Sommario
Sempre più persone scelgono un’alimentazione biologica. In Italia, ma anche in tutta Europa, come ha messo in evidenza il rapporto della Commissione Europea sull’agricoltura biologica. I dati parlano di un + 10% di vendite al dettaglio nel 2018 a livello comunitario, con un fatturato di 34,3 miliardi e un trend costante di crescita negli ultimi 10 anni. In Italia, nell’ultimo anno, il fatturato ha superato i 5 miliardi di euro. Insomma, cresce sempre di più la domanda di cibo biologico, di cui i consumatori sembrano apprezzare l’impegno per un’agricoltura e un allevamento sostenibili, rispettosi degli animali e dell’ambiente e più naturali perché privi di sostanze di sintesi chimica. Scopriamo di più sull’alimentazione biologica, sui suoi vantaggi e su come e dove acquistare cibo biologico.
Biologico: cosa vuol dire
Il termine “agricoltura biologica” indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica come concimi, diserbanti o insetticidi. Negli allevamenti biologici è limitato l’uso degli antibiotici, che deve essere riservato solo ai casi di reale necessità, sempre nell’ottica del benessere del singolo animale. Ma l’agricoltura biologica è molto di più: è un metodo di produzione che evita anche lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece queste risorse all’interno di un modello di sviluppo rispettoso dell’ambiente.
Un sistema produttivo soggetto a una precisa disciplina, per garantire al consumatore la qualità dei prodottiche porta in tavola e salvaguardare l’equilibrio dell’ecosistema.
La legislazione europea sul cibo biologico
A livello europeo, l’agricoltura biologica è attualmente disciplinata dal Reg. CE 834/07 (e dal successivo regolamento d’esecuzione CE n. 889/2008) e dal Reg. CE 889/08, poi modificato dal Reg. UE 217/2010, che rappresentano le norme principali di riferimento per tutti gli addetti del settore.
L’Euro-Leaf, la foglia stilizzata fatta di stelle su sfondo verde, è il logo che garantisce che il termine “biologico” abbia lo stesso significato in tutta l’Unione europea. Una tutela per i consumatori, perché dà la sicurezza che le aziende agricole seguano i principi di qualità e sostenibilità indicati dal regolamento comunitario, indipendentemente dallo stato di appartenenza. Possono fregiarsi del marchio solo i prodotti con il 95% degli ingredienti ottenuti da agricoltura biologica. Sotto il logo con la fogliolina, il consumatore può leggere se il prodotto è fatto in Italia (agricoltura IT), in Europa (agricoltura UE) o in paese terzo (agricoltura NON UE).
Ogni prodotto biologico deve riportare in etichetta, oltre al logo verde, anche le diciture che testimoniano l’avvenuto controllo da parte degli enti preposti. In Italia, le verifiche sono effettuate da 14 organismi selezionati dal Ministero delle Politiche Agricole e autorizzati a rilasciare la certificazione, che copre tutti i livelli della filiera produttiva.
Il nuovo regolamento europeo sul biologico
A partire dal 1 gennaio 2021, entrerà in vigore un nuovo Regolamento europeo sul biologico, approvato il 30 maggio 2018 dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Il nuovo regolamento UE 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, abrogherà il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio. La crescente richiesta di prodotti biologici e il conseguente aumento di aziende che producono biologico ha infatti reso necessario un aggiornamento della normativa vigente.
Tra le novità previste dal Regolamento, c’è l’introduzione della certificazione di gruppo, al momento riservata solo ai produttori dei paesi in via di sviluppo. Un cambiamento che punta a rendere più accessibile e meno onerosa la certificazione biologica per le aziende di dimensioni ridotte.
Altra novità in arrivo, la possibilità di controlli biennali invece che annuali per le aziende che hanno rispettato tutti gli standard di produzione nel triennio precedente, e che quindi hanno un basso rischio di non conformità. Questa norma potrebbe tradursi in una riduzione dei costi legati alla certificazione.
Tra gli altri cambiamenti all’orizzonte, in materia di importazioni, la sostituzione del regime di equivalenza con quello di conformità. L’attuale regime prevede che possano essere importati in Europa prodotti ottenuti nel rispetto di disciplinari di produzione simili, ma non necessariamente uguali, a quello dell’Unione Europea: si tratta cioè di prodotti per i quali potrebbero essere stati utilizzati materiali o tecniche non consentiti in Europa.
L’entrata in vigore del regime di conformità si pone l’obiettivo di omologare a quelli europei gli standard di produzione dei prodotti di importazione. La finalità è quella di garantire condizioni di parità a tutti i produttori e assicurare ai consumatori gli stessi standard qualitativi, sia per prodotti EU che per prodotti in arrivo da paesi extra UE.
L’agricoltura biologica: caratteristiche e obiettivi
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione che ha l’obiettivo di offrire ai consumatori prodotti genuini e privi di sostanze potenzialmente nocive, ma anche di ridurre il più possibile il proprio impatto sull’ambiente: punta, infatti, a preservare le risorse naturali, riducendone lo sfruttamento, utilizzando materiale organico per salvaguardare e incrementare la fertilità naturale del terreno e rifiutando la produzione intensiva.
Più in dettaglio, gli agricoltori che scelgono di produrre in modo biologico devono coltivare la terra rispettando ambiente ed ecosistema. Questo significa utilizzare in maniera efficace e salvaguardare le risorse del luogo. Per esempio fertilizzando i terreni con letame o concimi organici, scegliendo piante adatte alle condizioni del luogo – quindi naturalmente più resistenti alle malattie – e praticando la rotazione delle colture, in modo da non permettere lo sviluppo di parassiti specializzati. Per la difesa delle coltivazioni, in caso di necessità, gli agricoltori biologici possono sfruttare i vantaggi della “consociazione”, ovvero della coltivazione contemporanea di piante diverse, l’una sgradita ai parassiti dell’altra, e fare ricorso solo a sostanze naturali di origine vegetale o minerale, tutte espressamente autorizzate ed elencate nel regolamento europeo.
I principi dell’agricoltura biologica
Tra i punti fermi della coltivazione biologica, ci sono:
- la tutela della biodiversità, intesa come presenza e sviluppo di specie e varietà differenti di piante e animali sul territorio. Ogni fase del processo di produzione dei cibi biologici punta quindi a mantenere e, per quanto possibile, incrementare la diversità delle piante e degli animali. L’uso dei concimi organici, per esempio, aumenta la concentrazione di microorganismi nel suolo, mentre la scelta di coltivare varietà locali di piante o razze autoctone mantiene e tutela le peculiarità delle differenti aree territoriali;
- il rispetto della stagionalità.Le aziende biologiche lavorano nel rispetto della stagionalità. Le tecniche utilizzate in agricoltura biologica difficilmente consentono ai prodotti di crescere e maturare fuori stagione. Non vengono usati, per esempio, concimi chimici che rendono le piante più forti e resistenti;
- la salvaguardia delle risorse naturali. L’agricoltura biologica non sfrutta le risorse naturali in modo indiscriminato, anzi favorisce quelle rinnovabili, il riciclo e la riduzione degli sprechi.
Gli allevamenti biologici
Allevare animali secondo i principi del biologico significa proteggere il loro benessere. Questo, nello specifico, vuol dire consentire agli animali di esprimere il loro comportamento naturale e limitare ogni forma di allevamento intensivo. Ma anche prevedere che gli animali possano godere di spazi minimi e assicurare loro libertà di movimento all’interno della stalla e accesso libero all’esterno. L’alimentazione deve essere equilibrata e le cure veterinarie basate sull’omeopatia e la fitoterapia.
I cardini dell’allevamento biologico
Tra le regole comunitarie più importanti per questa tipologia di allevamenti ci sono:
- l’adozione di sistemi di allevamento che rispettino i bisogni etologici e fisiologici degli animali e che permettano loro di esprimere il loro comportamento naturale;
- l’impegno a nutrire gli animali secondo i loro fabbisogni naturali e con prodotti da agricoltura biologica, prevalentemente coltivati nella stessa azienda. Solo nel caso in cui non sia possibile completare la razione per documentata indisponibilità di prodotto biologico, è ammesso il ricorso ad alimenti convenzionali, purché non OGM, secondo limiti massimi fissati dall’UE. Non possono essere utilizzati promotori di crescita, conservanti, coloranti, urea, sottoprodotti animali, alimenti trattati chimicamente o addizionati con altri agenti chimici, prodotti OGM, vitamine sintetiche;
- il rispetto dell’equilibrio tra superficie disponibile e numero degli animali allevati. Gli spazi minimi che devono essere garantiti all’interno delle stalle, nei parchetti esterni o nei paddock, sono stabiliti in metri 2 per capo e definiti nel Regolamento per ogni specie;
- l’impegno a non stimolare i ritmi di crescita degli animali e ad allevare razze preferibilmente autoctone, quindi ben adattate alle condizioni del luogo e più resistenti alle malattie. Non è consentito l’uso di tecniche di manipolazione genetica finalizzato alla riproduzione e selezione delle razze;
- cure veterinarie: in caso di malattia è possibile intervenire con trattamenti con prodotti fitoterapici, omeopatici, a base di oligoelementi, come previsto dal Regolamento. Se questi prodotti non risultassero efficaci, e la cura fosse essenziale per evitare sofferenze all’animale, è possibile utilizzare i medicinali veterinari allopatici di sintesi chimica, compresi gli antibiotici, ma sempre secondo le modalità stabilite dal Regolamento. Non sono ammessi i trattamenti di massa e a scopo preventivo;
- il rispetto degli animali nelle operazioni di trasporto bestiame, che non devono affaticarli troppo, né stressarli per le attività di carico e scarico.
I prodotti lavorati
Le carni biologiche lavorate e trasformate devono seguire pratiche altrettanto disciplinate. Sono previsti limiti molto severi sull’uso di additivi e coadiuvanti tecnologici, rigorosa limitazione dell’uso di fattori di produzione ottenuti per sintesi chimica e divieto di uso di OGM.
Gli stessi principi valgono anche per la produzione di alimenti biologici derivanti da animali, per esempio uova, latte o latticini. Nel caso delle uova, per esempio, le galline devono avere spazio per razzolare ed essere nutrite con mangimi biologici e non OGM. Lo stesso vale per le mucche destinate alla produzione di latte biologico.
Cibo biologico: è più nutriente di quello non biologico?
Mangiare prodotti bio invece che provenienti da agricolture tradizionali, significa mangiare più sano? Lo abbiamo chiesto a Luca Piretta, nutrizionista di Melarossa. “Non è necessario – ha spiegato – mangiare bio per mangiare in salute. Si può mangiare in modo salutare anche con i prodotti tradizionali ricavando da essi ugualmente tutti i nutrienti (vitamine, sali minerali e polifenoli). L’alimentazione biologica offre qualche garanzia in più in termini di assenza di prodotti chimici aggiunti, ma i principi nutritivi sono similari”.
In sostanza, non esistono studi che dimostrino che sotto il profilo della composizione nutrizionale ci siano differenze tra ortofrutta o altri prodotti, come le carni o le uova, biologici e non biologici. Le carni biologiche presentano un profilo organolettico più ricco grazie alla maggiore presenza di molecole aromatiche contenute nei vegetali che costituiscono l’alimentazione degli animali che si nutrono pascolando. Hanno inoltre una colorazione più intensa delle carni biologiche, ma nutrizionalmente parlando hanno caratteristiche fondamentalmente simili a quelle non bio.
Prodotti biologici: perché costano di più?
I prodotti biologici hanno, generalmente, prezzi più alti di quelli dei prodotti tradizionali. Secondo un’indagine svolta nel 2018 dall’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori, i prodotti bio costano, in media, il 47% in più rispetto a quelli convenzionali. La ricerca ha preso in esame vari alimenti di largo consumo commercializzati nei punti vendita della grande distribuzione.
La differenza di prezzo risulta particolarmente ampia per polpa di pomodoro (116%), farina (96%) e spaghetti (87%).
Prezzi più alti, quindi, che sono però motivabili con il fatto che l’agricoltura biologica richiede più cura, più manodopera e, di conseguenza, ha costi di produzione maggiori. I fertilizzanti naturali, per esempio, hanno in genere un costo più elevato rispetto a quelli di sintesi. In più, l’agricoltura bio è un’agricoltura non intensiva, quindi il raccolto, anche se di qualità migliore, è spesso in quantità inferiore. A questo bisogna aggiungere i costi di distribuzione e quelli di trasformazione, perché i metodi produttivi utilizzati dalle aziende biologiche comportano costi più alti.
La crescente diffusione dei prodotti bio nei punti vendita della grande distribuzione potrà contribuire ad offrire prezzi sempre più vantaggiosi per il consumatore. Allo stesso modo, scegliere di comprare prodotti biologici direttamente dal produttore può essere un aiuto per contenere i costi della spesa.
Bio e non bio: cosa scegliere?
Il vantaggio dell’alimentazione biologica per la salute del consumatore si può individuare, come sottolinea Piretta, soprattutto nell’opportunità di portare in tavola un cibo naturale, ottenuto senza l’uso di pesticidi o additivi chimici in tutte le fasi del ciclo produttivo e nella conservazione. Mangiando bio, si limita quindi la possibilità che il nostro organismo entri in contatto con queste sostanze nocive.
In generale, comunque, i prodotti alimentari italiani, anche non bio, sono i più controllati d’Europa per quanto riguarda l’uso di sostanze chimiche. Gli additivi e gli eventuali residui chimici non superano, se non molto raramente, i limiti di legge (sulla base dei dati riscontrati dai controlli) quindi, non superando la dose giornaliera ammissibile per ogni singola sostanza, lo stato di salute è tutelato anche se si consumano prodotti non bio. Come ricorda Coldiretti, l’agricoltura italiana è tra le più green d’Europa, con il divieto di utilizzo degli OGM e il maggior numero di aziende biologiche. Inoltre, è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale, con con il maggior numero di prodotti agroalimentari in regola per residui chimici irregolari (99,4%) (fonte: “Rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano 2018”, Ismea)
Cibi biologici: dove comprarli?
Secondo il “Focus Bio Bank – Supermercati e Specializzati 2018”, è in crescita la vendita di prodotti bio nei supermercati. Dal 2016, le vendite sono aumentate del 36% rispetto ai negozi (+3%). I supermercati, che nel 2007 avevano fatturato 400 milioni di euro dal bio, sono arrivati a 1.200 milioni di euro nel 2016. I negozi, invece, che oggi coprono il 29% delle vendite di settore, da 550 milioni di vendite nel 2007 sono arrivati a 900 milioni nel 2016, con un trend in calo dal 2014. Sono sempre più numerose anche le catene della GDO con un proprio marchio bio: 22, contro le 9 del 2001.
Ci sono poi i negozi e i supermercati specializzati in prodotti bio, a cui si aggiungono quelli del commercio equo e solidale. Senza contare lo shopping on line: sempre più piattaforme danno la possibilità di comprare on line prodotti biologici e farseli recapitare direttamente a casa.
Accanto a questa variegata rete di vendita, uno dei canali privilegiati se scegli di seguire un’alimentazione biologica è poi rappresentato dagli acquisti diretti dai produttori nelle fattorie, negli agriturismi e nei mercati contadini. Dai dati Coldiretti del 2018, sono 2879 le aziende agricole che vendono direttamente prodotti biologici con un aumento del 187% negli ultimi 15 anni, mentre i mercati bio sono 238, in aumento del 222% nello stesso periodo.
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