Sommario
L’amniocentesi è un esame diagnostico invasivo per la diagnosi neonatale che si può eseguire nel secondo trimestre di gravidanza. Non si tratta di un test obbligatorio, infatti in gravidanza si esegue solo in alcune situazioni o casi specifici.
Quando si fa l’amniocentesi? Solitamente si esegue tra la 15° e la 17° settimana di gravidanza per individuare precocemente eventuali anomalie genetiche del feto. Non è un esame doloroso, ma sono consigliati 3-4 giorni di riposo dopo la sua esecuzione.
Scopri allora cos’è l’amniocentesi, come e quando si fa, quali sono i rischi e quanto costa.
L’amniocentesi, che cos’è
L’amniocentesi è un test non obbligatorio piuttosto invasivo ma molto utile per la diagnosi prenatale.
In cosa consiste? Si preleva una piccola quantità di liquido amniotico (non più di 15-18 ml) per analizzare i cromosomi fetali e misurare i livelli di alfa-fetoproteina, una sostanza i cui livelli elevati potrebbero indicare un’anomalia fetale come la spina bifida o la sindrome di Down, ad esempio.
La successiva analisi di laboratorio di queste cellule permette di ricostruire la mappa cromosomica del feto e individuare eventuali alterazioni genetiche correlate a patologie. Non può, invece, diagnosticare malattie genetiche come l’emofilia o la talassemia (anemia mediterranea), né malformazioni dovute ad altre cause.
L’incidenza delle anomalie cromosomiche fetali è circa l’1%, ma può essere influenzata da diversi fattori come l’età materna avanzata o la presenza di condizioni genetiche nei genitori.
Come si esegue? Prima del prelievo la donna è sottoposta a ecografia per valutare la salute e la posizione del feto, nonché per individuare la posizione migliore per l’inserimento dell’ago. La procedura è ambulatoriale e non richiede il ricovero.
Sebbene possa suscitare una certa ansia nella futura mamma, il dolore è più o meno paragonabile a quello di un prelievo di sangue venoso. Infatti, quando si inserisce l’ago è possibile avvertire un lieve dolore, ma dura poco. Ovviamente molto dipende dalla tollerabilità e sensibilità individuale.
Il prelievo richiede pochi minuti, mentre l’intera procedura 30-45 minuti. Dopo l’amniocentesi, si effettua un’altra ecografia per controllare il feto e la placenta. Nei giorni successivi al prelievo, è consigliabile riposare per un paio di giorni, evitando gli sforzi fisici intensi o lunghi viaggi per almeno altri tre giorni.
Quando si fa l’amniocentesi e perché
L’amniocentesi non è un esame obbligatorio per le donne in gravidanza. Si esegue dietro consulto medico e dopo l’autorizzazione da parte della gestante che deve aver compreso rischi, benefici, modalità di esecuzione e motivi del test.
È un esame che si consiglia soprattutto in caso di fattori di rischio noti o se emergono rischi per il feto durante la gravidanza. I fattori di rischio includono, ad esempio, l’età materna avanzata, la presenza di anomalie cromosomiche nei genitori o le malformazioni fetali evidenziate dall’ecografia.
Serve per fare una diagnosi su eventuali malattie prese in esame durante la gravidanza. Tuttavia, l’amniocentesi non può diagnosticare tutte le possibili patologie, ma circa 15-20 condizioni cromosomiche e malattie. La percentuale di successo è molto alta (circa il 98%) e i risultati diagnostici sono affidabili.
Quando si fa? L’amniocentesi si esegue al 4° mese di gravidanza, ovvero fra la 16°/17° e la 18° settimana. Perché proprio in questo periodo? Perché in questa fase sono massime le possibilità di successo del prelievo e minimi i rischi. Infatti, prima della 15° settimana le difficoltà tecniche nell’esecuzione della procedura sono molto più elevate ed è maggiore il rischio di aborto spontaneo e di altre conseguenze per il feto.
È possibile eseguirla anche nella fase tardiva di gestazione, dopo la 25° settimana di gravidanza (fra la 32° e la 39°) allo scopo di valutare la maturità fetale e stabilire con una certa precisione il grado di sviluppo dei polmoni, dei reni e della massa muscolare del feto in vista di un parto anticipato.
L’esame consente di verificare la presenza di:
- Anomalie genetiche associate a malattie quali la sindrome di Down, la sindrome di Patau, la sindrome di Edwards, la sindrome dell’X fragile, la fibrosi cistica, la distrofia muscolare di Duchenne-Becker.
- Malformazioni dovute ad alterazioni genetiche: difetti cardiaci, ernia diaframmatica, onfalocele, difetti di chiusura del tubo neurale (il più comune dei quali è la spina bifida).
- Alterazioni del metabolismo.
- Malattie infettive del feto.
L’amniocentesi è consigliata in quali casi?
La procedura è consigliata, in base alle disposizioni previste dal Decreto Ministeriale del 10/09/1998, in caso di:
- Risultato positivo al test di screening prenatale combinati ecografici e biochimici (test combinato, bi test, tri test).
- Precedenti gravidanze nelle quali il feto ha avuto problemi di malattie cromosomiche o difetti del tubo neurale (il più diffuso e noto è la spina bifida).
- Età della madre superiore ai 35 anni.
- Gravidanza in donne che non si siano sottoposte ai test di screening del primo trimestre.
- Storia familiare di malattie genetiche.
- Positività in gravidanza per malattie infettive da citomegalovirus, parvovirus B19, Toxoplasma gondii, virus della rosolia.
- Risultati dell’ecografia che inducano a sospettare la presenza di malattie genetiche.
Amniocentesi o DNA fetale?
Non c’è una scelta migliore dell’altra. La decisione dovrebbe basarsi sulle necessità dei genitori, sulla storia clinica e sulle informazioni fornite dai medici.
Il DNA fetale è un test di screening con alta sensibilità e specificità, ma non è diagnostico. L’amniocentesi, invece, fornisce una diagnosi definitiva, ma è un esame invasivo. La scelta dipende dalle preferenze e dalle necessità specifiche della gestante.
Si tratta, comunque, di uno screening non invasivo che si può eseguire in gravidanza e che consente di valutare il rischio (da confermare poi con test più specifici) di anomalie dei cromosomi.
Quali sono i costi dell’amniocentesi?
Il Servizio Sanitario Nazionale offre gratuitamente l’indagine alle donne che abbiano superato i 35 anni. Ci possono essere costi aggiuntivi legati ad indagini specifiche, che raccomanderà il medico in base alle caratteristiche dei pazienti.
Presso le strutture private il costo è ampiamente variabile e compreso in un range che va dai 500 ai 1.500 euro (con un prezzo medio pari a 700 euro circa), in base a numerosi fattori, tra cui la modalità di analisi scelta (tradizionale o molecolare).
I rischi dell’amniocentesi quali sono?
Quanto è rischioso fare l’amniocentesi? I rischi dell’amniocentesi sono collegati principalmente all’inserimento dell’ago e si possono distinguere in rischi materni e fetali. Tra i primi possono esserci le possibili infezioni e le lesioni agli organi interni.
Le infezioni solitamente sono associate al liquido amniotico se la procedura non è eseguita con adeguati criteri di sterilizzazione. Invece, le lesioni sono molto rare, poiché l’esame si esegue sotto guida ecografica.
I rischi per il feto, invece, sono possibili infezioni trasmesse al feto o al liquido amniotico, nonché lesioni o scollamento delle membrane amniotiche.
Il rischio di aborto per amniocentesi è approssimativamente dell’1%. Invece, le lesioni fetali causate dalla puntura sono molto rare da quando c’è il monitoraggio ecografico per l’esecuzione del prelievo.
Quindi, l’amniocentesi è sicura? I dati indicano che, sebbene sia una procedura invasiva con alcuni rischi associati, è considerato un esame relativamente semplice e sicuro.
È importante però che sia eseguito da personale esperto, in un laboratorio affidabile e specializzato in analisi genetiche e cromosomiche.
Fattori di rischio: chi è più esposta?
I fattori di rischio che rendono più pericoloso l’esame sono rappresentati da:
- Precedente abortività (fino al 7%).
- Presenza di emorragie genitali nel corso della gravidanza (fino al 6%)
- Presenza di sangue nel liquido amniotico (fino al 15%).
- Dosaggio dell’alfa-fetoproteina nel siero superiore alle 2 MoM (fino al 20%).
Amniocentesi: come si svolge e quanto dura
L’amniocentesi è effettuata in ambulatorio, senza anestesia, inserendo un ago attraverso la parete addominale fino all’utero e al sacco amniotico che circonda il feto.
Il prelievo del fluido in esso contenuto permette il reperimento di cellule che vengono successivamente esaminate in laboratorio. Non comporta dolore ma richiede alcuni giorni di riposo dopo l’esecuzione.
La donna è sdraiata in posizione supina con l’addome scoperto. L’operatore controlla il battito cardiaco, la corretta epoca della gestazione, la posizione del feto e della placenta attraverso l’ecografia, che guida tutta la realizzazione della procedura, e individua il punto più opportuno dove inserire l’ago per il prelievo del liquido amniotico.
La sonda ecografica viene avvolta in un involucro sterile per minimizzare il rischio di infezioni. La guida ecografica permette di prevenire qualsiasi lesione fetale dovuta alla penetrazione dell’ago.
Dopo aver disinfettato la pelle nell’area interessata, l’operatore inserisce un ago sottile e cavo del calibro di 0,7-0,9 mm e di lunghezza pari a circa 12 mm attraverso la parete addominale, fino a raggiungere l’utero e il sacco amniotico che circonda il feto.
A questo punto viene effettuato un prelievo “a mano libera” (ma sempre sotto guida ecografica) di 20 millilitri circa di liquido amniotico (normalmente 15-18 mL) e, successivamente, viene rimosso l’ago e controllato nuovamente il battito cardiaco fetale.
Al termine dell’indagine viene eseguito un controllo ecografico del feto e della placenta. Il liquido amniotico prelevato viene reintegrato rapidamente e non rappresenta, in condizioni normali, un rischio per il feto o per la madre.
Il prelievo, in sé, richiede pochi minuti, anche se l’intera procedura dura circa 30-45 minuti.
È necessaria una preparazione?
Non richiede una preparazione particolare, neppure di tipo alimentare (digiuno o eliminazione di alcuni alimenti dalla dieta).
Se il gruppo sanguigno della mamma è Rh negativo e del papà Rh positivo, il sistema immunitario materno potrebbe attivarsi dopo essere venuto in contatto con le cellule del sangue del feto.
Per scongiurare il rischio di un aborto spontaneo è raccomandata quindi l’esecuzione di una profilassi con immunoglobuline anti-D, che prevengono la formazione di anticorpi diretti contro il feto, una patologia nota come isoimmunizzazione Rh e che può avere conseguenze gravi per il feto.
L’amniocentesi deve essere preceduta da un’ecografia eseguita al fine di rilevare:
- Vitalità del feto.
- Epoca di gestazione.
- Posizione e dimensione del feto e della placenta.
- Eventuali gravidanze plurime.
Non sono raccomandati screening infettivologici pre-amniocentesi, né l’assunzione di una terapia antibiotica profilattica o tocolitica (mirata, cioè, a contrastare l’insorgenza di contrazioni uterine).
È consigliabile riferire al medico che esegue l’indagine l’assunzione di eventuali farmaci.
Prima di sottoporsi all’amniocentesi alla donna viene chiesto di leggere e firmare il Consenso Informato. E’ il documento in cui la donna esprime il suo assenso, dissenso o revoca all’esecuzione dell’esame. Deve essere sottoscritto prima di sottoporsi a molti esami.
L’amniocentesi fa male?
E’ un esame invasivo ma non doloroso, tanto che non richiede alcun tipo di anestesia, neppure locale. Il dolore/fastidio prodotto è paragonabile a quello che si percepisce durante un prelievo di sangue.
Invece, un tratto comune a quasi tutte le donne che vanno incontro a questa esperienza è rappresentato dall’ansia che comporta, per la responsabilità che attribuisce ai genitori, in particolare alla madre, riguardo il destino del feto e l’eventuale scelta di ricorrere all’aborto nel caso in cui l’esame rilevi la presenza di anomalie cromosomiche gravi.
Se programmate di sottoporvi all’amniocentesi, sentitevi libere di prendervi del tempo per riflettere e per porre domande al vostro medico, esprimendogli qualsiasi dubbio o preoccupazione.
Quando preoccuparsi?
È bene consultare il medico se dopo l’esame si notano:
- Perdite di liquido o di sangue.
- Forti dolori o crampi addominali.
- Cambiamento nella percezione dei movimenti fetali.
- Temperatura si alza.
La febbre che compare dopo l’amniocentesi deve sempre orientare verso un approfondimento.
La formazione di un piccolo ematoma e la fuoriuscita di qualche goccia di sangue dal sito di iniezione non devono destare preoccupazione.
L’amniocentesi nelle gravidanze gemellari
In caso di gravidanze gemellari, sono necessarie rilevazioni aggiuntive prima di eseguire l’esame.
Se i gemelli sono monocoriali (ovvero possiedono un’unica placenta) la rilevazione è unica, perché sono geneticamente identici. Se, al contrario, sono bicoriali occorre realizzare un prelievo per ognuno di loro. L’introduzione del secondo ago deve essere effettuata in un punto sufficientemente lontano da quello in cui è stato inserito il primo.
I rischi associati all’amniocentesi in caso di gravidanza gemellare sono identici a quelli per le gestazioni con un solo feto.
Villocentesi o amniocentesi?
Il prelievo dei villi coriali (villocentesi) si effettua a partire dalla 10° settimana e non oltre la 13° settimana di gestazione. Lo scopo della procedura è quello di prelevare alcune cellule da un tessuto chiamato trofoblasto, che si trova alla base della placenta.
I rischi sono gli stessi per le due metodiche.
Quali sono le differenze? Per entrambi gli esami il risultato definitivo (e unico per l’amniocentesi) è disponibile dopo circa 3 settimane, per la villocentesi è possibile ottenere un primo esito provvisorio dopo circa 8-10 giorni, altamente attendibile.
La villocentesi può essere eseguita in epoca più precoce rispetto all’amniocentesi: questo rende un’eventuale interruzione di gravidanza meno traumatica.
A differenza dell’amniocentesi, che prevede il prelievo di liquido amniotico, la villocentesi interessa i villi coriali, ossia elementi cellulari presenti nella placenta.
Può essere eseguita anche per via trans-cervicale, inserendo un tubicino attraverso la vagina e il canale cervicale, per accedere all’utero e alla placenta. L’operatore stabilisce caso per caso quale sia la via d’accesso più opportuna.
In generale, l’amniocentesi risulta un po’ più attendibile perché comporta meno casi dubbi.
Conclusioni
L’amniocentesi è un esame prenatale invasivo, non obbligatorio, eseguito generalmente tra la 15ª e la 17ª settimana di gravidanza. Serve per analizzare cromosomi fetali e valutare l’alfa-fetoproteina nel liquido amniotico.
I possibili rischi includono infezione, lesioni fetali o perdite di liquido amniotico. Nonostante ciò, l’amniocentesi è considerata una procedura sicura, con una percentuale di rischio di aborto di circa l’1%.
Fonti
- Aggiornamento del decreto ministeriale 6 marzo 1995 concernente l’aggiornamento del decreto ministeriale 14 aprile 1984 recante protocolli di accesso agli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale per le donne in stato di gravidanza ed a tutela della maternità – Ministero della Salute.
- Conferma diagnostica dopo NIPT con risultato ad alto rischio, non informativo o sesso discordante – Società Italiana di Genetica Umana.
- Procedure-related risk of miscarriage following amniocentesis and chorionic villus sampling: a systematic review and meta-analysis. Ultrasound in obstetrics and Gynecology.
- Legge n. 2019 del 22 dicembre 2017 – Consenso Informato.