Gli agrumi, che in questo momento sono di stagione, sono uno dei frutti più amati e più tipicamente italiani. Oltre ad essere buoni, gli agrumi rappresentano una delle fonti privilegiate di vitamina C nella nostra alimentazione (scopri tutti i benefici della vitamina C sul nostro organismo). Non solo, contengono anche vitamina A, presente soprattutto nei mandarini e nei pompelmi. E l’Italia è uno dei primi paesi produttori europei di agrumi. Tuttavia, nonostante gli agrumi facciano così bene alla salute e siano un prezioso alleato contro i malanni di stagione, una delle maggiori barriere al loro consumo è rappresentato dal sapore acido. Per molti poco gradevole, se non indigesto.
A breve, però, potremo avere agrumi meno acidi. E questo grazie al lavoro dei ricercatori del laboratorio di Biotecnologie del CREA Olivicoltura Frutticoltura Agrumicoltura che, in collaborazione con il John Innes Centre di Norwich, hanno caratterizzato la mutazione “acidless” (letteralmente “per nulla acido”) nei frutti di cedro, limone, limetta e arancio.
Grazie a questa ricerca, presto potremmo essere in grado di addolcire il succo di queste tipologie di agrumi rispetto alle varietà classicamente acide. Lo studio completo è stato pubblicato su Science Direct.
La mutazione acidless
Le mutazioni acidless hanno da sempre incuriosito nel tempo i ricercatori. Tanto da consentirne il riconoscimento e l’isolamento in molte specie di agrumi che venivano comunemente indicate come “dolci”, a causa dell’estrema riduzione dell’acidità nel succo. Gli agrumi “dolci”, oltre a perdere l’acidità, hanno anche perso la capacità di colorare di rosso intenso foglie e fiori di molte specie.
Il gene Noemi
L’analisi genetica, sviluppata mettendo a confronto varietà acide e “dolci” della stessa specie, ha consentito l’identificazione di un gene, chiamato Noemi. Questo gene è un fattore chiave in grado di regolare l’acidità dei frutti e che funziona in stretta sinergia con il gene Ruby.
A identificare il gene Ruby qualche anno fa è stato lo stesso team di ricercatori. Si tratta del gene responsabile della sintesi delle antocianine, ovvero i pigmenti chiave della colorazione rosso porpora.
Lo studio, inoltre, chiarisce come, attraverso il percorso di domesticazione del cedro (una delle specie di agrumi vere, insieme a pummelo e mandarino), una mutazione a carico del gene Noemi sia stata poi trasmessa a tutti gli agrumi da esso derivanti a seguito di incroci interspecifici.
Oggi, l’identificazione del gene chiamato Noemi e la possibilità di modulare la sua espressione rappresentano un tassello strategico per il miglioramento genetico degli agrumi. Soprattutto per le arance e i mandarini. In quanto il controllo dell’acidità è determinante nell’isolamento di selezioni a diversa epoca di maturazione. Una possibilità, questa, offerta dalla ricerca scientifica, di grande impatto per un consumatore attento ed esigente.