Sommario
Il mobbing è un comportamento vessatorio, aggressivo e intimidatorio da parte di uno o più aggressori (mobbers) nei confronti di una vittima in un contesto lavorativo.
Lo scopo di questo comportamento è l’emarginazione, l’isolamento e l’allontanamento definitivo della vittima. I comportamenti vessatori includono il de-mansionamento, l’isolamento, il carico eccessivo di lavoro o la presenza di eccessivi e ingiustificati controlli.
Il mobbing può essere agito da parte di colleghi o da parte di un superiore. Si può manifestare in qualunque contesto lavorativo (azienda, scuola). Sebbene ad oggi non sia riconosciuto a livello giurisprudenziale, le azioni che lo caratterizzano molto spesso rappresentano reati punibili penalmente.
Quindi, riconoscere il mobbing, chiedere aiuto e denunciare è fondamentale per arginare questo fenomeno sociale in rapida espansione.
Mobbing: che cos’è
E’ un comportamento ripetitivo, metodico, aggressivo, ostile e persecutorio messo in atto nei confronti di qualcuno allo scopo di allontanarlo, emarginarlo, escluderlo dal contesto lavorativo.
Mobbing è un termine che deriva dal verbo inglese “to mob” che significa assalire, attaccare.
Questo termine inizialmente fu usato dall’etologo Konrad Lorenz per indicare, nel mondo animale, un comportamento violento, di aggressività (mobbing behaviour) messo in atto da parte di un gruppo di animali della stessa specie nei confronti di un altro animale per escluderlo.
Il termine, con l’attuale accezione in ambito lavorativo, nasce con Heinz Leymann, psicologo tedesco. Lo utilizzava per indicare dei comportamenti aggressivi nei confronti di un lavoratore da parte di un superiore (mobbing verticale) o di colleghi (mobbing orizzontale).
I comportamenti vessatori e aggressivi che caratterizzano il comportamento (il terrore psicologico sul luogo di lavoro) hanno il fine di emarginare ed escludere qualcuno dal contesto lavorativo.
La vittima è così allontanata, emarginata, isolata, criticata. Inoltre, gli affidano compiti umilianti o non idonei alla sua qualifica, viene de-mansionata e messa in ridicolo davanti a colleghi e superiori.
Nelle peggiori delle ipotesi vengono agite delle azioni illegali e violente nei suoi confronti come aggressioni fisiche e sabotaggi.
Il mobber ha sempre lo stesso obiettivo distruttivo: allontanare la vittima, per diverse ragioni che includono:
- Invidia.
- Gelosia.
- Sadismo.
- Potere.
Alle volte, il mobbing viene esercitato dall’azienda stessa per ridurre il personale più facilmente liberandosi dei dipendenti “scomodi”.
Caratteristiche legali
Dal punto di vista della giurisprudenza gli elementi costitutivi sono 4:
- Serie di comportamenti persecutori posti contro la vittima in maniera intenzionale, mirata e prolungata nel tempo.
- Evento lesivo. Presenza di danni alla salute, alla personalità e alla dignità.
- Causalità. Esiste un nesso di causalità tra il comportamento vessatorio e il danno (fisico, psicologico, di dignità) della vittima.
- Intento persecutorio. Esiste un intento persecutorio che lega tutti i singoli eventi vessatori e li inquadra in un comportamento mobbizzante.
Non esiste specificatamente il reato di mobbing. Tuttavia, le condotte persecutorie che vengono agite contro la vittima possono rappresentare degli illeciti che vanno a ledere l’incolumità individuale, la dignità e la libertà della persona.
Rientrano in questi tutte le violazioni agli articoli costituzionali e del Codice civile che sanciscono:
- Il valore della persona come individuo e come membro di una comunità (Art. 2 Costituzione).
- Uguaglianza tra tutti i cittadini e il divieto di discriminazioni (Art. 3 Costituzione).
- Diritto e tutela del lavoro e della salute (Art. 4, 35, 32 Costituzione).
- Divieto di arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (Art. 41 Costituzione) e il principio del “neminem laedere” e del risarcimento danni (danno doloso o colposo; Art. 2043; 2049 Codice Civile).
- Tutela dell’integrità fisica, psicologica e morale dei lavoratori (Art. 2087 Codice civile).
- Obblighi contrattuali tra le parti, i loro doveri e diritti (Art. 2103; 1175; 1375 Codice Civile).
Tipologie principali di mobbing
Può essere:
- Verticale: il comportamento aggressivo e ostile viene praticato nei confronti della vittima da parte di qualcuno che occupa una posizione gerarchica differente rispetto alla vittima. Molto spesso lo scopo è quello di indurre la vittima al licenziamento. Si ha il mobbing verticale discendente quando è esercitato da un superiore nei confronti di un sottoposto. Invece, è verticale ascendente quando il comportamento è messo in atto da sottoposti, o dipendenti dello stesso plesso lavorativo ma con mansioni differenti o appartenenti ad aree differenti, nei confronti di un superiore.
- Bossing. E’ una tipologia di mobbing verticale. Rappresenta un comportamento vessatorio messo in atto da un superiore o da un dirigente di alto rango nell’azienda attraverso delle strategie create appositamente. Lo scopo è umiliare o penalizzare la vittima utilizzando e sfruttando il proprio potere gerarchico nell’azienda.
- Orizzontale: il comportamento vessatorio è compiuto nei confronti di un lavoratore da parte di colleghi con la stessa posizione gerarchica aziendale della vittima. Generalmente è messo in atto dal mobber per impedire alla vittima di fare carriera e aprirsi un varco per la propria.
- Trasversale: in questo caso il comportamento ostile è messo in atto da persone che si trovano al di fuori dell’ambito lavorativo ma che, d’accordo con il mobber interno all’azienda, creano terra bruciata intorno alla vittima. La vittima cercherà conforto e supporto in queste persone ma troverà in loro indifferenza, silenzi, discriminazione e ulteriore emarginazione.
Altre tipologie
- Strategico: questa tipologia di mobbing si verifica nelle grandi aziende per allontanare i dipendenti “scomodi” o “non più utili”. Viene utilizzata soprattutto quando avvengono fusioni, ristrutturazioni e riorganizzazioni del personale. Questo mobbing include sabotaggio, offese, isolamento, controlli eccessivi, richiami ingiustificati.
- Relazionale: si divide in mobbing relazionale cognitivo ed emozionale. Nel primo caso la vessazione psicologica riguarda il potere. Il mobber cerca di creare invidie tra colleghi e di metterli gli uni contro gli altri per trarne vantaggio. Nel mobbing relazionale emozionale il comportamento aggressivo psicologico riguarda la personalità della vittima e i rapporti, spesso cattivi e controversi, con questa. I comportamenti del mobber sono spinti dalla paura nei confronti della vittima: gelosia, paura che il dipendente faccia rapida carriera, differenze di genere. L’obiettivo è quello di bloccare la carriera alla vittima.
- Diretto, caratterizzato da aggressioni dirette alla vittima in prima persona.
- Indiretto, basato su strategie di controllo sociale per portare la vittima all’isolamento sociale. Il comportamento ostile è rivolto a famiglia e amici della vittima.
- Leggero. Prevede l’esclusione e l’emarginazione della vittima attraverso l’utilizzo di gesti, frecciatine, comportamenti indiretti difficilmente dimostrabili. Spesso sono messe in giro calunnie o utilizzati dei nomignoli non sempre esplicitamente dispregiativi.
- Mobbing pesante. Prevede l’utilizzo di azioni violente, evidenti, che possono riguardare tanto l’aspetto della personalità della vittima quanto la sfera sessuale, quella ideologica, religiosa o politica. La vittima viene presa in giro per una sua caratteristica, insultata e offesa, riceve urla e minacce.
Mobbing sul lavoro, a scuola e in famiglia
Il fenomeno si manifesta in maniera preferenziale sul posto di lavoro, nelle aziende, tuttavia, esso si può manifestare anche in contesti differenti.
Il punto cruciale che definisce un comportamento di mobbing è la presa di mira di un individuo, il quale diventa “vittima”, con lo scopo di allontanarlo.
Ma si può manifestare anche in ambito scolastico. In questo caso il comportamento vessatorio si fa nei confronti di uno studente da parte di un docente, nei confronti di un docente da parte di altri docenti o da superiori, nei confronti di un operatore scolastico da parte di colleghi, docenti o dirigenti scolastici.
Il fenomeno può riferirsi, anche se più raramente, ai docenti come “vittima”, da parte di un sottoposto come, ad esempio, uno o più studenti, o a un dirigente da parte di uno o più docenti. Lo scopo è quello di isolare la vittima, farla allontanare.
Un altro contesto in cui il mobbing si verifica è quello familiare. In questo caso il comportamento vessatorio si perpetra in ambito familiare nei confronti di un componente della famiglia.
Lo scopo è quello di spingere questo componente a prendere delle decisioni che altrimenti non avrebbe preso o a metterlo in discussione agli occhi degli altri componenti.
Fasi e caratteristiche del mobbing
E’ caratterizzato da intenzionalità, sistematicità, durata nel tempo, ed è un fenomeno che si manifesta in ambito lavorativo.
Caratteristiche principali
Il comportamento è sistematico, pervasivo e con conseguenze a lungo termine. Esso è caratterizzato da diversi aspetti.
- Contesto lavorativo: il mobbing è un fenomeno che viene definito solo all’interno dell’ambiente lavorativo ma le sue conseguenze possono ripercuotersi su tutta la vita della vittima.
- Presenza di una relazione: il mobbing riguarda l’interazione tra più soggetti. In particolare, è necessario che ci siano almeno due parti entrate in contrasto sul posto lavorativo, il mobbizzato o vittima e il mobber o aggressore. Il mobber non per forza deve essere rappresentato da un singolo individuo ma può riguardare un gruppo, generalmente guidato da un capo. In questa relazione sono presenti anche numerosi astanti (colleghi, superiori e sottoposti) che possono assecondare il mobber (divenendo complici) o contrastarlo.
- Sistematicità e durata: per parlare di mobbing è necessario che il comportamento aggressivo, vessatorio e persecutorio duri nel tempo, sia sistematico e ripetitivo. I comportamenti devono essere quotidiani (almeno uno a settimana) per una durata di sei mesi almeno. Per lo più le aggressioni sono psicologiche anziché fisiche perché meno dimostrabili.
- Intenzionalità: lo scopo di questi comportamenti aggressivi è quello di emarginare, allontanare definitivamente, isolare la vittima e/o di impedirle di svolgere attivamente il suo lavoro.
- Svantaggio: a prescindere dalla forza fisica, dal potere, dalla posizione lavorativa e dalla motivazione della vittima, il mobbing conduce quest’ultima ad occupare una posizione di svantaggio, impotenza, emarginazione.
Le prime fasi
- Condizione 0. In ogni situazione e circostanza, in ogni ambiente, lavorativo e non, si creano dei contrasti, dei conflitti e dei litigi. Questi conflitti sono fisiologici, normali e derivano dalla diversità di opinioni, interessi e modalità che ognuno possiede. Il conflitto è fisiologico, accettato da tutti e che interessa tutti, nessuno in particolare. In questa fase del conflitto non viene definita la volontà di qualcuno di distruggere o di perseguire un soggetto in particolare.
- Fase 1: conflitto. Tali conflitti iniziano piano piano a definirsi e a dirigersi verso un singolo causandone malessere. L’obiettivo si concretizza nella volontà di distruggere la vittima, allontanarla. Queste vessazioni sono difficilmente identificabili e molto spesso sono trascurate sia dalla vittima sia da chi osserva e ascolta. Esse possono essere rappresentate da scherzi, battute, angherie. Sono considerate “normali” e di poco conto. Se i conflitti non vengono risolti si può andare incontro all’inizio di un comportamento di mobbing.
- Fase 2: inizio del mobbing o di maturazione del conflitto. Il conflitto è maturato e si è trasformato in vero e proprio mobbing. Gli attacchi e le aggressioni sono diventati continuativi, sistematici e duraturi (almeno per sei mesi). La vittima viene aggredita psicologicamente e stigmatizzata in maniera negativa. La vittima viene emarginata e isolata, circondata da silenzi e tensioni. In lei iniziano a spuntare sentimenti di impotenza, aumentano gli stati ansiosi, lo stress e piccoli cedimenti psicofisici iniziano a farsi strada. Non sono ancora presenti sintomi psicosomatici anche se il disagio e il malessere sono molto forti.
Le ultime fasi del mobbing
- Fase 3: disturbi psicosomatici. Iniziano a sorgere i primi problemi di salute nella vittima a causa dei quali si assenta molto spesso dal posto di lavoro. I problemi riguardano l’autostima, l’insicurezza, disturbi del sonno, gastrointestinali, di memoria, cefalee, ansia e labilità emotiva. Le ripercussioni psicofisiologiche sono visibili.
- Errori e abusi dell’amministrazione del personale. La vittima inizia ad avere un calo del rendimento in termini qualitativi e quantitativi e ciò fornisce il via libera all’amministrazione del personale per avviare delle indagini sulla vittima stessa. La vittima spesso non viene creduta e su di lei vengono perpetrate calunnie. Spesso viene etichettata come pazza/pazzo, con dei problemi che non riguardano il lavoro, bugiarda/bugiardo, pigra/pigro, inconcludente. A questo punto il mobbing è diventato pubblico e viene favorito dagli errori e dalle mancanze dell’amministrazione del personale che, non dando credito alla vittima, prende provvedimenti inadatti e ingiusti.
- Fase 5: aggravamento della salute della vittima. La salute della vittima si aggrava, molto spesso manifesta depressione, abuso di sostanze, senso di colpa e di inefficacia. Nonostante affronti una terapia farmacologica e terapeutica, tali soluzioni sono temporanee perché la causa scatenante di tutto ciò, il mobbing, rimane lì.
- Esclusione. La salute precaria della vittima, l’isolamento sociale e le conseguenze psicologiche e fisiche del mobbing raggiungono finalmente lo scopo. La vittima è spinta alle dimissioni volontarie. Può anche verificarsi licenziamento (rendimento insufficiente), prepensionamento, de-mansionamento, periodo di malattia o ricovero, messa in invalidità, vendetta contro l’aggressore (anche omicidio) e suicidio.
Comportamenti della vittima e dei mobbers: esempi concreti
E’ un fenomeno che può colpire chiunque indipendentemente dal suo sesso, dal ruolo sociale che ricopre, dalla sua forza fisica e dal suo carattere. Chi è vittima di mobbing manifesta sintomi fisici e psicologici.
Colpisce tutti indipendentemente dalle loro caratteristiche personologiche, dalla loro posizione sociale, dal loro genere, dal tipo di lavoro o di posizione che occupano.
Il mobbing crea nella vittima un mix di sensazioni ed emozioni.
- Autocolpevolizzazione: molto spesso chi è vittima prova terrore psicologico sul posto di lavoro. Dirige la sua attenzione su sé stessa e sui suoi possibili sbagli e colpe. Si chiede dove ha sbagliato, dove può migliorare, si sente in colpa, responsabile, incapace di adattarsi all’ambiente, debole.
- Solitudine: la vittima si sente sola, non riesce a vedere che anche altre persone, magari nello stesso contesto, si trovano nella sua stessa situazione. Si sente inadeguata, non si sente più la stessa, incompetente nel suo lavoro, la sua autostima e la sua autoefficacia diminuiscono.
- Svalutazione: la vittima si sente svuotata, svalutata agli occhi degli altri ma soprattutto perde valore ai propri occhi. Ciò causa difficoltà nelle relazioni non solo lavorative ma anche sociali, con la famiglia, con il/la partner con gli amici.
Comportamenti del mobbing sul lavoro
E’ caratterizzato da diversi comportamenti che vengono messi in atto con uno scopo preciso e che non sempre sono immediatamente percepibili dall’esterno.
- Pressioni o molestie psicologiche.
- Calunnie sistematiche, ingiurie e aggressioni verbali e personali sul posto di lavoro.
- Critiche continue, immotivate, umilianti e comportamenti ostili.
- Limitazione delle possibilità di interazione con i colleghi (lavoro in isolamento) o impedimento di accesso ad informazioni necessarie per lo svolgimento della mansione.
- Esclusione della vittima da benefici e incarichi, rifiuto non motivato degli straordinari, rifiuto dei permessi e delle ferie o la loro collocazione in periodi non voluti o non graditi dalla vittima.
- Esclusione fisica, trasferimenti non legittimi in luoghi isolati o distanti.
- Marginalizzazione delle mansioni, de-mansionamento, o completa inattività del lavoratore.
- Assegnazione di turni di lavoro inaccettabili umanamente, mansioni umilianti o che non rientrano nei doveri lavorativi della vittima.
- Assegnazione di carichi di lavoro eccessivi, i quali, richiedendo grande sforzo in termini di energie, risorse e tempo, vanno ad inficiare le relazioni interpersonali della vittima, esterne al contesto lavorativo.
- Atteggiamenti minacciosi, avvilenti, umilianti, volti ad intimorire la vittima.
- Abuso di potere e della propria posizione.
- Abuso di controlli dell’operato della vittima.
- Sottrazione di strumenti di lavoro.
- Licenziamento ingiustificato.
- Molestie di genere, relative alla religione, all’ideologia, che violano la dignità umana o che hanno lo scopo di intimidire, denigrare o umiliare la persona.
Mobbing familiare
E’ rappresentato da una serie di comportamenti vessatori e persecutori all’interno del contesto familiare e assume la forma di una violenza familiare.
Questi comportamenti si verificano soprattutto nei casi di divorzio o separazione concretizzandosi in strategie per escludere il coniuge dalle decisioni che riguardano i figli e la famiglia.
Si differenzia in:
- Coniugale. Un genitore cerca di spingere l’altro a prendere delle decisioni che altrimenti non avrebbe mai preso, mettendo in discussione il suo ruolo all’interno del nucleo familiare. Si esplica attraverso giudizi offensivi, provocazioni, pressioni di abbandono del tetto coniugale.
- Genitoriale. Un genitore cerca di escludere l’altro dall’esercizio della potestà genitoriale, dalle decisioni riguardanti i figli o la famiglia. Si esplica spesso in caso di divorzio e separazione e si manifesta con sabotaggi.
Comportamenti in famiglia
Il mobbing familiare è caratterizzato da comportamenti vessatori ed aggressivi che non sempre sono immediatamente percepibili dall’esterno. Come per il mobbing lavorativo, non esiste una legislazione mirata al mobbing familiare.
Tuttavia, le violenze e gli atti di prevaricazione possono rientrare in altre fattispecie di reati e illeciti che sono riconosciuti e punibili dalla legge.
Seguono alcuni esempi.
- Sabotaggi delle frequentazioni con i figli (in caso di separazione o divorzio).
- Sottrazione o distruzione di beni comuni.
- Minacce di abbandono del tetto coniugale o di portare i figli con sé.
- Emarginazione dai processi decisionali riguardanti la famiglia e i figli.
- Atteggiamenti di prevaricazione con disistima e disinteresse.
- Sminuire il ruolo genitoriale del coniuge agli occhi dei figli, dei familiari o degli amici e conoscenti.
- Denigrazione del coniuge in pubblico a livello familiare e sociale.
- Violenze verbali (offese, recriminazioni, umiliazioni) e fisiche nei confronti del coniuge.
- Lesioni personali dolose o colpose.
- Violenza sessuale.
Esempi di tali comportamenti possono essere:
- “Se non fai così, me ne vado di casa”.
- “Se non ti comporti come dico io, smetto di amarti o ti abbandono”.
- “Me ne vado, porto i figli con me e non te li faccio vedere mai più”.
- “Non sai fare nulla e come genitore non vali niente”.
- “Non sa neanche lavare un piatto, cucinare o pulire casa, non sa occuparsi dei bambini (denigrazione)”.
- “Tuo padre/madre non ti vuole bene, non ti vuole vedere neanche oggi”.
- “È un/a alcolizzato/a (calunnia), un ladro/a, un/una drogato/a.
Mortificazioni a scuola
Si manifestano come una serie di atti persecutori e vessatori nei confronti di qualcuno per emarginarlo, allontanarlo dal gruppo e umiliarlo pubblicamente.
Può prendere diverse forme. Infatti, un docente può essere preso di mira dai suoi colleghi (mobbing scolastico orizzontale) o dal dirigente scolastico (mobbing verticale discendente) che attua delle azioni volte a denigrarlo o a umiliarlo davanti agli altri.
Allo stesso modo un docente può prendere di mira un alunno che diverrà la sua vittima. Molto spesso il docente attribuisce all’alunno (o il dirigente scolastico al docente) votazioni negative, provvedimenti e richiami ingiustificati.
Un’altra forma di mobbing scolastico è quella che si può verificare nel caso in cui un docente o un dirigente venga preso di mira da un suo sottoposto o da uno o più studenti (mobbing verticale ascendente).
In questo caso i comportamenti implicano:
- Insubordinazione.
- Atti intimidatori.
- Aggressioni.
- Minacce.
- impedimento nello svolgimento delle lezioni o delle mansioni lavorative.
Comportamenti
- Impedimento nella comunicazione.
- Isolamento ed emarginazione dai colleghi o compagni.
- Denigrazione della persona (frasi ingiuriose, diffamazioni, pettegolezzi, calunnie).
- Controlli eccessivi (docenti) o verifiche eccessive (studenti).
- De-mansionamento ingiustificato.
- Minacce di sanzioni disciplinari e di punizioni.
- Diniego dei permessi e delle ferie.
- Attribuzioni di responsabilità ingiustificate e insussistenti.
- Svotamento delle mansioni e del proprio ruolo sociale.
- Somministrazione di carichi gravosi, pericolosi, insopportabili.
- Ostacoli ai contatti sociali e alla socializzazione.
- Sanzioni ingiustificate e punizioni ingiustificate.
- Molestie e aggressioni.
- Violenza e molestie sessuali.
- Abuso d’ufficio.
Esempi concreti di mobing a scuola
Un docente appena arrivato in una nuova struttura viene rimproverato continuamente e senza motivo in pubblico (davanti ai genitori e ai colleghi) dal dirigente scolastico.
A questo docente vengono revocati gli incarichi, gli vengono negate le ferie e viene sottoposto a molteplici controlli (maggiori rispetto alla media).
Un operatore scolastico (bidello) viene umiliato davanti agli studenti da parte di un docente o di un dirigente scolastico. Quindi, viene caricato di lavoro extra che lo trattiene nella struttura scolastica per molto tempo dopo la fine dell’orario lavorativo, viene de-mansionato o gli vengono affidati compiti che non rientrano nel suo contratto di lavoro.
Cause e fattori di rischio del mobbing
Sono da ricercare nell’interazione tra ambiente, organizzazioni lavorative e dinamiche di gruppo.
In linea generale non è mai un singolo fattore a scatenare il comportamento mobbizzante. Infatti, molto spesso è l’interazione di diversi fattori legati all’ambiente organizzativo, caratteristiche umane, e alle dinamiche di gruppo e sociali.
Questi fattori interagiscono tra di loro rinforzandosi a vicenda. Inoltre, il comportamento del mobber può essere favorito o meno dal comportamento della vittima.
Il comportamento della vittima può essere favorito o meno da quello del mobber. I comportamenti di mobber e vittima possono essere facilitati o meno dall’ambiente e dall’organizzazione lavorativa.
Cause
- Organizzazione. Un’organizzazione lavorativa non efficiente ed efficace e un lavoro mal distribuito contribuiscono alla crescita dello stress e delle tensioni e conflitti per i quali è necessario trovare un “colpevole” che funga da capro espiatorio.
- Direzione lavorativa. Quando non vengono rispettate né ascoltate le esigenze dei lavoratori, quando i turni non sono definiti, quando si richiede di svolgere mansioni in isolamento per molto tempo e quando vi è una bassa specializzazione dei lavoratori, il rischio di mobbing è più elevato.
- Ripetitività. I lavori monotoni e ripetitivi spesso aumentano i livelli di stress. Per sfuggire alla noia e alla monotonia si ricorre alle volte al mobbing per movimentare l’ambiente.
- Dinamiche sociali all’interno del gruppo. Le relazioni interpersonali all’interno del gruppo sono molto importanti. I conflitti fisiologici che in maniera naturale si verificano sul posto di lavoro sono spesso risolti facilmente perché ogni gruppo tende a ricercare un equilibrio. Tuttavia, quando il gruppo viene messo sotto pressione (per un qualsiasi motivo) le regole di questo equilibrio si incrinano, i conflitti si inaspriscono e divengono ingestibili. Vi è un alto rischio che si verifichino episodi di mobbing.
- Fattori sociali. Molto spesso la cultura in cui il mobber agisce è caratterizzata da scarsa tolleranza alla diversità. Questa intolleranza “autorizza” la vessazione contro chi è diverso. In questa cultura molto spesso la vittima viene colpevolizzata ed accusata di avere dei problemi psicologici, di essere debole o di non essere all’altezza di sopportare il carico di lavoro.
Fattori di rischio psicologici
Personalità del mobber
Per la vittima non esistono fattori caratteriali che la espongono maggiormente al rischio di essere mobbizzata. Tutti sono possibili vittime indipendentemente dalla posizione lavorativa che occupano, dalla loro forza fisica, dal loro carattere, dal loro impegno, dalla loro vita sociale.
Per il mobber, le cose sono diverse. Alcuni tipi di personalità, come quella aggressiva e impulsiva, hanno maggiore probabilità di manifestare comportamenti di mobbing.
Sono stati riscontrati collegamenti tra il disturbo paranoide, borderline, antisociale di personalità con atti di mobbing.
Alcune caratteristiche della personalità del mobber includono:
- Superficialità.
- Inaffidabilità.
- Mancanza di senso di colpa o rimorso.
- Incapacità di introspezione ed empatia.
- Egocentrismo.
Esperienze passate
Tutti abbiamo delle aspettative riguardo la nostra vita e obiettivi da raggiungere. Tutti abbiamo delle esperienze passate. L’uso della forza fisica (reiterata nel tempo) in ambito familiare, per impartire l’educazione e la disciplina ai figli, la mancanza di coesione familiare e l’inadeguatezza nello svolgimento dei ruoli genitoriali sono fattori di rischio molto importanti.
Se lo stile genitoriale impartito è molto punitivo l’individuo cercherà di proteggersi dagli eventuali attacchi anche nelle relazioni esterne alla famiglia.
Spesso colpisce per non essere colpito. Inoltre, quando un bambino cresce in un ambiente in cui nessuno si prende cura di lui è possibile che la continua ricerca di approvazione e rassicurazione che il bambino fa, si tramuti in difficoltà o incapacità di esprimere le proprie emozioni, sentimenti e bisogni.
Quindi, la rabbia verrà veicolata altrove e non diretta sull’oggetto causante questo sentimento.
Fattori di rischio ambientali
Tra i fattori di rischio ambientali (relativi al contesto lavorativo) che aumentano la probabilità di mobbing troviamo:
- Clima organizzativo povero, disorganizzato e ricco di ingiustizie, favoritismi e poca chiarezza.
- Fusioni. Molto spesso quando si verificano fusioni e riorganizzazione del personale è l’azienda stessa a mettere in pratica delle azioni di mobbing (bossing) come strategia per ridurre il personale.
- Assenza di una chiara politica e di una presa di posizione netta nei confronti degli eventuali episodi di mobbing in azienda.
- Ambiente sociale. Quando questi atti vengono derubricati a semplici scherzi o quando vengono accettati dal gruppo, dalla società e dai colleghi è più facile che il mobbing continui a perpetrarsi e a diffondersi.
Conseguenze principali nella vittima di mobbing
Le conseguenze del mobbing riguardano tanto l’aspetto fisico tanto quello psicologico.
Quindi, possono manifestarsi con diversi livelli di intensità e possono colpire chiunque. Riguardano soprattutto la salute fisica e le perdite economiche. Il mobbing non è stress ma lo stress può essere causato dal mobbing ed esserne una conseguenza.
- Comportamento: diminuzione del rendimento lavorativo in termini quantitativi e qualitativi, continue assenze dal posto di lavoro per problemi di salute, difficoltà nella gestione delle relazioni interpersonali (familiari, amici, partner, colleghi).
- Sintomi cognitivi: disturbi della memoria, mancanza di concentrazione, nervosismo.
- Disturbi psicosomatici e fisici: disturbi del sonno, gastrointestinali, cefalee, dermatiti, allergie, psoriasi. A questi si aggiungono debolezza, fatica cronica, cefalee, tensione muscolare, ipertensione, tachicardia, difficoltà nella respirazione, sudorazione delle mani, alle volte anche tremori.
- Sintomi psicologici: alterazioni nella sfera socio-emotiva, comparsa di ansia e depressione, attacchi di panico. Sono frequenti sentimenti di solitudine, inadeguatezza, impotenza, perdita di autostima e di interesse, ansia, preoccupazione. Possono manifestarsi disturbi del comportamento alimentare e del comportamento sessuale, ostilità e ritiro sociale. Le conseguenze psicopatologiche possono includere anche un disturbo da stress come il disturbo acuto da stress, il disturbo post-traumatico da stress, e il disturbo dell’adattamento, a cui si aggiungono la depersonalizzazione e l’abuso di sostanze e/o di farmaci.
Come dimostrare il mobbing e come agire
Non è definito e riconosciuto in quanto reato. Tuttavia, molti comportamenti mobbizzanti rientrano in altre fattispecie di reati che invece sono punibili. La prova della presenza del mobbing spetta al lavoratore.
Per attivare una causa per mobbing il lavoratore avrà l’onere della prova cioè dovrà dimostrare di essere vittima di mobbing. Quindi, il lavoratore deve dimostrare:
- La presenza di condotte persecutorie e aggressive contro di lui/lei.
- Che tali atteggiamenti e condotte non siano azioni isolate ma continuative nel tempo.
- Il fine ultimo dei comportanti persecutori subiti, cioè l’allontanamento.
- Il danno psicologico e fisico subito.
- Il nesso causale tra il danno e i comportamenti vessatori messi in atto dal mobber.
Inoltre, deve dimostrare che tali comportamenti che il datore di lavoro ha posto in essere non derivino e non rappresentino “normali azioni” di controllo delle attività.
Infine, deve poter dimostrare che tali azioni non siano episodi transitori di fisiologica conflittualità sul posto di lavoro e che non si risolvono in periodi di breve durata.
Il lavoratore dovrà fornire prove sotto forma di:
- Documentazione. Rientrano in questa fattispecie tutti i documenti medici, perizie psicologiche e mediche che dimostrino un danno a seguito delle condotte mobbizzanti. Rientrano anche tutti quei documenti, mail, messaggi che dimostrino che sono state agite delle condotte mobbizzanti nei confronti del lavoratore come, ad esempio, rifiuto ingiustificato di ferie e malattia, calunnie e pettegolezzi, de-mansionamento ingiustificato, ecc.
- Testimonianze. Rientrano in questa categoria tutte le testimonianze di colleghi o persone che hanno assistito a uno o più episodi mobbizzanti.
Come difendersi
La persona che pensa di essere vittima di mobbing può inviare una lettera di diffida nei confronti del proprio datore di lavoro. Il lavoratore dovrà conservare una copia della diffida inviata. Con questa lettera comunica la presenza di un comportamento vessatorio nei propri confronti.
Quindi, viene esplicitato che tali condotte hanno creato disagio psicologico e fisico e che se perdureranno si potrà procedere dinanzi ad un giudice. Una comunicazione di questo tipo è preferibile sia redatta da un legale di fiducia che sappia offrire alla vittima tutti gli strumenti ed esplicitare le diverse e migliori possibilità di azione nei confronti del datore di lavoro.
La condotta mobbizzante può essere denunciata presso gli sportelli mobbing presenti sul territorio che offriranno anche indicazioni sull’assistenza e sulle strade percorribili. Inoltre, per le spese legali, sarà possibile richiedere il patrocinio a spese dello stato qualora ci fossero i presupposti reddituali richiesti.
Il lavoratore, agendo una denuncia civile, potrà ottenere un risarcimento del danno morale, fisico, psicologico e lavorativo. Qualora le vessazioni e le azioni fossero di competenza penale, il lavoratore potrà intraprendere un’azione penale nei confronti del datore di lavoro.
Come reagire
Se sei vittima di mobbing non disperare, non sei solo/a.
- Sicuramente il primo passo è quello di avere pazienza. Non scoraggiarti e non cedere alle provocazioni, non dimetterti. Devi tenere sempre a mente che non si è gli unici e che il mobbing è fenomeno molto più diffuso di quando non si creda. Purtroppo, non è molto conosciuto e riconosciuto dalle aziende. A livello giuridico però non è così, la denuncia è possibile.
- Il secondo passo da fare è cercare di resistere il più possibile senza andare incontro a conseguenze a lungo termine. Quindi se hai delle ferie non godute, richiedile, se puoi entrare in malattia e prenderti qualche giorno di riposo, fallo nel rispetto del regolamento e delle politiche aziendali. Prenditi una pausa staccando dalle situazioni lavorative e dai conflitti legati al posto di lavoro.
- Raccogli e documenta tutto, ogni fatto, ogni rifiuto di ferie senza motivazione, ogni incarico eccessivo. Cerca alleati e testimoni delle vessazioni che sono state perpetrate nei tuoi confronti.
- Denuncia i comportamenti di mobbing, rivolgiti ai sindacati quando possibile, iscriviti a gruppi e associazioni contro il mobbing che ti possano aiutare a velocizzare la risoluzione del conflitto.
- Rivolgiti ai centri di ascolto, a centri specializzati, a professionisti della salute e forze dell’ordine che siano in grado di fornirti tutti gli strumenti utili per seguire un percorso.
Come superare esperienza da mobbing
Il mobbing è caratterizzato dalla presenza di comportamenti aggressivi e non sempre facilmente e prontamente identificabili. La vittima molto spesso non viene creduta. La prevenzione è fondamentale tanto quanto l’intervento repentino ed efficace.
L’attività di divulgazione e quella di sensibilizzazione sono fondamentali per prevenire l’insorgenza del mobbing nell’ambiente lavorativo. Quindi, conoscere e favorire la condivisione di informazioni utili su questo argomento è fondamentale per far sì che le vittime di mobbing non si sentano sole e senza speranze.
Sapere di non essere soli e sapere che si può fare qualcosa, che c’è qualcuno disposto ad aiutare e a mettersi dalla nostra parte è un fattore molto importante per non cedere e abbattersi. Essere vittima di mobbing non significa essere deboli, che te la sei cercata, che non sei all’altezza del tuo lavoro o compito.
Anche chi occupa posizioni gerarchicamente elevate nel contesto lavorativo può essere vittima di mobbing. Ma la paura di non essere creduti o delle ripercussioni, di essere soli contro il mobber e sapere che l’azienda (alle volte) non è dalla tua parte ti può far tacere. Le vittime di mobbing molto spesso soffrono in silenzio, non denunciano.
Inoltre, la maggior parte delle volte la vittima si sente causa del problema: “non sono all’altezza”; “sono io che sono sbagliato/a”; “tutti si trovano nella mia situazione ma solo io non sono capace”.
Quando il proprio ruolo professionale e il proprio lavoro vengono messi in discussione si determina spesso la messa in discussione di tanti aspetti di sé con effetti negativi sulla propria autostima. Tutti questi pensieri impediscono di vedere la situazione con occhi oggettivi.
Prevenzione da parte dell’azienda
Anche l’azienda dal canto suo può fare prevenzione attraverso diverse strategie.
- Progettazione del lavoro: riorganizzando le mansioni, il lavoro e la turnazione, gestendo i ritmi e ottimizzando la produttività tenendo in considerazione il benessere psicofisico dei lavoratori.
- Utilizzo dell’ergonomia lavorativa per andare incontro alle esigenze e ai bisogni del lavoratore.
- Adeguatezza della selezione del personale anche per incarichi di elevata importanza.
- Promozione di una maggiore trasparenza relativa all’avanzamento di carriera e alla formazione professionale.
- Monitoraggio periodico del clima e delle criticità aziendali.
- Delineazione degli obiettivi, delle responsabilità e dell’autonomia concessa ad ogni componente del team.
- Chiarificazione della politica aziendale in merito a episodi di mobbing e comportamenti vessatori.
- Messa a disposizione di assistenza psicologica per chi lo richieda.
- Adozione di una specifica e ricca politica di prevenzione e sensibilizzazione per il mobbing. Va chiarito ed esplicitato cosa sia il mobbing, quali sono i comportamenti ritenuti mobbizzanti, quali sono le conseguenze aziendali e legali per chi contravviene al regolamento, quali sono le procedure da seguire e a chi rivolgersi in caso di necessità.
Cosa puoi fare per gestire lo stress creato dal mobbing
- Condividi il tuo vissuto con i tuoi amici e parenti.
- Cerca di evitare i conflitti sul posto di lavoro.
- Gestisci il tempo e la giornata in modo da alternare momenti di attività e di riposo.
- Organizza il lavoro alternando attività pesanti e leggere.
- Cerca di dormire bene.
- Ritagliati del tempo per te.
- Pratica training autogeno o rilassamento muscolare, mindfulness, sport.
- Rivolgiti ad un professionista della salute che ti possa aiutare ad intraprendere un percorso volto al raggiungimento del benessere psicofisico.
- Ad oggi gli approcci per intervenire sulla vittima di mobbing si riferiscono alla terapia cognitivo comportamentale e a quelle terapie che mirano alla gestione dell’elaborazione dei sentimenti negativi e dell’autostima.
Terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo comportamentale è mirata a modificare gli schemi disfunzionali alla base del comportamento disadattivo per raggiungere un benessere psicologico nel quotidiano (familiare, lavorativo ecc.).
Nelle vittime di mobbing la bassa autostima, l’auto-colpevolizzazione, lo stress, l’ansia e la perdita dell’autoefficacia rappresentano tutti pensieri negativi che alimentano il senso di insicurezza e portano verso un circolo vizioso depressivo.
Attraverso un percorso tra paziente e terapeuta:
- Si riduce l’intensità e la frequenza dei sintomi di ansia e depressione grazie all’utilizzo di tecniche di rilassamento.
- Vengono forniti gli strumenti per apprendere nuove modalità di reazione e comportamenti per fronteggiare le situazioni.
- L’individuo impara a gestire l’ansia e lo stress.
- Il paziente impara a individuare e mettere a fuoco la relazione tra pensieri, sentimenti e situazioni.
- Migliora l’autostima e il senso di autoefficacia e si potenziano i meccanismi di protezione e di gestione delle situazioni difficili.
- Vengono utilizzati interventi psicoeducativi per l’acquisizione di maggiore consapevolezza dei propri e degli altrui stati emotivi e pensieri.
- Aumenta la consapevolezza degli schemi disfunzionali imparando a sostituirli con pensieri funzionali e positivi.
Fonti
- Bartalucci, T. (2010). Conoscere, comprendere e reagire al fenomeno del mobbing. Comitato Pari Opportunità dell’Università degli Studi di Firenze.
- PREVENIRE, C. P. IL MOBBING: CONOSCERE PER PREVENIRE.