Non capita spesso, se non in occasione magari di un grande festival della fotografia, di poter visitare a poca distanza l’una dall’altra tre mostre che ripercorrano la vita e l’opera di altrettanti grandi maestri di questa arte, affermatasi nel secolo scorso proprio grazie a nomi come i loro.
Margaret Bourke-White (1904-1971), Calogero Cascio (1927-2015) e Adolfo Porry-Pastorel (1888-1960).
Le prime due sono aperte rispettivamente fino a fine febbraio e inizio gennaio nel Museo di Roma in Trastevere, a piazza Sant’Egidio, la terza si è svolta nel Museo di Roma-Palazzo Braschi che affaccia su Piazza Navona, anche se l’ingresso è da piazza San Pantaleo.
Margaret Bourke-White, la donna che ha raccontato il Novecento
La prima è una donna assolutamente straordinaria che – se non fosse stata colpita precocemente dal Parkinson – avrebbe immortalato quasi tutto il secolo scorso.
In ogni caso, fra il 1920 e il 1960, ha documentato in un fantastico bianco e nero l’ascesa industriale, la Grande Depressione e la questione razziale del suo paese, gli Stati Uniti. Ma anche la seconda guerra mondiale e i campi di concentramento.
Dedicò mesi e mesi anche ad alcuni grandi paesi, colti nei momenti chiave della loro storia. L’Unione Sovietica al tempo dello stalinismo, l’India negli anni dell’indipendenza e della separazione del Pakistan. Infine, il Sudafrica che codificava e applicava l’apartheid.
Calogero Cascio, un medico prestato alla fotografia
Figura meno nota, ma di grande fascino, anche quella di Calogero Cascio, che si laureò in medicina e a trent’anni, nel 1957, decise di dedicarsi al fotogiornalismo.
I suoi scatti raccontano l’Italia e la sua regione di origine, la Sicilia. Ma anche il Vietnam negli anni della guerra e il Sudamerica nel periodo delle dittature militari e dei colpi di stato. Nonché – coincidenza curiosa ma non tanto…- l’India.
E se per la Bourke-White le testate di riferimento furono Fortune e Life, per Cascio sono state Il Mondo e L’Espresso.
Adolfo Porry-Pastorel, nei suoi scatti l’Italia fra le due guerre
Si intitola “L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia” la mostra dedicata ad Adolfo Porry-Pastorel, personaggio chiave del racconto per immagini nel periodo fra il 1908 e la fine della seconda guerra mondiale.
In quegli anni era onnipresente, soprattutto a Roma e dintorni. Passava dagli eventi di costume ai drammi politici come il delitto Matteotti. Documentò il ventennio e Mussolini, che aveva già ripreso nel 1915 durante i concitati momenti del suo arresto, in occasione di una manifestazione per l’entrata in guerra dell’Italia.
Per finire, una curiosità. Nel dopoguerra, divenuto sindaco del paese di Castel San Pietro Romano, convinse Luigi Comencini ad ambientarvi la serie di film “Pane, amore e…”. Realizzando in tempi non sospetti un clamoroso esempio di quello che oggi definiremmo marketing territoriale!
Una pausa tra una mostra e l’altra: carbonara e gelato al contrario
Nei dintorni non mancano i luoghi per mangiar bene, come la Trattoria degli amici che la Comunità di Sant’Egidio ha aperto nella piazza omonima per dare lavoro a un gruppo di ragazzi disabili.
Invece, in via Natale del Grande c’è Eggs, con la sua carbonara servita in vari modi, dal classico al vegano.
Per chiudere in dolcezza, il gelato … capovolto – come dice il nome – di Otaleg, in via di San Cosimato. Marco Radicioni ne ha fatto in pochi anni una delle migliori gelaterie d’Italia.
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