È il prodotto della gastronomia italiana più conosciuto al mondo, simbolo del made in Italy per eccellenza. Sarà che prepararla è una vera e propria arte, fatto sta che la pizza napoletana, nell’anno di Expo, è stata candidata a diventare patrimonio dell’Unesco per il ciclo 2015/2016. Ma cosa rende “l’arte dei pizzaiuoli napoletani” così unica e preziosa?
Innanzitutto le lontane origini, che sembrano risalire non tanto al tempo della regina Margherita (a cui fu dedicata l’omonima pizza), ma a quelli del zar Nicola II in missione a Napoli (1836), in onore del quale fu creata una pizza simile alla marinara, con una spolverata di formaggio grattugiato invece della mozzarella, che fu chiamata “cosacca”. Da allora la strada della pizza napoletana è stata “senza deviazioni”, fino ad ottenere, nel 2002, il riconoscimento di “specialità tradizionale garantita“, con una lista di ingredienti regolata da un ben preciso disciplinare, e cioè: farina di grano tenero, lievito di birra, acqua, pomodori pelati e/o pomodorini freschi (in genere i napoletani usano il pomodoro San Marzano o quello del Piennolo), sale, olio d’oliva extravergine.
Altri ingredienti che è concesso utilizzare nella sua preparazione sono: aglio e origano, mozzarella di Bufala Campana DOP, basilico fresco e Mozzarella STG.
Purtroppo non sempre questo disciplinare viene rispettato e, secondo quando afferma la Coldiretti, il 63% delle pizze vendute in Italia contiene un mix ingredienti stranieri. Cosa a dir poco spiacevole, anche perché in media una pizza margherita in pizzeria costa 5 euro, che corrispondono a ben 14 euro al chilo: se ce la preparassimo da soli in casa spenderemmo meno della metà! Ma ad un’ottima pizza napoletana servita al ristorante nessun italiano può rinunciare, quindi il consiglio è di orientarti solo su esercizi commerciali di fiducia e che elenchino nel dettaglio del menù gli ingredienti dell’originale prodotto partenopeo.
E se è vero che la pizza del futuro sarà addirittura “anti – age” (in occasione dell’Expo, è stato brevettato da un professore dell’Università di Salerno un composto contenente “inulina”, preziosa fibra probiotica dal potere antiossidante), allora sì che si realizza il sogno di ognuno di noi. Anche la classica margherita del presente, in ogni caso, è un prodotto sano dal punto di vista nutrizionale: certo, in una dieta ipocalorica bisogna consumarne con moderazione, ma resta comunque un alimento genuino, che ha un apporto energetico di poco superiore a quello di un piatto di pasta condito.
E allora gusta, senza remore, una bella pizza e impara a riconoscere quando è fatta a regola d’arte: impasto dorato (e non bianco) e pomodoro e mozzarella dal colore brillante e non opaco, altrimenti significa che gli ingredienti utilizzati sono scadenti.
Claudia Manari