Sommario
I carboidrati, tanto amati quanto temuti, sono il principale substrato energetico del nostro organismo. Agiscono in senso positivo sulla salute del nostro intestino, ci aiutano a migliorare le nostre performance sportive e a non consumare massa muscolare.
Non è un caso che i carboidrati (nello specifico quelli complessi), insieme alle verdure, sono alla base della piramide alimentare della Dieta Mediterranea, modello alimentare la cui validità è riconosciuta a livello mondiale, tanto da essere dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco.
Diete che prevedono un giusto apporto in carboidrati e fibra sono in grado di diminuire il rischio di malattie e disturbi di tipo cronico-degenerativo quali l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari e i tumori al colon.
La dieta Melarossa ad esempio, elaborata con la consulenza scientifica della SISA, prevede di inserire nella tua alimentazione quotidiana tutti i gruppi di alimenti, anche i carboidrati. L’importante è portarli in tavola nella misura corretta e scegliendo quelli giusti.
Che cosa sono i carboidrati?
I carboidrati sono molecole che contengono atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Sono le molecole più abbondanti sulla terra e, insieme ai lipidi, rappresentano la più grande fonte di energia necessaria per le attività cellulari.
Dal punto di vista chimico, i carboidrati possono essere definiti come “idrati di carbonio” con formula empirica Cn(H2O)n con n>4. Ad esempio, lo zucchero da tavola ha formula C12H22O11, equivalente a C12(H20)11.
I carboidrati più semplici sono piccole molecole con formula Cx(H20)y e sono chiamati monosaccaridi.
Gli oligosaccaridi sono, invece, molecole più grandi che contengono da due a dieci unità di monosaccaridi uniti tra loro. A seconda del numero di singole unità il nome avrà un diverso prefisso. Ad esempio, i disaccaridi sono gli oligosaccaridi composti da due unità monosaccaridiche.
Monosaccaridi e oligosaccaridi sono quelli che più comunemente chiamiamo zuccheri.
Ci sono poi i polisaccaridi che contengono più di dieci unità di monosaccaridi. L’amido e la cellulosa ne sono un esempio.
Nel linguaggio comune si usa molto più spesso la suddivisione dei carboidrati in semplici e complessi, a seconda del loro grado di polimerizzazione.
Carboidrati complessi e semplici
I carboidrati semplici sono gli zuccheri e comprendono i monosaccaridi e le oligosaccaridi. I carboidrati complessi sono, invece, i polisaccaridi.
Carboidrati semplici e complessi vengono poi suddivisi ulteriormente in disponibili e non disponibili, a seconda che siano utilizzabili direttamente a scopo energetico dal metabolismo cellulare o che non siano direttamente utilizzabili perché non digeribili, non assorbibili o non metabolizzabili.
Ricorda: un carboidrato non disponibile può essere non utilizzabile dalle nostre cellule a scopo energetico, ma può essere usato dai batteri intestinali per migliorare la flora batterica intestinale. La fibra è, infatti, un carboidrato non disponibile che è però fondamentale per la salute del nostro intestino.
Per i grassi e le proteine ci sono alcune sostanze definite “essenziali”, cioè da introdurre con l’alimentazione, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarle. In particolare due acidi grassi e otto aminoacidi essenziali. Per i carboidrati, invece, non esiste una vera e propria “essenzialità”, quanto piuttosto una “necessarietà”.
In altre parole, sono implicati: nella gestione del metabolismo, evitando l’accumulo di corpi chetonici, nel regolare il catabolismo delle proteine (cioè la scissione in elementi più semplici per il rilascio di energia) e nel coordinare i processi chimici cellulari.
La classificazione dei carboidrati
Dal punto di vista fisiologico, vengono suddivisi in carboidrati semplici e complessi, a loro volta suddivisi in disponibili e non disponibili.
Vediamo di cosa si tratta.
Carboidrati semplici
Comunemente detti “zuccheri”, sono i monosaccaridi e gli oligosaccaridi.
Tra i carboidrati semplici disponibili e cioè utilizzabili direttamente dalle nostre cellule a scopo energetico, troviamo:
- Monosaccaridi: glucosio, fruttosio, galattosio (i “mattoncini” che costituiscono tutti gli altri carboidrati disponibili).
- Disaccaridi: saccarosio (il comune zucchero da tavola, formato da fruttosio e glucosio), lattosio (lo zucchero naturalmente presente nel latte, formato da galattosio e glucosio) e il maltosio (zucchero presente nei semi/cereali in germinazione, formato da due molecole di glucosio).
- Oligosaccaridi: maltodestrine (oligosaccaride formato da unità di glucosio).
Tra i carboidrati semplici non disponibili troviamo, invece, lattulosio (disaccaride), sorbitolo, xilitolo, maltitolo (tutti e tre definiti polialcoli), raffinosio, stachiosio, verbascosio e i FOS.
Polisaccaridi
I carboidrati complessi, o polisaccaridi, sono anch’essi distinguibili in disponibili e non disponibili. Tra questi, troviamo l’amido e il glicogeno, entrambi formati da unità di glucosio.
Tra i carboidrati complessi non disponibili ci sono, invece, quelle che comunemente chiamiamo fibre alimentari, tra cui cellulosa, emicellulose, pectine, galattomannani, glucomannani, inulina e amido resistente.
Quali sono i carboidrati: tutte le tipologie da conoscere
Nel linguaggio comune e a tavola, i carboidrati sono solitamente classificati in zuccheri, amidi e fibre.
Gli zuccheri sono i carboidrati più semplici e a catena corta e sono quelli che, consumati come tali o aggiunti agli alimenti, hanno il sapore più dolce.
Tra di essi ci sono i monosaccaridi, che sono le unità di base dei carboidrati e sono il glucosio, il galattosio e il fruttosio.
I disaccaridi sono zuccheri composti da due monosaccaridi e sono il saccarosio, il lattosio e il maltosio. Gli oligosaccaridi, invece, sono zuccheri con catene leggermente più lunghe e sono principalmente le maltodestrine.
Saccarosio e lattosio
- Il saccarosio è il comune zucchero da tavola. È un disaccaride, un carboidrato semplice la cui molecola è formata da due monosaccaridi che sono il fruttosio e il glucosio.
- Il lattosio è lo zucchero naturalmente presente nel latte. È un disaccaride e la sua molecola deriva dall’unione di due monosaccaridi che sono il galattosio e il glucosio. Nei prodotti “senza lattosio”, si è attuato un processo di scissione di questo zucchero per cui non troviamo il lattosio intero, ma già “digerito”, cioè scisso in glucosio e galattosio. Per questa ragione, questi alimenti sono leggermente più dolci al gusto.
L’amido è un carboidrato complesso ed è quindi una molecola più lunga e formata da singole unità di glucosio legate tra loro. Più precisamente, l’amido è formato da due catene di glucosio, una lineare (l’amilosio) e una ramificata (l’amilopectina).
Amidi di diversa origine botanica sono composti da amilosio e amilopectina in proporzioni variabili. Nella dieta del soggetto adulto sano, l’amido rappresenta la principale fonte di carboidrati disponibili all’assorbimento e utilizzabili dal metabolismo cellulare.
La fibra è, come l’amido, un carboidrato complesso ma, a differenza di questo e degli altri carboidrati, non è utilizzabile direttamente dalle nostre cellule a scopo energetico. Quindi, non fornisce energia direttamente, ma nutre i batteri amici del nostro intestino e facilita il transito intestinale.
Alimenti che contengono carboidrati: quali sono
I carboidrati si trovano prevalentemente negli alimenti di origine vegetale. Gli zuccheri sono presenti nel miele, nel latte, nella frutta e nel cibo addizionato con essi, in particolare con il saccarosio (zucchero da cucina).
I carboidrati complessi (l’amido) sono presenti soprattutto nel pane, nella pasta, nel riso, nel mais, nelle patate, nei legumi.
I carboidrati complessi non disponibili (la fibra), invece, si trovano nella parte legnosa e fibrosa dei vegetali e quindi prevalentemente nella frutta, nella verdura e negli alimenti integrali.
Scopri il nostro approfondimento sugli alimenti ricchi di carboidrati.
A cosa servono i carboidrati? Proprietà e benefici
La maggior parte dei carboidrati disponibili che consumiamo, vengono digeriti e scomposti in glucosio per poi entrare nel flusso sanguigno.
Il glucosio nel sangue viene assorbito dalle cellule del corpo e utilizzato per produrre una molecola che fornisce alla cellula l’energia necessaria per svolgere qualsiasi tipo di lavoro biologico, chiamata adenosina trifosfato (ATP).
Energia
La principale funzione dei carboidrati è quindi quella di fornire energia, ma il fabbisogno energetico è soddisfatto anche dalle proteine, dai lipidi e dall’alcol. Tuttavia, i carboidrati hanno la particolare caratteristica di fornire energia senza produrre sostanze intermedie dannose dal loro metabolismo. Parliamo dei corpi chetonici nel caso dei grassi, dell’urea per le proteine e l’acetaldeide per l’alcol.
Un altro fattore a favore dell’uso dei carboidrati come fonte energetica è che alcuni tessuti e organi, in particolare il cervello, gli eritrociti e la midollare del rene (la parte centrale del rene) usano il glucosio come fonte principale di energia. La biodisponibilità di glucosio è pertanto essenziale per il buon funzionamento di queste strutture e gravi riduzioni della glicemia comportano conseguenze cliniche anche severe. Un soggetto adulto sano, in condizioni normali, necessita di circa 180 g/die di glucosio per soddisfare i bisogni energetici del sistema nervoso e degli eritrociti.
Il secondo ruolo dei carboidrati, fortemente connesso al primo, è quello di immagazzinare energia. Se il nostro organismo ha sufficiente glucosio per soddisfare i fabbisogni, lo immagazzinerà sotto forma di glicogeno, un polisaccaride immagazzinato nel fegato e nei muscoli.
In particolare, il fegato contiene 100 g di glicogeno le cui singole molecole di glucosio verranno rilasciate nel sangue per fornire energia in tutto il corpo e per mantenere stabile la glicemia.
Glicogeno muscolare
Il glicogeno muscolare, a differenza di quello epatico, può essere usato solo dalle cellule muscolari, in particolare durante esercizi ad alta intensità e di lunga durata. La sua quantità varia da persona a persona e si aggira attorno ai 500 g.
Quando il corpo possiede sufficienti quantità di glucosio e buone riserve di glicogeno, può convertire i carboidrati in eccesso in molecole di trigliceridi e immagazzinarli quindi come grasso.
Proprio grazie alla capacità del nostro organismo di immagazzinare glicogeno muscolare, possiamo dire che la terza funzione dei carboidrati è quella di preservare i nostri muscoli.
In condizioni di carenza di glucosio, infatti, le proteine dei muscoli possono essere scomposte in amminoacidi e convertite in glucosio o in altri composti per generare energia.
Consumare un giusto quantitativo di carboidrati è un modo per prevenire quindi la perdita di massa muscolare.
Fibra alimentare
Un’altra funzione dei carboidrati riguarda in particolare i carboidrati non disponibili e in modo particolare la fibra alimentare.
Questi carboidrati non sono direttamente utilizzabili dalle nostre cellule a scopo energetico in quanto non digeribili, non assorbibili o non metabolizzabili.
Tuttavia svolgono delle funzioni molto importanti:
- Aumento della massa fecale e della velocità del transito intestinale con conseguenti effetti positivi sulla regolarità dell’intestino.
- Effetto prebiotico. I carboidrati non digeribili sono in grado di modificare in senso positivo la microflora intestinale, determinando un aumento del microbiota intestinale di specie acidofile (bifidi, lattici) fondamentali per la salute e il benessere intestinale.
- Riduzione della concentrazione di sostanze potenzialmente tossiche e del loro tempo di permanenza a contatto con la mucosa intestinale con conseguente effetto protettivo nei confronti dei tumori.
- Diminuzione dei livelli di colesterolo circolante con conseguente effetto preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari.
- Riduzione del contenuto di lipidi e di energia totale del pasto con effetto preventivo nei confronti di sovrappeso e obesità.
Larn: carboidrati e fibre alimentari
Componente | SDT Obiettivo nutrizionale per la prevenzione | AI Assunzione adeguata | RI Intervallo di riferimento per l’assunzione di macronutrienti |
Carboidrati totali | Prediligere fonti alimentari amidacee a basso GI in particolare quando gli apporti di carboidrati disponibili si avvicinano al limite superiore dell’RI. Tuttavia, limitare gli alimenti in cui la riduzione del GI è ottenuta aumentando il contenuto in fruttosio o in lipidi. | 45-60% En* | |
Zuccheri ** | Limitare il consumo di zuccheri a <15% En. Un apporto totale >25% En è da considerare potenzialmente legato a eventi avversi sulla salute. Limitare l’uso del fruttosio come dolcificante. Limitare l’uso di alimenti e bevande formulati con fruttosio e sciroppi di mais ad alto contenuto di fruttosio. | nd | nd |
Fibra alimentare | Preferire alimenti naturalmente ricchi in fibra alimentare quali cereali integrali, legumi, frutta e verdura. Negli adulti, consumare almeno 25 g/die di fibra alimentare anche in caso di apporti energetici <2000 kcal/die. | Età evolutiva: 8,4 g/1000 kcal (2 g/MJ) | Adulti: 12,6-16,7 g/1000 kcal (3-4 g/MJ) |
Fabbisogno dei carboidrati
L’uomo, come la maggior parte dei mammiferi, è capace di ricavare glucosio da proteine e grassi e quindi non vi è uno specifico fabbisogno alimentare per i carboidrati una volta garantito un sufficiente apporto di proteine e di trigliceridi.
Da questo punto di vista non si può parlare di essenzialità dei carboidrati, dal momento che possiamo sintetizzarli utilizzando altre fonti. Bisogna però parlare di necessarietà in quanto è bene che una ragionevole percentuale del fabbisogno energetico giornaliero derivi dai carboidrati.
Una dieta troppo ridotta in carboidrati porta infatti all’accumulo di corpi chetonici, ad un eccessivo catabolismo delle proteine e alla perdita di ioni di sodio.
Il fabbisogno giornaliero di carboidrati, facendo riferimento ai LARN, dovrebbe rappresentare il 45-60% dell’apporto calorico giornaliero.
Una riduzione di questo apporto comporta, infatti, un eccesso nel consumo di grassi e/o proteine con possibili effetti negativi sulla salute.
Gli zuccheri, compresi quelli naturalmente presenti in latte, frutta e verdura, e gli zuccheri aggiunti, vanno limitati a non più del 15% dell’apporto calorico giornaliero in quanto un loro eccesso può essere dannoso per il nostro benessere.
Per quanto riguarda la fibra, invece, i fabbisogni sono di 8,4 g/1000 kcal assunte in età evolutiva e di 12,6-16,7 g/1000 kcal assunte in età adulta.
Un adulto sano dovrebbe quindi consumare circa 25 g di fibra al giorno, quantitativo difficilmente raggiungibile con la sola frutta e verdura per cui si consiglia il consumo di almeno una o due porzioni al giorno di alimenti integrali e/o legumi.
Carboidrati: rapporto con glicemia, insulina e diabete
Fino al 1970 la dieta del paziente diabetico era a basso contenuto di carboidrati perché si riteneva fosse utile per il controllo glicemico.
Tuttavia, diminuendo la quantità di carboidrati della dieta, aumenta quella dei grassi e delle proteine, con tutte le controindicazioni che una tale alimentazione presenta per una popolazione ad alto rischio cardiovascolare.
Pertanto, il consumo di carboidrati per il soggetto diabetico non si discosta di molto da quello di un soggetto sano e deve infatti rappresentare il 50-55% dell’introito calorico giornaliero.
Ciò che è fondamentale per il soggetto diabetico è la qualità dei carboidrati assunti le cui fonti alimentari dovranno essere preferibilmente cereali integrali, frutta, verdure e legumi, cioè cibi a basso indice glicemico.
L’indice glicemico rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un dato alimento.
L’indice glicemico degli alimenti si suddivide in:
- Basso: inferiore o uguale a 50.
- Medio: compreso tra 51 e 69.
- Alto: maggiore o uguale a 70.
Carico glicemico
Fattori come la preparazione, i trattamenti subiti, la presenza di fibre, l’associazione con altri cibi ecc. possono influenzare l’indice glicemico di un alimento. I chicchi di frumento integri, per esempio, hanno un indice glicemico più basso rispetto all’equivalente raffinato, per la presenza di fibra.
Le linee guida dell’American Diabetes Association hanno messo tuttavia in dubbio l’utilità clinica dell’indice glicemico.
L’IG tiene conto solo della qualità dei carboidrati, mentre la risposta glicemica a un alimento è influenzata anche dalla quantità di carboidrati, per questo motivo è stato introdotto un altro indice chiamato “carico Glicemico” che meglio esprime l’impatto dei carboidrati sulla glicemia.
Il carico glicemico (CG) si calcola moltiplicando il valore dell’indice glicemico per la quantità di carboidrati dell’alimento diviso 100.
Il carico glicemico di un alimento è:
- Basso, se inferiore o uguale a 10.
- Moderato, se compreso tra 11 e 19.
- Alto, se maggiore o uguale a 20
L’anguria, ad esempio, ha un indice glicemico alto (72). Se, però, consideriamo una porzione da 200 g di anguria, il cui quantitativo di carboidrati è di 7,4g, il carico glicemico sarà:
(72×7,4)/100= 5,32.
Questo significa che la porzione di anguria ha un basso carico glicemico. Questo fa capire l’importanza di considerare sia l’indice che il carico glicemico degli alimenti.
Indice glicemico (ig) di alimenti frequentemente consumati calcolato rispetto al glucosio
IG ALTO (≥70) | IG MEDIO (≤69-≥51) | IG BASSO (≤ 50) | |||
Glucosio | 100 | Grissini | 69 | Riso integrale | 50 |
Patate bollite | 96 | Gnocchi di patate | 68 | Crakers | 49 |
Riso brillato | 89 | Ananas | 66 | Marmellata di arance | 48 |
Riso soffiato | 87 | Cous cous | 65 | Pasta all’uovo | 46 |
Miele di acacia | 87 | Melone (Cantalupo) | 65 | Succo d’arancia | 46 |
Corn flakes | 81 | Muesli | 64 | Uva bianca | 46 |
Pizza | 80 | Zucca | 64 | Biscotti d’avena | 45 |
Pane senza glutine | 80 | Barretta di cereali | 61 | Muffin | 44 |
Cereali in fiocchi al cioccolato | 77 | Biscotti secchi | 61 | Mandaranci | 43 |
Pasta di riso senza glutine | 76 | Biscotti frollini | 59 | Fragole | 40 |
Pane integrale | 74 | Kiwi | 58 | Mele | 39 |
Pane bianco | 72 | Spaghetti | 58 | Riso parboiled | 38 |
Anguria | 72 | Saccarosio | 58 | Fagioli | 37 |
Pane all’olio | 72 | Pane di segale | 58 | Ceci | 36 |
Popcorn | 72 | Riso basmati | 58 | Carote | 35 |
Banana | 70 | Patatine in busta | 54 | Orzo perlato | 35 |
Piselli | 54 | Albicocche | 34 | ||
Grano saraceno | 54 | Arancia | 33 | ||
Pasta ripiena (tipo lasagne) | 53 | Bastoncini di crusca | 30 | ||
Lenticchie | 29 | ||||
Ciliegie | 22 | ||||
Yogurt | 19 | ||||
Noccioline | 7 | ||||
Latte intero | 11 |
Carboidrati a dieta
All’interno di un’alimentazione equilibrata, circa il 45-60% dell’apporto energetico totale dovrebbe essere fornito dai carboidrati.
Quando si considera la quantità di zuccheri da assumere nella propria dieta, ovviamente bisogna tenere presente diversi fattori, perché l’ammontare di carboidrati per non ingrassare dipende da persona a persona. Infatti, ognuno di noi li metabolizza in modo differente.
Quindi, se hai un buon metabolismo, puoi assumere i carboidrati in quantità maggiore senza rischiare di prendere peso. Invece, chi ha un metabolismo più lento deve fare più attenzione alle quantità e anche alla tipologia.
In sintesi, è sbagliato demonizzare i carboidrati, ma bisogna valutare come assumerli in base alla propria natura e al proprio stile di vita. Certamente, una grande differenza la fa l’attività fisica.
Diete a basso contenuto di carboidrati: quali sono?
Nel mondo delle diete, per perdere peso, sono sempre andate di moda le diete a basso contenuto di carboidrati che, nel corso degli anni, hanno preso forme e nomi differenti.
E’ stato, però, dimostrato che tali diete sono sicure solo a breve termine, poiché non si conoscono gli effetti sul metabolismo a lungo termine. Vediamone alcune.
Dieta Atkins
La dieta Atkins è una dieta ad alto apporto di proteine e grassi e basso apporto di carboidrati.
Atkins riteneva che inserire pochi carboidrati nella dieta cambiasse il metabolismo corporeo: invece di bruciare carboidrati per produrre energia, l’organismo brucia i grassi. Si tratta tuttavia di un regime alimentare molto controverso e non particolarmente sostenuto dai nutrizionisti.
Paleo-dieta
Non è una dieta a basso contenuto di carboidrati, ma tende ad esserlo in pratica. Sostiene, infatti, il consumo di alimenti di cui si cibavano i nostri antenati nel paleolitico e quindi carni, pesce, frutti di mare, uova, verdure, frutta, tuberi, noci e semi.
Questo tipo di regime alimentare elimina gli alimenti trasformati, lo zucchero aggiunto, i cereali, i legumi e i latticini.
Low carb-high fat
L’acronimo LCHF sta per “basso contenuto di carboidrati, alto contenuto di grassi”.
È una dieta a basso contenuto di carboidrati abbastanza standard, ma che pone maggiore enfasi sugli alimenti interi non trasformati. Si basa principalmente sul consumo di carne, pesce e crostacei, uova, grassi sani, verdure, latticini, noci e frutti di bosco.
L’assunzione raccomandata di carboidrati in questa dieta può variare da 20 a 100 grammi al giorno.
Dieta Zona
La dieta Zona è proposta come trattamento fai da te basata su un apporto giornaliero di calorie provenienti per il 40% da carboidrati, 30% da proteine e 30% grassi (40-30-30).
Chetogenica
La dieta chetogenica è un regime alimentare con apporto molto ridotto in carboidrati e alto in grassi.
La drastica riduzione dei carboidrati ha come scopo quello di determinare uno stato di chetosi che comporterebbe l’uso dei grassi al posto dei carboidrati per produrre energia.
E’ una dieta piuttosto drastica e che richiede il costante supporto del medico o specialista di fiducia.
Dukan
La dieta Dukan è una dieta ad elevato apporto proteico e ridotto apporto in carboidrati; si divide in quattro fasi in cui si ha una graduale reintroduzione degli alimenti che contengono carboidrati.
Carboidrati e sport: tra cibi e integratori
Ormai è riconosciuto che il fabbisogno proteico di un atleta è un po’ più alto di quanto si credesse in precedenza.
Così come i tempi e la composizione dei pasti (prima, durante e dopo l’esercizio fisico) sembrano influenzare le prestazioni e il recupero. Ciò che invece resta assodato è il fabbisogno indispensabile per lo sportivo di carboidrati come componente chiave della dieta.
Infatti, nonostante le proteine e i grassi alimentari forniscano l’energia necessaria per svolgere l’attività fisica, i carboidrati sono l’unico macronutriente che può essere scomposto rapidamente per fornire velocemente energia durante gli esercizi ad alta intensità.
Sono certamente necessarie altre ricerche per mettere a punto le esigenze dietetiche di un soggetto fisicamente attivo. Tuttavia consumare la maggior parte delle calorie giornaliere sotto forma di carboidrati di alta qualità per migliorare le prestazioni fisiche e il recupero dall’esercizio è praticamente una certezza.
I carboidrati, infatti, sono la prima fonte di energia per molti atleti, in particolare per quelli che devono affrontare esercizi ad alta intensità e di lunga durata. Questo perché si accumulano sotto forma di glicogeno che fornisce man mano glucosio alle cellule muscolari per soddisfarne le richieste durante la performance.
Per mantenere le riserve di glicogeno nel fegato e nei muscoli, gli atleti avranno bisogno di quantità diverse di carboidrati a seconda dell’intensità e della durata della performance.
Dieta per gli atleti
Per allenamenti intensi, definiti come 2-3 ore al giorno di esercizio intenso, 5-6 volte alla settimana, l’ISSN (Internation Society of Sports Nutrition) suggerisce un consumo di carboidrati pari a 5-8 grammi per chilogrammo (g/kg) di peso corporeo; oppure 250-1.200 g al giorno per gli atleti che pesano 50–150 kg.
Per un allenamento intenso ad alto volume, definito come 3-6 ore al giorno di allenamento intenso in 1-2 allenamenti giornalieri per 5-6 giorni alla settimana, l’ISSN raccomanda 8-10 g/kg di peso corporeo o 400–1.500 g di carboidrati al giorno per atleti di peso compreso tra 50 e 150 kg.
Ad esempio, un atleta che pesa 150 kg che esegue un allenamento intenso ad alto volume dovrà consumare circa 1.200-1.500 g di carboidrati.
I carboidrati per la dieta di un atleta possono includere: cereali integrali, come riso integrale, quinoa, avena e pasta, e verdure amidacee, come le patate.
I tempi dei pasti e degli spuntini sono fondamentali per le prestazioni atletiche. La tempistica e il contenuto dei pasti possono aiutare a supportare gli obiettivi di allenamento, ridurre l’affaticamento e aiutare a ottimizzare la composizione corporea.
Le linee guida per i tempi e la quantità di nutrizione variano a seconda del tipo di atleta. Ad esempio, l’ISSN consiglia agli atleti di forza di consumare carboidrati e proteine oppure solo proteine fino a 4 ore prima e fino a 2 ore dopo l’esercizio.
L’American College of Sports Medicine (ACSM) rileva anche l’importanza di consumare proteine sia prima che dopo l’esercizio per gli atleti di forza.
Sport di resistenza
Al contrario, gli atleti di resistenza dovrebbero consumare principalmente carboidrati e una piccola quantità di proteine, circa 1-4 ore prima dell’esercizio.
Sia l’ISSN che l’ACSM sottolineano il ruolo dei tempi dei pasti nell’ottimizzazione del recupero e delle prestazioni e raccomandano agli atleti di assumere nutrienti in modo uniforme durante il giorno, ogni 3-4 ore.
Alcune persone potrebbero scoprire che consumare pasti troppo vicino all’inizio dell’esercizio può causare disturbi digestivi. È quindi importante mangiare una quantità adeguata e non fare esercizio fisico troppo velocemente dopo aver mangiato.
Fonti
- Alimentazione e nutrizione umana – Aldo Mariani Costantini, Carlo Cannella, Gianni Tomassi (Il pensiero scientifico editore).
- Dietologia – Aldo Zangara, Andrea Zangara, Diana Koprivec (Piccin Edizioni).
- Kanter M. “High-Quality Carbohydrates and Physical Performance: Expert Panel Report” – Nutr Today. 2018.
- Manuale di Nutrizione Clinica e scienze dietetiche applicate – Binetti, Marcelli, Baisi.
- Sinu.it.
- Medicalnewstoday.com.