Il dibattito sull’argomento è attuale: comprare insalate in busta o consumare soltanto prodotti freschi? Le ricerche scientifiche dell’ultimo decennio sembrano confermare la tesi dei detrattori dell’insalata in busta. Da un lato c’è uno studio dell’Inran che mette l’accento sul metodo di trattamento dei prodotti in busta, che ne ridurrebbe del 50% le proprietà, e sulla scarsa igiene. Dall’altra uno studio dell’Università di Torino, ripreso poi da un’inchiesta giornalistica, rilevava una carica batterica elevata nei prodotti in busta.
Il quadro che ne esce è dunque il seguente: le insalate in busta sembrerebbero piene di pesticidi, non perfettamente pulite, quindi da rilavare e prive di qualsiasi valore nutritivo. La domanda per il consumatore è lecita: le insalate in busta sono un prodotto sano e sicuro?
Abbiamo chiesto agli esperti del settore di aiutarci a capire.
È nutriente?
A riprendere lo studio dell’INRAN sembrerebbe di no. Come ricorda Luca Piretta, medico nutrizionista, “lo studio rileva che l’insalata in busta presenta fino a un 50% in meno del potere antiossidante per la perdita di vitamina C e polifenoli. Questo è dovuto principalmente al taglio della verdura e alla lavorazione che produce rottura cellulare. La conseguenza sono le perdite enzimatiche che favoriscono l’attivazione dei polifenoli che sono esauriti al momento del consumo.”
Non è d’accordo Domenico Stirparo che controbatte sottolineando come le speciali colture impiegate per molti prodotti di IV gamma riescano a mantenere le proprietà nutritive, anche nonostante la manipolazione subita e per l’intera durata della shelf life. Che fare allora? Meglio consumare il prodotto fresco? “Se non si ha la possibilità di utilizzare verdure fresche”, consiglia Luca Piretta, “è comunque meglio consumare la verdura imbustata che non mangiarla per niente: la fibra, l’acqua, la vitamina A, e molte altre sostanze, si mantengono comunque presenti da un punto di vista nutrizionale.”
L’insalata in busta è igienica?
Luca Piretta ricorda come l’imbustamento non sia garanzia di sterilità del prodotto e quindi “nonostante il sottovuoto, la rottura cellulare con la liberazione di acqua e altri nutrienti, l’umidità e la temperatura, soprattutto se non viene rispettata la catena del freddo, può favorire la proliferazione dei batteri presenti al momento dell’imbustamento. Pertanto, conviene avere l’accorgimento di lavare la verdura dopo aver aperto la busta e prima del consumo.”
Non è dello stesso parere l’avvocato Stirparo che ricorda: “lavare l’insalata di IV gamma significa rinunciare ad una parte del servizio offerto dal prodotto, peraltro con il rischio di peggiorarne le condizioni igieniche, visto che i sistemi di lavaggio industriale offrono da questo punto di vista molte più garanzie rispetto a qualunque lavaggio domestico”.
Sicurezza e qualità?
Le perplessità di noi consumatori riguardano spesso la sicurezza e la qualità di questi prodotti, cosiddetti di IV Gamma. La ricerca condotta dall’Università di Torino (dal prof. Macrì) ha messo in evidenza l’alta carica batterica rilevata nelle insalata in busta e ne ha denunciato la possibile pericolosità.
Ma su questo punto sia il prof. Macrì sia l’avvocato Stirparo sembrano essere d’accordo: un’alta carica batterica non è sinonimo di pericolosità, al contrario, “è normale e indica che il prodotto di IV gamma è vivo e respira”, conferma l’Avvocato Stirparo.
“La cosa importante è tenere tale carica entro i limiti di legge attraverso la catena del freddo, unico ‘conservante’ utilizzato per salvaguardare l’integrità delle insalate in busta. Quelle che fanno male sono le cariche batteriche patogene sopra determinati limiti e di queste non se sono state riscontrate”.
Freschezza in etichetta
E se si parla di freschezza, altro tema al centro del dibattito? “E’ garantita – ci spiega l’Avvocato Stirparo “da un processo di lavorazione che non fa passare più di 24 ore fra la raccolta e la lavorazione della materia prima”.
Ma è anche l’etichetta a fare da certificazione, perché è su di essa che “viene specificata la durata”, chiarisce il prof. Macrì. “In generale, se c’è scritto ‘consumare entro’, va consumato entro quella data. Se invece c’è scritto ‘preferibilmente entro’, vuol dire che anche se passa un giorno dalla scadenza, il prodotto è ancora buono”.
Consumi in crescita nonostante i costi elevati
Il consumo di insalate in busta è in costante aumento, come confermano i dati della Coldiretti relativi al primo semestre del 2015. Rispetto all’anno precedente, le vendite delle insalate in busta sono salite del 3,2% Il motivo ce lo spiega Agostino Macrì. “Comprando l’insalata in busta non si compra solo l’alimento, ma tutto quanto il tempo che si spende per prepararla se fosse fresca, anche se non esiste una reale riflessione sul costo, che può arrivare anche a 10-12 euro, contro i 2 euro al chilo dell’insalata comprata dal fruttivendolo”.
Un costo effettivamente più alto. Ma, come ricorda Domenico Stirparo, questo è determinato dall’offerta di “un servizio che prevede il lavaggio e la conservazione con la catena del freddo, un sistema piuttosto costoso, ma anche di un metodo di coltivazione accurato basato su disciplinari di produzione integrata”.
Esperti intervenuti:
°Agostino Macrì | esperto di sicurezza alimentare e rappresentante dell’Unione Nazionale Consumatori
°Domenico Stirparo | avvocato responsabile del gruppo IV gamma di AIIPA, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari
°Luca Piretta | medico nutrizionista della SISA (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione)