Sommario
Il judo non è solo un’arte marziale ma un metodo educativo creato dal Maestro Jigoro Kano. Il judo si appoggia sullo studio e la pratica di un procedimento di attacco e difesa, ispirato da arti marziali giapponesi (ju-jitsu) che privilegiano le tecniche di proiezione e di controllo. Infatti, oppone 2 partner, che hanno ciascuno l’intento di far cadere l’altro. In giapponese, il termine “judo” vuole dire la via delle cedevolezza. Praticato senza arma e su un tatami, lo scopo è di destabilizzare l’avversario usando i suoi movimenti e la sua forza attraverso delle tecniche di caduta, immobilizzazione a terra, strangolamenti e chiavi articolari.
Inoltre, la pratica costante e regolare, guidata dai principi filosofici e dal rispetto dei suoi fondamenti, favorisce l’autonomia, la padronanza di sé, il rispetto degli altri, e una migliore qualità di vita. Infatti, l’UNESCO ha dichiarato lo sport del judo come migliore attività fisica per bambini e ragazzi dai 4 ai 21 anni in quanto promuove un’educazione fisica completa.
Il judo era previsto nel programma dei giochi Olimpici del 1940 che però furono annullati a causa della guerra mondiale. Tuttavia, nel 1964, il judo fa ingresso per la prima volta nei Giochi Olimpici di Tokyo e, 40 anni dopo, ad Atene 2004, diventa il terzo sport più diffuso dell’Olimpiade con atleti provenienti da 98 Paesi.
Judo: che cos’è
La parola judo è un termine giapponese:
Ju= cedevolezza e Do=via spirituale.
Contrariamente al karate, con il quale lo si confonde, lo scopo del judo è di far cadere il partner e riuscire ad immobilizzarlo schiena a terra impedendogli di rigirarsi sulla pancia, controllandolo e assicurandosi però che non si faccia male. Infatti, nessun colpo è previsto perché l’obiettivo della tecnica di judo non è di fare male.
Il fondatore è il maestro Jigoro Kano (1860- 1938). “Il judo è un metodo efficace per acquisire forza fisica e mentale. Infatti, fare judo significa maturare consapevolezza del corpo e dello spirito attraverso l’addestramento attacco-difesa e l’assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico e spirituale. Il perfezionamento dell’io così ottenuto dovrà essere indirizzato al servizio sociale, che costituisce l’obiettivo ultimo del Judo”. Così definiva nel 1916 il professor Jigoro Kano la disciplina che codificò (Judo) partendo dal ju-jitsu.
Chi pratica judo, si chiama judoka. Invece, viene chiamato Tori quello porta l’attacco e Uke quello che difende.
Judo: storia
Contesto storicopolitico
Nel 1853 le Black ship (navi nere) del Commodoro Perry entrarono nel porto di Uraga (oggi Yokosuka) minacciando il Giappone e inducendolo ad aprirsi agli scambi commerciali con il resto del mondo.
Crollava così un sistema di isolamento che aveva caratterizzato tutta la storia giapponese e il paese si trovò improvvisamente a rovesciare un complesso e rigido sistema feudale per adattarsi alla nuova situazione.
Da lì a poco, il Giappone fu pervaso da una corsa febbrile al rinnovamento e alla modernizzazione, passando dal rinunciare alle tradizioni proprie e a copiare tutto quello che proveniva dall’occidente. La letteratura epica come Genji Monogatari fu rimpiazzata con la traduzione dei più famosi romanzi europei. Infine, anche giacca, pantaloni e bombetta sostituirono gli eleganti kimoni (vesti) giapponesi.
La temutissima casta guerriera dei samurai, nota per la ferrea disciplina ed obbedienza, spina dorsale di una rigida struttura feudale, non serviva più, sia per la massiccia introduzione delle armi da fuoco che per la costituzione di un esercito governativo.
Probabilmente, i samurai pagarono il prezzo più alto di questo rinnovamento, perché mentre alcuni, abbienti di famiglia, potevano arruolarsi nella nascente pubblica amministrazione, per gli altri fu una disfatta sociale.
Da lì a poco, nella povertà più assoluta, scomparvero dal contesto sociale. Dunque, in quegli anni di rincorsa della modernità, tutto ciò che era tradizionale, era malvisto e criticato, soprattutto le discipline di combattimento come il ju-jitsu, efficace sistema di difesa che veniva insegnato ai guerrieri per risolvere le contese qualora si trovassero senza armi ad una corta distanza dall’avversario.
Quindi, i maestri di questa arte si dovettero riciclare: insegnare a commercianti indifesi che si spostavano per le strade extraurbane poco sicure oppure si misero a fare i massaggiatori e gli aggiusta ossa.
Jigoro Kano
La sua infanzia
Nel 1860, nasce Jigoro Kano da una famiglia abbiente di produttori di sake (alcolico ottenuto tramite la fermentazione del riso). Portato per gli studi, egli frequenta da ragazzo scuole con insegnanti occidentali (questo influenzerà la sua formazione internazionalista) ma i contrasti che incontra sono con i suoi compagni. Gracile e mingherlino ma con un carattere piuttosto collerico, il giovane Kano spesso si lamenta delle angherie che deve sopportare dai compagni più grandi.
Conseguentemente, chiede ai genitori di poter frequentare palestre di ju-jitsu per imparare a difendersi ma i genitori sono irremovibili, il ju-jitsu era considerato deplorevole e sconveniente. Fu intorno ai 17 anni, quando si iscrisse all’Università di Tokyo, che il giovane Jigoro si oppose al volere paterno ritenendo che se a sedici anni si poteva entrare nella casta guerriera (il nonno era stato un samurai) a maggior ragione si poteva decidere come provvedere alla propria incolumità fisica. Infatti, il ju-jitsu vantava la possibilità per una persona di piccola statura di avere la meglio con avversari molto più forti grazie ad un attento studio di squilibri e proiezioni.
Il maestro Fukuda Hakinosuke
Così ottenne il permesso di studiare prima con il maestro Fukuda Hakinosuke del Tenshin shin’yo ryu (Scuola dello spirito del salice) poi dopo la morte del maestro (era molto anziano) passò al maestro Mataemon Iso.
La specializzazione di questa scuola consisteva in colpi (ate waza) e nella lotta a terra (ne waza). Con la prima maturità giunsero le prime riflessioni. Jigoro Kano si accorse dopo pochi anni di dura pratica che il suo carattere era mutato, da impulsivo e collerico divenne più riflessivo e tranquillo.
Dopo anni, parlando del judo dirà “:
Ottenuto il diploma di Shihan (Dottore e Maestro Superiore) di questa scuola, J. Kano volle completare gli studi frequentando una scuola che avesse una specializzazione differente (forme di lanci e kata cioè esercizi formali concordati) e fu così accettato alla scuola Kito (Alzarsi e cadere, Luce ed ombra, cioè il dualismo In-Yo più noto come Yin-Yang) con il maestro Iikubo Tsunetoshi. Studiate assieme le due scuole diventavano molto complementari ed efficaci.
Judo kodokan
Nel 1882, con pochi allievi e pochi mezzi J. Kano aprì la sua scuola che chiamò Judo Kodokan (modificò il termine da ju-jitsu=arte della cedevolezza in ju do=Via della cedevolezza. Il termine judo allora era poco usato, ne faceva uso solo la scuola di Jikishin ryu.
Kano utilizzò questo termine forse perché il jiu jiutsu era mal visto ma anche perché voleva sottolineare l’importanza di un percorso di crescita non solo fisico ma soprattutto spirituale.
Kodokan significa Luogo dello studio della Via.
In quegli anni aveva terminato gli studi universitari ed era diventato un professore del Gakushin (Scuola dei Pari) e fu così che riuscì ad avere contatto con i rampolli della borghesia giapponese. Era tanto stimato che ebbe anche incarichi ministeriali nell’allora nascente Ministero dell’Educazione.
Successivamente, la sua posizione sociale e la sua visione educativa del judo portarono presto all’affermazione di questa disciplina in tutto il Giappone, che, forse, nostalgico delle proprie tradizioni, vedeva in questa operazione di rivisitazione e miglioramento di una disciplina di combattimento, l’occasione di rivalutazione e rivalsa della sua stessa storia (venti di guerra).
Il judo del kodokan fu riconosciuto in poco tempo e rappresenta oggi il judo praticato nel mondo intero. Questo è stabilito nell’articolo degli statuti della federazione internazionale del judo: “ La federazione internazionale del judo riconosce come judo quello creato da Jigoro Kano”.
Judo oggi
Entrando nei Giochi Olimpici, il judo ha guadagnato notorietà e se ciò gli ha concesso di contattare il grande pubblico, dall’altra parte ha trasformato gli scopi fondamentali del fondatore, accentuando maggiormente la prestazione e il risultato sportivo.
Tuttavia, l’etica e la filosofia del judo ancor oggi permangono, un po’ più nascosti, ma sempre a disposizione di chi vuole avvicinarsi a questa pratica con finalità differenti da quelle del campione.
Filosofia e codice morale del judo
Attraverso il combattimento, J. Kano era giunto alle medesime considerazioni della casta dei samurai. Infatti, nel momento dello scontro, il samurai impegnato ad evitare un fendente dell’avversario risultava essere unificato nello spirito, nella mente e nel corpo.
Doveva essere pura azione, non portando con sé la paura della sconfitta (legame con il passato) né poteva avere desiderio di vittoria (proiezione nel futuro) ma doveva rimanere nel tempo presente con tutto se stesso, abbandonando preoccupazioni e aspettative.
Questo stato mentale di “tranquilla presenza” è lo scopo della ricerca di molte discipline (in questo caso è molto forte l’influenza della filosofia Zen). A ciò J. Kano aggiunse un principio morale e cioè che il judo significa ricercare il “migliore impiego delle energie”.
Sei ryoku zen yo= la mente e il corpo usati bene.
“Noi e gli altri verso il progresso” (Ji ta kyo ei).
Volendo considerare l’insegnamento racchiuso nelle due massime fondamentali del judo arriviamo alla conclusione che sono due facce della medesima medaglia, solo sforzandoti di dare il meglio di te, puoi ottenere un benessere collettivo.
Codice morale
Jigoro Kano ha preso dal jiu-jitsu il mezzo educativo del corpo e della mente “adattato all’educazione di tutta una nazione”. Dalla sua creazione, l’insegnamento del judo è accompagnato dall’apprendimento di forti valori morali.
Quindi alcuni valori sono presi direttamente dal bushido. Il concetto più importante è sicuramente quella che si insegna ai giovani judoka:
Non fuggire mai davanti ad un combattimento.
Infatti, durante un allenamento, quando un judoka chiede di essere il partner per un randori, non si può rifiutare anche se è più forte.
Inoltre, il rispetto e la fiducia che accordi al tuo avversario durante un combattimento sono totali. Ad esempio, quando un judoka fa cadere il suo avversario, deve mantenere il controllo della presa e la maggior parte delle proiezioni prevede il controllo del proprio partner nella caduta affinché non si faccia male.
Senza questo concetto fondamentale, l’avversario potrebbe farsi male. Infatti, le chiavi articolari delle braccia potrebbero slogare le articolazioni dell’avversario se eseguite senza controllo. Ma il rispetto e la fiducia del judoka verso il suo avversario durante un combattimento sono assoluti. Per questo motivo, i valori morali sono più importanti della tecnica stessa.
Inoltre, i saluti iniziale e finale sono il segno più evidente del rispetto implicito nel judo.
I principi essenziali del judo
Ju: “adattamento”
Il primo principio è quello dell’agilità, della non resistenza e dell’adattamento. E’ strettamente legato alla disciplina, infatti praticare judo significa impegnarsi nella via (do/michi) dell’applicazione del principio di adattamento. Ju è un comportamento da adottare nella pratica come nella vita.
Seiryoku Zenyo: “miglior uso dell’energia”
Il secondo principio è di utilizzare al meglio le energie fisiche e mentali. Infatti, è importante imparare ad agire nel momento giusto, con un controllo perfetto dell’energia e riuscire ad utilizzare la forza e le intenzioni del partner contro di lui. Seiryoku Zenyo è un’ideale da raggiungere.
Jita Kyoei “noi e gli altri verso il progresso”
Il terzo principio è l’intesa armoniosa, con se stessi ma anche con gli altri. Questo principio suggerisce che la presenza dell’avversario e del gruppo è importante, necessaria e benefica per la tua crescita. Infatti, nel judo, i progressi individuali passano attraverso l’aiuto reciproco e le concessioni reciproche. Jita Kyoei è una presa di coscienza.
Fondamenti del judo
Sensei
E’ l’insegnante. Sensei vuole dire “colui che è vissuto prima”. Colui che possiede la conoscenza di questa arte marziale. Tuttavia questo titolo non è solo riservato al maestro. Infatti, in Giappone, Sensei si usa anche per il medico. Questo titolo non deve portare all’ammirazione o alla venerazione, diventare Sensei è prima di tutto il riconoscimento di un sapere acquisito con il lavoro.
Dojo
Il dojo è il luogo dove si pratica il judo. Non è una semplice palestra ma un luogo di di studio e di lavoro dove si può cercare la via: un luogo dove progredire per migliorare l’uomo e la società.
Infatti, deve essere un luogo tranquillo e accogliente dove c’è la possibilità di isolarsi dal mondo esterno in modo da favorire la concentrazione e la vigilanza. Va al di là di una semplice palestra in quanto il dojo vuole essere un luogo dove si crea un legame mentale e affettivo tra i partecipanti.
Nel dojo, c’è sempre un lato d’onore chiamato shomen, che significa sho “corretto” e men “lato”. Di solito, per indicarlo, c’è una foto di Jigoro Kano sul muro che devi salutare con rispetto quando entri nel dojo.
Il posizionamento, sia per il saluto, che per l’allenamento o per una gara, è molto preciso e corrisponde ad un modo di vivere in Giappone. Infatti, è applicata la stessa regola sia in una sala riunioni che in un ascensore. Il principio è che è il più alto gerarchicamente (Sensei) deve essere il più lontano dalla porta, nelle migliori condizioni di confort e di sicurezza e preferibilmente al Nord. Invece, il meno graduato (Cohai) deve stare sempre al lato opposto del Sensei e più vicino agli utensili per servire l’insieme del gruppo.
Per il saluto generale, in un dojo, l’insegnante è di schiena al kamiza. I suoi allievi si mettono di fronte al Sensei: quelli con i gradi più bassi (kokai) prendono posto alla sua destra mentre i più esperti (Senpai) alla sua sinistra.
Regole di comportamento nel dojo
Il rispetto è un valore fondamentale nel judo. Il rispetto nei confronti di:
- avversario
- “colui che sa”
- insegnante
- compagni
- arbitro.
Judo: abbigliamento
Il judogi è la divisa per praticare il judo, comprende:
- pantalone ampio
- giacca
- cintura.
L’abbigliamento è molto semplice e sobrio, di cotone, l’unica differenza, tra gli allievi, è determinata dal colore della cintura.
Inoltre, in gara, non è consentito indossare nulla sotto alla divisa.
Il bianco del judogi rappresenta la pulizia e la purezza. Durante le competizioni, a livello olimpico, si indossa il judogi blu per facilitare l’arbitraggio durante i combattimenti ma non deve essere indossato durante l’allenamento e può essere sostituito dal colore della cintura:
- bianca
- rossa.
Inoltre, Il judogi è anche un mezzo al servizio del tuo avversario. E’ molto regolamentato e controllato nelle gare, per permettere al tuo avversario di afferrarti facilmente.
Tatami
Il tatami deve sempre essere pulito per salvaguardare la salute fisica, per le cadute e per l’igiene, perché i judoka sono sempre in contatto con il tatami. Infatti, puoi camminarci soltanto a piedi nudi.
Inoltre, la pulizia del corpo, le unghie corte, testimoniano il rispetto dell’altro e di sé stesso.
Ognuno deve stare attento ad eventuali pericoli, quando, ad esempio una coppia lavora a terra, i judoka che sono a riposo, devono provvedere a proteggerli.
Infatti, anche se sei in pausa sul bordo del tatami, non devi mai dare la schiena al tatami in modo da poter vedere se i combattenti possono uscire dal tatami o arrivarti addosso.
Saluti
Il saluto nelle arti marziali come il judo è una tradizione. Indica che il judoka comincia la sua attività con un’intenzione pura e rispettosa nei confronti degli altri. Il saluto è anche un segno di ringraziamento perché ricorda a chi lo pratica che tutti possono imparare sempre da se stessi e dagli altri. Può essere fatto in piedi o in ginocchio. Il saluto si fa:
- entrando e uscendo dal tatami
- all’inizio e alla fine di ogni lezione
- quando inizi e concludi un lavoro con il tuo partner.
Prima di salutare, devi assicurati che il tuo judogi sia a posto e che il nodo della cintura sia fatto correttamente.
La cintura e i gradi
I gradi sono attribuiti al judoka e permettono di valutare:
- livello tecnico
- efficacia durante un combattimento
- grado di anzianità
- qualità morale
- rispetto del codice morale.
Infatti, senza rispetto delle regole, nessun praticante può migliorare e quindi progredire di grado. L’ordine progressivo della cintura è bianca, gialla, arancione, verde, blu, marrone e la famosa cintura nera che dal sesto dan diventa bianco-rossa e per il nono e decimo completamente rossa.
Judo: allenamento
Così inizia una lezione di judo, salendo sul tatami, si fa un saluto agli insegnanti e ai compagni di pratica.
Il saluto introduce allo “spirito del rispetto” (rei no kokoro) che inizialmente è rivolto ai partecipanti dell’allenamento ma con il tempo si estende al luogo di pratica (dojo), ai propri familiari, al posto di studio o di lavoro, al mondo intero, come condizione di libertà interiore e di serena accettazione della vita.
La lezione continua con lo studio di:
- spostamenti (come muoversi mantenendo un costante equilibrio), cadute (ukemi)
- tecniche (waza) in cui prepari il corpo alla disciplina del movimento con l’attenzione e la responsabilità di non ferire o nuocere ai compagni di pratica.
Con il tempo e l’esercizio, impari a controllare il respiro, le energie e ad esprimerle con decisione e consapevolezza.
kiai=urlo tipico delle arti marziali per infondere energia al movimento e scaricare le energie residue.
Randori e ippon
L’allenamento, a tratti anche duro, sfocia nel momento creativo del randori (allenamento libero) in cui sei concentrato solamente su un obiettivo, quello di cercare l’ippon (per es. una tecnica di lancio perfetta in cui il controllo dell’equilibrio dell’altro permane sino al contatto finale con il tatami).
Solo dopo aver percorso questo cammino, arrivi allo shiai (combattimento con la “mente vuota”, in cui cerchi l’azione pura, priva del pensiero).
Kata
Quindi, solo con il tempo e la pratica, sei in grado di affrontare lo studio del kata (forme convenzionali) in cui dimostri i principi del judo passando da tutte le fasi enunciate sino ad ora:
Kata è meditazione, un ritorno alle origini, è semplicità e natura.
Questo è un cammino lungo fatto di studio e dedizione, il principiante non vede dove l’insegnante lo vuol condurre e non tutti riusciranno a compiere il percorso previsto. Esso si rivela a poco a poco a seconda dell’allievo, che però sin da subito deve iniziare comprendendo il senso del rispetto, altrimenti il judo diventa solo una strada per un combattimento contro gli altri e non contro se stessi.
Judo: principali tecniche
Le tecniche di proiezione hanno come scopo di sbilanciare l’avversario per farlo cadere a terra, in avanti, indietro o di lato. Queste tecniche di proiezione si chiamano Nage Waza nelle quali vengono usate diverse parti del corpo:
- piedi: tachi waza
- gambe: ashi waza
- braccia (spalle): te waza
- anca: koshi waza.
Tecniche di controllo che portano a dominare l’avversario: katame waza, nelle quale ci sono un gruppo di tecniche a terra, ne waza. Invece, tecniche di immobilizzazione: osae komi waza, che si praticano quando l’avversario è schiena a terra sul tatami.
Inoltre, alcuni kata (forme) richiedono di praticare anche le tecniche di colpi (atemi waza) col:
- piede (geri)
- pugno (tsuki)
- taglio della mano (shuto).
Esiste il gruppo delle tecniche di sacrificio: sutemi waza, dove il praticante decide di sacrificare il suo equilibrio per fare cadere l’avversario. Esistono diversi gruppi di tecniche:
- in asso: ma sutemi waza, tra le quale c’è la famosa caduta in avanti (Tomoe nage).
- di fianco: yoko sutemi waza.
Ukemi: l’importanza della caduta nel judo
Un bravo judoka deve imparare a cadere senza farsi male ma anche a padroneggiare i suoi movimenti per controllare la caduta del suo avversario.
L’ukemi è il gesto classico nel judo, lo scopo è far cadere l’avversario a terra con un movimento di fianchi, gambe o spalle.
Infatti, il contatto col tatami deve essere eseguito rotolando ed evitando gomiti, caviglie, testa e polsi. Un istante prima della caduta, devi battere 1 o 2 mani a terra per ammortizzare l’impatto del corpo sul tatami. Questa azione si esegue con braccia aperte a 35 gradi dal corpo, mani aperte, dita chiuse, nel prolungamento del braccio.
Esistono 4 tipi di cadute :
Ushiro ukemi (caduta indietro)
Alzare le braccia, rotolare indietro portando il mento verso lo sterno. Alza le gambe tese e colpisci il tatami con le mani per ammortizzare la caduta.
Yoko Ukemi (caduta laterale)
Fai scivolare lateralmente il piede davanti in modo da cadere di fianco. Porta il mento verso lo sterno e colpisci il tatami con la mano dal lato della caduta.
Zen pokaiten ukemi (caduta in avanti)
Porta in avanti il piede destro, inclina il busto in avanti, gambe tese e posa la mano sinistra a terra. Metti la mano destra tra la mano sinistra e il piede destro portando il mento verso lo sterno, rotola sulla spalla destra. Quando le gambe arrivano a terra, colpisci il tatami con il braccio sinistro. Non incrociare le gambe.
Mae Ukemi (caduta facciale)
Mantenere il corpo dritto, braccia parallele al suolo e lasciarsi cadere in avanti. Ammortizzare la caduta piegando le braccia. Mantenere il corpo dritto.
Judo sportivo
La federazione internazionale di judo ha lavorato su nuove regole di combattimento come:
- durata del combattimento
- valutazione dei punti
- immobilizzazione
- sanzioni
- prese
- proiezioni
- judogi
- punti ranking mondiale.
Se vuoi leggere il regolamento, vai sul sito della della Federazione Italiana di Judo, FIJLKAM.
Benefici del judo
Il judo è l’evoluzione di una semplice tecnica ad un principio di vita. Infatti, studiando questa disciplina, impari ad allenare il corpo e coltivare la mente attraverso tecniche di difesa.
Quindi, il judo è uno sport :
- educativo
- di difesa
- di equilibrio.
Inoltre, è un’attività adatta a tutte le età e aiuta ciascuno a diventare più agile, più coordinato, più forte ma anche ad essere più rispettoso delle regole, a scoprire l’importanza della collaborazione reciproca, avere coscienza del proprio corpo, riconoscere le sue debolezze per progredire.
Inoltre, il judo è una disciplina basata sullo scambio e la progressione. L’apprendimento si fa progressivamente in funzione della persona, del suo carattere e della sua condizione fisica.
“Penso anzitutto a coloro che hanno problemi di autostima, i ragazzi che si sentono presi di mira dagli altri, quelli eccessivamente timidi o, per contro, quelli troppo spavaldi. Ecco, come già intuì il fondatore, la pratica del judo tende ad ottimizzare il comportamento di ognuno perché tutto si allinea e si accorda a chi cerca di migliorare le proprie capacità con dedizione e sincerità”. ( Cit: Alessandro Giorgi)
Benefici fisici
Judo migliora l’equilibrio
Con la pratica, la caduta diventa una azione normale perché è parte integrante dell’allenamento e sensibilizza e migliora l’equilibrio del corpo. Saper rimanere in piedi, piegarsi ma senza farsi male, trovare i punti deboli dell’avversario. Sono tanti elementi che si apprendono piano piano per percepire meglio il tuo corpo nello spazio.
Rinforza la massa muscolare
Anche se il judo ha come principio l’utilizzo e la forza dell’avversario per vincere il combattimento, il praticante aumenta la massa muscolare con l’allenamento costante. Braccia, gambe, addominali e busto si rinforzano per compiere gesti sempre più precisi e prese efficaci. Inoltre, il judoka diventa sempre più veloce e potente.
Sollecita l’apparato cardio vascolare
I combattimenti nel judo sono brevi ma molto intensi. Bisogna saper concentrare tutta la propria energia in un tempo molto corto. Quindi, il judo aiuta a “tonificare” il cuore e a migliorare la circolazione sanguigna.
Miglioramento fisiologico nelle persone anziane
Il judo è adatto alle persone anziane prima di tutto perché si fa un lavoro di ottimizzazione della caduta. Quindi offre un lavoro muscoloscheletrico degli arti inferiori (muscoli antigravitari) e di quelli superiori. Inoltre, la sollecitazione sensitiva (piedi nudi) e la sensibilità profonda sono notevoli.
Gli esercizi aiutano a migliorare anche la postura, a combattere l’instabilità articolare e quindi a favorire l’equilibrio statico e dinamico.
Judo: benefici per la mente
E’ uno sport perfetto per chi è timido o introverso perché lo judo è un mezzo per esprimersi fisicamente. Inoltre, è un’attività rassicurante perché fa capire che è possibile vincere senza per forza essere il più forte, perché il segreto è capire e usare le debolezze dell’avversario.
Per le persone in sovrappeso, il judo può essere un mezzo per migliorare la propria forma fisica.
Il judo fa bene alla salute ma anche e soprattutto alla mente e i benefici sono sia psicologici che cognitivi.
L’apprendimento della tecnica è fondamentale nella pratica. Per acquisirla, si fanno dimostrazioni, ripetezioni, iniziative al gioco. Quindi il judo sviluppa capacità psicologiche come:
- autostima
- concentrazione
- controllo dell’aggressività.
Inoltre, insegna ad usare:
- valori educativi come il rispetto dell’avversario, dell’arbitro e dello sport.
- disciplina
- cura e rispetto del proprio corpo.
Judo e bambini
Maschi e femmine sono sempre più attratti verso uno sport di combattimento. Quale qualità sviluppa il judo nel bambino e a che età iniziare?
Contrariamente ad alcune false credenze, che sia maschio o femmina, esile o robusto, ogni bambino è in grado di praticare il judo.
Inoltre, l’insegnante di judo insiste molto sul rispetto del codice morale che valorizza:
- modestia
- coraggio
- controllo di sé.
Non solo, con la divisa obbligatoria ma anche col saluto da fare all’inizio e alla fine di ogni allenamento, si insegna il rispetto reciproco. D’altronde, con i bambini non si parla di avversario ma di partner perché educa a lavorare assieme.
Questa filosofia è molto benefica per i bambini che hanno difficoltà a canalizzare l’energia.
Allenamento judo per fascia d’età
Dai 3 anni in su, il bambino può iniziare la pratica con il baby judo. Ovviamente, i bambini cosi piccoli non sanno ancora cadere e l’avviamento inizia col judo a terra e una comunicazione visiva per spiegare le diverse tecniche. Inoltre, si lavora su:
- motricità
- scoperta dello spazio
- tecniche di spostamento.
Dai 6 anni in su, si pratica il judo in piedi, afferrando il kimono del partner per farlo cadere e con i movimenti per farlo cadere sulla schiena.
Tuttavia, ci sono pochissimi combattimenti prima dei 9-10 anni.
Link esterni
- Federazione Italiana di Judo-
Controindicazioni e raccomandazioni
Anche se il judo ha numerosi benefici per la salute mentale e fisica, il judoka, che sia amatore o professionista, può farsi male. Infatti, questo sport può essere sconsigliato a chi ha problemi alla schiena o alle articolazioni. Se hai un dubbio, il suggerimento è di chiedere consiglio al tuo medico.
Infatti, questo sport implica numerose cadute che possono avere come conseguenza traumi quali:
- storte
- contusioni
- lussazioni.
Gli incidenti riguardano spesso:
- spalle
- polsi
- gomiti
- ginocchia.
Tuttavia, i rischi di frattura sono rari.
In collaborazione con Enzo De Denaro, Maestro di Judo, 7° Dan e giornalista sportivo specializzato in Judo a Arti Marziali.
Link esterni
- Federazione Italiana di Judo- FIJLKAM.
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