Nel 1500 era una caserma che costituiva il nucleo principale della Pescara antica, poi divenne un terribile carcere borbonico dove soffrirono e morirono i patrioti.
Un periodo di abbandono e da qualche anno, per una di quelle giravolte della storia che riescono sempre a stupirci, è la sede di un bellissimo museo. Siamo in via delle Caserme, dove la sera si scatena la movida ma di giorno si possono rivivere le grandi tradizioni di questa regione …
Dal carcere alla transumanza, in una ventina di sale
Al pianoterra dell’edificio, prima di affrontare il museo delle Genti d’Abruzzo, alcune stanze ricordano la tragica sorte dei patrioti qui rinchiusi alla metà dell’Ottocento, dopo gli sfortunati tentativi di sottrarsi al malgoverno borbonico.
Una vicenda davvero drammatica, che salendo al primo piano lascia invece spazio alla scoperta delle nove tribù italiche che contrastarono l’ascesa e la conquista romana, e poi alle tradizioni secolari della transumanza.
La vita e l’artigianato dei pastori, gli strumenti musicali e gli abiti di lavoro e della festa. Tutto è mostrato in maniera semplice e accattivante, con l’aggiunta di informazioni e cartine per chi voglia approfondire.
Alla scoperta delle radici dannunziane
Molte eccezionali fotografie in bianco e nero di vari autori italiani e stranieri documentano la vita nelle montagne e nelle campagne abruzzesi di un secolo fa. Più o meno all’epoca nella quale tutta l’Italia parlava di un grande cittadino pescarese, forse il più famoso in assoluto: Gabriele D’Annunzio.
La sua casa-museo si trova a poche decine di metri, al numero 116 del Corso dedicato a un patriota giustiziato dai Borboni nel 1799, Gabriele Manthonè.
La casa è molto interessante, sia per i riferimenti al poeta e soprattutto alla sua famiglia (la madre visse sempre in questa casa, dove morì nel 1917), sia più in generale come esempio di abitazione borghese di un secolo fa.
Una grande famiglia di artisti
Un’altra casa-museo si trova a poca distanza, in viale Marconi 45. E’ il Museo Cascella, che racconta la storia e le opere di questa famiglia di artisti. A partire dal capostipite Basilio, vissuto fra il 1860 e il 1950, passando per figli, nipoti e pronipoti.
Fra essi, quel Michele Cascella del quale in un prossimo articolo descriveremo una bella fontana-scultura sul lungomare. Quasi seicento opere, che spaziano dai dipinti alle ceramiche e alle sculture in pietra o marmo, in un arco temporale che arriva fino ai giorni nostri.
Il tempio della tradizione gastronomica
Per un’incursione nella storia della gastronomia pescarese e più in generale abruzzese, il riferimento è Taverna 58, in corso Manthonè 46. Locale che tiene viva la cucina povera e di tradizione, poi divenuta borghese e rinnovatasi negli ultimi anni.
Lì di fronte abitava la famiglia Flaiano, col piccolo Ennio. Pochi anni dopo, nel 1921, si sarebbe trasferito a Roma dove, collaborando con Fellini, avrebbe firmato tra gli altri “La dolce vita” (1960). Una locandina e soprattutto un grande proiettore dell’epoca lo ricordano a chiunque entri nel locale.