Sommario
Avrai sicuramente sentito parlare dell’olio di palma. Non è altro che un grasso vegetale ottenuto dalla spremitura dei frutti della palma. Grazie alle sue caratteristiche chimiche, ha largo impiego nell‘industria alimentare, come ingrediente di merendine, creme, biscotti e snack sia dolci che salati.
Cosa contiene e perché il suo utilizzo è così dibattuto? È spesso descritto come il “nemico delle arterie” e alla sua produzione si associano i termini “deforestazione” e “perdita di biodiversità”.
I bambini però sono particolarmente esposti al consumo di olio di palma proprio perché è molto utilizzato per la produzione di prodotti dolciari di cui i piccoli sono particolarmente ghiotti. Basti pensare che la Nutella ne contiene tra il 20% e il 30% (la quantità precisa non è disponibile essendo la ricetta della Nutella tenuta segreta).
Nonostante ciò lo troviamo spesso presente sulle nostre tavole. Quale opinione dobbiamo avere riguardo il suo consumo? Fa male alla salute? Quali rischi ci sono per l’ambiente? È davvero possibile produrre olio di palma sostenibile?
Continua a leggere per conoscerne in dettaglio le caratteristiche.
Cos’è l’olio di palma: tutte le caratteristiche
E’ un grasso edibile di origine vegetale, che si ottiene dalla spremitura della polpa dei frutti (drupa) delle palme.
Da non confondere con l’olio di palmisti, che si ricava invece dalla spremitura dei semi oleosi. La principale specie coltivata come palma da olio è Elaeis guineensis; sebbene in misura minore, sono impiegate per lo scopo anche le specie:
- Elaeis oleifera.
- Attalea maripa.
- Attaela speciosa.
I maggiori produttori di olio di palma sono Indonesia (oltre il 50% della produzione, che ammonta ad oltre 40 tonnellate per anno) e Malesia (oltre il 33%, ovvero più di 20 tonnellate/anno). A seguire anche:
- Tanzania.
- Camerun.
- Liberia.
- Papua Nuova Guinea.
- Colombia.
- Nigeria.
- Costa d’Avorio.
Questi paesi fondano gran parte della loro economia sulla produzione di questo alimento.
Negli ultimi decenni l’aumento della richiesta di mercato ha portato ad incrementare la produzione di olio di palma a livello mondiale. Da circa 1 tonnellata / anno registrata negli anni ’60, ad oltre 80 tonnellate / anno di oggi.
L’aumentata produzione ha richiesto un’importante porzione di risorse agricole per coltivare le palme da cui estrarre l’olio destinato all’industria alimentare e non solo.
Questo è uno dei principali punti per cui l‘olio di palma viene contestato dagli ambientalisti. Infatti, per creare nuove aree coltivabili con le palme da olio sono state spesso rase al suolo enormi porzioni di foreste delle zone tropicali. Alla deforestazione segue una perdita di biodiversità di specie, animali e piante che popolavano quell’ecosistema forestale.
Anche dal punto di vista nutrizionale l’olio di palma non è ben visto. Infatti, è un alimento grasso, il cui consumo dovrebbe essere limitato per via dell’elevato contenuto calorico.
Tuttavia, in termini di composizione di acidi grassi non si discosta molto da altri oli vegetali (colza, arachidi, mais).
Differenze tra olio di palma o olio di palmisto
Entrambi si producono a partire dalle palme da olio, la differenza sta nei processi di estrazione e nella composizione in termini di acidi grassi.
Olio di palma
Si ottiene per spremitura a freddo e pressatura della polpa dei frutti della palma. Il prodotto ottenuto è di colore rosso per via dell’alto contenuto di carotenoidi ed è solido a temperatura ambiente.
Però, prima dell’immissione sul mercato subisce un processo di raffinazione che determina la perdita di gran parte dei carotenoidi ed assume un colore bianco-giallino.
Inoltre, contiene acidi grassi saturi (rappresentati dalla quota di acido palmitico e stearico), ma anche buone dosi (oltre il 50%) di acidi grassi insaturi (sia polinsaturi, o PUFA, che monoinsaturi, o MUFA).
Olio di palmisti
Quest’olio è estratto dalla mandorla (all’interno del nocciolo) del seme della palma. E’ costituito quasi esclusivamente da acidi grassi saturi:
- Acido caprinico.
- Caprico.
- Miristico.
- Palmitico.
- Stearico.
L’olio di palma fa male? Gli effetti sulla salute
Sebbene negli ultimi decenni sia stato ampiamente utilizzato nell’industria alimentare, spesso senza neppure essere esplicitamente dichiarato (era comune la dicitura generica: oli vegetali), oggi il suo consumo è sotto i riflettori da più fronti. Se ne discute la sicurezza sia per la salute dei consumatori che per l’ambiente. Capiamo perché.
Nel 2016, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha espresso il suo parere dichiarandolo sicuro alle normali dosi di consumo.
Ha pertanto fissato un valore soglia massimo (Upper Limit, UL) pari a 0,8 mg per kg di peso corporeo.
Mentre ha acceso un campanello d’allarme per quanto riguarda gli alimenti per la prima infanzia contenenti olio di palma:
- Latte in polvere.
- Omogeneizzati.
- Pappe.
Dopo queste indicazioni molti imprenditori che operano nel settore dell’industria alimentare hanno prontamente deciso di modificare le ricette dei loro prodotti, per offrire ai consumatori delle scelte “senza olio di palma”.
Abbiamo già accennato che la sicurezza del cibo grasso dipende dalla sua composizione chimica. In sintesi, contiene molti grassi saturi, in particolare acido palmitico e stearico, nemici delle arterie.
Anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si è espressa riguardo l’olio di palma. Per via della presenza di molti acidi grassi saturi attribuisce a quest’olio un effetto negativo sulla salute delle arterie e sull’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue: il tutto si traduce in un maggiore rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Non è tutto qua.
Nei processi di raffinazione dell’olio di palma destinato all’industria alimentare vengono utilizzati spesso acido cloridico e Cl- per l’idrolisi dei grassi. Questo porta alla formazione di composti monocloro derivati, potenzialmente tossici e carcinogenici, soprattutto per reni e testicoli. Primi tra tutti i sostituenti del monocloropropanediolo, MCPD.
Colesterolo alto e rischio cardiovascolare
L’olio di palma, così come tutti gli altri grassi vegetali, è privo di colesterolo. Infatti, quest’ultimo è un grasso esclusivamente di origine animale: si trova nelle carni, nelle uova, nei latticini e nei derivati. Tuttavia, il consumo di olio di palma andrebbe comunque ad aumentarne i livelli nel sangue. Come?
L’elevato contenuto di acidi grassi saturi nell’alimento (SFA) fa sì che il nostro organismo abbia più materiale a disposizione per la sintesi di colesterolo endogeno che avviene in fegato e intestino.
Quindi, rappresenta un fattore di rischio per chi ha predisposizione a patologie cardiovascolari. Infatti il colesterolo, accumulandosi sulle pareti delle arterie, predispone alla formazione di placche aterosclerotiche, trombi, o emboli, che sono a loro volta causa di ipertensione, aritmie ed infarto del miocardio.
Olio di palma, MCPD e rischio tumori
Nei processi di raffinazione dell’olio di palma destinato alle industrie alimentari vengono utilizzati spesso acido cloridico e Cl- per
l’idrolisi dei grassi.
Questo porta alla formazione di composti monocloro derivati, potenzialmente tossici e carcinogenici, soprattutto per reni e testicoli. Primi tra tutti i sostituenti del monocloropropanediolo, MCPD.
MCPD: che cos’è
L’MCPD è il mono cloro propandiolo, un composto tossico che può causare danno al DNA ed infertilità.
Si parla di “sostituenti” perché sia il 3-MCPD, che il 2-MCPD, oltre ai suoi derivati esteri, sono genotossici, cioè in alte quantità possono cambiare il patrimonio genetico cellulare. Ma non è stato proibito l’olio di palma (dall’EFSA) perché la normale alimentazione, in genere, non produce quantità rischiose di MCDP.
In ogni caso, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare non associa la pericolosità dell’olio di palma alla presenza di grassi saturi, paragonabili a quelli del burro o dello strutto, ma proprio alla formazione di questi composti genotossici.
Molti studi hanno verificato che i trigliceridi dell’olio di palma vengono digeriti (idrolisi in posizione 1 e 3) dalle componenti salivari e dell’intestino (lipasi), andando a formare acido oleico (esterificato in posizione 2), lo stesso presente nell’olio d’oliva.
Tuttavia, l’EFSA segnala che alle temperature dei forni industriali, o a quelle di raffinazione, se superiori al punto di fumo dell’olio di palma (oltre i 200° C), i trigliceridi sviluppano MCPD ed esteri degli acidi grassi.
Quindi, ad alte concentrazioni questi composti sono nocivi e rappresentano un vero problema per la salute del consumatore.
Consumare con moderazione
Ecco perché è stata fissata una soglia massima di assunzione, entro la quale il consumo di olio di palma è ritenuto sicuro per chi gode di buona salute.
Come per tutti gli alimenti, occorre considerare la sicurezza alle normali dosi di consumo. Se consumato con moderazione, non rappresenta grossi problemi per la salute, in individui sani. Ovvio che non si può dire lo stesso per pazienti che soffrono di ipertensione, ipercolesterolemia o problematiche cardiovascolari di altra natura.
Quindi, la raccomandazione resta quella di non superare il 10% delle calorie giornaliere con la quota lipidica, nei principi della dieta mediterranea.
Un problema può essere l’inconsapevolezza del consumatore, che acquista prodotti sugli scaffali del supermercato senza sapere se contengono o meno olio di palma.
Infine, molti alimenti riportano la dicitura “oil palm free”, ma non per questo si devono ritenere più sicuri. Gli oli che vengono usati in sostituzione a quello di palma sono spesso oli di bassa qualità, altrettanto ricchi di grassi saturi.
Perché viene usato l’olio di palma
L’olio di palma ha molteplici campi di applicazione. Infatti, oltre che dall’industria alimentare è utilizzato in:
- Industria farmaceutica.
- Alimentazione animale (petfood e allevamento).
- Ingrediente di prodotti cosmetici (creme, balsami, shampoo).
- Cura della casa (saponi, detergenti).
- Combustibile (biodisel).
Ma soffermiamoci ad analizzare il settore che vede l’olio di palma come alimento.
Ciò che rende quest’olio il grasso vegetale preferito dalle industrie alimentari è: il basso costo sul mercato, la facile reperibilità, ma soprattutto l’elevato punto di fumo.
Punto di fumo
Ma che cos’è il punto di fumo? Non è altro che la massima temperatura alla quale può essere scaldato un olio senza modificare le sue componenti chimiche o perdere i suoi nutrienti.
L’olio di palma ha un punto di fumo molto elevato (180-220° C), di gran lunga superiore a quello del burro (circa 150° C). Sotto questo aspetto, l’olio di palma è paragonabile all’olio di oliva e di arachidi. Tale caratteristica gli permette di sopportare bene le alte temperature dei forni industriali, senza modificare la sua natura chimica.
È spesso la prima scelta per l’industria dolciaria. Viene usato come ingrediente per realizzare merendine, snack, biscotti, pane morbido ed altri prodotti da forno industriali, ma anche per sostituire parzialmente il burro di cacao nella produzione di cioccolata e creme spalmabili.
Oltre al basso costo di mercato e all’elevato punto di fumo, un altro vantaggio dell’olio di palma è quello di non avere un sapore forte (diversamente dall’olio di oliva). Questo è un bene per l’industria alimentare in quanto potrà usarne in quantità massicce per godere dei benefici tecnologici dei grassi senza coprire il gusto dell’alimento.
Infatti, la miscela di trigliceridi dell’olio di palma dona agli alimenti una consistenza semisolida (come quella delle margarine), stabilità termica, resistenza all’ossidazione e morbidezza.
È per queste caratteristiche che l’olio di palma è ampiamente utilizzato nelle industrie alimentari.
Però, è bene ricordare che molti processi produttivi richiedono temperature di cottura superiori al punto di fumo dell’olio di palma. Cosa succede quando viene superato il punto di fumo?
L’olio inizia a bruciare e le sue componenti si modificano e si decompongono, andando a formare anche sostanze potenzialmente tossiche.
Molti industriali hanno mantenuto l’olio di palma tra gli ingredienti dei propri prodotti commerciali dichiarando di non superare la temperatura del punto di fumo nei processi produttivi. In base a ciò l’alimento contenente olio di palma sarebbe stato sicuro per il consumatore.
Cosa contiene: i valori nutrizionali
L’olio di palma è un alimento grasso, costituito per oltre il 99% da lipidi, quindi anche molto energetico: 990 kcal /100 g (1 g di lipidi apportano circa 9 kcal).
Per il restante 1% contiene molecole antiossidanti e minerali:
- Vitamina E (30-35 mg).
- Fenoli.
- Carotenoidi.
- Minerali come ferro, sodio e potassio.
- Acqua (in tracce).
Fino a questo punto nulla di strano: sembrerebbe un comunissimo alimento grasso e calorico, da consumare con moderazione e da sconsigliare nelle diete dimagranti.
Ma quello che differenzia i grassi “buoni” o insaturi dai grassi “cattivi” detti saturi è il contenuto in termini di acidi grassi. In linea generale, gli alimenti vegetali sono più ricchi di acidi grassi mono o polinsaturi. Invece, i grassi di origine animale, come burro e strutto, sono carichi di acidi grassi saturi.
Le due tipologie di acidi grassi si distinguono per la presenza o meno di doppi legami (insaturazioni) nella catena di carbonio: gli acidi grassi saturi non ne hanno.
Per via di questa caratteristica, gli acidi grassi saturi sono più difficili da metabolizzare e si accumulano più facilmente sulla parete dei vasi sanguigni: rappresentano un rischio per la salute del cuore.
Come è distribuita la quota lipidica nell’olio di palma?
- 45-48% acidi grassi saturi, tra cui acido palmitico e acido stearico.
- 35-40% acidi grassi monoinsaturi (MUFA), tra cui l’acido oleico (il principale acido grasso contenuto nell’olio d’oliva).
- 10-13% acidi grassi polinsaturi (PUFA), tra cui acido linoleico e acido alfa-linoleico.
Considerando la composizione in termini di acidi grassi saturi-insaturi, l’olio di palma è quasi un 50 e 50, cosa che lo accomuna ad altri alimenti grassi comunemente usati in cucina: burro e strutto.
Confronto con gli altri grassi
Oli e grassi | %Saturi | %Monoinsaturi | % Polinsaturi | %Punto di fumo |
Olio di palma | 45-57 | 36-44 | 6,5-12,5 | 180-223 °C |
Olio di palmisto | 77-87 | 12-19,2 | 1-3,7 | 180-223 °C |
Olio EVO | 8-26 | 55-87 | 3,5-21 | 210 °C |
Olio di mais | 9,9-21,9 | 20,2-42,7 | 39,9-64 | 232 °C |
Olio di cocco | 82-100 | 5,4-8,3 | 1-2,3 | 180-194 °C |
Olio di girasole | 9,2-16,4 | 14-39,8 | 48,3-74,2 | 232-209 °C |
Olio di soia | 11,1-20,3 | 17,7-26,7 | 55,3-66,6 | 232-213 °C |
Grassi animali
Burro | 53,2-67,5 | 20-27 | 3,4-5,5 | 149 °C |
Strutto | 43 | 43 | 12 | 191 °C |
Possibili benefici dell’olio di palma
Alcune voci in rete ritengono che possa essere utilizzato come integratore alimentare di composti antiossidanti, per rinforzare il sistema immunitario nei cambi di stagione. Queste notizie sono, in realtà, fuorvianti. Ecco perché.
Abbiamo spiegato che l‘olio ottenuto dalla spremitura della polpa del frutto della palma è un alimento ricco di:
- Fitosteroli.
- Vitamina E.
- Carotenoidi.
- Squalene.
- Coenzima Q10.
- Altri composti antiossidanti.
Tuttavia, occorre specificare che prima di essere messo in commercio, subisce un processo di raffinazione, detto chiarificazione. Ciò determina la perdita di quasi tutte le componenti antiossidanti che erano presenti in origine.
La risposta alla domanda “si può usare come integratore?” è quindi “Si”, ma occorre utilizzare l‘olio di palma grezzo, non raffinato: olio di palma rosso (perché contenente ancora le componenti antiossidanti).
Non bisogna abusarne, ma utilizzarlo comunque nel rispetto dei limiti massimi di consumo (0,8 mg / kg peso) per non far prevalere le controindicazioni sui benefici.
Alimenti che contengono olio di palma
Ciò che viene riportato in bella vista sulle confezioni dei prodotti alimentari sono solitamente qualità positive che incentivano all’acquisto, come: “ricco di omega 3”, “più vitamine”, o “povero di grassi”.
Quindi, è facile trovare prodotti con la dicitura “palm oil free” (senza olio di palma), in evidenza.
Inizialmente, la presenza di olio di palma veniva “nascosta” nella dicitura “oli vegetali”. Invece, dal 2011 è obbligo di legge riportare la presenza di olio di palma in etichetta (RE 1169, 2011).
Sono moltissimi gli alimenti, sia dolci che salati, che contengono olio di palma. Talvolta li acquistiamo senza neppure saperlo. Invece, è importante conoscere la composizione di ciò che portiamo sulle nostre tavole per un scelta alimentare sana e responsabile.
Quando acquisti un prodotto al supermercato ricordati di controllare sempre l’etichetta! Solo così puoi sapere se un alimento contiene o meno olio di palma, o acido palmitico (il principale acido grasso saturo dell’olio di palma).
Ecco un elenco dei principali alimenti che contengono olio di palma a cui dovresti prestare attenzione:
- Merendine, brioche, torte industriali.
- Biscotti, snack, barrette energetiche.
- Pane morbido, pancarré, pan bauletto.
- Fette biscottate, crackers, grissini.
- Creme spalmabili, cioccolata.
- Margarina, panna vegetale.
- Patatine in busta.
- Gelati confezionati.
- Pizze e focacce surgelate.
- Carni lavorate (cotolette, burger, o polpette surgelate).
- Zuppe, brodi, piatti pronti e surgelati.
Olio di palma e nutella
Dall’entrata in vigore del regolamento UE 1169/2011, che imponeva l’obbligo di dichiarare in etichetta l’eventuale presenza di olio di palma nei prodotti alimentari, molte aziende hanno modificato le ricette per paura di un calo nelle vendite. Non è il caso della Nutella® (di casa Ferrero)!
Perché la nutella non toglie l’olio di palma
La casa produttrice ha infatti affermato di continuare ad usare olio di palma per produrre la nota crema spalmabile alla nocciola.
I motivi della sua scelta sono molteplici:
- La Nutella è costituita per il 20% da olio di palma, che conferisce la consistenza e l’aroma amato dal consumatore. Sostituire il quantitativo di grassi necessario ai fini industriali con un altro olio vegetale sarebbe ancora più dannoso per l’ambiente.
- Utilizza olio di palma 100% sostenibile, certificato RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), che garantisce la tracciabilità lungo tutta la filiera.
- Le temperature industriali dei processi produttivi per realizzare la Nutella non superano il punto di fumo dell’olio di palma.
Infatti, sul sito ufficiale viene dichiarato: “Il processo di lavorazione e purificazione viene effettuato a temperature controllate [..] L’olio di palma che utilizziamo in Nutella® è sostenibile, 100% certificato RSPO [..]
Questo elevato livello di certificazione assicura la piena tracciabilità del nostro olio dalle piantagioni fino alle nostre fabbriche.”
La casa Ferrero ha molto a cuore la questione della sostenibilità, tanto da aver creato la Ferrero® Palm Oil Charter, un documento per far sì che i propri fornitori rispettino gli standard della sostenibilità. Tra i requisiti ci sono:
- Tracciabilità.
- Rispetto dei diritti umani.
- Salvaguardia delle specie animali.
- Divieto di deforestazione.
Certificazione RSPO
Il colosso Ferrero è inoltre membro del POIG (Palm Oil Innovation Group), un’iniziativa multi-stakeholder di cui abbiamo precedentemente accennato, che si impegna per la produzione di olio di palma sostenibile basandosi sui principi dell’RSPO.
La certificazione RSPO pretende che siano rispettati i seguenti principi (aggiornamento 2018 dei Principi e Criteri RSPO):
- Adottare un comportamento etico e trasparente.
- Operare in maniera legale e rispettare i diritti.
- Ottimizzare la produttività, l’efficienza, gli impatti positivi e la resilienza.
- Rispettare le comunità e i diritti umani e apportare benefici.
- Sostenere l’inclusione dei piccoli coltivatori.
- Rispettare i diritti e le condizioni dei lavoratori.
- Proteggere, conservare e valorizzare gli ecosistemi e l’ambiente.
Quindi, quello usato da Ferrero per produrre la Nutella sarebbe un olio di palma sicuro per la tua salute e per l’ambiente. Occorre però considerare la frequenza di consumo di questo prodotto commerciale: anche se sicuro e sostenibile, non puoi abusarne.
Infatti, la Nutella è un alimento molto grasso e ricco di zuccheri. Si trova al vertice della piramide alimentare, tra gli alimenti il cui consumo dovrebbe essere limitato.
Nei principi di una dieta sana ed equilibrata come quella mediterranea, la dose di consumo ideale è infatti di uno o due cucchiaini a settimana.
Quali sono i prodotti senza olio di palma
Per quanto riguarda i prodotti alimentari senza olio di palma, sarà interesse del produttore evidenziare tale caratteristica.
Quindi, la dicitura “senza olio di palma” viene spesso inserita sul fronte della confezione, a caratteri ben visibili, che ne rendono più semplice l’identificazione da parte del consumatore.
Tuttavia, ci sono anche molti prodotti industriali che non contengono olio di palma, ma non lo riportano scritto in grassetto sotto alla denominazione di vendita. Tutte le informazioni che cerchi sulla composizione di un alimento sono riportate in etichetta.
Quali sono gli alimenti che non contengono olio di palma? Occorre fare una distinzione del cibo in commercio tra:
Alimenti naturalmente privi di olio di palma
- Frutta.
- Verdura.
- Carne.
- Pesce.
- Formaggi.
- Uova.
- Prodotti freschi e non lavorati.
Prodotti dell’industria alimentare
Biscotti, fette biscottate, snack, merendine, creme spalmabili, crackers, grissini, pane morbido, surgelati, dadi da brodo e piatti pronti che riportano la dicitura “senza olio di palma”, o “palm oil free” sulla confezione.
Ma per scovare tra gli altri alimenti quelli privi di olio di palma occorre consultare l’etichetta.
Lista di prodotti senza olio di palma
Ecco un elenco di alcuni prodotti senza olio di palma disponibili sul mercato alimentare:
- Granfetta del benessere (Buitoni).
- Fette biscottate al farro (Vivibio, Coop).
- Frollini (Balocco).
- Frollini (TreMarie).
- Biscotti miglio e cacao (Probios).
- Vicenzovo savoiardi (Vicenzi).
- Mix di cereali (Gran Cereale).
- Crackers non salati Bio (Esselunga).
- Crackers integrali Fibrextra (Misura).
- Fette fibres (Wasa).
- Fiori d’acqua (Mulino bianco).
- Crema di nocciola (Lindt).
- Muffin con gocce al cioccolato (Pam, Panorama).
- Kinder Brioss alla frutta (Kinder).
L’olio di palma: gli effetti sull’ambiente
Nonostante il parere scientifico lo ritenga sicuro per i consumatori (entro i limiti di utilizzo), l’olio di palma è oggetto di critica da parte degli ambientalisti poiché rappresenta un problema per l’equilibrio degli ecosistemi.
L’incremento della richiesta di mercato ha fatto sì che i Paesi produttori si adoperassero per trovare nuove aree da adibire alla coltivazione delle palme da olio. Ciò ha portato inevitabilmente alla perdita di grandi porzioni di foreste.
La palma da olio ha una grandissima efficienza produttiva. I suoi frutti, da cui si estrae l’olio, crescono in grappoli che possono arrivare a pesare 20-30 kg.
Sono presenti tutto l’anno con una resa media di 14,5-19 tonnellate per ettaro nelle zone tropicali. Questo ha permesso che questo alimento diventasse la principale scelta degli industriali: basso costo di produzione e massima resa.
Il problema della deforestazione è molto sentito in Indonesia, Malesia, Costa d’avorio, Papua Nuova Guinea e Camerun, che sono i principali produttori di olio di palma.
La deforestazione, tuttavia, è soltanto la punta dell’iceberg del problema ambientale. Vediamo quali sono le principali conseguenze delle monocolture di palme da olio.
Emissioni di CO2 e gas serra
Estese aree di foresta vengono abbattute per far posto alle coltivazioni di palma da olio.
Quindi, il risultato è la perdita parziale dei polmoni della Terra. Spesso la deforestazione delle aree palustri e delle torbiere avviene mediante incendi, che causano l’emissione massiva di CO2 e gas serra con gravi conseguenze a livello ambientale e sul clima.
Perdita di biodiversità
La deforestazione distrugge una grande varietà di vegetali e non guarda alle specie animali che vi abitano. Dagli insetti, ai grandi mammiferi, alle piante secolari, la biodiversità delle foreste viene rasa al suolo per far spazio alle monocolture di palma.
Tra le specie più minacciate dall’attività antropica in queste aree ci sono gli oranghi, a rischio di estinzione.
Inquinamento del suolo
E’ comune l’utilizzo di pesticidi e fitofarmaci per bonificare le aree destinate alle piantagioni di palme da olio.
Olio di palma sostenibile
Continuare a produrre olio di palma seguendo l’andamento della crescente richiesta di mercato senza danneggiare né l’ambiente, né l’economia dei Paesi produttori è una bella sfida.
Molti ricercatori si sono attivati con l‘obiettivo di risolvere le problematiche ambientali delle coltivazioni delle palme da olio. È davvero possibile produrre olio di palma in maniera sostenibile?
Prima di rispondere alla domanda facciamo una piccola parentesi su cosa significa sostenibilità. Questa parola, entrata ormai nelle tematiche quotidiane, racchiude in sé molteplici sfaccettature.
Sostenibilità: che cos’è
La sostenibilità non è altro che la capacità di un sistema (economico, sociale o ambientale) di durare il più a lungo possibile nel tempo. Perché ciò sia possibile occorre riuscire a sopperire ai bisogni del presente senza consumare tutte le risorse a disposizione.
Un alimento è considerato sostenibile quando la sua produzione e la sua distribuzione guardano alla salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Il grado di sostenibilità di un prodotto alimentare (sostenibilità alimentare) si misura valutando:
- Impronta di carbonio (Carbon Footprint).
- Consumo di risorse idriche e del suolo (sfruttamento idro-geologico).
- Capacità di dare lavoro alla popolazione locale, nel rispetto dei diritti umani (sostenibilità sociale).
Veniamo al punto. Data l’elevata resa produttiva dell’olio di palma, sopperire alle esigenze di mercato attuale utilizzando altri oli vegetali non sarebbe conveniente per l’ambiente.
Infatti, con un ettaro di terreno coltivato a palme si producono molte più tonnellate di olio rispetto a quanto possa avvenire con piantagioni di colza, girasole, o soia.
Quindi, la scelta migliore rimane quella di rendere più sostenibile la produzione di olio di palma. La strada è ancora lunga ma sono già stati fatti dei piccoli passi in avanti per la tutela della fauna selvatica e della conservazione ambientale.
A tale scopo, in Malesia è stato istituito il MPOWCF (Malaysian Palm Oil Wildlife Conservation Fund), organo di garanzia per la tutela della biodiversità, dell’uso del suolo e della gestione ambientale.
Lo stesso Paese ha aderito ad accordi ambientali (multilateral environmental agreements, MEA) come la Convenzione sulla diversità biologica (Convention on Biological Diversity, CBD) e la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, aumentando le sanzioni contro il bracconaggio.
Ad oggi, sul mercato puoi trovare:
Olio di palma da agricoltura biologica (con marchio BIO)
Rispetta i requisiti del biologico, ma può non essere considerato sostenibile nel suo complesso. L’agricoltura biologica utilizza coltivazioni non OGM, non fa uso di pesticidi, ma solo di concimi naturali.
Olio di palma RSPO
Con la certificazione di “prodotto sostenibile”, nel rispetto delle indicazioni del “Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO)”. L’RSPO è un’iniziativa globale nata nel 2004 per fornire un sistema di certificazione sostenibile all’olio di palma in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Sono membri di RSPO sia i coltivatori e i produttori di olio di palma, che alcune ONG ambientali e sociali.
Olio di palma certificato POIG
Molte associazioni ambientaliste (tra cui Greenpeace) non ritenevano affidabile la certificazione RSPO soprattutto sul tema della deforestazione.
Quindi, nel 2013 è nato il Palm Oil Innovation Group (POIG), un sistema di certificazione finalizzato a migliorare gli standard dell’olio di palma rispetto ai requisiti RSPO.
Il POIG si basa su:
- Trasparenza di informazioni.
- Tracciabilità nella filiera produttiva.
- Protezione delle foreste e delle comunità.
Al POIG aderiscono associazioni ambientaliste e sociali tra cui Greenpeace, WWF, Rainforest Action Network, Orangutan Land Trust, ma anche industrie alimentari come Ferrero e Danone.
Fonti
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- Afriyanti, D., Kroeze, C. e Saad, A. (2016). Indonesia palm oil production without deforestation and peat conversion by 2050. Science of the Total Environment, 557, 562-570.
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