Banchetti, danzatori, suonatori, giocolieri, demoni, divinità, animali più o meno mostruosi, paesaggi… Sono tanti i motivi degli affreschi dipinti sulle pareti delle tombe etrusche di Tarquinia, che “svetta” su un colle attorniato da ripidi strapiombi sulla riva sinistra del fiume Marta.
C’è anche uno snello tuffatore, completamente nudo, sospeso in aria subito prima di immergersi nel mare, tra i personaggi che popolano la necropoli di Monterozzi che, ricchissima delle sue circa 6.000 sepolture databili dal VII secolo avanti Cristo, si stende su una collina vicina al centro della cittadina laziale.
Nonostante il depauperamento di questo straordinario patrimonio a opera dei tombaroli, è impressionante ed emozionante vagare tra le “poche” tombe visitabili, le cui pitture parietali ancora conservano la vivacità dei colori e delle espressioni delle figure, pur aggredite dall’implacabile umidità.
Un museo ricchissimo e molto elegante
Proprio per preservarle, alcune pitture sono state distaccate e trasferite nel museo archeologico nazionale di Tarquinia, ospitato nel palazzo Vitelleschi, mirabile edificio del primo Rinascimento, che accoglie i visitatori con un armonioso cortile delimitato su due lati da un leggiadro porticato a duplice ordine.
Bello il contenitore, ma forse ancor più il contenuto che, tra antichi sarcofagi, vasi greci ed etruschi e suppellettili recuperate nelle tombe, riserva due chicche sorprendenti. La scultura in terracotta dei due cavalli alati, che faceva parte della decorazione del frontone del tempio etrusco dell’Ara della Regina, e il gruppo del Mitra tauroctono (che uccide il toro).
Si tratta di un superbo gruppo marmoreo di epoca romana proveniente da scavi clandestini, fortunatamente recuperato dai carabinieri; solo pochi anni fa è stato portato in questo museo dove s’impone per la sua fattura e per il simbolismo del culto misterico del dio Mitra.
La storia che prosegue, dopo gli Etruschi
L’interesse della cittadina laziale non è solo dovuto alle suggestioni etrusco-romane; vagabondare per il suo centro storico, magari fuori stagione, è molto rilassante e una gioia per gli occhi. Tra chiese e torri medievali, non ci si può non imbattere in Santa Maria in Castello, austera nella sua semplicità, che, alta su uno sperone a dominare il paesaggio circostante, ha il fascino dei posti belli ma poco frequentati. Non trascurate comunque i magnifici dettagli cosmateschi.
Ma Tarquinia non finisce qui; al di là della porta Castello, vicino all’ex mattatoio, addossata alla roccia del colle, troverete la fascinosa Fontana Nova, anch’essa medievale, così chiamata perché probabilmente ne ha sostituito una ancora più antica.
Due consigli per la sosta golosa…
Dopo tanto girovagare è d’obbligo una sosta gastronomica; in città vi consiglio Namo Ristobottega, un locale legato a Slow Food ma recensito anche dalla guida Michelin.
Un po’ fuori città, invece, molto interessante è l’agriturismo Casale Poggio Nebbia, dove c’è un ristorante accogliente e molto curato.
© Brugam