Sommario
La tiroidite di Hashimoto è un’infiammazione cronica autoimmune della tiroide che causa ipotiroidismo. Ha incidenza relativamente elevata, superiore nelle donne. Trattandosi di una malattia cronica, non può guarire.
Possono essere presenti ingrossamento della tiroide (gozzo) o dei linfonodi del collo, bradicardia, sintomi psicologici (depressione) e, nelle donne, subentrare problemi di fertilità. Talvolta compare dolore alla base del collo e dolori articolari.
Di per sé la malattia non fa ingrassare, ma rallenta il metabolismo e causa ritenzione idrica, due condizioni che portano all’aumento di peso e alla sensazione di pancia gonfia.
La diagnosi viene fatta sulla base dei risultati degli esami del sangue (T₃, T₄, TSH), che evidenziano la presenza di anticorpi diretti contro la tiroide.
La cura consiste nell’assunzione dell’ormone mancante, ma i pazienti in cui il valore del TSH è relativamente basso (ipotiroidismo subclinico) non sempre vengono trattati. Se trattata con l’ormone sostitutivo, la malattia ha un’aspettativa di vita normale.
Una forma di tiroidite simile alla Hashimoto può comparire in gravidanza, ma si tratta di solito di un disturbo transitorio. Non esiste una vera e propria dieta protettiva né cibi da evitare, ma gli esperti raccomandano ai pazienti un’alimentazione povera di grassi saturi e ricca di antiossidanti, per prevenire il peggioramento dello stato di infiammazione del tessuto tiroideo.
La tiroidite cronica non dà diritto ad un’invalidità, ma all’esenzione dal ticket per le spese sanitarie.
Che cos’è la tiroidite di Hashimoto
E’ una malattia autoimmune nella quale il sistema immunitario attacca, per errore, le cellule della tiroide.
Dopo una fase iniziale nella quale la funzione della ghiandola può essere conservata oppure il paziente può andare incontro a carenze o eccessi di produzione degli ormoni tiroidei, la patologia si stabilizza su un livello progressivamente decrescente di ipotiroidismo.
La tiroide
La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla situata alla base del collo.
All’interno contiene piccoli nuclei di cellule (follicoli) che sintetizzano gli ormoni tiroidei, in gran parte rappresentati dal T₄ e, in misura minore, dal T₃, che influenzano il funzionamento di numerosi tessuti e apparati. In particolare, la loro funzione ha importanti ripercussioni sul metabolismo.
La secrezione ormonale di questa ghiandola è stimolata da una sostanza prodotta dall’ipofisi, il TSH.
Leggi il nostro approfondimento sulla tiroide.
Cosa succede nella tiroidite di Hashimoto
Quando una persona viene colpita da questa patologia, il suo sistema immunitario produce anticorpi diretti contro le sostanze coinvolte nella sintesi degli ormoni tiroidei. L’inattivazione di questi composti porta all’impossibilità di proseguire con una produzione ormonale fisiologica.
Questo fenomeno può verificarsi per diverse ragioni, non ancora pienamente chiarite. Secondo una delle teorie più accreditate, il sistema immunitario verrebbe tratto in inganno e confonderebbe la struttura chimica di alcuni componenti, della loro membrana cellulare, con quella della superficie esterna di virus o batteri. Questo determinerebbe lo scatenamento di una risposta.
Invece, un’altra spiegazione si basa sulla presunta iperattività e ipersensibilità delle difese immunitarie, che sarebbero più predisposte del normale a fare scattare l’azione difensiva.
In tutti i casi, gli autoanticorpi prodotti attaccano le sostanze presenti nella ghiandola e fondamentali per la sintesi degli ormoni.
Contestualmente, si scatena un’infiammazione che si diffonde a tutto l’organo. Fra le prime cellule ad accorrere, i globuli bianchi, che causano gravi danni ai follicoli tiroidei.
Sintomi della tiroidite di Hashimoto
La manifestazione tipica è rappresentata dall’ingrossamento della ghiandola, il cosiddetto gozzo, che non è sempre associato a dolore e che viene rilevato dall’endocrinologo nel corso della visita.
In molti casi, questo aumento di volume non è accompagnato da alterazioni dei parametri del sangue: in questi casi, gli esami potrebbero essere del tutto normali anche se la malattia è già presente.
Nella maggior parte dei pazienti l’infiammazione della tiroide provoca fin dall’inizio un rallentamento della sua attività, il cosiddetto ipotiroidismo, che in questo caso viene definito ipotiroidismo Hashimoto.
Ma in alcuni casi può, almeno nella fase iniziale, generare una iperstimolazione della ghiandola: in questi casi, si verifica, per un periodo più o meno lungo, una condizione di ipertiroidismo.
Perché si manifesti clinicamente l’ipotiroidismo, in sostanza perché compaiano i sintomi caratteristici, è necessario che sia stato distrutto il 90% circa del tessuto della ghiandola.
Dolore
Può essere presente dolore alla base del collo, spontaneo o provocato dalla palpazione. Molti pazienti lamentano dolori articolari. Ma potrebbe trattarsi anche di problemi non direttamente correlati alla tiroidite.
Com’è noto, di frequente questa patologia è copresente con altre malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide ed altri disturbi articolari, esse stesse causa di dolore.
La febbre
Non è un sintomo specifico della malattia, ma una manifestazione dell’infezione virale che può avere contribuito a scatenare l’autoimmunità.
Può trattarsi di febbre, anche elevata, presente nella fase acuta dell’infezione. Oppure di febbricola persistente che accompagna un decorso prolungato.
I sintomi da ipofunzione
La tiroidite di Hashimoto evolve gradualmente nel tempo verso l’ipotiroidismo: questa progressione è più rapida nell’uomo rispetto alla donna.
Lo scarso funzionamento della tiroide genera una condizione definita ipotiroidismo. Spesso questo quadro ha caratteristiche sfumate e aspecifiche, difficili da ricondurre in prima istanza ad una malattia precisa.
I pazienti affetti da ipotiroidismo soffrono a causa di manifestazioni causate dall’interferenza della malattia con il metabolismo, che è rallentato.
Raccontano di essere intolleranti alle temperature fredde. Inoltre, vanno incontro ad un aumento di peso, dovuto sia all’accumulo di tessuto adiposo (per effetto del rallentamento del metabolismo) che alla ritenzione idrica scatenata dalla carenza ormonale. In particolare, la pancia è gonfia e causa una sensazione di pienezza.
Dal punto di vista neurologico, sono soggetti a dimenticanze e difficoltà di concentrazione. A causa delle alterazioni che si verificano in alcuni nervi, avvertono formicolii alle mani e ai piedi (parestesie).
Si possono verificare anche disturbi della personalità e stati depressivi. Nei casi più gravi, le persone affette da ipotiroidismo possono essere vittime di una vera e propria psicosi (definita psicosi mixedematosa) o declino cognitivo.
La pelle appare più spessa del normale, edematosa (per l’accumulo di liquidi), e i capelli secchi e sfibrati. Può essere presente alopecia. Inoltre, la lingua è gonfia (macroglossia) e la voce può essere meno limpida del normale. Può comparire stitichezza.
La frequenza cardiaca è rallentata (bradicardia) e il cuore appare più gonfio del normale.
Gozzo
La comparsa del gozzo, ovvero dell’aumento di dimensioni della tiroide, è frequente e si verifica in modo graduale, senza che la persona avverta dolore, né altri disturbi.
In alcuni casi, il gozzo è l’unico sintomo della malattia, almeno nelle prime fasi.
Fertilità
A causa delle modificazioni ormonali, il ciclo mestruale può diventare irregolare, con flussi meno intensi, oppure può essere assente.
Nelle donne in età fertile può verificarsi la sospensione dell’ovulazione, con ripercussioni sulla fertilità.
Sintomi da iperfunzione
Nelle persone con la tiroidite di Hashimoto, l’ipertiroidismo, quando presente, è definito anche hashitossicosi ed è transitorio.
E’ il risultato dell’azione distruttiva degli autoanticorpi sui follicoli tiroidei: aprendosi, le loro cellule rilasciano grandi quantità di ormoni nel sangue. Ma è un fenomeno che si protrae fino ad esaurimento delle riserve di ormoni già prodotti.
I sintomi dell’ipertiroidismo comprendono:
- Accelerazione del battito cardiaco (tachicardia)
- Tremori
- Inquietudine
- Iperattività
- Ansia
- Ipersensibilità al caldo
- Sudorazione accentuata (iperidrosi)
- Sensazione continua di affaticamento.
Lo sguardo è piuttosto fisso e la palpebra retratta, tanto che sembra faccia fatica a coprire l’occhio: in realtà, è l’occhio sporgente a creare questo effetto.
Pur presenti di frequente nei pazienti in cui si manifesta l’ipertiroidismo, i sintomi oculari non raggiungono l’intensità del morbo di Basedow, una forma autoimmune che provoca un eccesso di sintesi degli stessi ormoni.
Le persone che soffrono di ipertiroidismo hanno in genere molto più appetito del normale e, paradossalmente, vanno incontro a dimagrimento.
Tuttavia, essendo l’eventuale ipertiroidismo una condizione transitoria nella tiroidite autoimmune, la magrezza non è un sintomo che porta a sospettare la malattia.
Quali sono le cause?
Tiroidite di Hashimoto e gravidanza
L’8-10% circa delle donne in gravidanza sviluppa una tiroidite di tipo autoimmune con caratteristiche molto simili alla Hashimoto, ma che, a differenza di questa, è reversibile.
Le ragioni alla base della malattia sono ad oggi ignote.
Fra i possibili fattori di rischio, la predisposizione genetica. Spesso nella famiglia dei pazienti è presente almeno un parente con la stessa malattia.
Inoltre, la frequente co-presenza, nello stesso paziente, della tiroidite di Hashimoto con malattie quali la sindrome di Down o altri disturbi gravi di origine genetica sembrerebbe dimostrare che esiste un gruppo di geni che sono in qualche modo coinvolti in tutte queste patologie.
Il fatto che le donne siano significativamente più colpite rispetto agli uomini potrebbe dimostrare che la malattia risente di fattori ormonali.
La tiroidite di Hashimoto, come molte altre patologie autoimmuni, insorge dopo un’infezione virale: il contatto con il virus non è però una causa diretta, ma agisce scatenando l’autoimmunità solo in presenza di altri fattori.
Come si diagnostica
Non è raro che i primi sintomi della malattia richiamino l’attenzione del medico di medicina generale, che, insospettito, raccomanda al paziente una visita specialistica endocrinologica.
Oppure, può succedere che lo stesso specialista che ha in cura il paziente per una delle malattie autoimmuni a cui la tiroidite di Hashimoto è associata noti manifestazioni che interessano la tiroide e che sono meritevoli di approfondimento.
Nel corso della visita medica, l’endocrinologo esegue l’esame del collo. Valuta le dimensioni e la consistenza della ghiandola, così come appaiono all’osservazione e alla palpazione. Se la malattia è presente di solito appare ingrossata, di consistenza disomogenea e irregolare al tatto.
Dosaggio degli ormoni tiroidei
Se l’endocrinologo sospetta alterazioni del funzionamento della ghiandola prescrive una serie di esami del sangue che hanno lo scopo di studiarne lo stato di salute.
Sono dosati gli ormoni tiroidei, la tiroxina (T₄) e la tri-iodotironina (T₃), e l’ormone stimolante la tiroide, il TSH, che viene prodotto dall’ipofisi.
Malgrado rappresentino il principale strumento diagnostico della tiroidite autoimmune, se eseguiti nelle prime fasi della malattia questi esami potrebbero dare risultati nella norma. In questi casi, il paziente è eutiroideo (cioè con tiroide normalmente funzionante) anche se già affetto dal disturbo.
Quando, successivamente, la ghiandola comincia ad essere più globalmente interessata dall’infiammazione, allora i livelli degli ormoni scendono e questa riduzione è visibile agli esami del sangue. A questo punto, subentra l’ipotiroidismo.
La rilevazione degli autoanticorpi
Vengono rilevate anche le concentrazioni nel sangue degli autoanticorpi diretti contro le cellule della tiroide erroneamente prodotti dal sistema immunitario, gli anticorpi anti tireoglobulina (AbTG) e anti tireoperossidasi (AbTPO), che risultano presenti in eccesso.
Se sono presenti sintomi specifici, vengono eseguiti anche test per la diagnosi delle malattie autoimmuni più di frequente associate alla tiroidite di Hashimoto.
Nel 5% dei pazienti non viene rilevata la presenza di autoanticorpi: in questi casi la diagnosi potrebbe non essere veloce e si basa essenzialmente sui risultati dell’ecografia.
Gli autoanticorpi possono essere rilevati anche in persone non affette da tiroidite cronica, ma in questi soggetti i valori sono al di sotto del valore minimo considerato patologico.
Ecografia tiroidea
Se il medico, durante la palpazione della tiroide, rileva la presenza di noduli, prescrive l’ecografia per studiarne la natura. La tiroidite autoimmune aumenta, infatti, il rischio di sviluppare un tumore della ghiandola.
All’ecografia, generalmente la tiroide appare infiammata.
In alcuni pazienti, l’esame mette in evidenza un aumento di volume dei linfonodi del collo (in particolare quelli localizzati intorno alla trachea), che sono coinvolti nel processo infiammatorio della patologia. Se gonfi, vengono definiti linfonodi reattivi e possono supportare nella diagnosi.
Agoaspirato
Viene eseguito se il paziente ha noduli alla tiroide, per escludere la presenza di tumori.
Come curare la tiroidite di Hashimoto
La terapia della tiroidite di Hashimoto è praticamente solo farmacologica e consiste nell’assunzione di un sostituto dell’ormone prodotto dalla tiroide e mancante.
A differenza di molte altre malattie autoimmuni, il medico non dà né i cortisonici né altri immunosoppressori, perché hanno dimostrato di non offrire un reale vantaggio terapeutico.
Terapia ormonale sostitutiva
Il trattamento che permette di controllare la malattia si basa sull’assunzione dell’ormone mancante (L-tiroxina, levo-tiroxina), la cosiddetta “terapia ormonale sostitutiva”.
Ma, non sempre, in presenza di tiroidite cronica, è prescritta. Di solito il farmaco è dato al paziente solo se l’ipotiroidismo è già conclamato, oppure se è ancora nello stadio subclinico ma i valori del TSH sono superiori a 10 U/L o, ancora, nelle donne in gravidanza e nei bambini.
Oppure quando il gozzo è tanto pronunciato da comprimere le strutture anatomiche circostanti.
Lo scopo del trattamento è quello di abbassare i valori del TSH nel range compreso fra 1 e 2 U/L. Contestualmente, durante la terapia si ha nella gran parte dei casi anche una riduzione del gozzo (quando presente) e della concentrazione degli autoanticorpi.
Il farmaco deve essere assunto per tutta la vita, anche se può capitare (raramente) che l’ipotiroidismo sia transitorio e che, dopo un periodo più o meno lungo in cui il paziente ha necessità di assumere l’ormone, la sua secrezione ormonale si stabilizzi a livelli normali.
La buona notizia è che questo medicinale non è associato ad effetti collaterali, perché si tratta della stessa molecola che viene prodotta, in condizioni normali, dal corpo.
Inoltre, i pazienti con la tiroidite di Hashimoto devono sottoporsi a controlli regolari per verificare che il dosaggio del farmaco sia corretto e che la carenza di ormoni sia compensata.
La chirurgia
L’intervento di asportazione della tiroide deve essere considerato solo quando le dimensioni del gozzo sono tali da comprimere le strutture anatomiche presenti nel collo e causare sintomi permanenti malgrado l’assunzione della terapia ormonale sostitutiva oppure quando c’è il sospetto di un tumore della tiroide.
Tiroidite di Hashimoto: dieta
Cibi da limitare
È, dunque, di fondamentale importanza avere un regime alimentare corretto ed equilibrato, svolgere attività fisica con costanza, preferibilmente di tipo aerobico (corsa, bicicletta, camminata a passo svelto), e mantenere un atteggiamento positivo.
Se non vengono corretti tutti i meccanismi che portano al buon funzionamento della tiroide, difficilmente la situazione migliorerà.
L’alimentazione svolge un ruolo determinante. Ci sono alcuni cibi, in particolare, di cui è consigliato limitare il consumo quali:
- Latticini: sono alimenti ricchi di Calcio, minerale che rallenta l’attività della tiroide.
- Glutine (pane, pasta, biscotti, prodotti da forno): diversi studi hanno dimostrato esserci una correlazione tra il consumo di cereali contenenti glutine e le disfunzioni tiroidee.
- Caffè: contenente la caffeina che ha un’azione di stimolare eccessivamente la tiroide.
- Soia: interferisce con il metabolismo dello iodio.
- Zuccheri semplici: operando sul controllo dell’insulina e diminuendo l’infiammazione generale è possibile riequilibrare la regolazione del consumo di energia.
- Crocifere/Brassicacee (broccoli, rape, cavoli, cavolini di Bruxelles): contengono degli anti nutrienti che possono inibire le funzioni tiroidee.
Cosa mangiare
Non sono stati individuati, ad oggi, alimenti in grado di proteggere dall’insorgenza o dal peggioramento della malattia.
Tuttavia, come nel caso di altre patologie autoimmuni, viene raccomandato di ridurre il consumo di cibi contenenti acidi grassi della linea omega-6 (che possono favorire nell’organismo la sintesi di sostanze che promuovono l’infiammazione), cioè essenzialmente gli oli di semi (di arachidi, di girasole e di semi vari) e l’olio di soia.
Mantenendo sotto controllo anche l’apporto di grassi saturi, provenienti in particolare da carne e latticini, vengono eliminati ulteriori fattori che possono peggiorare il livello di infiammazione dei tessuti.
Invece, gli esperti consigliano di privilegiare i vegetali, ricchi di antiossidanti e altre sostanze in grado di opporsi all’infiammazione, e gli alimenti ricchi di acidi grassi della linea omega-3:
- Olio di lino a crudo.
- Semi di lino.
- Frutta a guscio.
- Semi di zucca.
- Pesce azzurro.
Il decorso
La malattia porta alla distruzione lenta e graduale del tessuto ghiandolare che ha la funzione di sintetizzare gli ormoni tiroidei. Quindi, nel tempo, conduce sempre e inevitabilmente all’ipotiroidismo.
Ma è necessario un periodo di tempo relativamente lungo perché questa condizione si instauri e produca sintomi.
In nessun caso può arrivare a guarigione, se si eccettuano le forme transitorie di tiroidite autoimmune caratteristiche della gravidanza.
Nella fase iniziale la funzione tiroidea è normale. Poi, solo con il crescente coinvolgimento del tessuto ghiandolare, si manifesta una riduzione della produzione di ormoni che non è ancora legata a sintomi.
Questa condizione è detta ipotiroidismo subclinico.
Con il trascorrere del tempo, si instaura la fase dell’ipotiroidismo clinico, nella quale cominciano a manifestarsi i sintomi.
In alcune persone, la distruzione dei follicoli ad opera della reazione autoimmune provoca la liberazione nel sangue di ingenti quantità di ormoni. In questi casi, si ha uno stadio iniziale di transitorio ipertiroidismo.
Qual è l’aspettativa di vita?
Se trattata, quando previsto, con la terapia ormonale sostitutiva, la malattia non interferisce con la normale aspettativa di vita.
Come convivere con la patologia
Numerose patologie, soprattutto autoimmuni, sono più frequenti nelle persone affette da questo disturbo. Fra queste, i tumori della tiroide, in particolare il carcinoma differenziato e il linfoma, quest’ultimo più raro.
Il paziente affetto da tiroidite di Hashimoto, che assume l’ormone carente e che sviluppa un nodulo, oppure va incontro ad un rapido aumento di volume della ghiandola, deve sempre essere esaminato per il rischio di tumore.
È prevista un’invalidità?
I problemi alla tiroide possono provocare sintomi invalidanti. Tuttavia, per avere diritto all’invalidità, è necessario che siano presenti sintomi particolarmente gravi.
Di per sé, l’ipotiroidismo garantisce di rientrare in questa categoria solo se grave e associato a ritardo mentale. Una condizione che non si verifica generalmente nei pazienti con tiroidite cronica.
Esiste, invece, un’esenzione dal pagamento del ticket sanitario (associata al codice 056), che consente alle persone che ne soffrono di sottoporsi a visite e ad esami per la malattia senza il versamento delle quote corrispondenti ai ticket.
Tiroidite di Hashimoto e vaccino COVID-19
La Circolare 8 febbraio 2021 del Ministero della Salute conteneva le raccomandazioni ad interim sulla priorità di somministrazione dei diversi tipi di vaccini. In questo documento, il Ministero raccomandava l’inoculo di vaccini a mRNA nei soggetti affetti da malattie endocrinologiche (tiroidite di Hashimoto compresa).
A questo documento, le società scientifiche endocrinologiche hanno risposto specificando che questa malattia, pur essendo autoimmune, non richiede la somministrazione di immunosoppressori e non è, pertanto, da ritenere fra le condizioni di fragilità che giustificano l’inclusione nella categoria dei soggetti che devono essere inoculati con vaccini a mRNA.
Recependo tale precisazione, il Ministero ha emesso una nuova Circolare (quella del 22 febbraio 2021) nella quale ha corretto le raccomandazioni.
Posso donare il sangue?
Un provvedimento che risale al 2015 ha permesso alle persone che soffrono di questa patologia di candidarsi per la donazione di sangue.
In precedenza, era vietato perché si temeva che la presenza di autoanticorpi nel sangue donato potesse danneggiare la tiroide del ricevente.
Ma di recente sono state messe a punto tecniche che consentono di eliminare quasi completamente il plasma dal sangue donato. Queste soluzioni mettono al sicuro il paziente che riceve la sacca.
Prevenzione
Ad oggi, non sono stati identificati sistemi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia.
L’unica abitudine individuata come potenzialmente preventiva è la moderazione dell’esposizione allo iodio. Quando le alghe sono presenti nell’alimentazione, occorre fare in modo che il loro apporto sia moderato.
Andare al mare può fare bene?
La carenza di iodio è un altro dei fattori che può favorire l’insorgenza della malattia. Questo elemento chimico è infatti indispensabile per la produzione degli ormoni tiroidei, che lo contengono all’interno della loro struttura.
Ma, piuttosto inaspettatamente, anche l’eccesso di iodio gioca un ruolo negativo. Infatti, la tiroidite di Hashimoto insorge piuttosto spesso nelle persone che mangiano grandi quantità di alghe oppure che assumono alcuni tipi di farmaci per il trattamento dell’aritmia, come l’amiodarone.
In questi casi, lo iodio sembra rappresentare il fattore che scatena l’autoimmunità in soggetti già predisposti. In generale, anche il soggiorno nelle località di mare (dove l’aria è molto ricca di iodio) può peggiorare la sintomatologia dei pazienti.
Fonti
- Auto-antibodies in Hashimoto’s disease (lymphadenoid goitre) – I.M. Roitt et al. – The Lancet, 1956.
- An Evaluation of the Results of the Steroid and Non-steroidal Anti-inflammatory Drug Treatments in Subacute Thyroiditis in relation to Persistent Hypothyroidism and Recurrence – M.E. Senkar et al. – Nature, 2019
- Circolare del Ministero della Salute – 8 febbraio 2021
- Circolare del Ministero della Salute – 22 febbraio 2021.