Sommario
Quasi tutta la pasta, il pane, i dolci e i prodotti da forno che arrivano sulla tua tavola sono fatti con farina di grano tenera bianca 0 o 00, ottenuta dalla lavorazione di grano prodotto su larga scala. Fortunatamente oggi qualche agricoltore lungimirante sta riportando sulle nostre tavole i grani antichi, delle varietà del passato che sono rimaste autentiche e assolutamente originali.
Questi cereali antichi non sono stati rimaneggiati geneticamente – come può accadere con quelli utilizzati dall’industria alimentare, che vengono modificati per migliorare la resa e aumentare la produzione – e non vengono lavorati a livello intensivo, dando vita a un prodotto magari un po’ più costoso, ma sicuramente con delle caratteristiche organolettiche di elevata qualità.
Quali sono i grani antichi italiani?
Tra i più noti c’è il senatore cappelli, accompagnato dal saragolla, il gentilrosso, il timilìa, il solina, il grano monococco, la verna, il rieti e molti altri. Senza dimenticarci del farro che è uno dei cereali più antichi coltivati dall’uomo, usato fin dai tempi dell’antica Roma.
Le proprietà dei grani antichi
Questi cereali antichi, siano di grano duro o tenero, nella loro diversità condividono comunque alcuni aspetti molto importanti quali:
- l’effetto del glutine è meno forte rispetto ai grani moderni. Attenzione però, non per questo possono essere assunti da chi soffre di celiachia;
- non sono stati rimaneggiati dall’uomo;
- hanno sapori unici e pregiati;
- aiutano i piccoli produttori;
- sostengono la filiera corta;
- garantiscono la biodiversità.
E poi non bisogna dimenticare che questi grani sono sempre espressione del territorio che li produce, raccontano la storia e la cultura dei luoghi da cui provengono e per questo motivo hanno anche un valore culturale molto importante.
Solina, saragolla e farro delle Terre Pescaresi
Sono diverse le regioni italiane che producono i grani antichi: oggi puntiamo i riflettori sull’Abruzzo e su un’area particolarmente votata alla coltivazione di questi cereali dal sapore pregiato, quella delle Terre Pescaresi dove, all’interno del Parco nazionale della Maiella, si trova la culla di cereali antichissimi, capostipiti dei moderni grani duri e teneri.
Vecchi ecotipi locali di grani teneri – come solina, frasinese, casorella, gentilrosso – e poi farro (coltivato anche nell’area del Gran Sasso), miglio, orzo, saragolla: tutte coltivazioni biologiche che sono rinate grazie agli agricoltori della Maiella, che hanno deciso di recuperare gli antichi semi e ripristinare le piante autoctone di grano.
Un lavoro di tutela del territorio, di scelta di protezione dell’ambiente e anche di volontà di portare sulle tavole degli italiani prodotti di qualità: così nasce la Comunità di prodotto Antichi Cereali autoctoni della Majella, che riunisce gli agricoltori custodi della biodiversità del Parco della Maiella e il Gruppo di Azione Locale Terre Pescaresi.
La comunità di prodotto Antichi Cereali autoctoni della Maiella
Responsabile di questa comunità è Beatrice Tortora, che approda in questo ruolo dopo un lungo percorso di educazione ambientale sulla sua terra, che l’ha fatta appassionare a tal punto da farle scegliere di diventare imprenditrice agricola e di fondare l’Azienda Agricola “Sapori di Bea”.
Un’azienda che nasce con l’obiettivo specifico di rispettare e aiutare il territorio in cui è situata, ma anche di farlo conoscere attraverso la produzione di cereali antichi come il farro.
È con lei che abbiamo parlato per farci raccontare la storia e il valore di cereali antichi come farro, solina e saragolla: guarda il video e scopri anche tu la storia dei grani della Maiella.
Il solina
Il grano solina è la mamma di tutti i grani, uno dei più antichi della Maiella, unico luogo dove esiste: infatti solo nelle Terre Pescaresi ha trovato quelle caratteristiche ambientali che gli permettono di esistere.
È grazie all’impegno della Comunità di prodotto Antichi Cereali della Maiella e degli agricoltori di zona, che questo grano antico può oggi arrivare sulla tua tavola, perché il grano solina è un grano povero che rende pochissimo, 10 quintali a ettaro contro i soliti 30/40. Una scelta coraggiosa, indirizzata verso la qualità più che verso la quantità, totalmente votata al “mangiar bene”.
Per provare i profumi e i sapori di questo grano antico, l’ideale è visitare la Maiella e provare le delizie che si producono in zona in uno dei tanti ristoranti o agriturismi che offrono prodotti locali, come gli orapi – spinaci selvatici della Majella – o i pomodori “pera d’Abruzzo”.
Oppure puoi sperimentarti da solo con una ricetta della tradizione locale, la pasta allo sparone.
La pasta allo sparone
Per la pasta:
- 300 gr. di farina di solina
- 3 uova intere
- un cucchiaio di olio evo
Per il ripieno:
- 400 gr. di ricotta vaccina
- 200 gr. di orapi (spinaci selvatici della Majella, se non li trovi puoi utilizzare degli spinaci classici), già sbollentati e strizzati
- un uovo intero
- uno spicchio di aglio
- sale, pepe, noce moscata q.b.
Per la salsa al pomodoro:
- 1 Kg. pomodori “pera D’Abruzzo”
- cipolla, carota sedano
- mazzetto fiorito di basilico e origano
- olio evo, sale
- 200 gr. di pecorino grattugiato per gratinare
Preparazione:
Impasta la farina con le uova e l’olio sino ad ottenere un composto liscio e omogeneo, forma un panetto, coprilo con uno strofinaccio e lascialo riposare a temperatura ambiente.
Nel frattempo setaccia la ricotta, ripassa gli orapi già sbollentati con olio e aglio, lasciali raffreddare e sminuzzali. Unisci in un unico composto la ricotta, gli orapi, l’uovo, poi sala, pepa e aggiungi poca noce moscata.
Fai la salsa al pomodoro soffriggendo gli ortaggi e i pomodori precedentemente passati con l’apposito attrezzo. Aggiusta di sale e a metà cottura aggiungi il mazzetto fiorito.
Stendi sottilmente la pasta in un unica sfoglia che ritaglierai in forma rettangolare. Adagia la sfoglia su uno strofinaccio di lino o cotone di dimensioni superiori alla sfoglia. Versa e livella il composto di ricotta sulla sfoglia.
Arrotola la sfoglia su se stessa sino ad ottenere un rotolo compatto. Avvolgi il rotolo con lo strofinaccio strettamente e legalo con dello spago alle estremità, come una caramella. Cuoci il rotolo in acqua bollente per 20 minuti. Toglilo dall’acqua e lascialo raffreddare. Liberalo poi dallo strofinaccio e taglia delle fette di circa 3 cm.
Rivesti una teglia da forno con poca salsa di pomodoro, adagia le fette, ricoprile con la restante salsa al pomodoro, cospargi tutto con il pecorino ed inforna a 180 gradi fino a gratinatura.
La ricetta e la foto ci sono state fornite dallo Chef Pasquale Giardini del Ristorante MACCHIE DI COCO di Roccamorice (PE).
La saragolla
La saragolla è un grano duro – quindi utilizzato per la pasta – e come il solina è naturalmente biologico, perché per la sua coltivazione non si usano né pesticidi né diserbanti, proprio come si faceva una volta.
È una varietà importante, che permette di portare sul mercato prodotti di qualità, fatti direttamente con i semi di questi luoghi speciali, come la pasta alla chitarra di cui ti offriamo la ricetta originale, preparata secondo la tradizione e con gli strumenti usati da sempre dalle donne della Majella!
Maccheroni alla chitarra
Ingredienti per 10 persone:
- 1,5kg circa di farina di saragolla
- 10 uova
- sale q.b.
Preparazione:
Versa la farina a fontana sulla “spianatora“, se possibile di legno; rompi nel centro le uova e unisci un pizzico di sale.
Inizia la lavorazione con la punta delle dita, portando progressivamente la farina verso il centro; quando la “massa” avrà raggiunto una certa consistenza, continua ad impastare con ambedue le mani fino ad ottenere un impasto duro, ma non eccessivamente, aggiungendo o togliendo, se necessario, un po’ di farina. La pasta va lavorata il più a lungo possibile.
A lavorazione ultimata, versa qualche goccia di olio sul palmo delle mani e dai un’ultima… carezza, un po’ energica, all’impasto; mettilo a riposare per un paio d’ore e anche di più, in una “vazia” leggermente infarinata e coperta da un piatto, in un luogo fresco e riparato dall’aria.
Al momento opportuno, la “panetta” o per meglio dire le panette, tondeggianti e riposate, si lasceranno docilmente stendere con il matterello in sottili sfoglie da tagliare a rettangoli larghi secondo la larghezza della chitarra. Posa i rettangoli, uno alla volta, sulla chitarra ed appoggiaci sopra il matterello che, in seguito a un movimento più di pressione che di distensione, ridurrà la pasta, tagliata dai fili d’acciaio dell’arnese, in biondi fili che cadranno sul piano.
Lascia asciugare un poco i maccheroni, poi gettali in acqua salata abbondantissima e in forte ebollizione. Dopo qualche bollore, aggiungi un poco di acqua fredda per fermare la cottura, scola la pasta e condirla con sugo a piacere.
Il farro
Il farro è il cereale della nostra storia, un grano che ha sfamato il popolo italiano ed era stato scelto anche dall’esercito romano per le sue proprietà salutistiche, in quanto è fortemente energizzante, ma poco calorico.
Per questo motivo è ideale per chi segue una dieta; fornisce tante proteine e vitamine, senza appesantire l’organismo.
“Il farro ha una quantità di proteine superiore (15% vs 11% del frumento) e una quantità di glucidi inferiore – ci ha detto il nostro nutrizionista Luca Piretta – “la fibra del farro è 3 volte maggiore rispetto al frumento raffinato, mentre è inferiore al frumento integrale.”
Scegli questo farro antico e offri preziosi benefici al tuo organismo, aiutando anche i coltivatori che lo producono: se poi vuoi anche promuovere la filiera corta, vai ad acquistare il grano direttamente nelle aziende agricole presenti nell’area della Maiella o nell’Oasi del Gran Sasso, nella riserva naturale del Lago di Penne.
La zuppa vegetariana di farro con erbe spontanee e fiori eduli
Ingredienti per 4 persone:
- 100gr. di battuto per soffritto (carote, cipolle, sedano, prezzemolo)
- 150 gr. di farro
- 100 gr. di fagioli (già lessati)
- 100 gr. di ceci (già lessati)
- 200 gr. di erbe spontanee (tarassaco, crispino, bietoline selvatiche, borragine)
- 30gr. di fiori eduli (pratoline, calendule, viole del pensiero)
- 1 lt. di brodo vegetale
- Olio EVO qb.
Preparazione:
Imbiondisci il battuto nell’olio e successivamente aggiungi il farro, i fagioli e i ceci portando ad ebollizione, cuocendo e aggiustando con il brodo vegetale per circa 15 min.
Versa le erbe spontanee crude e lasciale bollire per circa 10 min. Servi la zuppa cosparsa di fiori eduli.
La ricetta è una proposta di Rosella Di Nisio – Az. Agrituristica “LE NOSTRE RADICI” di Nocciano
Insomma, le Terre Pescaresi sono un luogo di natura, di cuore e di gusto, un territorio che unisce cultura ed enogastronomia grazie a una serie di eccellenze, come i grani antichi di cui abbiamo provato a raccontarti la storia.
Inoltre, quest’area dell’Abruzzo vanta alcuni tra i borghi più belli d’Italia, vitigni di rilevanza internazionale e una produzione olearia che conquista premi e riconoscimenti.
Non ti rimane che provare una vacanza che unisce esperienze nella natura, storia, arte, cultura e tanto gusto!