Sommario
Il Q.I., acronimo di Quoziente Intellettivo, è un indicatore numerico che definisce il funzionamento cognitivo di una persona.
Si calcola attraverso test standardizzati che permettono di assegnare un valore alle prestazioni cognitive. I punteggi ottenuti sono confrontati con quelli della popolazione di pari età e della stessa cultura di appartenenza. Poi, successivamente, sono convertiti, grazie ad apposite tabelle, in Q.I.
L’obiettivo è identificare punti di forza e di debolezza del soggetto sottoposto al test. Poi, valutare il livello di abilità (intelligenza) e determinare le differenze rispetto alla media della popolazione di riferimento.
Fin dai primi anni del ‘900 gli psicologi si sono posti la domanda su cosa sia l’intelligenza e come si possa misurare. I primi tentativi cercarono dunque di oggettivare e quantificare numericamente abilità, atteggiamenti e tratti che potevano rappresentare una misura diretta dell’intelligenza.
I test ad oggi più utilizzati per la misurazione del quoziente intellettivo, sono le scale Wechsler (WAIS-IV, WISC-IV e WIPPSI-IV), le Matrici di Raven e la Leiter-3.
Che cos’è il quoziente intellettivo (QI)
La parola intelligenza deriva dal verbo latino intelligere. Significa comprendere o percepire e può essere definita come la capacità di acquisire informazioni che costruiranno l’insieme delle conoscenze apprese da ciascun individuo.
Invece, il termine quoziente rimanda al concetto matematico-statistico di quantità e rapporto tra fenomeni (dal latino quotiens, quante volte).
Il concetto di quoziente intellettivo fu introdotto nel 1912 dallo psicologo William L. Stern come misura del punteggio globale dell’intelligenza di una persona. In particolare, identificò il Q.I. come il rapporto tra età mentale (EM) ed età cronologica (EC) misurato mediante la scala Stanford-Binet, moltiplicato per 100 (Q.I.= EM/EC x 100).
La scala prevedeva prove graduate per difficoltà, calibrate sull’età del soggetto sottoposto al test. I risultati erano riferiti all’età mentale (EM) del soggetto uguale, superiore o inferiore alla sua età cronologica (EC).
Il quoziente intellettivo medio per ogni livello d’età, invece, fu individuato nel valore di 100.
La misurazione del Q.I. si è evoluta ne tempo, con lo sviluppo di nuove teorie sull’intelligenza. Tuttavia, gli strumenti ad oggi in uso hanno in comune la seguente cornice teorica di riferimento:
- Concetto di Q.I. come misura correlata all’età del soggetto.
- Esecuzione di differenti prove di difficoltà crescente.
- Identificazione dei valori di norma con punteggi Q.I. al test compresi tra 85 e 115.
- Nozione di Q.I. medio =100.
Test psicometrici
La valutazione del quoziente intellettivo, affinché misuri obiettivamente le componenti cognitive di una persona, va eseguita attraverso la somministrazione di test psicometrici che devono essere:
- Standardizzati, cioè che richiedono ai partecipanti di rispondere alle stesse domande in modo che le risposte siano uniformi.
- Validi, con un alto grado di precisione rispetto a ciò che vogliono misurare.
- Attendibili, ovvero affidabili in termini di costanza nel tempo dei risultati.
Inoltre, possono essere somministrati solamente da psicologi che hanno effettuato l’esame di Stato, neuropsichiatri infantili, psichiatri e psicoterapeuti adeguatamente formati.
L’uso della valutazione del Q.I. trova ampia applicazione in contesti clinici, forensi, di selezione del personale, orientamento, ecc.
Come funzionano i test di quoziente intellettivo
Come già accennato, tutti gli strumenti psicometrici volti a valutare il Quoziente intellettivo prevedono la somministrazione di prove di difficoltà crescente, calibrate in base all’età del partecipante.
Esistono strumenti che prevedono la somministrazione di prove verbali, non verbali o test dicotomici.
Vediamo di cosa si tratta.
Prove verbali
Tra queste ci sono il test di Otis, costituito da quesiti a scelta multipla, e il test di Binet-Simon, il primo test d’intelligenza, tutt’oggi in uso, composto da una serie di 60 domande su grandi aree di apprendimento.
Binet e Simon, in particolare, osservarono che alcuni soggetti erano in grado di rispondere a domande rivolte a persone più grandi di età, ottenendo punteggi più alti.
Gli autori decisero allora di assegnare ad ogni prova un “livello di età”, definito come l’età più giovane alla quale un soggetto di intelligenza normale doveva essere in grado di completare la prova con successo.
Nello specifico, il soggetto iniziava il test con compiti adeguati per un’età più giovane e procedeva finché non era più in grado di completarli. Da qui nacquero i concetti di:
- Età cronologica, che corrisponde all’età del soggetto, espressa in anni e mesi.
- Età mentale, basata sullo sviluppo intellettivo.
Il test permette di ottenere un punteggio Q.I. totale, calcolato dal rapporto tra età mentale ed età cronologica e il cui risultato è moltiplicato per 100. Quest’ultimo è un punteggio medio ottenibile al test. Ad esempio, un bambino con un’età mentale di 12 anni e un età cronologica di 10 ha un quoziente intellettivo di 120 cioè 12/10 x 100.
Test non verbali
I test non verbali escludono dalla valutazione del Quoziente intellettivo le componenti verbali, necessariamente influenzate dal linguaggio e dal livello socioculturale del soggetto. Tra questi ci sono le Matrici di Raven (SPM – Standard Progressive Matrices), un test composto da figure incomplete il cui corretto completamento dipende dalla comprensione dei rapporti tra le parti.
La prova è strutturata in 5 serie, ognuna composta di 12 item strutturati in ordine di complessità crescente. Ogni serie presenta un particolare tipo di problema in cui bisogna identificare un’incognita. Le Matrici permettono quindi di valutare la capacità della persona di comprendere figure prive di significato, di vedere le relazioni tra di esse e di concettualizzare la figura.
Completata la prova, sommando le risposte corrette, si ottiene un punteggio dal quale è possibile ricavare il Q.I. calcolato in relazione all’età, al sesso, alla cultura e alla scolarizzazione del partecipante. Per la loro specifica tipologia, le Matrici richiedono l’attivazione generale dei processi cognitivi superiori. Tra questi, l’apprendimento, la memoria, la capacità di integrazione delle informazioni, la valutazione delle alternative di risposta e l’attenzione.
(Esempio tratto da Boncori L. “Teoria e Tecniche dei test” – Bollati Boringhieri 2002).
La Leiter-3, invece, è un test non verbale per la misura del Q.I. e dell’abilità cognitiva utilizzabile con bambini, adolescenti e adulti (dai 3 ai 75+ anni).
È un tipo di prova che pone l’accento sulle componenti non verbali del ragionamento. Questa caratteristica lo rende adatto anche a soggetti con disturbi del linguaggio, che non parlano l’italiano come lingua madre o a chi ha subito danni cerebrali o è affetto da patologie degenerative (ad esempio, Alzheimer, Parkinson e demenza).
Test dicotomici
I test dicotomici prevedono di valutare l’intelligenza attraverso l’esecuzione di prove verbali e non verbali. Tra questi, i più utilizzati sono le scale Wechsler, nella versione per adulti (WAIS), bambini (WISC) e bambini in età prescolare (WPPSI).
Una prima innovazione introdotta da Wechsler fu sostituire il Q.I. “di rapporto” con un Q.I. denominato “di deviazione” che permetteva di interpretare come valori nella norma tutti i punteggi compresi tra 85 e 115. I punteggi inferiori a 85 indicavano possibili difficoltà intellettive e i punteggi superiori a 115 indicavano invece capacità cognitive superiori (Curva Gauss).
La prima scala per adulti, la Wechsler Bellevue, fu costruita sulla base di una teoria che considerava l’intelligenza come il prodotto di abilità cognitive diverse ma correlate tra loro e dunque valutabili singolarmente attraverso prove specifiche: la comprensione verbale, la working memory, l’organizzazione percettiva e la velocità di elaborazione dell’informazione in un compito. Alla fine delle prove si otteneva un Q.I. verbale, un Q.I. di performance e un Q.I. totale.
La quarta versione del test, da pochi anni disponibile in Italia, rispetto alle versioni precedenti, permette di identificare quattro principali aree di intelligenza e due punteggi generali da utilizzare come sintesi di intelligenza generale.
Test d’intelligenza e QI: come misurare il quoziente intellettivo
La struttura della prima Wechsler Bellevue è la base delle successive scale Wechsler che rappresentano le più attendibili e più complete per la misurazione del Q.I.
Ad oggi in Italia sono disponibili la WAIS IV (per la popolazione compresa tra 16 e 90 anni), la WISC IV (per i bambini da 6 e 16,11 anni) e la WPPSI IV (per i bambini in età prescolare tra i 2,6 e 7,7 anni).
Tutti gli strumenti psicometrici per la valutazione del Q.I. sono utilizzati largamente in contesti clinici, forensi e di ricerca, in quanto forniscono una valutazione generale del funzionamento cognitivo del soggetto.
Permettono anche di condurre valutazioni neuropsicologiche, approfondimenti in ambiti specifici (ad esempio difficoltà di apprendimento, disturbi dello spettro autistico e deterioramento cognitivo). Quindi, rappresentano un ottimo strumento per la programmazione di interventi di potenziamento e recupero delle funzioni cognitive e monitorarne l’andamento.
Vediamole nel dettaglio.
Scala WAIS-IV
La scala WAIS-IV (Wechsler Adult Intelligence Scale) è composta dalle seguenti prove:
- Disegno con i cubi: misura l’abilità di analizzare e sintetizzare stimoli visivi astratti cogliendone le relazioni spaziali.
- Somiglianze: danno una stima del ragionamento verbale e del livello di formazione dei concetti.
- Memoria di cifre: offre una misura della memoria uditiva a breve termine, dalla working memory e della capacità di attenzione e concentrazione.
- Ragionamento con le matrici: misura il ragionamento fluido e il ragionamento induttivo e sequenziale.
- Vocabolario: misura la conoscenza lessicale.
- Ragionamento aritmetico: stima il ragionamento quantitativo, l’attenzione e la concentrazione.
- Ricerca di simboli: misura la velocità percettiva e di elaborazione, la coordinazione visuo-motoria, la flessibilità cognitiva e la concentrazione.
- Puzzle.
- Informazione: misura la capacità di acquisire, mantenere, recuperare informazioni di carattere generale, chiamando in causa l’intelligenza cristallizzata e la memoria a lungo termine.
- Cifrario: misura la velocità di elaborazione, la memoria a breve termine, la capacità di apprendimento, la coordinazione visuo-motoria, la flessibilità cognitiva e l’attenzione e motivazione.
Oltre a queste, il clinico può somministrare altre prove supplementari se ritiene di dover approfondire situazioni specifiche per le quali è necessaria un’ulteriore indagine o nel caso di soggetti clinici.
Le prove supplementari sono:
- Riordinamento di lettere e numeri.
- Confronto di pesi.
- Comprensione.
- Cancellazione.
- Completamento di figure.
Accanto al punteggio di Q.I. globale, gli ulteriori punteggi sono costituiti da 4 indici:
- Comprensione Verbale.
- Ragionamento Visuo-Percettivo.
- Memoria di Lavoro.
- Velocità di Elaborazione.
La WAIS, oltre al calcolo del Q.I., consente anche di eseguire una corretta diagnosi differenziale tra disturbi cognitivi e disturbi emotivi. Identifica anche l’influenza che questi ultimi possono avere sul profilo cognitivo e suggerire ulteriori approfondimenti.
Scala WISC IV per bambini in età scolare
La WISC IV, scala per bambini in età scolare, consente di misurare, invece, le seguenti abilità: elaborazione visiva, intelligenza cristallizzata, ragionamento fluido, memoria a breve termine e velocità di elaborazione.
Lo strumento è utile in particolare per:
- Valutare il funzionamento cognitivo generale.
- Ottenere il calcolo Q.I.
- Condurre valutazioni e approfondimenti diagnostici.
- Stimare il funzionamento cognitivo.
- Pianificare il trattamento.
Inoltre, è un buon predittore del successo scolastico.
È formata da 15 subtest, 10 principali e 5 supplementari. Le prove sono pressoché le stesse rispetto alla versione per adulti. Ovviamente gli item sono più semplici, tranne per i subtest Puzzle e Confronto di pesi che sono sostituiti con le prove “Concetti illustrati” e “Ragionamento con parole”.
Scala WPPSI-IV
La WPPSI-IV, per i bambini in età prescolare, permette tre livelli di interpretazione dello sviluppo cognitivo e indici secondari (di acquisizione del vocabolario, non verbale, di abilità cognitiva generale e di competenza cognitiva).
È composto da test distinti per fasce d’età e tutti pensati per sembrare dei veri e propri giochi. Le istruzioni sono semplici e brevi per mantenere l’attenzione, la concentrazione e il coinvolgimento dei bambini.
Il subtest della Ricerca di insetti, ad esempio, sostituisce la Ricerca di simboli, rendendo il compito meno astratto. Inoltre sono presentati stimoli familiari accattivanti e colorati.
Matrici di Raven
Nelle Matrici di Raven (Standard Progressive Matrices per soggetti tra i 12 e 65 anni) e nelle Matrici Progressive colorate (per bambini), si richiede un ragionamento logico deduttivo visuo-spaziale.
Raven e Penrose, nel loro test, presentarono figure incomplete il cui corretto completamento dipendeva dalla comprensione dei rapporti tra le parti. La prova è strutturata in 5 serie, ognuna composta di 12 item strutturati in ordine di complessità crescente. Ogni serie presenta un particolare tipo di problema in cui bisogna identificare un’incognita.
Le Matrici permettono di valutare la capacità della persona per:
- Comprendere figure prive di significato.
- Vedere le relazioni tra esse.
- Concettualizzare la natura della figura completando ogni sistema di relazioni presentato.
Il punteggio ottenuto dalla somma degli item identificati correttamente permette di ottenere il Q.I.
Per la loro specifica tipologia, richiedono l’attivazione generale dei processi cognitivi superiori tra cui:
- L’apprendimento.
- Memoria.
- Capacità di integrazione delle informazioni.
- Valutazione delle alternative di risposta e l’attenzione.
Sono utilizzate in ambito clinico, forense e di ricerca clinica.
Per bambini e anziani è prevista una versione semplificata costituita da 3 serie ognuna composta da 12 item a colore strutturati in ordine di complessità crescente.
Leiter-3
La Leiter-3 è un test non verbale per la misura del Q.I. e dell’abilità cognitiva utilizzabile con bambini, adolescenti e adulti (dai 3 ai 75+ anni).
A differenza dei test tradizionali, pone l’accento su componenti fluide e non verbali del ragionamento (quali il pensiero logico e il problem solving in situazioni nuove per il soggetto, aspetti del tutto indipendenti dalle conoscenze acquisite dal soggetto).
Tale caratteristica lo rende adatto per soggetti con disturbi del linguaggio, che non parlano l’italiano come lingua madre o per chi ha subito danni cerebrali o è affetto da patologie degenerative (ad esempio, Alzheimer, Parkinson e demenza).
Si compone di due batterie standardizzate:
- Visualizzazione e Ragionamento, per la misura di capacità cognitive non verbali legate alla visualizzazione, alle abilità spaziali e al ragionamento.
- Attenzione e Memoria.
Oltre a prevedere un punteggio finale indicativo dell’età mentale, la Leiter offre un profilo di punti di forza e punti deboli del soggetto, utile in fase di programmazione dell’intervento.
Il punteggio alle prove è sommato e poi convertito e normalizzato in punteggi standardizzati (M=100, DS=15).
Teoria di Cattell e quoziente intellettivo
Ad oggi è la teoria più accreditata dal punto di vista scientifico, che considera l’intelligenza generale formata da due componenti:
- Intelligenza fluida, cioè la capacità di pensare logicamente e risolvere i problemi in situazioni nuove, indipendentemente dalle conoscenze acquisite, di analizzare problemi nuovi, identificare gli schemi e le relazioni sottostanti per estrapolarne una soluzione usando il ragionamento logico.
- Intelligenza cristallizzata, che comprende tutta la profondità e vastità di conoscenze generali che una persona possiede, dal vocabolario alla capacità di ragionare, usando parole e numeri, ed è il prodotto di esperienze educative e culturali.
I due tipi di intelligenza, secondo Cattell, seguono percorsi differenti: quella fluida raggiunge il picco massimo intorno ai 20 anni per poi iniziare il declino, quella cristallizzata aumenta tra i 20 e i 30 anni e rimane stabile per il resto della vita.
Sebbene siano due fattori distinti, la teoria di Cattell prevede una costante interazione tra i due sistemi.
Valori del quoziente intellettivo: come interpretare le fasce e i punteggi
L’introduzione del concetto di Q.I. “di deviazione” ha permesso di identificare la prestazione come normale se il punteggio è compreso tra 85 e 115, deficitaria se inferiore a 70 e plusdotazione cognitiva per chi invece ottiene punteggi superiori a 130.
I punteggi tra 116 e 129 indicano un’intelligenza superiore alla norma, mentre quelli compresi tra 84 e 70 definiscono i cosiddetti “border cognitivi” o “slow learners”, cioè persone con un funzionamento intellettivo limite.
La disabilità intellettiva, infine, è definita di grado lieve se il soggetto ottiene un punteggio Q.I. compreso tra 55 e 69, moderata se ottiene un punteggio tra 40 e 54 e grave se è inferiore a 40.
I test standardizzati che valutano l’intelligenza hanno una buona validità predittiva, sono in grado di predire, almeno in parte, il successo delle persone nello studio e nel lavoro.
Secondo alcuni studi, il Q.I. sembra inoltre predittivo della qualità della vita: persone con Q.I. più alti guadagnano di più e hanno livelli di educazione superiore, oppure livelli di intelligenza più elevati sono associati a una salute migliore e un minor rischio di contrarre malattie croniche o di incorrere in errori fatali (ad esempio, incidenti stradali).
A fronte di tali dati è però d’obbligo precisare che un alto Q.I. non necessariamente rende le persone più felici. Infatti, le persone plusdotate spesso non hanno facilità nelle relazioni interpersonali, presentano alta suscettibilità e sensibilità emotiva, scarsa tolleranza alla frustrazione e alla noia e perfino difficoltà scolastiche.
Nonostante il diffuso uso del Q.I. a livello clinico e non solo, va tenuto ben presente che questo indice non rappresenta una misura assoluta. Inoltre, è soggetto alla specificità culturale e risulta sbilanciato sui parametri standard, costruiti sulla popolazione occidentale.
Quoziente intellettivo e intelligenza: tra realtà e avanguardia
Negli ultimi anni lo studio del Q.I. si è concentrato in particolare sull’ereditarietà dell’intelligenza, sull’influenza dell’ambiente e sui circuiti cerebrali implicati nell’esecuzione dei test.
Oggi gli scienziati ritengono che, se il bagaglio genetico ha un peso non indifferente sulla quantificazione dell’intelligenza, l’ambiente giochi ha un ruolo altrettanto importante, soprattutto nei primissimi anni di vita.
Studi sull’intelligenza
Per quanto riguarda le aree cerebrali implicate nelle prove di valutazione del Q.I., uno studio del 2021 ha evidenziato, attraverso l’uso della risonanza magnetica, l’attivazione di regioni specifiche del cervello per compiti specifici.
Ciò dimostra che aree diverse sono collegate a capacità cognitive diverse. Poco si conosce ancora sul funzionamento specifico di queste aree, di come comunichino tra di loro e di come influenzino le performance in un compito. Quindi in futuro saranno necessari altri studi per approfondire tali risultati.
Molto interessanti sono ancora gli studi sul cosiddetto “effetto Flynn inverso” secondo cui la crescita del Q.I. si è rallentata: dai primi anni 2000 si è cominciato a osservare, rispetto al cinquantennio precedente, una diminuzione del Q.I. nella popolazione.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che sia collegata al tipo di formazione scolastica, all’utilizzo sempre più diffuso dei videogiochi e di internet e alla diminuzione del tempo dedicato alla lettura. Anche queste osservazioni andranno approfondite per giungere a conclusioni condivise scientificamente.
Da ultimo, guardando al futuro del Q.I., vanno sicuramente menzionate le ricerche sugli altri tipi di intelligenza, che vedono il coinvolgimento di altre caratteristiche soggettive, non legate esclusivamente alle componenti cognitive.
Intelligenza emotiva e creativa
Tra queste va ricordato lo studio sull’intelligenza emotiva di Goleman che ha avuto larga diffusione negli anni ’90, secondo cui le nostre emozioni giocherebbero un importante ruolo sia nel nostro modo di pensare che sui processi decisionali.
L’intelligenza resta tutt’oggi un costrutto difficile da definire. Le differenti sfaccettature che presenta, nonostante l’indubbio valore a livello clinico, diagnostico, di ricerca e non solo, non consentono di esaurire in toto la comprensione di una persona.
Un’unica misurazione dell’intelligenza, infatti, non è sufficiente, ma andrebbero considerate anche intelligenze “diverse”, che sfuggono alla misurazione del Q.I..
Parliamo dell’intelligenza emotiva, creativa (cioè la capacità di trovare soluzioni insolite e modi di pensare fuori dagli schemi) o etica (cioè fare la cosa giusta in rapporto alle circostanze e al contesto), che ampliano la prospettiva nella comprensione di un individuo.
Fonti
- American Psychiatric Association “DSM 5”, Raffaello Cortina 2014.
- Boncori L. “Teoria e tecnica dei test”, Bollati Boringhieri, 2002.
- Bratsberg B.m Roberger O. “Flynn effect and its reversal are both enviromentally caused”, 2018.
- Gerrig R.J., Zimbardo P.G., Anolli L.M., Baldi P.L., “Psicologia Generale”, Pearson, 2018.
- Goleman D. “Intelligenza emotiva”, 1995, BUR.
- Hempshire A., Soreq E., Violante I., “Neuroimaging evidence for a network sampling theory of individual differences in human intelligent test performance”, Nat Commun 12, 2021.
- Horn J.L., Cattell R.B. “Refinement and test of the theory of fluid and crystallized general intelligence”, Journal of Educational psychology 57, 1966.