Sommario
Il suicidio è un comportamento autolesivo intenzionale ideato per porre fine alla propria vita. Il comportamento suicidario comprende il suicidio, il tentato suicidio (non completo) e l’ideazione suicidaria (ideazione e pianificazione del suicidio).
Non è ascrivibile a una sola causa specifica, si deve piuttosto all’interazione di più fattori.
Tra questi rientrano fattori distali come quelli genetici e traumatici (soprattutto infantili), quelli di sviluppo come la personalità e deficit cognitivi e i fattori prossimali che includono i disturbi psichiatrici, psicologici e i disagi socioeconomici.
Da soli, i fattori di rischio non sono in grado di causare il comportamento suicidario ma si rafforzano vicendevolmente.
L’OMS considera il suicidio un problema di salute pubblica molto complesso e ha creato linee guida e fornito raccomandazioni per interventi di prevenzione al suicidio che siano efficienti ed efficaci.
Cos’è il suicidio e cosa si intende per rischio o comportamento suicidario
E’ un comportamento autolesivo messo in atto con lo scopo di porre fine alla propria vita. Il comportamento suicidario include il suicidio completo, il tentato suicidio e l’ideazione suicidaria.
E’ un termine che deriva dal latino “sui” (genitivo del pronome riflessivo) che significa a “sé stesso”, e dal suffisso “-cida” (dal verbo caedere, uccidere) che significa “uccisore”.
Non è una malattia ma un comportamento che può (o meno) essere conseguenza di una psicopatologia o di un disagio psicologico. Il comportamento suicidario comprende, dunque, il suicidio, il tentato suicidio e l’ideazione suicidaria.
Potremmo definire questo comportamento specie-specifico, caratteristico dell’essere umano. Esso, infatti, non è riscontrabile in altre specie animali sebbene siano stati osservati dei comportamenti autolesionistici negli animali tenuti in cattività.
Spesso, rappresenta, per chi lo commette, la via d’uscita migliore da una situazione di sofferenza fisica o psicologica. Banalmente si potrebbe pensare che riguardi esclusivamente il singolo, il suicida.
In realtà, quando qualcuno muore suicida, la sua morte colpisce non solo la famiglia e i parenti ma anche gli amici e la piccola comunità di cui faceva parte (gruppo religioso, gruppo sportivo, coetanei, vicini di casa, compagni di classe).
Ad oggi, è uno dei maggiori problemi di salute pubblica e uno degli obiettivi principali della comunità internazionale di sanità pubblica rappresentando una delle maggiori cause di morte dei giovani in tutto il mondo.
Comportamento suicidario
È un comportamento autolesivo caratterizzato da un intento letale. Esso non va confuso con il comportamento autolesionistico il cui unico fine è quello di provocare dolore fisico in assenza di intento suicidario.
Il comportamento suicidario comprende:
- Il suicidio. Atto consapevole e intenzionale con cui ci si toglie la vita.
- Tentato suicidio. È un suicidio incompleto, un atto autolesivo e intenzionale che aveva lo scopo di portare alla propria morte ma questa non si è verificata.
- Ideazione suicidaria. È definita come l’insieme di tutti quei pensieri e pianificazioni (dove, quando e come) relativi al suicidio che un individuo ha. L’ideazione suicidaria può essere definita “attiva” quando l’individuo immagina e pianifica la propria morte nei dettagli (modi, circostanze e mezzi), o “passiva” quando non viene ideato un piano specifico ma è presente esclusivamente il desiderio di morire.
La transizione dall’ideazione suicidaria alla messa in atto non è sempre diretta. La transizione si verifica molto spesso quando c’ è comorbilità di un disturbo depressivo maggiore con altri disturbi psicologici e sono presenti altri fattori di rischio. Il passaggio all’azione inoltre viene favorito o sfavorito dalla presenza e dall’accessibilità ai mezzi e alle opportunità di suicidio.
Questo significa che:
- Nonostante un individuo manifesti ideazione suicidaria potrebbe non passare mai all’azione (dipende da diversi fattori e circostanze).
- Nonostante un individuo sia intenzionato ad agire e abbia pianificato tutto, potrebbe non riuscirci perché non riesce ad accedere ai mezzi per farlo (pesticidi, armi, corde ecc.).
Rischio suicidio
E’ il rischio che un individuo metta in atto un comportamento suicidario.
Il rischio è influenzato da molteplici fattori. Il modello bio-psico-sociale propone che fattori genetici e biologici, fattori psicologici e clinici, sociali ed esperienziali contribuiscano tutti alla modifica del rischio di suicidio.
Tutti questi fattori, tuttavia, non hanno lo stesso risultato su individui differenti perché esistono dei fattori protettivi che possono diminuire lo stesso rischio.
Tra questi rientrano:
- Personalità.
- Solidità della rete familiare e sociale.
- Età (minore di 15 anni e maggiore di 75).
I fattori di rischio possono essere distinti anche in fattori prossimali, di sviluppo o distali (vedi successivamente).
Tipologie di suicidio
È un atto autolesivo che l’individuo mette in pratica al fine di porre fine alla propria vita. Esistono diverse tipologie di suicidio che si differenziamo per le circostanze.
- Suicidi di impulso. Sono suicidi che vengono messi in atto senza riflessione, senza pianificazione o premeditazione. Questo non significa che gli individui che lo mettono in atto sono impulsivi ma soltanto che il loro gesto è stato commesso d’impulso in circostanze straordinarie e impreviste. Generalmente non vi sono avvisaglie o segnali d’allarme che lo facciano prevedere.
- Suicidi non impulsivi. I suicidi pianificati sono quelli che si verificano tipicamente, sono i più frequenti. Generalmente sono innescati da una serie di circostanze ed eventi scatenanti rafforzati dalla presenza di numerosi fattori di rischio.
- Suicidio di protesta. Sono suicidi in cui l’individuo pone fine alla propria vita come atto di sacrificio per una causa più grande che egli pensa ne sia degna. La motivazione alla base generalmente è religiosa o politica e rappresenta la forma di protesta più estrema.
- Suicidio di massa. Il suicidio di massa è il suicidio contemporaneo di più persone, che generalmente appartengono a uno stesso gruppo sociale. Questi possono essere distinti in suicidi di massa eteroindotti, come nel caso di suicidi di massa avvenuti in popolazioni oppresse e colonizzate, e suicidi autoindotti. Questi ultimi sono suicidi di massa tipici delle sette in cui la motivazione dell’atto suicidario è legato a una percezione distorta della realtà (delirio mistico).
Eutanasia
Il termine eutanasia deriva dal greco “eu-thanatos” che significa “buona morte”.
Essa rappresenta qualsiasi atto compiuto da medici o da altri per accelerare la morte o porre fine alla vita di un individuo che ne faccia richiesta esplicita (quando ne è capace).
Spesso l’eutanasia viene confusa con il suicidio assistito.
- Eutanasia attiva diretta. Il medico o un altro professionista agisce direttamente somministrando intenzionalmente al paziente farmaci al fine di indurre la morte dell’individuo. Non richiede la partecipazione attiva dell’individuo che ne fa richiesta. È il medico che somministra il farmaco.
- Eutanasia attiva indiretta. Similmente all’eutanasia diretta, il medico o un’altra persona somministrano dei farmaci al paziente che servono ad alleviare le sofferenze ma che indirettamente possono accelerare la morte. Non richiede la partecipazione attiva dell’individuo che ne fa richiesta. È il medico che somministra il farmaco.
- Passiva. In questo caso l’individuo rinuncia alla rianimazione o al sostentamento vitale. Non richiede la partecipazione attiva dell’individuo che ne fa richiesta. Il medico si astiene da qualunque manovra o intervento che potrebbero prolungare la vita del paziente.
- Suicidio assistito. In questo caso l’individuo gioca un ruolo attivo nella propria morte. Infatti, è l’individuo stesso che, in modo consapevole, determina la propria morte, autosomministrandosi dosi letali di famarci. Nel suicidio assistito il medico ha il solo scopo di preparare il farmaco (assistere il paziente) ma questo verrà assunto in autonomia dal paziente.
Suicidio: qualche dato statistico
E’ un fenomeno che negli ultimi anni ha subito un rapido aumento e che probabilmente nel futuro subirà ulteriori crescite e impennate.
Il suicidio e i tentativi di suicidio non sono fenomeni circoscritti a una determinata classe sociale e/o culturale, ma fenomeni ubiquitari che possono colpire qualunque famiglia e in qualunque contesto.
Sicuramente esistono numerosi fattori di rischio come il sesso, l’età, aspetti socioculturali ed economici, psichiatrici e psicologici, abuso di sostanze e alcol che aumentano la probabilità di comportamenti suicidari.
Tuttavia, da soli, questi fattori non possono essere identificati come la causa dei comportamenti suicidari.
Numeri
I suicidi, secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono oltre 800.000 in tutto il mondo ogni anno, e secondo l’ISTAT circa 4000 ogni anno in Italia.
In passato, fino agli anni ’80 circa, il tasso di suicidi è sempre stato maggiore per gli uomini adulti rispetto ad altre fasce d’età. Nel corso del tempo il suicidio è diventato sempre più comune e frequente in fasce d’età molto giovani.
Infatti, sebbene la fascia d’età con il tasso più elevato di suicidi sia quella tra 45-64 anni, il suicidio rappresenta la quarta principale causa di morte in età giovanile (15-29 anni).
Un altro fattore di rischio demografico è rappresentato dal genere. I dati mostrano, infatti, un’incidenza maggiore di suicidi per gli uomini rispetto alle donne per tutte le fasce d’età con un rapporto di circa 4 a 1.
La posizione geografica invece, non sembrerebbe essere un fattore rilevante, sebbene alcune ricerche dimostrino in Italia un numero più alto di decessi per suicidio al Nord rispetto al Sud e al Sud rispetto al centro.
Per quanto riguarda i tentativi di suicidio i dati sono ancora più allarmanti. L’OMS stima che vengano commessi circa 20 tentativi di suicidi per 1 suicidio che viene compiuto (molti tentativi non sono neanche registrati) soprattutto tra i giovani (15-24 anni).
Altri studi hanno dimostrato inoltre differenze di genere tali per cui gli uomini tenderebbero a commettere suicidio completo con più frequenza rispetto alle donne, mentre queste ultime più tentativi di suicidio.
I suicidi in rapido aumento
Il suicidio è un fenomeno presente da sempre nel mondo e in Italia, ma che nel corso del tempo, a partire dagli anni ’80 circa, ha subito una costante e lenta riduzione fino ai minimi storici del 2007.
A partire dal 2008, in Italia, si è assistito a un progressivo aumento dei tassi di suicidio, inizialmente solo tra gli anziani e successivamente tra i giovani e i giovanissimi. Dal 2020 al 2022 gli effetti dell’isolamento (misura preventiva per la diffusione della pandemia da Covid-19) sulla socialità, soprattutto dei giovani, sono stati disastrosi.
Anche la crisi economica che ha accompagnato questi anni e che ci si attende per i prossimi non è rassicurante ma preoccupa gli scienziati.
Essa rappresenterebbe un altro grandissimo fattore di rischio per il benessere psicologico e fisico dell’individuo.
Secondo i ricercatori, il tasso di suicidi nel mondo è destinato ad aumentare nel corso degli anni a causa di numerosi fattori che si prevede possano influenzarne l’andamento.
Tra questi sicuramente rientrano le crisi economiche e la crisi climatica. Anche l’avanzamento tecnologico ha i suoi contro, con internet stiamo perdendo la capacità di coltivare relazioni interpersonali vis a vis. Non sappiamo relazionarci con l’altro, riconoscere le emozioni ed entrare in empatia con il nostro interlocutore, non sappiamo essere presenti all’altro.
Tutto ciò aumenta i sentimenti di solitudine e l’isolamento sociale che possono condurre a disagio psicologico e suicidio.
Suicidi e cambiamento climatico
Nel 2050, probabilmente i dati relativi ai tassi di suicidi e tentativi di suicidio saranno sconcertanti. Una delle cause più assurde, ma che sembrerebbe giocare un ruolo importante, è il cambiamento climatico.
Come sappiamo, tutti i tipi di cambiamento ambientale (fisico, climatico, sociale) agiscono direttamente e indirettamente sulla nostra salute e sul nostro organismo sottoponendolo a uno stress.
Lo stress è una risposta psicofisiologica dell’organismo a uno stimolo ambientale e può causare una sintomatologia fisica e/o organica più o meno grave.
Un team della Stanford University ha dimostrato che l’aumento della temperatura è correlato a un aumento del tasso di suicidi. È presumibile che con la crisi climatica che ci attende e l’aumento delle temperature generali, ci sarà un aumento del tasso di suicidi nel mondo. Dal punto di vista psicologico i cambiamenti climatici generano due tipologie di conseguenze: cognitive ed emotive.
A livello cognitivo, le alte temperature hanno effetti negativi su una vasta gamma di capacità. La percezione viene alterata (es. il dolore è percepito come più intenso quando fa caldo) come anche l’elaborazione delle informazioni (con le alte temperature si hanno maggiori difficoltà nella risoluzione di semplici problemi) e le capacità psicomotorie.
Dal punto di vista emotivo, questi cambiamenti climatici causano molta preoccupazione per il futuro soprattutto nei giovani.
Questi manifestano sempre più spesso sentimenti di impotenza, senso di colpa, rabbia e ansia. I malesseri derivanti dallo stress fisico e psicologico possono condurre a psicopatologie e nei casi più gravi al suicidio.
Cause del suicidio e soggetti a rischio
Nessun fattore da solo rappresenta un predittore assoluto del suicidio. I fattori di rischio determinano una modificazione della possibilità di comportamento suicidario.
Il suicidio non può essere ascrivibile a una sola causa specifica. Nella maggior parte dei casi, è l’interazione tra le circostanze, i vissuti e i fattori di rischio e di protezione a determinare la probabilità di rischio di suicidio.
In linea generale nessun fattore di rischio da solo è in grado di causare direttamente il suicidio e lo stesso fattore di rischio può essere più o meno importante per individui differenti.
Depressione
I disturbi dell’umore, soprattutto il disturbo depressivo, rappresentano la causa più comune del suicidio (circa 60%). Nella depressione, come anche in altre psicopatologie, il percorso neurale serotoninergico è alterato. La serotonina è un neurotrasmettitore noto come “ormone dell’umore” coinvolto nella regolazione del tono dell’umore, nel comportamento sessuale e nella regolazione del dolore.
Nella depressione il rischio suicidio è molto alto nelle prime fasi della psicopatologia e quando la terapia farmacologica non viene assunta correttamente.
Oltre alla depressione, altri disturbi psichiatrici che presentano un elevato rischio suicidio sono:
- Disturbo borderline e antisociale di personalità.
- Disturbo schizofrenico.
- Bipolarismo.
Farmaci antidepressivi
Alcune ricerche hanno dimostrano un aumento del rischio di suicidi a seguito dell’assunzione di particolari farmaci antidepressivi. Queste ricerche tuttavia, non sono univoche, definitive e chiare.
Infatti, studiare il collegamento tra l’uso di antidepressivi e suicidio è molto difficile soprattutto perché il suicidio non è tanto frequente quanto invece lo è il disturbo depressivo maggiore. Inoltre, non tutti coloro che manifestano un disturbo depressivo maggiore hanno comportamenti suicidari.
Va considerata infine, la possibilità che l’antidepressivo non sia un utile strumento per prevenire il suicidio in tutti i tipi di depressione.
Sebbene il collegamento tra antidepressivi e suicidio non sia chiaro e diretto, le implicazioni nella pratica clinica sono molto importanti.
Nei soggetti con depressione grave gli antidepressivi si sono dimostrati utili e necessari associati alla psicoterapia. Questo non è invece stato dimostrano nei soggetti con lieve depressione.
Patologie mediche
Una seconda classe di disturbi coinvolta nei comportamenti suicidari è rappresentata dalle patologie mediche neurodegenerative o ingravescenti con dolore cronico.
Il dolore cronico, infatti, riduce significativamente la qualità della vita.
Molte azioni quotidiane sono precluse, spesso si ha necessità di assistenza e il dolore è continuo, incessante e insopportabile. Questo ha delle notevoli implicazioni psicologiche, genera emozioni di rabbia, senso di inutilità e peso, disperazione e agitazione.
L’isolamento è una conseguenza molto probabile ed è frequente sviluppare un disturbo depressivo con abuso di analgesici, oppioidi o sostanze stupefacenti per diminuire il dolore.
La depressione e il suicidio sono molto comuni anche in chi soffre di sindromi come la sclerosi multipla, morbo di Parkinson (fino al 17%) e corea di Huntington.
Esse possono anche verificarsi con una certa frequenza in altre patologie come AIDS ed epilessia del lobo temporale, che influenzano il funzionamento cerebrale.
Abuso di sostanze
Il suicidio può essere conseguenza dell’abuso di sostanze come Cannabis (uso prolungato), Ecstasy, Anfetamina, Cocaina, farmaci soprattutto analgesici.
È doveroso fare una precisazione importante. In seguito all’assunzione e all’abuso di sostanze è molto frequente l’insorgenza di un disturbo depressivo maggiore che aumenta la probabilità di suicidio.
Tuttavia, è anche vero che l’abuso di sostanze può essere una complicazione (conseguenza) di alcune psicopatologie come la schizofrenia, la depressione stessa e i disturbi di personalità.
Il legame, dunque, tra abuso di sostanze, soprattutto alcolismo, disturbi dell’umore e suicidio è molto stretto quanto complesso.
Le evidenze scientifiche dimostrano che il rischio suicidario è circa 6 volte maggiore per chi ha un disturbo da abuso di sostanze rispetto a un individuo che non ne fa uso.
L’uso di cocaina, oppioidi e sedativi genera una probabilità maggiore di suicidio in chi ne fa uso rispetto all’uso di altre sostanze.
Come detto più volte, le droghe, come anche gli analgesici, possono essere utilizzati come “rimedio” a un disagio sociale o psicopatologico. Spesso per sfuggire a una realtà che non ci piace o non ci soddisfa, o per alleviare i sintomi di un disturbo depressivo, l’alcol sembra essere una buona soluzione.
Essendo una sostanza con effetti disinibitori però può favorire la transizione dall’ideazione suicidaria, che spesso caratterizza la depressione, all’atto vero e proprio. L’alcol infatti è una delle sostanze determinanti nei comportamenti suicidari.
Segnali d’allarme e fattori di rischio
Non sempre esistono dei segnali d’allarme che ci permettono di anticipare e prevedere il suicidio. Tuttavia, nella maggior parte dei casi sì, ed è di fondamentale importanza non sottovalutarli e tenerli sotto controllo.
Il suicidio può non essere accompagnato da segnali d’allarme. Nella maggior parte delle circostanze, tuttavia, è possibile fare attenzione ad alcuni particolari che potrebbero (in base alle circostanze e situazioni) essere cruciali nella prevenzione del suicidio.
Quando esistono e sono presenti i segnali d’allarme è necessario che questi vengano presi sul serio per poter agire prontamente. Sia che sia tu in prima persona a vivere una situazione di disagio estremo, e a mostrare alcuni di questi segnali, sia che sia un tuo parente o amico.
Chiedi aiuto anche se pensi che ci sia una sola piccolissima possibilità di rischio.
Suicidio: segnali d’allarme
I segnali d’allarme a cui prestare attenzione sono:
- Tentativo di suicidio precedenti.
- Ricerche sui metodi per suicidarsi.
- Battute o frasi riguardanti la voglia di porre fine alla propria vita.
- Depressione.
- Disperazione.
- Sentirsi intrappolati e senza via d’uscita.
- Incapacità di vedere e trovare soluzioni e incapacità di gestire situazioni di stress.
- Senso di inutilità e di vuoto.
- Senso di colpa e vergogna.
- Pensieri ricorrenti di morte.
- Umore depresso, sbalzi d’umore, tristezza estrema spesso non giustificata dalle circostanze.
- Comportamenti rischiosi e sregolati, aggressivi e impulsivi.
- Rabbia improvvisa.
- Cambiamenti repentini delle abitudini, comportamenti e atteggiamenti.
- Cambiamenti repentini di peso.
- Autolesionismo.
- Alterazioni del sonno.
- Sentirsi soli anche in presenza di altri, sentirsi sempre fuori posto.
- Tendenza a isolarsi dagli amici e dalla famiglia.
- Difficoltà a mantenere le relazioni sociali o a gestirle adeguatamente.
- Difficoltà o incapacità nel mantenere il posto di lavoro, difficoltà scolastiche improvvise.
- Trascuratezza del proprio aspetto fisico e dell’igiene rispetto alla condizione precedente.
- Consumo (o aumento del consumo) di alcol o droghe.
- Disfarsi delle cose a cui prima si teneva.
- Sistemare le proprie faccende, conti e/o situazioni in sospeso.
- Storia di abusi fisici, sessuali, psicologici e verbali.
- Morte per suicidio di un proprio caro o amico.
- Raccogliere grandi quantitativi di farmaci o sostanze stupefacenti.
- Richiedere accesso a strumenti insoliti (armi da fuoco, fuochi d’artificio, sostanze chimiche, corde).
Frasi e comportamenti a cui fare attenzione
- Starei meglio morto.
- Voglio farla finita.
- Non ha senso vivere, non ne vale la pena.
- Tanto presto non soffrirò più.
- Sono stanco di combattere continuamente, manca poco.
- Che speranze ho per il futuro?
- Se io non ci fossi nessuno se ne accorgerebbe.
- Se io morissi tutti sarebbero più contenti.
- Non ce la faccio più, sono stanco di tutto e di tutti.
- Sono un fallito, ho fallito in tutto, non c’è speranza per me.
- Sono solo, nessuno mi ama o mi vuole bene.
- Ogni cosa ha perso significato.
Comportamenti
- Aggiornare il testamento.
- Dire addio alle persone care.
- Assicurarsi che qualcuno si prenderà cura di chi si sta lasciando (figli, genitori, anziani).
Falsi miti da sfatare: alcune indicazioni
- Se qualcuno si vuole suicidare non lo dice a nessuno, lo fa senza preavviso. Falso.
- Chi parla di suicidio non lo vuole commettere veramente, forse cerca solo attenzioni! Falso.
- Solo chi è depresso si suicida! Falso.
- Parlare di suicidio incoraggia a commetterlo! Falso.
- Se qualcuno tenta il suicidio non lo rifarà! Falso.
- Se hai tentato il suicidio sei a rischio tutta la vita e lo rifarai! Falso.
Suicidio: cosa bisogna sapere
- Chi vuole suicidarsi, nell’oltre 80% dei casi, cerca di comunicarlo in qualche maniera più o meno esplicitamente. I segnali d’allarme, anche se deboli, esistono. Non necessariamente si lascia un biglietto o un testo scritto anche se alle volte capita.
- Chi parla di suicidio o mostra ideazione suicidaria potrebbe non passare mai all’azione. Ma se lo fa? Non è più un tentativo. È possibile che chi tenta il suicidio utilizzando strumenti poco letali stia cercando effettivamente attenzioni, aiuto, ma non riesce a comunicarlo in altra maniera. Altri motivi dell’utilizzo di mezzi poco letali potrebbero essere la reperibilità, le possibilità economiche e l’impulsività. In quest’ultimo caso si utilizzeranno gli strumenti a disposizione senza pensare alla probabilità di successo dell’atto.
- Il disturbo mentale può sfociare in comportamenti suicidari, tuttavia, non tutte le persone con disturbo mentale si suicidano. Allo stesso modo non tutti coloro che si sono suicidati o che si vogliono suicidare soffrono di una psicopatologia.
- Chi pensa al suicidio lo fa a prescindere che qualcuno ne parli. Parlarne non è un incoraggiamento a commetterlo, anzi, allevia il disagio e riduce la vergogna e lo stigma associati al suicidio e alla psicopatologia.
- Il rischio suicidio per chi ha tentato il suicidio in precedenza è molto alto.
- Nulla è definitivo. La psicoterapia e la terapia farmacologica possono aiutare a ridurre i sintomi depressivi, ad elaborare i sentimenti e le emozioni, modificare i comportamenti e gli atteggiamenti disfunzionali e indagare le cause del malessere e delle difficoltà.
Suicidio: cosa fare per intervenire in tempo
E’ un problema di sanità pubblica che deve essere preso seriamente in considerazione. Tutti noi possiamo aiutare a prevenirlo facendo attenzione ai segnali d’allarme e mettendo in atto delle piccole accortezze.
Il suicidio, come anche le patologie psichiatriche, nel nostro paese, rappresentano ancora un tabù di cui non si deve parlare o di cui si ha vergogna e paura di parlare. Sicuramente il nostro retaggio culturale cattolico ha giocato la sua parte.
Il suicidio, infatti, viene ritenuto dalla chiesa un peccato mortale e solo il pensare al suicidio rappresenta una vergogna per il soggetto in primis e per la famiglia.
Sapere cosa fare, chi chiamare, a chi rivolgersi in caso di comportamento suicidario potrebbe aiutare a salvare una vita.
Cosa fare in caso di depressione o disagio psicologico
Il suicidio è spesso una conseguenza di un disturbo psicologico come la depressione. Sia che sia tu a soffrire di depressione, sia che sia qualcuno al tuo fianco, puoi adottare delle semplici indicazioni:
- Non scoraggiarti e non credere di essere il/la solo/a.
- Riconosci i sintomi della depressione e accetta la loro presenza, non minimizzare i disagi, e non criticare (soprattutto te stesso).
- Rivolgiti a un professionista della salute.
- Non vergognarti di ciò che provi o senti.
- Non isolarti, cerca di rimanere in contatto con chi ti circonda, con i familiari e gli amici.
- Non prendere decisioni importanti quando senti che le emozioni negative stanno prendendo il sopravvento, prenditi del tempo.
- Non assumere droghe o farmaci se non prescritti.
- Segui uno stile di vita e un’alimentazione sani, cerca di svagarti, di avere un buon riposo.
- Poniti dei piccoli obiettivi e complimentati per i risultati ottenuti in qualunque ambito.
Cosa fare se pensiamo di essere a rischio suicidio o che lo sia un nostro amico o familiare
Se sei a rischio suicidio, chiama i numeri di emergenza. 118 (pronto soccorso), 112 (numero di emergenza unico in tutta Europa), 02 2327 2327 (telefono amico), 06 77208977 (Samaritans Onlus). Chiama un amico, un parente o qualcuno che ti possa sostenere e aiutare.
- Mantieni la calma.
- Resta vicino alla persona che ha intenzione di suicidarsi oppure se la persona a rischio sei tu, cerca di rimanere in mezzo alle persone e agli amici, se riesci.
- Cerca di parlare con la persona che vuole suicidarsi per distrarla e prendere tempo fino all’arrivo degli aiuti. Se sei tu, parla con qualcuno, qualche amico e chiedi aiuto a lui/lei.
- Fai sentire alla persona che vuole suicidarsi la tua presenza, non dare consigli, ascolta e sii presente. Trascorri del tempo con lui/lei. Dimostra alla persona che vuole suicidarsi che stai prendendo sul serio le sue parole. Cerca di comprendere la sua situazione e proponi di rivolgervi a un professionista della salute in grado di darvi maggiori informazioni.
- Se è qualcuno che conosci a essere a rischio suicidio e vi è pericolo immediato (ponte, armi da fuoco) non mettere a repentaglio la tua vita. Gli operatori dovranno occuparsi di due vite e non di una.
- Se sei stato presente a un tentativo di suicidio, un suicidio, un comportamento a rischio suicidio rivolgiti a qualcuno per poterne parlare ed elaborare la tua esperienza. Non minimizzare la situazione.
Suicidio: prevenzione e terapie
Rivolgersi a un professionista della salute è sicuramente un’azione vincente per contrastare il suicidio. Prevenirlo è fondamentale, anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza.
È un fenomeno autolesivo e consapevole della persona che lo commette e che ha delle importanti ripercussioni negative dirette e indirette sulla famiglia e non solo.
È un problema di salute pubblica che viene affrontato poco, con molti tabù e stigmatizzazioni, con poca attenzione e delicatezza.
Molti tentativi o ideazioni suicidari non vengono denunciati né dall’individuo né da chi lo circonda, per vergogna o paura del giudizio degli altri, per le conseguenze della chiesa cattolica o perché non sono scoperti.
La suicidalità è un fenomeno condizionato non solo da fattori personologici, personali e familiari ma anche da fattori sociali ed economici come una disoccupazione di lunga durata, licenziamento, un passato migratorio.
Aiutare le persone che attraversano una crisi suicidaria è un compito che spetta all’intera società e che richiede l’impegno di tutti: singoli cittadini, professionisti e responsabili politici.
Di fondamentale importanza è la possibilità di rivolgersi a professionisti della salute in grado di aiutarti a comprendere il problema e le sue radici al fine di poterlo arginare o risolvere.
Conoscere e favorire la condivisione di informazioni utili sul suicidio è importante anche per far sì che gli individui non si sentano unici, incompresi e senza speranze, che riescano a vedere che esistono delle alternative e che nulla è immodificabile.
Prevenzione: tentato suicidio e le ricadute
Dopo un tentato suicidio la probabilità di un nuovo tentativo di suicido è molto elevata soprattutto nel breve periodo.
Dopo il periodo iniziale, il pericolo diminuisce ma rimane molto elevato per i successivi 6-12 mesi. Proprio per questo motivo vi sono alcune raccomandazioni e accortezze che si dovrebbero seguire per ridurre il rischio di suicidio in questi pazienti dopo il ricovero.
- Prima della dimissione vanno informati familiari e il paziente stesso sul rischio di suicidio futuro e sulle azioni da intraprendere una volta a casa.
- Entro una settimana andrà effettuato un follow-up che potrà avvenire in diverse strutture pubbliche o private.
- I familiari dovranno essere informati (ma potranno farlo anche in autonomia) delle attività ambulatoriali che dovranno necessariamente essere svolte post-dimissioni e dei servizi di assistenza a loro disposizione in caso di necessità.
- Il paziente non dovrebbe essere lasciato solo nelle prime settimane dopo le dimissioni e/o dopo il tentato suicidio.
- I familiari devono informarsi quotidianamente sulla condizione sia psicologica (umore, energie) che fisica del loro caro.
- I familiari dovranno limitare le possibilità di accesso ai mezzi letali mettendo in sicurezza, per quanto possibile, la casa. Ad esempio, limitare l’accesso a medicinali, armi da fuoco, pesticidi, corde, ecc.
- I familiari dovranno assicurarsi che, qualora sia stata prescritta una terapia farmacologica, il paziente la segua attentamente.
Suicidio in ambito scolastico
La prevenzione del suicidio in ambito scolastico è molto importante dal momento che il suicidio rappresenta la quarta causa di morte tra i giovani.
Poiché gli studenti e adolescenti trascorrono molta parte del loro tempo nelle scuole e negli ambienti scolastici, una prevenzione che si attui in questi luoghi è un utile strumento che non solo contrasta i comportamenti suicidari ma anche le conseguenze che questi hanno a livello scolastico e sociale.
Cosa può fare la scuola
Tra le azioni che possono essere adottate a livello scolastico vi sono:
- Promuovere l’inclusione.
- Promuovere lo sviluppo di una buona autostima e una buona self efficacy.
- Aiutare a sviluppare strategie di gestione dello stress.
- Sviluppare life skills o competenze per la vita.
- Introdurre abilità di problem solving e del pensiero divergente.
- Cercare di ridurre la stigmatizzazione di psicopatologie soprattutto la depressione, neurodiversità.
- Promuovere la creazione di gruppi di auto-aiuto e condivisione.
- Prevedere la possibilità di rivolgersi a un consulente scolastico e facilitare l’accesso a professionisti della salute per gli studenti.
- Aumentare la formazione, conoscenze e competenze degli insegnanti e degli studenti stessi in merito ai segnali di allarme, le azioni da intraprendere, il supporto da fornire in caso di comportamenti suicidari.
- Identificare adulti fidati a cui rivolgersi.
- Impegnarsi nel coinvolgere i genitori nei programmi di sensibilizzazione.
- Sviluppare programmi psico-educativi che permettano di acquisire conoscenze e informazioni in merito alle patologie psicologiche che generalmente si possiedono per poterle gestire meglio.
- Sviluppare programmi di educazione socio-affettiva che hanno lo scopo di aiutare e accompagnare gli studenti nel loro sviluppo personale e sociale.
- Creare dei protocolli di intervento locale.
Survivor: come affrontare il suicidio di una persona cara
Affrontare da soli il lutto non è facile soprattutto se chi ha commesso il suicidio è un figlio, un familiare o un amico molto vicino. Il disagio psicologico dei “sopravvissuti” è un aspetto molto importante per la prevenzione del rischio suicidio e depressione.
“Sopravvivere” al suicidio di un amico o familiare
Il suicidio, e in generale la morte, di un proprio caro (amico o familiare) lasciano sempre un vuoto e una sofferenza difficili da accettare ma che devono essere affrontati.
Scontrarsi con la morte non è mai semplice soprattutto quando è una persona cara a lasciarci e lo fa attraverso il suicidio.
È un atto difficilmente comprensibile da chi non lo commette.
Porsi delle domande e cercare risposte è una cosa abbastanza normale.
- Perché lo ha fatto?
- Era tanto infelice?
- Perché non ce ne siamo accorti?
- È mia la colpa?
Quando è un figlio adolescente a togliersi la vita i genitori spesso provano anche sentimenti di impotenza, di fallimento personale e genitoriale, si chiedono in cosa abbiano sbagliato e dove avrebbero potuto fare meglio.
Cosa aspettarsi
Il suicidio, come ogni morte, viene accompagnato da molto dolore e sofferenza che ognuno affronta ed elabora a modo suo.
Nonostante la diversità nell’affrontare la perdita causata da un suicidio è possibile evidenziare la presenza di alcuni elementi comuni.
Chi affronta il suicidio di un proprio caro (amico, compagno, collega, familiare) sperimenta spesso:
- Senso di colpa per non aver previsto il gesto o per non essere stato in grado di immaginare questo epilogo.
- Vergogna, imbarazzo e disagio nell’affrontare gli altri, le loro domande, i loro silenzi e il loro timore. Questo conduce spesso all’isolamento e alla chiusura.
- Percezione (spesso reale) di essere giudicato dagli altri (non è stato un bravo fratello, figlio, amico, come ha fatto a non accorgersene, non gli voleva bene…).
- Autocritica esagerata ed esasperata.
- Senso di abbandono e di tradimento nei confronti di chi si è tolto la vita come anche sentimenti di solitudine.
- Rabbia diretta verso il defunto che ci ha abbandonati, verso sé stessi per non averlo compreso, previsto e prevenuto, verso gli altri e il mondo.
- Rifiuto della morte del proprio caro e la non accettazione della realtà. Alle volte può capitare di chiamare il proprio figlio defunto perché la cena è pronta o chiamare il proprio compagno al cellulare per sapere quando torna per poi rendersi conto che non c’è più.
- Disturbi da stress post-traumatico, disturbi del sonno, incubi, immagini e pensieri intrusivi.
Come superare il lutto
Il dolore va accettato e vissuto, non bisogna ignorarlo.
Gruppi di supporto
I gruppi di supporto sono molto utili rappresentando dei posti sicuri e protetti in cui poter condividere la propria esperienza e i propri sentimenti riguardo al lutto senza sentirsi giudicati o additati. In questi gruppi le proprie emozioni, il proprio vissuto e il proprio disagio possono essere elaborati e accolti in un’ottica di reciprocità.
Frequentare questi gruppi può aiutare a uscire dall’isolamento, a non sentirsi soli e incompresi perché anche chi hai di fronte sta vivendo il tuo stesso dramma anche se con modalità differenti. In questi gruppi ci si confronta con il dolore altrui, ognuno porta la sua esperienza passata e le sue modalità di gestione delle situazioni (oggetti del defunto) e delle ricorrenze (Natale).
Grazie alla condivisione, i membri del gruppo acquisiscono nuove strategie di risoluzione o gestione delle difficoltà che possono (o meno) essere sperimentate. La partecipazione a un gruppo spesso facilita il percorso terapeutico, l’acquisizione di maggiore consapevolezza della propria sofferenza e la reazione.
Rete sociale
La rete di supporto familiare, di colleghi e amici rappresenta un valido aiuto per affrontare il disagio. Cerca di aprirti con loro e cerca di condividere aspetti della tua vita e di ascoltare quelli degli altri.
Psicoterapia
La terapia favorirà il tuo benessere psicofisiologico. La terapia ti aiuterà ad accettare le tue emozioni e le tue reazioni, a gestire i momenti di crisi, le immagini e i pensieri intrusivi, a ritrovare il tuo equilibrio e le tue energie.
Fonti
- López-Goñi, J. J., Fernández-Montalvo, J., Arteaga, A., & Haro, B. (2018). Suicidal ideation and attempts in patients who seek treatment for substance use disorder. Psychiatry research, 269, 542-548.
- Manuale MSD.