Sommario
L’acetone, anche chiamato acetonemia o chetosi, è una anomalia del metabolismo frequente nei bambini.
Può un problema trasformarsi in un’opportunità? Quando si parla di chetosi la risposta è senz’altro si. Ma per far ciò senza incorrere in rischi è necessario essere seguiti da uno specialista. E con questo approfondimento capiremo perché.
La chetosi, anche detta acetone, è uno stato metabolico naturale che tutti noi conosciamo perché è molto diffuso tra neonati e bambini fino ai 10 anni e presenta sintomi che siamo abituati a riconoscere come bruciore di stomaco, vomito e alito cattivo.
Quello che non sappiamo, probabilmente, è che questo processo, che fa sì che il corpo produca chetoni dal grasso e li usi per produrre energia invece dei carboidrati, è stato applicato alla medicina curativa ed estetica.
Grazie ad uno stato di chetosi forzato da un’alimentazione low carb, ad alto contenuto di proteine e grassi, è stato finora possibile trattare molte patologie tra cui diabete e Parkinson e favorire la perdita di peso.
Ma come tutte le cose bisogna fare attenzione ai risvolti negativi, come il passaggio dallo stato di chetosi a quello di chetoacidosi che può provocare seri danni alla salute.
Vediamo dunque la differenza tra chetosi e chetoacidosi, come queste possono essere trattate e come funziona la dieta chetogenica.
Acetone o chetosi: che cos’è
L’acetone, detto scientificamente chetosi o acetonemia, è un’anomalia del processo metabolico che si sviluppa a seguito di un aumento, oltre il range, di sostanze di scarto – corpi chetonici – nelle urine o nel sangue.
Questo accade, in genere, quando il grasso fornisce la maggior parte del carburante all’organismo a seguito di un accesso limitato agli zuccheri che di solito sono la fonte di energia prediletta da molte cellule.
Quando i livelli delle sostanze di scarto prodotte sono nella norma e si presentano nei bambini, nelle donne in gravidanza e negli adulti sani con i classici sintomi che conosciamo, ossia vomito, alito cattivo e bruciore di stomaco, l’acetone non necessita di alcuna terapia.
Tant’è che in questi casi, di solito, i livelli di glicemia e pH rimangono nella norma.
Invece, nel caso in cui questa condizione dovesse manifestarsi con sintomi persistenti e alti livelli di chetoni nelle urine e nel sangue, allora non siamo più in presenza di acidosi bensì parliamo di chetoacidosi.
Sono soggetti che si trovano già in condizioni particolari come:
- Diabete di tipo 1 e 2
- Abuso di alcol
- Anoressia
- Bulimia
- Ipertiroidismo
- Malnutrizione.
Uno stato patologico dato dalla produzione incontrollata di chetoni che porta all’acidosi metabolica. Ma di questo parleremo più avanti.
Epidemiologia
I soggetti maggiormente colpiti da acetosi fisiologica sono:
- Neonati.
- Bambini tra i 3 e i 10 anni.
- Donne in gravidanza e che allattano.
Vediamo perché.
Acetone nei neonati
I neonati fanno parte del gruppo in maggior misura colpito da acetonemia passeggera. Questo avviene prevalentemente per un motivo: l’eccessivo consumo di latte, ricco di grassi, oltre che di proteine e la mancanza quasi totale di carboidrati (zuccheri).
Infatti, i bambini appena nati, per i primi sei mesi, bevono quasi esclusivamente latte materno, o in alternativa in polvere, che ha la seguente distribuzione di sostanze nutritive:
- Materia grassa 11,7%
- Lattosio 7%
- Sali 0,2%
- Proteine totali 0,9%.
Oltre a questo, sappiamo che l‘acetone nei neonati si presenta anche per altri motivi che sono:
- Enormi dimensioni del sistema nervoso centrale, che necessitando di molto carburante ne fa riserva con ciò che trova a disposizione e cioè i chetoni prodotti dai grassi.
- Quantità limitata di glicogeno epatico che porta il fegato a produrre più chetoni per generare energia.
Chetosi nei bambini
Invece, nei bambini un po’ più grandi, si manifesta di solito per i seguenti motivi:
- Minore massa muscolare rispetto agli adulti.
- Digiuno prolungato, soprattutto se si considera quello notturno.
- Inappetenza.
- Intensa attività fisica.
- Gastroenteriti acute.
- Febbre.
In tutti questi casi, il corpo per reagire alla sofferenza momentanea deve consumare di più e lo fa bruciando sia i pochi carboidrati rimasti sia grandi quantità di riserve di grasso, favorendo la comparsa dell’acetone.
Acetone nelle donne in gravidanza e che allattano
Durante i nove mesi di gestazione le donne hanno a che fare con alcuni disturbi e uno dei più frequenti è proprio l’acetone.
Visto che in questo periodo della vita le donne effettuano numerosi esami delle urine, solitamente ci si accorge di soffrire di chetosi proprio a seguito della presenza di corpi chetonici nelle urine, che assumono un colore scuro e un odore pungente. In questo caso si parla di chetonuria.
Le cause sono da associare in particolare a:
- Cambiamenti ormonali.
- Cambiamenti alimentari.
- Aumento di peso, che porta la donna ad accumulare più tessuto adiposo.
Oltre a:
- Digiuno prolungato.
- Dieta a basso contenuto di carboidrati.
- Vomito eccessivo.
Corpi chetonici
Finora abbiamo parlato in generale di corpi chetonici, o chetoni, ossia di quelle sostanze di scarto che derivano dalla combustione dei grassi e che servono all’organismo per produrre energia al posto dei carboidrati.
Cerchiamo adesso di capire un po’ più nel dettaglio come funziona la loro produzione.
L’organo adibito alla chetogenesi, cioè alla formazione dei corpi chetonici, è il fegato, il quale è in grado di produrre tre tipi di chetoni:
- Acetoacetato (AcAc), che può essere convertito dal fegato in β-idrossibutirato o trasformarsi spontaneamente in acetone.
- β-idrossibutirato (BHB) che tecnicamente non è un chetone ma che viene generato attraverso l’azione di un enzima su acetoacetato.
- Acetone (Ac), originato attraverso la decarbossilazione, ossia la combustione, di acetoacetato in modo spontaneo oppure attraverso l’enzima acetoacetato decarbossilasi. Questo processo è il responsabile dell’odore fruttato proveniente dall’alito degli individui colpiti da chetoacidosi.
Il β-idrossibutirato è il corpo chetonico più abbondante nel corpo, a cui segue l’acetoacetato e l’acetone.
Tutti e tre i corpi chetonici presentano le stesse caratteristiche chimiche:
- Sono composti acidi.
- Sono idrosolubili degli acidi grassi e quindi non necessitano di essere trasportati dal sangue.
- Hanno dimensioni piccolissime che permettono di attraversare le membrane plasmatiche.
- Riescono a captare da soli l’insulina.
Mentre solo due di loro, il β-idrossibutirato e l’acetoacetato, riescono a superare facilmente le membrane del cervello e a diventare una sua fonte di energia. Infatti, il cervello da solo non riesce a metabolizzare direttamente gli acidi grassi.
Invece, l’acetone, considerato un sottoprodotto della chetosi, viene eliminato semplicemente espirando, oppure, con il sudore e le urine.
La chetogenesi
Come anticipato, la chetogenesi è il meccanismo grazie al quale l’organismo riesce a creare energia per i tessuti corporei usando i grassi e non gli zuccheri, come normalmente avviene.
Scientificamente, la chetogenesi si può spiegare come il processo mediante il quale gli acidi grassi vengono trasformati in corpi chetonici.
Questo processo avviene nel fegato tramite i mitocondri che sono degli organelli presenti in tutte le cellule e che sono capaci di produrre grandi quantità di ATP (adenosina tri-fosfato). Questa molecola è quella che fornisce energia alle cellule.
La chetogenesi si manifesta quando i livelli di glucosio intracellulare diventano troppo bassi e il fegato per produrre energia sintetizza i corpi chetonici prodotti dai grassi. Questi però non vengono direttamente utilizzati dal fegato perché esso manca di un enzima chiave addetto allo scopo, ma dopo essere stati sintetizzati si accumulano nel sangue e vengono utilizzati dai tessuti periferici oppure eliminati con le urine.
I tessuti che maggiormente beneficiano dei corpi chetonici sono il miocardio, il muscolo scheletrico e il cervello. Tessuti, questi, che in condizioni fisiologiche utilizzano direttamente gli acidi grassi al posto dei chetoni.
Cos’è la chetoacidosi
Completamente diversa dalla chetosi che è fisiologica, la chetoacidosi è patologica e si manifesta quando il corpo produce pericolosi livelli di chetoni che si accumulano nel sangue e nelle urine.
In condizioni normali, la presenza di chetoni nel sangue, non supera il valore di 0,5 mmol/L (millimoli per litro), mentre quella di corpi chetonici nelle urine non va al di sopra di 0.6 mmo/L.
In questi casi, la concentrazione di acetoacetato, uno dei corpi chetonici, è assolutamente trascurabile. Tant’è che una volta messo in circolo esso viene facilmente metabolizzato nei vari tessuti, tra cui cuore e muscoli scheletrici.
Quando, però, l’acetoacetato viene prodotto in quantità maggiori, può accadere che una parte si accumuli nel sangue e un’altra si trasformi negli altri due corpi chetonici, ossia β-idrossibutirato e acetone, che vengono poi eliminati attraverso le urine.
Chetonemia (chetoni nel sangue) e chetonuria (chetoni nelle urine), oltre i livelli normali, sono spesso sintomo di chetoacidosi che può essere una complicazione del diabete di tipo 1, raramente di tipo 2.
In questo caso parliamo di chetoacidosi diabetica, abbreviata in DKA, che rappresenta un’emergenza sanitaria in quanto, se non trattata tempestivamente, può portare al coma e addirittura alla morte.
Ciò che provoca la chetoacidosi diabetica è la mancanza dell’ormone insulina, senza il quale l’organismo non è in grado di spostare e utilizzare il glucosio dai vasi sanguigni alle cellule per creare energia, favorendo l’accumulo di zuccheri.
Oltre a chetonemia e chetonuria, questo comporta una serie di condizioni concomitanti che sono:
- Iperglicemia (glucosio nel sangue che supera i 300 mg/dL).
- Glicosuria (accumulo di glucosio nelle urine).
- Acidosi metabolica (pH inferiore a 7.30).
Le cause dell’acetone e chetoacidosi
I fattori che favoriscono la comparsa di chetosi e chetoacidosi sono differenti. Come vedremo, sono tanti e da soli o associati tra loro possono comportare rischi più o meno gravi per la salute dell’uomo.
Le cause associate alla chetosi sono:
- Insufficiente apporto di acqua.
- Basso consumo di frutta e verdura che sono alimenti alcalinizzanti.
- Eccessivo consumo di cereali, formaggi, salumi, carni e zuccheri che acidificano il sangue.
- Vita sedentaria o troppa attività fisica.
- Astinenza da cibo.
- Malattie o particolari infezioni.
- Stress dovuto a traumi emotivi o fisici.
- Fumo, abuso di alcol o droghe e caffè.
- Uso di farmaci come corticosteroidi e diuretici.
- Carenza di vitamine e sali minerali.
Le cause della chetoacidosi, che come abbiamo visto si manifesta di solito in soggetti con diabete di tipo 1, sono:
- Infezioni.
- Traumi.
- Malattie concomitanti.
- Mancata somministrazione di insulina.
- Interventi chirurgici.
La chetoacidosi può svilupparsi anche in coloro che hanno il diabete di tipo 2 ma è più raro. In questi casi il fenomeno si manifesta a seguito di un mancato controllo della glicemia nel sangue, oppure perché l’uso dei farmaci non è corretto secondo prescrizione medica o ancora per l’insorgenza di un’altra malattia.
Acetone: sintomi della chetosi
I sintomi della chetosi potrebbero differire, a seconda che si manifestino nei bambini o negli adulti.
Nei bambini, solitamente, la chetosi si presenta con:
- Alito pesante che ha un odore davvero tipico, simile a quello della frutta matura.
- Bocca secca e lingua ricoperta da una patina biancastra.
- Vomito e dolore addominale.
- Mal di testa e malessere.
- Sonnolenza e debolezza.
- Facile irritabilità.
- Disidratazione.
Invece, negli adulti, i sintomi più evidenti sono:
- Perdita di peso.
- Stanchezza e sonnolenza.
- Malessere.
- Anemia.
- Eccessiva sete che porta al consumo di elevate quantità di liquidi e alla conseguente poliuria, cioè elevata produzione di urina.
- Aritmie cardiache.
- Calo della pressione arteriosa.
- Disturbi neurologici.
Sintomi della chetoacidosi
Nei soggetti diabetici i principali sintomi che fanno da campanello d’allarme per una chetoacidosi sono:
- Alti livelli di glucosio nel sangue.
- Elevati livelli di chetoni nelle urine.
- Stanchezza e debolezza ingiustificate.
- Respiro pesante e ansimante.
- Possibile perdita di peso.
- Sete eccessiva.
- Poliuria, ossia eccessiva minzione.
- Disidratazione.
- Pelle secca o arrossata.
- Dolori addominali.
- Nausea.
- Vomito.
- Ipotensione.
- Aritmie.
- Sonnolenza.
- Stato confusionale.
- Coma.
Diagnosi dell’acetone
In presenza di questi sintomi, tranne che nel caso di acetone fisiologico che si risolve nel giro di qualche giorno, è consigliabile contattare un dottore, il quale esaminerà i sintomi e farà l’anamnesi.
I test più comuni per diagnosticare la presenza di chetoni sono:
- Test delle urine
- Esami del sangue.
Il test delle urine
Può essere effettuato in laboratorio, nel modo classico, oppure con un test fatto in casa, pratico e per nulla invasivo.
Si tratta di una striscia da immergere nelle urine, che grazie ad una sostanza al suo interno, il nitroprussiato, reagisce in presenza del corpo chetonico acetoacetato.
Dopo pochi secondi, il ketotest mostra varie tonalità di colore, dal viola più scuro al rosa pallido. In base alla maggiore o minore concentrazione di chetoni, la striscia assumerà un colore che è possibile interpretare attraverso le indicazioni fornite dalla casa farmaceutica che produce il test.
Ovviamente ci sono molti fattori che possono influenzare l’esito del ketotest urinario fatto in casa, ad esempio, l’assunzione di acqua o di un’alimentazione ricca di grassi prima di effettuare il test.
Ecco perché è sempre meglio, in caso di sintomi persistenti e severi, effettuare un test in laboratorio o un esame del sangue.
Analisi del sangue
Con un semplice esame del sangue, infatti, il medico può rilevare sia i livelli di chetoni che quelli di glucosio e acidità dell’organismo e determinare se si tratta di chetosi o chetoacidosi.
Un altro metodo semplice è usare il chetometro, simile al glucometro che misura la glicemia, ma che in questo caso misura i chetoni nel sangue. Questo metodo prevede una puntura nel dito e il posizionamento di una goccia di sangue sulla striscia reattiva.
Trattamento dell’acetone
Di fronte ad una semplice chetosi, dovuta a digiuno temporaneo o ad un cambiamento nella dieta, di solito non si agisce usando trattamenti terapeutici particolari, se non prevenire complicazioni con diete adeguate.
Diverso è il caso di chetoacidosi, soprattutto diabetica, dove agire immediatamente è fondamentale per evitare ulteriori danni. Tra i trattamenti salva-vita segnaliamo:
- La terapia insulinica ad azione rapida.
- Una terapia reidratante, somministrando per via endovenosa elettroliti come sodio, potassio e cloruro.
In caso di chetoacidosi dovuta dalla presenza di altre malattie, potrebbe essere necessario ricorrere all’uso di:
- Antibiotici
- Antivirali
- Particolari procedure cardiache.
In alcuni casi, i pazienti con chetoacidosi diabetica possono essere trattenuti in ospedale per il monitoraggio delle loro condizioni.
La dieta chetogenica
All’inizio del nostro approfondimento abbiamo detto che in alcuni casi la chetosi non è una condizione che appare per caso, a seguito delle cause citate. Ma che è determinata da una scelta ben precisa, per esempio, quella di perdere peso o curare alcune patologie.
Molti anni fa, intorno agli anni ’20, alcuni medici iniziarono ad usare la chetosi per sviluppare un’alimentazione, detta dieta chetogenica, in grado di contrastare una grave patologia, come l’epilessia grave nei bambini e negli adolescenti. Da subito si dimostrò efficace in quanto le crisi epilettiche si ridussero drasticamente.
Più di recente, invece, altri studiosi hanno applicato la stessa dieta alle malattie cardiache, dimostrando che una riduzione dei carboidrati per raggiungere la chetosi può diminuirne i fattori di rischio, come:
- Abbassamento dei trigliceridi nel sangue
- Colesterolo totale
- Colesterolo HDL.
Nei diabetici di tipo 2 addirittura, la dieta chetogenica ha dimostrato di migliorare la sensibilità all’insulina e ridurre fattori di rischio come l’obesità.
Altra innovativa scoperta è nel trattamento del Parkinson, i cui sintomi sembrerebbe siano migliorati dopo soli 28 giorni di dieta chetogenica.
Infine, la stessa dieta è ormai molto in voga per scopi dimagranti, dove ha dimostrato di essere davvero efficace. Secondo alcuni studi, chi segue questa dieta riporta una perdita di peso 2,2 volte maggiore rispetto a chi porta avanti una dieta povera di grassi e ipocalorica.
Tuttavia, altre ricerche sostengono che la dieta chetogenica potrebbe non essere il modo migliore per perdere peso, soprattutto in coloro che soffrono di malattie metaboliche.
Effetti collaterali e controindicazioni della dieta chetogenica
Adesso che abbiamo capito come la dieta chetogenica possa essere utile ad alcune persone, è necessario spiegare che prima di affacciarsi a questo nuovo tipo di alimentazione è sempre indispensabile consultare un esperto. Non è detto che una dieta a basso contenuto di carboidrati, faccia al caso tuo.
In alcuni casi, la dieta chetogenica può avere anche effetti collaterali. Tra quelli a breve termine ci sono mal di testa, affaticamento, costipazione, livelli elevati di colesterolo e alitosi, ma sono sintomi che scompaiono entro pochi giorni o settimane dall’inizio della dieta.
Tra quelli a lungo termine, si segnalano:
- Sviluppo di calcoli renali.
- Sviluppo di chetoacidosi durante l’allattamento.
- Problemi con la glicemia nei diabetici.
- Scarsa quantità di fibre.
Fonti
- Latte umano e chetosi.
- Differenze tra chetosi e chetoacidi.
- Scienzedirect.
- PubMed.
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