentari che mettiamo nel carrello della spesa.
Questa nuova consapevolezza del consumatore 4.0 sta lentamente orientando il mercato verso scelte eco-compatibili ed etiche, soprattutto di rispetto nei confronti degli animali e dell’ambiente. Non è più così raro che il consumatore scelga carni provenienti non solo dall’Italia ma da una determinata regione potendone controllare l’origine e le modalità di allevamento.
Cosa sono gli allevamenti
Gli animali da reddito come bovini, suini, avicoli, ma anche ovini e caprini, possono essere allevati sia in modo “intensivo” che “estensivo”. Entrambi i due metodi di allevamento hanno sia pro che contro, per cui non si può dire che uno sia sbagliato e l’altro corretto. Spesso, soprattutto in Italia, si è affermato un modello “semintensivo”.
In generale il mondo della ricerca scientifica sta lavorando per superare le impostazioni del passato, legate ad esempio ad una eccessiva intensivizzazione del settore zootecnico. Allo stesso tempo, però, si sta cercando di migliorare l’allevamento estensivo rispetto a quello che si poteva praticare 40 o 50 anni fa. Infatti, il benessere animale non è necessariamente assicurato con l’allevamento estensivo, dove l’animale è esposto all’aggressione dei predatori e alle intemperie, oppure viene curato con difficoltà.
Il benessere animale
Benessere animale significa garantire che vengano soddisfatti i bisogni degli animali, da quelli alimentari (fame, sete) a quelli legati alla libertà di movimento, fino alla protezione dalle condizioni ambientali avverse.
Tutte le normative nazionali e internazionali, in particolare quella dell’Unione Europea che è particolarmente avanzata, collegano le modalità di allevamento e macellazione al rispetto del benessere animale. Questo concetto si può sintetizzare nel rispetto delle “5 libertà”, il criterio base approvato dal Farm Animal Welfare Council del 1979:
- Dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione garantendo all’animale l’accesso ad acqua fresca e ad una dieta che lo mantenga in piena salute.
- Di avere un ambiente fisico adeguato, fornendo all’animale un ambiente che includa riparo e una comoda area di riposo.
- Dal dolore, dalle ferite, dalle malattie, prevenendole o diagnosticandole e trattandole rapidamente.
- Di manifestare le proprie caratteristiche comportamentali specie-specifiche fornendo all’animale spazio sufficiente, strutture adeguate e la compagnia di animali della propria specie.
- Dalla paura e dal disagio, assicurando all’animale condizioni e cura che non comportino sofferenza psicologica.
Gli allevamenti intensivi
I cosiddetti “allevamenti intensivi” vengono giudicati spesso in modo negativo: considerati poco rispettosi del benessere degli animali e descritti addirittura come dei “lager” in cui gli animali soffrono. Questo ha contribuito ad alimentare nell’opinone pubblica la percezione di un modo sbagliato di allevare e di conseguenza la convinzione che ne derivi una carne di minor qualità.
Ma cosa significa il termine “intensivo”?
C’è da precisare che non esiste una definizione ufficiale di “allevamento intensivo”. Questo termine indica in genere la modalità di allevamento in un ambiente circoscritto, come ad esempio una stalla chiusa o aperta, recinti, capannoni in grado di consentire un maggiore controllo dell’animale e soprattutto l’applicazione di un regime alimentare di alto valore nutritivo finalizzato ad ottenere il massimo rendimento produttivo. Tale modalità si declina in maniere molto differenti a seconda che si parli di bovini, suini o avicoli.
Contrariamente a quanto si pensa, l’allevamento intensivo è anche più efficiente e più sostenibile dell’allevamento estensivo. L’ottimizzazione delle risorse e l’alimentazione adeguata ad ogni specie, infatti, permettono un ritmo di crescita equilibrato e un buon incremento ponderale giornaliero degli animali. Questo ha come conseguenza un migliore indice di conversione degli alimenti vegetali in carne, riducendo fortemente gli sprechi e quindi l’impatto ambientale. Invece l’allevamento estensivo richiede spazi maggiori, molta più acqua e risorse, oltre ad essere meno controllabile a livello di biosicurezza.
Gli allevamenti estensivi
Normalmente all’allevamento “intensivo” si contrappone a quello “estensivo”: all’aperto o al pascolo, una condizione, insomma, che crea nell’uomo un’impressione di minore sfruttamento e di maggior benessere per gli animali.
Questo in realtà non è sempre vero e non è detto che gli animali all’aperto, seppur liberi di muoversi, stiano meglio di quelli allevati in stalla. All’evidente vantaggio del maggiore spazio all’aria aperta si possono infatti contrapporre alcuni svantaggi connessi al minor controllo sull’animale. Tra questi, la minore possibilità di cura dalle malattie, l’esposizione alle intemperie e ai predatori, la possibile non adeguata disponibilità di alimenti e di acqua in termini quantitativi e qualitativi.
Al contrario, un allevamento considerato “intensivo”, con densità elevata, ma condotto in maniera ottimale in modo da offrire spazio, luce naturale, ricambio d’aria, assistenza giornaliera ad ogni singolo animale, sistemi di stabulazione moderni, offre condizioni che possono essere anche migliori rispetto ad un allevamento “estensivo”, a minor densità, ma mal gestito.
La realtà è che sarebbe impensabile, sia dal punto di vista economico che ambientale, sfamare il mondo senza gli allevamenti protetti. Sarebbe poi ingestibile un controllo igienico-sanitario, se tutti gli animali fossero liberi sul territorio, con gravi ripercussioni sulla sanità pubblica e sul benessere degli animali stessi.
I luoghi comuni sulle tipologie di allevamento
Molti luoghi comuni riguardano gli allevamenti intensivi avicoli, ma la maggior parte di essi non trova più riscontro nella realtà odierna. Il merito è degli enormi passi avanti fatti, grazie all’identificazione di precisi indicatori di benessere animale che permettono di valutare in modo oggettivo il reale stato di benessere di tutto l’allevamento.
Gli animali sono allevati a terra, nel rispetto del benessere animale: questo avviene da 60 anni. I polli e i tacchini italiani si allevano solo a terra, non in batteria, in genere all’interno di ampi capannoni. Infatti, crescere gli animali nel rispetto delle norme europee e italiane, che stabiliscono parametri tali da consentire comportamenti naturali (clima, illuminazione, densità di allevamento), è un bene per tutti.
Inoltre quella del pollo è una filiera tutta italiana: i polli e i tacchini che arrivano nei nostri piatti sono nati, allevati e trasformati in Italia. Il comparto delle carni avicole è l’unico autosufficiente della zootecnia italiana.
Altro luogo comune riguarda gli ormoni e gli antibiotici. Gli ormoni non vengono mai utilizzati perché la legge italiana ed europea da moltissimi anni proibisce l’utilizzo di sostanze che stimolano la crescita degli animali. Gli antibiotici si usano in modo sempre più responsabile, e solo quando serve. I dati ufficiali del settore avicolo ci dicono che in 10 anni l’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti avicoli in Italia è stato abbattuto dell’80%.
Allevamenti e tutela dell’ambiente
Per l’importanza e la complessità dei processi produttivi, il settore zootecnico determina un impatto oggettivamente significativo sull’ambiente, sia per l’uso di risorse naturali che per le sostanze di scarto che vengono immesse nel suolo, nell’acqua e nell’atmosfera.
Per esempio, per quanto riguarda l’utilizzo dell’acqua, rispetto ai numeri approssimativi calcolati qualche anno fa, è stato calcolato che in Italia, in un allevamento efficiente, l’acqua effettivamente consumata per produrre un kg di carne bovina è di 790 litri. A livello complessivo l’intero settore italiano delle carni impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente, come l’acqua piovana. Solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata.
Uso razionale delle risorse
Di fronte ad una richiesta sempre maggiore di prodotti d’allevamento, tutti gli operatori sono fortemente impegnati nel realizzare sistemi sempre più efficienti anche dal punto di vista ambientale. In particolare, gli allevamenti intensivi o semintensivi si stanno dimostrando quelli più ecosostenibili. Questo grazie all’uso razionale delle risorse, alla capacità di riciclo, alle tecnologie che permettono di recuperare gli scarti e di utilizzarli come fonte rinnovabile per impianti di biogas.
Emissioni di gas
Per quanto riguarda le emissioni, secondo stime FAO tutto il settore agricolo e non solo gli allevamenti ha un impatto climalterante dovuto alle emissioni di gas a effetto serra (GHG emissions) pari al 10,3% (senza considerare il LUC-Land Use Change, le cui stime sono controverse) o al 14% considerando il LUC. Prendendo in esame il solo settore zootecnico e stando al report Ispra del 2017, in Italia il contributo totale ai gas serra è del 4,4%.
Tutela del territorio e della biodiversità
Per quanto riguarda il territorio, all’allevamento estensivo e semistensivo, soprattutto nelle aree collinari tipiche del territorio italiano, è stato riconosciuto l’importante ruolo di cura e presidio del territorio stesso, anche a salvaguardia dei problemi di dissesto idrogeologico, tipico delle aree lasciate in abbandono.
Per quanto riguarda la biodiversità, recentemente si è osservato come quella di interesse zootecnico sia un patrimonio tipicamente italiano. Nel nostro paese, infatti, possiamo vantare ben 16 razze bovine autoctone, 61 razze ovine e un’ottantina di razze autoctone avicunicole.
Antibiotici e antibioticoresistenza
Grande attenzione è dedicata anche all’uso responsabile degli antibiotici.
In generale negli allevamenti è espressamente vietato l’uso degli antibiotici a scopo preventivo. Il loro impiego negli allevamenti è permesso solo ai fini di cura, terapia e profilassi dell’animale ed è sempre subordinato alla prescrizione medico-veterinaria. Inoltre, possono essere utilizzati esclusivamente antibiotici preventivamente autorizzati dalle Autorità Sanitarie. Le autorizzazioni sono concesse soltanto alle sostanze di cui sono dimostrate l’efficacia e la sicurezza d’uso per gli animali e di cui si conoscono le caratteristiche metaboliche, ossia in quanto tempo vengono “smaltite” dall’organismo animale.
Antibiotici: per quanto tempo
Il loro impiego deve essere limitato nel tempo e gli animali possono essere macellati soltanto dopo che i farmaci sono stati completamente smaltiti (dopo cioè il cosiddetto “periodo di sospensione”), cioè quando i residui sono a concentrazioni del tutto innocue per la salute umana.
Esistono anche piani di campionamento annuali delle carni per verificare l’assenza di residui pericolosi e i risultati di questi controlli dimostrano che i campioni di carne irregolari sono inferiori allo 0,1%. Nelle oltre 44.000 analisi condotte nel 2017 dalle autorità competenti per la valutazione dei residui di trattamenti farmacologici su animali produttori di derrate alimentari, solo 39 sono risultate positive.
Gli allevamenti biologici
Il termine “agricoltura biologica” indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali e nega l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). Il bestiame deve nutrirsi pascolando e gli alimenti devono essere di natura biologica. Nell’ambito della produzione non possono essere impiegati OGM e gli animali devono essere curati con prodotti omeopatici e fitoterapici.
Per ulteriori approfondimenti:
Il progetto Carni Sostenibili vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici. L’intento è quello di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.
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