Sommario
Cominciamo questa incursione nel subcontinente indiano da Agra, importante e caotica città dell’Uttar Pradesh. In essa il turista troverà, per fortuna un po’ discosti dagli orrori di una urbanizzazione forsennata e priva di regole, tre gioielli di valore assolutamente eccezionale, parte fondamentale di ciò che resta dell’Impero Moghul, cioè della dominazione musulmana sulla gran parte dell’India, durata quasi tre secoli a partire dalla prima metà del 1500.
Agra: la suggestione del Taj Mahal, il palazzo-tomba
Il primo sito è famosissimo e figura nella lista Unesco così come in tutte le classifiche, più o meno autorevoli, sui monumenti da visitare almeno una volta nella vita. Parliamo del Taj Mahal, il palazzo-tomba costruito alla metà del 1600 dall’imperatore Shah Jahan in memoria della sua moglie preferita Mumtaz. La costruzione del mausoleo richiese oltre vent’anni, un budget incommensurabile, ventimila artigiani abilissimi e materie prime di grande pregio provenienti da tutta l’Asia. Il risultato però è ancor oggi strabiliante sul piano artistico ed estremamente commovente su quello emotivo.
L’imperatore, così come noi visitatori, era in grado di affacciarsi dalla sua residenza e vedere il Taj Mahal in lontananza, lungo il fiume Yamuna. Quel palazzo è oggi il secondo must di una visita ad Agra. Si tratta del Forte rosso, simile ad altri che si trovano nell’India del nord, sia a Delhi che in Rajastan. Costruito un po’ prima del Taj Mahal, è un palazzo fortificato sede degli imperatori Moghul. All’interno offre, con un continuo effetto-sorpresa, un’incredibile successione di spazi sempre più vasti e raffinati, con giardini, padiglioni, torri, saloni rivestiti in marmo o decorati con altrettanto sfarzo. Più ci si addentra e più si rimane storditi dalla quantità e qualità degli ambienti! (www.agrafort.gov.in)
Fatehpur, la “città della vittoria”
Usciti da Agra, dopo una quarantina di chilometri troverete una città concepita e realizzata con uno spirito che potremmo definire rinascimentale. Doveva essere, alla fine del 1500, una città ideale, la nuova perfetta capitale dell’Impero Moghul. Il nome significa “città della vittoria”. Eppure dopo una quindicina d’anni Fatehpur fu abbandonata, non si sa bene se per un’improvvisa mancanza di acqua o per motivi geopolitici, che comunque per fortuna non hanno impedito il suo restauro e la perfetta conservazione come monumento. Vale anche per Fatehpur quanto detto per il Forte Rosso. Si lascia il primo cortile, con un meraviglioso giardino, e si entra nel secondo, ancor più grande, con una gigantesca fontana che faceva da sfondo a spettacoli di danza. Ma è solo l’inizio, perché oltre questo ci sono ancora decine di ambienti altrettanto grandi e curati, con bassorilievi, affreschi, tetti in maiolica e così via.
Alla scoperta di Varanasi
Restando nel grande stato dell’Uttar Pradesh, obbligatoria la visita a Varanasi. La grande città sul Gange offre, come le altre, arte e spiritualità, cultura millenaria e convivenza (difficile) fra culture e religioni. Ma non aspettatevi un luogo mistico come Assisi o Santiago de Compostela. Qui il degrado urbano è forse ancora superiore a quello di altre metropoli indiane. Eppure a Varanasi arrivano non solo e non tanto turisti, ma soprattutto pellegrini da ogni parte dell’India, con un flusso costante di rupie verso questa città, nella quale però tutto resta precario e sull’orlo del collasso.
Ma vediamo perché una visita a Varanasi è comunque un’esperienza indimenticabile. Come minimo una serata e una mattinata devono essere dedicate all’esperienza che tutti gli induisti hanno l’obbligo di fare almeno una volta nella vita a Varanasi, lungo la riva occidentale del Gange. Naturalmente, Dopo aver visto alcuni templi buddisti e induisti, la Stupa di Sarnath, il vicino museo archeologico con opere meravigliose e anche, fra mille controlli antiterrorismo, la grande moschea nel sovraffollato e degradatissimo centro storico.
Il rituale del bagno nel Gange
Il bagno nelle acque limacciose del fiume, fatto scendendo i ghat (le scalinate che si immergono in acqua) in almeno cinque diversi punti, può essere osservato di prima mattina da una barca. Ma anche il macabro rituale della carbonizzazione dei cadaveri, eseguito sempre a scopo religioso in vari punti del lungofiume.
In mezzo ai fedeli, poi, succede di tutto. Ampi tratti di scalinate sono occupati dai panni stesi ad asciugare per terra, mentre branchi di scimmie giocano sui parapetti e sulle terrazze di palazzi talvolta artistici e meravigliosamente conservati, altre volte chiaramente abusivi o disastrati.
Tutto questo avviene fra le 5 e le 7 di mattina. In genere, scesi dalla barca, si torna in albergo per la prima colazione. Alle 7 di sera, invece, e dunque prima di cena, si va sempre sul Gange ma in un punto preciso della riva, di fronte al quale turisti e fedeli si possono sedere comodamente in una specie di platea galleggiante formata da decine di barche ancorate. Si lascia un’offerta e, armati di repellente antizanzare, si attende l’arrivo dei sette bramini, cioè giovani appartenenti alla casta dei sacerdoti, che danno vita a una cerimonia certamente suggestiva.
India da gustare: un paradiso di spezie, ideale per i vegetariani
Quanto al cibo, se vi piacciono le spezie e le miscele di spezie come il curry, questo è il paradiso. Se poi non amate la carne o siete vegetariani, meglio ancora, perché qui le carni sono servite solo negli hotel per gli occidentali. Se non le chiedete, potete mangiare per giorni e giorni tranquillamente, senza essere costretti – come in Italia – a rifiutare offerte di bistecche e braciole. Le verdure sono ottime, ma per motivi di igiene è sempre opportuno mangiarle cotte. Quindi non è un posto per crudisti, a meno che non vogliate correre rischi che potrebbero rovinarvi il viaggio per almeno un paio di giorni. E succede, succede sempre.