Lara Lugli, pallavolista della Volley Maniago Pordenone, è stata citata dalla società sportiva per danni.
La causa? È rimasta incinta. Una storia denunciata su facebook da Lara e che ha subito acceso le polemiche.
Lara Lugli: la storia
Lara Lugli si è vista arrivare una citazione per danni dalla società sportiva con cui giocava a pallavolo in Serie B1 nella stagione 2018/19: la Volley Mariago Pordenone.
La sua “colpa” è quella di essere rimasta incinta arrecando così un danno alla squadra.
In particolare, avrebbe sottaciuto al momento dell’ingaggio la propria intenzione di avere figli e quindi avrebbe violato la buona fede contrattuale. È stata la stessa Lara a denunciare l’episodio sul suo profilo Facebook dove scrive:
“A distanza di due anni vengo citata dalla stessa società per danni, in risposta al decreto ingiuntivo dove chiedevo il mio ultimo stipendio di febbraio (per il quale avevo interamente lavorato e prestato la mia attività senza riserve)”. Le accuse sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni (povera vecchia signora) e data l’ormai veneranda età dovevo in Primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio”.
Quindi, si chiede amaramente:
“Non è che per non adempiere ai vincoli contrattuali stiano calpestando i Diritti delle donne, l’etica e la moralità? Faccio questa denuncia pubblica affinché altre atlete in futuro non si trovino nella mia stessa situazione, perché se una donna rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo.”
Lara non ha portato a termine la gravidanza, ha avuto un aborto spontaneo un mese dopo aver comunicato di essere incinta. Infatti, giustamente conclude:
“L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo”.
Le reazioni sui social
La vicenda ha scatenato inevitabili polemiche sui social. A ridosso della festa delle donne, la notizia arriva come l’ennesima conferma – se ancora ce ne fosse bisogno – di quanta strada c’è ancora da fare per riconoscere i diritti dell’universo femminile.
In questo caso, viene colpito un ambito delicato e intimo come quello della gravidanza, ancora considerata un ostacolo alla vita professionale di una donna.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Infatti, l’Assist (l’Associazione Nazionale Atlete) ha scritto una lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi e al presidente del CONI, Giovanni Malagò, per chiedere che anche le donne italiane abbiano accesso alla legge nº 91 del 1981 sul professionismo sportivo. In questo modo sarebbero più tutelate.
Dal mondo dello sport si è levata la voce di Tania Cagnotto, da poco diventata mamma per la seconda volta, che ha dichiarato a LaPresse:
“Questa vicenda mi suscita rabbia e delusione. Il problema è che le donne atlete non sono tutelate come lo sono le donne sul posto di lavoro. Capisco possa esserci una situazione di disagio, ma non trovo corretto quanto è accaduto”.
Una denuncia che ha scosso anche la politica:
«Presenterò un’interrogazione parlamentare», ha scritto su Twitter la deputata Laura Boldrini.
Speriamo che questo episodio serva a cambiare le cose, che anche nello sport la parità di genere e la difesa della professionalità delle donne diventino principi da seguire sempre, non inutili bandiere da sventolare l’8 marzo.