Sommario
Il Ju Jitsu (o Jiu Jitsu) è un’arte marziale, può essere visto come un’attività sportiva o molto di più. Infatti, alla sua pratica sono associati i valori etici tradizionali giapponesi: il rispetto per tutti, l’educazione, la gentilezza, l’autocontrollo e la ricerca della perfezione. Valori che, una volta appresi, possono essere applicati anche nella propria vita quotidiana. La scala gerarchica, rappresentata dai colori delle cinture, dà al praticante di Ju Jitsu la consapevolezza dei propri limiti e dei propri progressi.
Nella pratica si studiano i colpi con gambe e braccia, le tecniche di lotta in piedi e a terra e l’uso delle armi tradizionali giapponesi. Permette di sviluppare corpo e mente e di reagire a qualsiasi tipo di aggressione. Infatti, il praticante ha a disposizione un ampio bagaglio tecnico basato sull’uso di calci, pugni ginocchiate, ecc.
Il Ju Jitsu non è presente alle Olimpiadi ma è comunque praticato come disciplina agonistica in tutto il mondo.
Quest’arte marziale è un patrimonio della cultura giapponese sopravvissuto ai rivolgimenti storici ed ancora oggi diffuso come una volta.
Ju Jitsu: che cos’è
Il Ju Jitsu (in ideogrammi giapponesi 柔術, traslitterato anche come jūjitsu o Jiu Jitsu) è un’arte marziale giapponese.
Il nome è composto dalle parole jū (o “jiu” secondo una traslitterazione più antica), che può essere tradotto con termini come flessibile, adattabile, cedevole, leggero, e Jutsu (arte, tecnica).
Quindi, in italiano viene spesso tradotto come “arte della cedevolezza” che si riferisce al fatto che si cerca di assecondare e non di contrastare la forza dell’avversario.
La storia del Ju Jitsu
Le origini e l’epoca feudale
Come per tutte le discipline antiche anche per il Ju Jitsu non esiste una vera e propria “data di nascita”.
I suoi primi accenni, anche se molto generici, risalgono a testi del periodo Nara (VIII secolo DC).
Invece, quella che viene di solito indicata come la vera prima scuola di Ju Jitsu è la Shinden Fudo-ryū (“scuola del cuore impassibile”). La fondazione è convenzionalmente collocata nel 1130 per opera di Ganpachiro Temeyoshi. Era un sistema di combattimento che non prevedeva l’uso di armi ma solo di tecniche da disarmati.
Successivamente Lizasa Ienao fondò il Tenshin Shōden Katori Shintō-ryū (“Scuola della Luminosa Via ispirata dagli Dei al Tempio Shintoista di Katori”). Secondo la tradizione ciò avvenne nel 1447, mentre secondo i maggiori storici della materia intorno al 1480.
Questa scuola studiava anche l’uso delle armi.
- Spada
- Pugnale
- Bo (bastone lungo impugnato con 2 mani)
- Naginata (arma simile ad una alabarda)
- Vari (lancia)
- Shuriken (arma da lancio dalla forma simile ad un chiodo oppure ad una stella).
Invece, nel 1532 viene collocata la nascita del Hinoshita Torite Kaisan Takenouchi-ryū, letteralmente “Scuola di Takenouchi“, il primo utilizzatore del Torite (antico sinonimo di Ju Jitsu), “sotto il sole”.
Si trattava di un titolo onorifico ricevuto da parte dell’imperatore dal fondatore della scuola, il signore feudale del castello di Ichinose Takenouchi Nakatsukasa Taifu Hisamor.
Anche in questo stile, oltre al Ju Jitsu, erano studiati:
- Spada
- Coltello
- Bo
- Naginata
- Tessen (una sorta di ventaglio di ferro)
- Hojojutsu, l’arte di immobilizzare con le corde (oggi utilizzata anche dai praticanti del bondage).
Epoca moderna
Nel 1867 l’imperatore Meji abolì la figura dello Shogun (una sorte di reggente che deteneva tutto il potere politico al posto del sovrano) e iniziò un rapido processo di modernizzazione che portò il Paese a diventare una potenza mondiale nel giro di pochi decenni.
Tra i provvedimenti adottati ci fu il divieto di portare spade e la soppressione della casta dei samurai i cui membri divennero nella gran parte dei casi ufficiali dell’esercito o funzionari di polizia.
I rivolgimenti di quegli anni incisero profondamente anche sulle arti marziali tradizionali. Emerse la necessità di codificare nuovi stili che potessero essere praticati da tutti e non solo dai samurai (che lo studiavano in modo estremamente realistico e quindi pericoloso). Sia nell’esercito, come addestramento individuale per soldati, che da civili che svolgevano normali professioni, sia come sport sul modello occidentale.
In particolare si distinsero due maestri che, concentrando la loro attenzione su una specifica parte del bagaglio tecnico del Ju Jitsu, crearono delle nuove arti marziali.
Stiamo parlando di Jigoro Kano, che nel 1882 creò il judo (inizialmente chiamato proprio Kano Ju Jitsu), e di Morihei Ueshiba, che iniziò a codificare l’Aikido negli anni ’30.
Nel primo caso, Kano decise di focalizzare la sua pratica sulle tecniche di lotta e sul controllo al suolo dell’aggressore, mentre Ueshiba si specializzò nelle leve articolari in piedi e nelle proiezioni mantenendo, a differenza di Kano, anche lo studio della spada, del pugnale e del bastone.
Il Ju Jitsu oggi
E’ arrivato fino ai giorni nostri conoscendo una certa fortuna a livello mondiale.
Oggi in Giappone esiste il Dai Nippon Butokukai (“Sala delle virtù marziali del grande Giappone”), un ente incaricato di salvaguardare le arti marziali tradizionali nipponiche “dal possibile attacco sferrato dalla modernità e dall’avidità umana”.
Questo ente certifica l’effettivo collegamento tra il passato e il presente di una scuola tradizionale, conservandone documenti e quant’altro risulti utile a certificarne l’autenticità.
Infatti, va sottolineato che negli anni sono nati nuovi stili, alcuni anche per mano di maestri europei o americani che hanno rivisto i programmi tecnici in base alle loro esperienze personali.
Tra questi merita un posto di rilievo il Ju Jitsu brasiliano, codificato appunto dalla famiglia brasiliana dei Gracie.
Infine, è da far presente che, partendo dal bagaglio tecnico del Ju Jitsu, sono nate delle vere e proprie nuove arti marziali.
Tra queste segnaliamo in particolare:
- Sambo: sport di lotta e sistema di autodifesa russo nato negli anni ‘20.
- Bartitsu: metodo di autodifesa sviluppato a fine ‘800 in Inghilterra da Edward William Barton-Wright.
- Nippon Kempo negli anni ’30: uno sport da combattimento con tecniche di colpi e di lotta.
- Yoseikan Budō: sport e sistema di autodifesa nato negli anni ’80 in Giappone.
Jiu Jitsu brasiliano
Il Ju Jitsu brasiliano (in giapponese ブラジルの柔術, Burajiru no jūjutsu), in origine noto come Gracie Jiu Jitsu, si è talmente evoluto nel corso degli anni da essere considerato ormai un’arte marziale a sé stante.
La sua storia comincia nel 1917 quando i fratelli Gracie (Carlos, Oswaldo, Gastão Jr., George ed Hélio) iniziano ad allenarsi col giapponese Mitsuyo Maeda.
Questi, dopo aver girato vari paesi del mondo sfidando pugili, lottatori e praticanti di qualunque sport da combattimento, si era stabilito in terra carioca. Trasferitisi da Belen a Rio de Janeiro nel ’21, i cinque fratelli, ma soprattutto Carlos ed Helio, continuarono la pratica del Ju Jitsu da soli e, rompendo la tradizione giapponese, non si limitarono però a ripetere le tecniche codificate ma ne sperimentarono di continuo delle nuove.
Nacque così il Gracie Jiu Jitsu, che ha due peculiarità: non si tirano colpi e si cerca sempre di portare a terra l’avversario per neutralizzarlo con una leva articolare o uno strangolamento.
Per mettersi alla prova i fratelli sfidavano in match senza regole i praticanti di boxe, lotta o dell’arte brasiliana della capoeira. Erano incontri detti di “vale tudo”, ovvero vale tutto in portoghese, perché era davvero permesso quasi tutto.
Poi, due fratelli Gracie, Royce e Rorion, furono rispettivamente il vincitore ed uno degli organizzatori del primo UFC nel ’93 negli USA, il torneo che diede poi vita alla disciplina delle MMA, la quale a sua volta rese il Jiu Jitsu brasiliano famoso in tutto il mondo.
La filosofia del Ju Jitsu
La filosofia di questa arte marziale è basata su tre cardini principali.
- Zanshin, il “mantenere lo spirito all’erta”.
- Fudoshin, lo stato di imperturbabilità durante il confronto.
- Mushin, letteralmente “senza mente” ovvero il saper reagire con prontezza senza ricorrere alla propria volontà o ad un pensiero razionale ma tramite l’istinto.
La giusta combinazione di questi tre elementi dà al praticante di Ju Jitsu la capacità, la forza e la preparazione per eccellere in quest’arte.
Inoltre, non è solo un sistema di combattimento ma anche un mezzo per conoscere sé stessi e gli altri. Una disciplina che lentamente filtra nella parte più profonda della personalità. Si manifesta sia nel momento del pericolo, sia negli attimi in cui diventa indispensabile trasmettere certi fondamentali al prossimo.
Attraverso la gestualità dei movimenti, e la ricerca del perfezionamento tecnico, il praticante impara poi a conoscere anche i suoi limiti fisici, che sono imprescindibili da quelli mentali.
Infatti, prima di imparare a gestire il proprio corpo non c’è né stabilità, né equilibrio e tanto meno la capacità mentale di reazione ad una aggressione.
Come la vita, che ci mette di fronte tutti i giorni nuovi ostacoli da superare, così il Ju Jitsu stimola continuamente a migliorare, riversando istintivamente nella vita di tutti i giorni il suo spirito positivo che consente di affrontare meglio le nostre giornate.
L’etica del Ju Jitsu brasiliano
Si è evoluto come disciplina sportiva in senso stretto ed ha abbandonato i riferimenti alla tradizione ed alla cultura giapponese.
Questo però non significa che non abbia una sua etica. Oltre, in primis, a fare riferimento al fair play sportivo i suoi praticanti osservano il rispetto verso i compagni d’allenamento più alti in grado e verso il maestro.
Educazione e cortesia restano aspetti fondamentali della pratica come pure il continuo ammonimento agli allievi a non usare le proprie conoscenze a scopo di prevaricazione nella vita quotidiana.
Le tecniche del Ju Jitsu
Il bagaglio tecnico di questa arte marziale, essendo pensato per preparare un guerriero a 360 gradi, è quanto mai completo.
Infatti, si prevede l’uso di colpi con gambe e braccia, delle leve articolari, delle proiezioni a terra, del controllo al suolo e degli strangolamenti.
Le tecniche sono conseguentemente suddivise in:
- Shintai– spostamenti in piedi.
- Atemi – colpi con gambe e braccia, in genere ai punti vitali (gola, occhi, ecc.).
- Ukemi – tecniche per ammortizzare l’impatto al suolo durante le cadute.
- Nage – proiezioni e sbilanciamenti a terra dell’avversario.
- Osaekomi – immobilizzazioni e controllo dell’avversario, sia in piedi che a terra.
- Kansetsu – lussazioni, leve, torsioni o slogature delle articolazioni.
- Shime – soffocamenti e strangolamenti.
Shintai (spostamenti)
- Tsugi ashi– Spostamento con un mezzo passo a piedi paralleli in tutte le direzioni. Le gambe restano aperte all’altezza delle spalle senza unirsi mai.
- Okuri ashi – Il corpo si sposta lateralmente come se stesse “scivolando” sulla superficie e le gambe si spostano senza mai unirsi.
- Tai sabaki – Spostamento circolare. Un piede fa da perno mentre l’altro si muove circolarmente sulla superficie.
Atemi-waza (colpi di braccia e gambe)
A loro volta suddivisi in:
Tsuki (pugni)
- Oi Tsuki = diretto tirato facendo un passo in avanti con pugno e gamba dello stesso lato.
- Gyaku Tsuki = diretto tirato facendo un passo in avanti con pugno e gamba opposti.
- Uraken Uchi = pugno circolare che colpisce col dorso della mano.
- Ura Tsuki: montante (pugno dal basso).
- Tetsui = pugno a martello dall’alto colpendo con la parte inferiore del pugno.
- Mawashi Tsuki = pugno circolare ovvero il gancio della boxe.
Empi (gomitate)
- Yoko-Empi = laterale.
- Ushiro-Empi = all’indietro.
- Mawashi-Empi = circolare.
Colpi a mano aperta
- Shuto = colpo di taglio dalla parte del mignolo – dall’esterno verso l’interno. Dall’interno verso l’esterno.
- Haito-Uchi = colpo di taglio dalla parte del pollice – dall’esterno verso l’interno. Dall’interno verso l’esterno.
- Teisho-Uchi = colpire con la parte bassa della mano aperta al volto (mento, naso, fronte).
Geri (colpi con le gambe)
- Hiza geri = ginocchiata.
- Mae-geri = calcio frontale.
- Yoko-geri = calcio laterale.
- Mawashi-geri = circolare.
- Kakato-geri= calcio ad ascia che colpisce col tallone dall’alto in basso.
- Ushiro-geri = calcio all’indietro colpendo con il tallone.
- Tobi geri: calcio frontale, laterale o all’indietro che viene tirato saltando.
- Ura-mawashi-geri = calcio circolare all’indietro dall’esterno all’interno.
- Ushiro-mawashi-geri = calcio circolare all’indietro col giro dall’esterno all’interno.
Ukemi waza (cadute)
- Yoko Ukemi = caduta laterale.
- Ushiro Ukemi = caduta indietro.
- Mae Ukemi = caduta in avanti.
Nage waza (proiezioni)
Si tratta certamente della parte più corposa di tecniche del Ju Jitsu. A seconda dei vari stili ne esistono quasi 100 tipi diversi. Di seguito, le varie sottocategorie ed i principi sui quali si basano.
- Tachi waza = letteralmente “tecnica in piedi”, è un termine generico che indica qualunque proiezione in cui si mantiene una postura eretta o semieretta.
- Te waza = proiezioni eseguite con l’ausilio primario delle braccia.
- Koshi waza = proiezioni eseguite con l’ausilio primario delle anche.
- Ashi waza = proiezioni eseguite con l’ausilio primario delle gambe.
- Sutemi waza = se ci si lascia cadere volontariamente a terra per trascinare giù anche l’avversario si parla di sutemi waza (tecniche di sacrificio). Si definiscono ma sutemi waza se eseguite cadendo sulla schiena e yoko sutemi waza quando invece si cade sul fianco.
Osae komi waza (tecniche di immobilizzazione a terra)
- Hon Kesa Gatame = “controllo fondamentale a fascia”, consiste nell’immobilizzare ponendosi lateralmente con le gambe aperte a compasso sfruttando il proprio peso e appoggiando il fianco su quello dell’avversario.
- Yoho Shiho Gatame = “controllo laterale su quattro punti”, consiste nell’immobilizzare ponendosi lateralmente con le gambe aperte e mettendo il proprio petto su quello dell’avversario. Con un braccio lo si blocca al collo e con l’altro alla cintura.
- Tate Shiho Gatame = “controllo verticale quatto punti”, consiste nell’immobilizzare ponendosi a cavalcioni sopra il petto dell’avversario.
- Kami Shiho Gatame = “controllo superiore quattro punti”, consiste nell’immobilizzare l’avversario ponendosi dalla parte della sua testa e bloccandola col proprio petto.
KANSETSU WAZA (leve articolari)
- Kote-Gaeshi = torsione del polso.
- Ikkyo = torsione del polso e spinta con la mano al gomito portandolo a terra col braccio teso.
- Nikkio (o Kote-Mawashi) = torsione del polso con il mignolo verso l’alto e pressione sul gomito verso il basso.
- Sankyo = presa al palmo della mano e torsione verso l’interno con la mano sinistra passando sotto all’ascella controllando che il suo gomito sia verso l’alto.
SHIME WAZA (tecniche di strangolamento)
- Kata juji jime = strangolamento frontale afferrando i baveri del kimono e stringendo la gola dell’avversario.
- Hadaka jime = strangolamento con gli avambracci da dietro la schiena.
- Okuri eri jime = strangolamento con gli avambracci da dietro la schiena quando si è con la propria schiena a terra.
- Sankaku jime = strangolamento con le proprie gambe chiuse a triangolo intorno al collo dell’avversario.
Le tecniche del Ju Jitsu brasiliano
In questa disciplina non si studia né l’uso dei colpi né delle armi.
Tutto si basa sul portare l’avversario a terra nel modo più facile e rapido possibile. Quindi, le tipologie di tecniche studiate sono:
- Proiezioni.
- Ammortizzare le cadute.
- Immobilizzazioni a terra.
- Finalizzazioni ovvero il costringere l’avversario alla resa gridando o sbattendo la mano sul tatami utilizzando leve articolari.
- Strangolamenti e compressioni dei tessuti molli.
Per atterrare gli avversari si utilizzano prevalentemente le tecniche di sacrificio e gli attacchi alle gambe.
Essendo il Jiu Jitsu brasiliano focalizzato sul combattimento a terra, il bagaglio tecnico è molto più articolato rispetto agli stili tradizionali.
Uniforme e cinture nel Ju Jitsu
L’uniforme del praticante di Ju Jitsu è un kimono simile a quello del judo ma di tessuto un po’ più leggero. A seconda delle scuole la divisa, o parte di essa come la giacca o i pantaloni, può essere anche di colore azzurro o nero.
Anche le cinture possono variare a seconda della scuola d’appartenenza, vi riportiamo qui la gerarchia maggiormente utilizzata a livello internazionale.
Cinture
Allievi
- 6º kyu bianca
- 5º kyu gialla
- 4º kyu arancione
- 3º kyu verde
- 2º kyu blu
- 1º kyu marrone.
Sono talvolta previsti livelli intermedi con cinture bicolore o contrassegnate da tacche (es: cintura giallo/arancio, marrone con una tacca, ecc.).
Gradi da insegnante (Dan)
- Shodan – 1º Dan nera
- Nidan – 2º Dan nera con due tacche
- Sandan – 3º Dan nera con tre tacche o bianca e blu
- Yondan – 4º Dan nera con quattro tacche o bianca e blu
- Godan – 5º Dan nera con cinque tacche o bianca e blu
- Rokudan – 6º Dan nera con sei tacche o bianca e rossa
- Shichidan – 7º Dan nera con sette tacche o bianca e rossa o nera e rossa
- Hachidan – 8º Dan nera con otto tacche o bianca e rossa o rossa coi bordi neri
- Kudan – 9º Dan nera con nove tacche o rossa
- Judan – 10º Dan nera con dieci tacche o bianca.
Uniformi e gradi del Jiu Jitsu brasiliano
La divisa di questa particolare disciplina è un kimono sostanzialmente identico a quello del judo che può essere di clore bianco, nero o blu. Il sistema di cinture differisce da quello delle altre diramazioni del Ju Jitsu ed è il seguente:
Bambini (fino a quindici anni)
- Bianca
- Grigia
- Gialla
- Arancione
- Verde.
Adulti (dai sedici anni)
- Bianca
- Blu
- Viola
- Marrone.
Inoltre, quasi tutte le scuole di Jiu Jitsu brasiliano utilizzano il sistema delle tacche sulla cintura. Infatti, per passare ad una cintura superiore è richiesto il raggiungimento di 4 step intermedi (rappresentati appunto da 4 tacche).
Ogni passaggio di grado degli allievi avviene per esame o per meriti sportivi.
Gradi superiori (oltre i diciannove anni)
- Dal primo al sesto dan: cintura nera
- Settimo dan: nera e rossa
- Ottavo dan: rossa e bianca
- Nono e decimo dan: rossa (il decimo Dan venne portato solo dai due fondatori dello stile, Helio e Carlos, e non sarà mai più assegnato).
Dalla cintura nera in su i passaggi di grado avvengono per anzianità di pratica, per decisione del maestro capo scuola o anche per meriti sportivi.
Allenamento nel Ju Jitsu: come funziona
La pluralità di scuole e la loro distinzione, tra quelle che praticano l’agonismo e quelle che non lo praticano, fa sì che non esista un modello standardizzato d’allenamento in questa arte marziale.
Anche la durata è molto flessibile, si va da 1 a 2 ore anche se oggi, specialmente nelle palestre dove non si pratica ju jitsu sportivo, si tende a svolgere sessioni di una sola ora.
Gli elementi comuni a tutti i dojo (palestre) sono sicuramente:
- Saluto iniziale al maestro.
- Riscaldamento con un po’ di corsa e mobilità articolare.
- Preparazione atletica. Ridotta o a volte persino assente nelle scuole più tradizionali che non partecipano a gare. In questo caso l’attività fisica propriamente detta si sviluppa con la ripetizione delle tecniche alla massima velocità nell’arco dell’allenamento. Nelle scuole più “moderne” si utilizzano invece scatti, flessioni, piegamenti, addominali, sequenze di cadute in rapida successione e anche in questo caso la ripetizione veloce delle tecniche. Pure la durata di questa fase è estremamente variabile da palestra a palestra.
- Stretching per aumentare l’elasticità muscolare, che è fondamentale per eseguire le tecniche del JU JITSU.
- Studio di una o più tecniche e loro esecuzione sia in coppia coi compagni sia a vuoto. In questa parte rientrano anche i kata (forme), sequenze codificate di tecniche eseguite da soli o in coppia, quando includono proiezioni e tecniche di controllo al suolo. Con la pratica, ogni kata viene eseguito in modo sempre più veloce e quindi anche più dispendioso in termini d’energie. È tutt’oggi poco diffuso, invece, l’uso di sacchi o colpitori come al contrario accade negli sport da combattimento. Anche la durata di questa fase può variare molto ma di solito tende ad occupare circa metà dell’intera lezione.
- Allenamento agonistico. Nelle palestre dove si pratica l’agonismo parte delle lezioni (in prossimità delle gare anche tutta la lezione dopo il riscaldamento) è dedicata alla simulazione delle prove di gara. Di norma, sia per miglioramento tecnico personale sia per aiutare i compagni di palestra nella preparazione, vi partecipano anche gli allievi che poi non gareggeranno. Nelle palestre di Jiu Jitsu brasiliano anche per i non agonisti è obbligatorio chiudere l’allenamento con alcune riprese di lotta (nella maggioranza dei casi 3 round da 6 minuti).
- Saluto finale.
Benefici della disciplina
Essendo un’arte marziale va ricordato che nel Ju Jitsu, anche nelle scuole più moderne ed orientate allo sport, si dà comunque molta rilevanza all’educazione ed al rispetto.
Quindi, viene richiesto ad esempio di salutare e ringraziare il compagno d’allenamento all’inizio ed alla fine di ogni esercizio. I maestri poi inseriscono spesso aneddoti sui principi morali della disciplina all’interno delle loro spiegazioni.
Invece, sul piano strettamente fisico, praticando il Ju Jitsu è possibile ottenere questi risultati:
- Bruciare i grassi facilitando il raggiungimento del proprio peso forma.
- Tonificare la muscolatura di tutto il corpo.
- Migliorare riflessi, coordinazione, equilibrio ed elasticità muscolare.
- Scaricare lo stress.
- Accrescere la fiducia in sé stessi.
- È, infine, un utile sistema di difesa personale.
A chi è consigliato il Ju Jitsu
Molti studi hanno dimostrato che le arti marziali tradizionali sono estremamente utili ai bambini per lo sviluppo sia fisico sia comportamentale. Detto questo l’espressione “tutti possono praticare il Ju Jitsu” non è una invenzione pubblicitaria.
È una disciplina pensata per affrontare avversari più prestanti senza basarsi sulla forza.
Ecco quindi che nelle palestre si trovano maschi e femmine di qualunque età, dai 4 anni in su, e non di rado anche persone anziane.
Controindicazioni
Per praticare il Ju Jitsu da amatori è sufficiente il certificato di buona salute del medico di base mentre per gli agonisti occorre la visita medico-sportiva con elettrocardiogramma sotto sforzo.
Normativa a parte è sufficiente, per gli amatori, essere in uno stato di salute che non impedisca di sostenere sforzi. Infatti, ci sono stati dei casi, seppur rari, persino di praticanti con amputazioni alle braccia e persino alle gambe.
La grande flessibilità tecnica di questa disciplina permette, infatti, di poterla adattare alle caratteristiche fisiche di chiunque.
Invece, non è adatto per le persone afflitte da malattie trasmissibili col sangue o la saliva e per i cardiopatici.
l rischio di ematomi e, in rari casi, di piccoli tagli rendono poi il Ju Jitsu pericoloso per chi è afflitto da malattie ematiche o vascolari come l’emofilia.
Discorso analogo per i sofferenti di gravi patologie alla colonna o alle articolazioni e da osteoporosi grave. Prevedendo gli allenamenti anche tecniche senza contatto fisico il Ju Jitsu è potenzialmente praticabile anche nella prima fase della gravidanza, stando ovviamente attente a non eseguire proiezioni e a non urtare i compagni d’allenamento.
Tuttavia, ogni decisione in merito spetta comunque al medico sportivo o di base dopo valutazione del quadro clinico generale.
Ju Jitsu sportivo
Dopo la seconda guerra mondiale e con la sua diffusione a livello internazionale si decise di creare delle competizioni anche nel Ju Jitsu sebbene molte scuole continuino a studiarlo solo come sistema tradizionale di difesa personale, senza mai partecipare a nessun tipo di gara.
Nel Ju Jitsu sportivo gli atleti vengono suddivisi per sesso, età, cintura e peso (quest’ultimo criterio è utilizzato solo in alcune specialità).
Le tipologie di gara maggiormente diffuse sono:
Il Fighting System
Il Ju Jitsu Fighting System è un tipo di competizione agonistica creata nel 1977 dalla European Ju-Jitsu Federation (EJJF).
Consiste in un combattimento che si svolge sul Tatami (tappeto imbottito per arti marziali) tra due atleti che indossano solamente il kimono, protezioni per tibia e piede e dei guantini a dita aperte in modo da effettuare al meglio le prese, sia nella lotta in piedi che in quella a terra.
Regolamento
All’inizio del combattimento (detto “Prima Fase”) gli atleti si affrontano con “atemi” (colpi a distanza di calcio o pugno) sino a quando uno dei due afferra il kimono dell’avversario passando così alla Seconda Fase. Da quel momento è vietato sferrare qualsiasi colpo finché persiste una qualunque presa.
Nella Seconda Fase, l’obiettivo di ciascun atleta diventa quindi effettuare una proiezione dell’avversario. Una volta che uno dei due contendenti ha proiettato l’avversario, o se entrambi finiscono a terra, il combattimento continua con la Terza Fase nella quale lo scopo è immobilizzare l’avversario al suolo o costringerlo alla resa tramite leve articolari o strangolamento.
Ogni azione è valutata da tre arbitri che assegnano 2 punti (Ippon) o 1 punto (Wazari) a seconda della qualità d’esecuzione delle tecniche, del risultato ottenuto e della reazione dell’avversario.
I punti assegnati durante il combattimento vengono sommati al termine dell’incontro per designare il vincitore. Non si possono affondare i colpi ed è vietato il KO.
Il combattimento dura 3 minuti e viene interrotto solo se necessario.
La vittoria viene assegnata all’atleta che ha conseguito il miglior punteggio allo scadere del tempo oppure per superiorità tecnica di uno dei due atleti ovvero a colui che riesca ad ottenere almeno un Ippon sia in Prima che in Seconda che in Terza Fase.
Il Duo System
Il Duo System è una specialità del Ju Jitsu in cui una coppia (maschile, femminile o mista) simula una difesa contro una serie di attacchi codificati in appositi programmi internazionali. Sono previste 4 serie di tecniche così suddivise:
- A: prese
- B: avvolgimenti
- C: calci e pugni
- D: armi (coltello e bastone).
La gara è un confronto tra 2 coppie valutato da una giuria di 5 arbitri di sedia che, in base ad attitudine, efficacia, velocità, controllo, potenza, realismo e varietà assegnano un punteggio da 1 a 10.
L’arbitro centrale (il mat referee) ha la funzione di chiamare gli attacchi agli atleti e di indicare alla giuria eventuali errori d’esecuzione commessi dalla coppia.
Vince l’incontro chi nella somma totale ha ottenuto il punteggio più alto.
Random Attacks
Il Random Attacks (attacchi casuali) è un sistema di competizione del Ju Jitsu Goshin Do.
Gli attacchi a sorpresa ritornano all’essenza dell’autodifesa, vale a dire l’azione contro un attacco senza preavviso. Questo rende la competizione molto più realistica e costringe i partecipanti a usare tecniche e riflessi sviluppati in anni di allenamento nelle arti marziali.
La Federazione Internazionale ha creato a questo scopo un elenco di 40 attacchi tra i quali ne vengono scelti 3 o 4 per ciascuna prova. Ogni attacco viene selezionato casualmente (random appunto) da un computer o dalla giuria.
Gare
In questo tipo di gara si compete due coppie alla volta. Una di queste indossa la cintura rossa, l’altra la cintura bianca per farsi riconoscere dai giudici. La competizione si svolge nel seguente modo.
- Ogni coppia è composta da un attaccante e da un difensore.
- I due combattenti mettono piede sul tatami nel punto designato, si salutano, salutano la giuria e si mettono in posizione di combattimento in modo che l’avversario non possa vederli.
- La giuria chiama i due aggressori e mostra loro l’immagine di un attacco su PC o in foto.
- Gli attaccanti riferiscono le loro posizioni di partenza ai loro compagni.
- Al segnale dell’arbitro ognuno esegue l’attacco indicato.
- L‘arbitro determina chi inizia tra “Rosso” e “Bianco“.
- Quando i due attaccanti hanno effettuato il loro primo attacco l’arbitro li richiama al tavolo della giuria per mostrare l’immagine successiva.
- Gli atleti, in base all’età o al grado, dovranno effettuare 3 o 4 attacchi.
- Dopo l’esecuzione dell’attacco richiesto l’arbitro chiede il parere dei 3 o 5 giurati.
- Al segnale vocale “Hantai” dell’arbitro i giurati esprimono il loro giudizio sollevando una bandiera (rossa o bianca) per indicare il vincitore.
Le gare nel Ju Jitsu brasiliano
Nello stile creato dai Gracie esistono solo competizioni di lotta nelle quali lo scopo è portare a terra l’avversario con delle proiezioni per poi immobilizzarlo e costringerlo alla resa con una leva articolare o uno strangolamento.
Se nessuno si arrende a fine incontro vince chi ha cumulato il punteggio più alto. I punti (da 2 a 4) vengono assegnati dal solo arbitro centrale ogni volta che un atleta riesce ad applicare una tecnica, in base alla difficoltà d’esecuzione della tecnica stessa.
È vietato qualunque tipo di colpo.
Si combatte divisi in categorie per:
- sesso
- peso
- cintura
- fasce d’età.
La durata dei combattimenti varia molto da categoria a categoria, dai 2 minuti per i bambini ai 10 per le cinture nere senior, ma si disputano sempre su un round solo.
In alcuni tornei si svolgono anche dei match categoria “Assoluti”, dove la suddivisione degli atleti è solo per età, sesso e cintura. In pratica vengono abbinati a caso atleti di qualunque peso. Lo scopo è dimostrare che “la tecnica vince sulla forza”, che è un principio base di tutti gli stili di Ju Jitsu.
In rare occasioni si svolgono anche incontri senza limiti di tempo, che si concludono solo con la resa dell’avversario oppure per parità, trascorso un periodo di tempo che è però molto più lungo rispetto ad un normale match (si può arrivare anche a 30 minuti).
Una peculiarità del Jiu Jitsu brasiliano è che esistono anche tornei dove si combatte senza kimono (sostituito da pantaloncini e maglietta) ma con le stesse regole della versione con il kimono.
Ju Jitsu in Italia
Tra i primi Paesi in cui si svilupparono scuole di Ju Jitsu fuori dal Giappone c’è proprio l’Italia. Una prima fugace apparizione del Ju Jitsu nel nostro Paese si deve a Pizzarola e Moscardelli, marinai della Regia Marina.
Nel 1908 ne diedero una dimostrazione al Re Vittorio Emanuele III. Fu però un altro marinaio, Gino Bianchi, ad introdurlo stabilmente in Italia.
Già campione militare di Savate (nota anche come boxe francese), durante la Seconda Guerra Mondiale fu assegnato al contingente italiano presso la concessione italiana di Tien Sing (Tianjin) in Cina.
Lì venne a contatto con alcuni militari giapponesi che praticavano il Ju Jitsu. Rimase colpito dall’efficacia di questa arte marziale e decise di diffonderlo una volta tornato in Italia. Iniziò a Genova, nella palestra di via Ogerio Pane, dove insegnava gratuitamente a pochissimi allievi nel difficile clima di ristrettezze del secondo dopoguerra.
Con la fine degli anni ‘40, la palestra si trasferì nella sede storica di Salita Famagosta. L’opera di diffusione del Ju Jitsu “metodo Bianchi” procedette a pieno ritmo, anche grazie alle varie dimostrazioni pubbliche svolte. Dopo la scomparsa del Maestro nel 1964, il suo stile fu portato avanti dai sui allievi ed è tuttora diffuso in tutta la Penisola.
A partire dagli anni ’60 cominciarono però a diffondersi, in Italia, anche altre scuole di Ju Jitsu, vi presentiamo qui quelle principali.
Ju Jitsu GōJū
Il Ju Jitsu GōJū è uno stile nato nel ‘900 in cui si fondono varie scuole giapponesi.
Tale metodo è diffuso in più regioni d’Italia e due volte all’anno si ritrovano in stage nazionali tutti i praticanti di questa scuola. Non contempla lo studio delle armi. Il capo scuola è il Maestro Gianni Rossato.
Metodo World Ju-Jitsu Federation WJJF/WJJKO
La WJJF-WJJKO è una federazione di Ju Jitsu internazionale che utilizza lo stile creato da Soke Robert Clark ed è presente in Italia dal 1976.
Questo stile, a differenza dei precedenti, prevede anche un programma molto completo di studio delle armi bianche tradizionali nipponiche come:
- Katana (spada)
- Naginata (alabarda)
- Kama (falcetto)
- Tonfa (bastone con impugnatura usato da molte polizie nel mondo compresi i nostri carabinieri)
- Nunchaku (due blocchi di legno o metallo uniti da una catena, arma resa famosa dai film di Bruce Lee) e molte altre.
Metodo World Ju-Jitsu Corporation – WJJC
La World Ju-Jitsu Corporation è un’organizzazione internazionale di Ju JItsu. La sua sede mondiale è a Londra, nel Regno Unito, mentre quella italiana è a Firenze.
Nel capoluogo toscano insegna il fondatore della WJJC, Shodai Soke Adriano Busà. Nei suoi programmi tecnici è previsto anche lo studio delle armi bianche.
Fonti
- Federation WJJF/WJJKO.
- World Ju-Jitsu Corporation.
- European Ju-Jitsu Federation (EJJF).
- Federazione Ju Jitsu Italia.