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La toxoplasmosi è una malattia causata da un parassita, il Toxoplasma gondii. Può colpire chiunque, tuttavia può essere particolarmente preoccupante durante la gravidanza per i potenziali rischi per il feto.
Conoscendo come si trasmette la malattia e con le dovute precauzioni, tuttavia, non c’è nulla da temere.
La toxoplasmosi, infatti, si può contrarre soprattutto attraverso il contatto con feci di gatti infetti o consumando cibo contaminato, come carne cruda o poco cotta, specialmente suina o ovina.
Il sistema immunitario umano, nella maggior parte dei casi, può fronteggiare l’infezione, ma le donne in gravidanza, particolarmente vulnerabili alle infezioni, a causa dei cambiamenti nelle loro difese naturali, potrebbero essere più vulnerabili all’infezione da Toxoplasma gondii.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la metà della popolazione mondiale ha un’infezione da Toxoplasma gondii; di questi la quasi totalità (95%) non manifesta sintomi e quindi non sa di averla contratta
Toxoplasmosi: che cos’è
La toxoplasmosi è un’infezione causata dal parassita Toxoplasma gondii, uno dei più comuni al mondo. La trasmissione avviene principalmente per via orale, ingerendo carne poco cotta o cibi contaminati, oppure attraverso il contatto con feci di gatto infette. Durante la gravidanza, può essere trasmessa dalla madre al feto, con possibili rischi per lo sviluppo del bambino.
Nella maggior parte dei casi, l’infezione è asintomatica o presenta sintomi lievi simili all’influenza. Tuttavia, può causare gravi complicazioni in persone immunodepresse, come pazienti con HIV/AIDS o in chemioterapia, e nelle donne in gestazione, come abbiamo detto.
Il parassita Toxoplasma gondii è particolarmente resistente e può sopravvivere per lungo tempo nell’organismo di mammiferi, uccelli e creature marine.
I felini, in particolare, sono ospiti definitivi del parassita, il che significa che solo loro possono produrre le oocisti infettive espulse con le feci. Si tratta di una fase del ciclo vitale del parassita durante la quale è racchiuso in una struttura che lo protegge dall’ambiente esterno, permettendogli di sopravvivere al di fuori di un ospite per un certo periodo. Sebbene un singolo gatto possa diffondere milioni di oocisti, ciò avviene solitamente una sola volta nella vita.
I gatti possono contrarre la toxoplasmosi mangiando prede infette o attraverso oocisti presenti nell’ambiente e il rischio di trasmissione agli esseri umani è limitato a un periodo di circa tre settimane dopo l’infezione per contatto oro-fecale.
In generale, la toxoplasmosi non richiede trattamenti specifici, salvo in casi particolari.
Come si trasmette la toxoplasmosi
La toxoplasmosi si trasmette principalmente attraverso:
- Alimentazione: il 30-65% dei casi è legato al consumo di carne cruda o poco cotta.
- Cibi crudi: frutta e verdura non lavate correttamente.
- Acqua contaminata.
- Manipolazione di terra e ortaggi dove possono essere presenti feci di animali infetti.
- Pulizia della lettiera di un gatto infetto senza lavarsi le mani.
- Contatto con utensili contaminati usati in cucina.
- Gravidanza trans-placentare: da madre a figlio.
- Trapianti d’organi o trasfusioni di sangue infetti.
Fasi della malattia
Il ciclo-tipo di una malattia infettiva come la toxoplasmosi può essere suddiviso in diverse fasi.
- Esposizione: il contatto iniziale, ma è molto difficile da determinare in quanto la malattia è quasi sempre asintomatica.
- Incubazione: il periodo che intercorre tra l’esposizione e la comparsa dei sintomi clinici (tra i 4 e i 21 giorni) se il contagio è avvenuto tramite le feci del gatto o 10-23 giorni se è avvenuto per ingestione di carni contaminate.
- Periodo prodromico: il periodo di transizione tra lo stato di salute e quello di malattia, con i primi sintomi, che però, se presenti, sono lievi e aspecifici.
- Malattia clinica: i sintomi raggiungono il massimo livello. Ma se non presenti, si parla di malattia subclinica o asintomatica.
- Regressione: il periodo in cui i sintomi diminuiscono grazie alla risposta del sistema immunitario.
- Convalescenza o guarigione: quando il corpo si riprende dalla malattia.
- Stato di portatore: in cui l’infetto è in grado di contagiare altri esseri senza manifestare alcun sintomo.
Toxoplasmosi: sintomi
La toxoplasmosi presenta due fasi principali. La prima, detta primaria, può durare settimane o mesi e si manifesta con sintomi come ingrossamento dei linfonodi, stanchezza, mal di testa, mal di gola, dolori muscolari, febbre, ingrossamento di fegato e milza.
Nei casi più gravi, possono insorgere infiammazioni agli occhi (corioretinite) o al cervello, specialmente in persone con un sistema immunitario compromesso (ad esempio malati di AIDS o soggetti trapiantati).
La seconda fase, chiamata toxoplasmosi postprimaria, si verifica quando il parassita rimane incistato nei muscoli e nel cervello, senza sintomi evidenti. Tuttavia, in caso di indebolimento del sistema immunitario, il parassita può riattivarsi.
Nella maggior parte di coloro che hanno un sistema immunitario forte, tuttavia, l’infezione da Toxoplasma gondii si manifesta con zero o pochi sintomi. Anche la guarigione, il più delle volte, risulta completa.
Tra coloro che lamentano la comparsa di sintomi: circa il 10-20% presenta un ingrossamento dei linfonodi specialmente del collo, ma senza dolore.
Altri manifestano sintomi simili all’influenza:
- Cefalea.
- Febbricola.
- Malessere generale.
- Dolori muscolari.
- Mal di gola.
La nota positiva è che i sintomi scompaiono da soli, vuol dire che non serve necessariamente una cura antibiotica. I tempi di guarigione variano da due settimane a un mese o più.
Toxoplasmosi in gravidanza
Quando una donna rimane incinta, il medico prescrive immediatamente il TORCH test, ossia una combinazione di test ematici anti virali e anti parassitari, rientranti tra gli esami gratuiti, che vanno eseguiti entro le prime settimane.
Gli esami inclusi sono:
- Toxo test anti Toxoplasma.
- Test per rintracciare altri eventuali agenti patogeni come sifilide, varicella-zoster, Hiv, Parvovirus B19, epatite.
- Rubeo test anti rosolia.
- CMV test anti Citomegalovirus.
- HSV test anti Herpes simplex virus.
Grazie a questi esami del sangue è possibile identificare eventuali anticorpi contro questi agenti infettivi: virus e parassiti innocui per la futura mamma, ma altamente pericolosi per il feto.
In particolare, se la donna contrae la toxoplasmosi, c’è un’alta probabilità, circa il 30%, che questa sia trasmessa al feto. Anche se in realtà il rischio di trasmissione cambia in base al periodo gestazionale.
Nel primo trimestre, la probabilità di trasmissione è molto bassa, circa il 15%. Nel secondo trimestre circa il 44% e nel terzo trimestre circa il 71%.
Questo succede perché la placenta, inizialmente molto protettiva, col passare del tempo lo diventa sempre meno.
Ma per fortuna i danni maggiori per il feto o il rischio di aborto, si possono avere proprio nel primo trimestre, quando la barriera protettiva della placenta è appunto molto forte.
Diagnosi della toxoplasmosi
Se si sospetta di avere contratto la toxoplasmosi o si hanno dei sintomi riconducibili ad essa, è possibile richiedere un test specifico per mezzo di prove di laboratorio, in grado di rilevare la presenza dei parassiti.
Un altro metodo è il dosaggio degli anticorpi diretti contro il parassita. Un’esposizione al Toxoplasma gondii, almeno una volta nella vita, sviluppa anticorpi rintracciabili nel sangue (IgG e IgM).
Inoltre, è importante ricordare che essere negativi agli esami di laboratorio non vuole dire per forza non avere contratto l’infezione, ma più semplicemente che il corpo non ha ancora avuto il tempo di sviluppare gli anticorpi.
Nel caso di possibile infezione cerebrale, si può eseguire una tomografia computerizzata o la risonanza magnetica seguita da puntura lombare (rachicentesi).
Un ultimo metodo diagnostico, che si esegue per lo più per verificare se il parassita ha colpito il feto oppure i tessuti del cervello o di altri organi, è il test genetico che si fa attraverso l’identificazione del DNA che contiene i geni dei parassiti.
A questo, sempre in termini di diagnosi prenatale, è possibile aggiungere:
- Amniocentesi.
- Ecografia fetale.
- Cordocentesi.
- istologia placentare.
Anticorpi IgM e IgG: valori
Le IgM compaiono entro le prime due settimane della malattia e raggiungono il picco entro 4-8 settimane. Possono essere ancora presenti fino a 18 mesi dopo l’infezione.
Invece, le IgG si sviluppano più lentamente. Raggiungono il picco, infatti, entro i primi tre mesi dall’infezione e possono rimanere elevate per mesi o anni.
In genere, se le IgM risultano positive, l’infezione è in corso, altrimenti non è in atto. Così come se le IgG sono positive, vuol dire che la toxoplasmosi è stata contratta in passato, se sono negative l’infezione non è mai stata presa.
Una volta diagnosticata la toxoplasmosi, il medico è in grado di valutare la gravità dell’infezione e prescrivere il trattamento specifico.
Come curare la toxoplasmosi
Nella maggior parte dei casi, la toxoplasmosi non richiede cure specifiche, ma in caso di sintomi gravi o immunodepressione, è necessario ricorrere a terapie farmacologiche.
Se invece la malattia è accompagnata da sintomi può essere combattuta con l’uso di farmaci specifici, sulla base del tipo di infezione e della persona colpita.
I farmaci più utilizzati sono:
- Pirimetamina: un farmaco di solito usato per curare la malaria e che viene spesso abbinato all’uso di integratori di acido folico.
- Sulfadiazina: un farmaco in grado di inibire la produzione di acido folico e quindi la riproduzione di batteri e parassiti che di solito se ne nutrono.
- Leucovorin: che viene somministrato per proteggere dalla ridotta produzione di cellule del sangue nel midollo osseo, che è un effetto collaterale della pirimetamina.
Nei casi in cui ad un paziente non può essere somministrata la sulfadiazina, è possibile prescrivere la clindamicina o atovaquone.
Anche i pazienti immunodepressi ricevono gli stessi farmaci, con la differenza che la terapia durerà più a lungo, 6 settimane al posto di due. Tranne nei malati di Aids che, a causa di continue recidive, sono costretti a proseguire la terapia a tempo indeterminato.
Trattamenti in gravidanza
Quando una donna contrae la toxoplasmosi in gravidanza, è fondamentale consultare un medico specializzato.
La terapia varia in base al trimestre e al coinvolgimento del feto. Generalmente, si utilizza la spiramicina per prevenire la trasmissione al feto, somministrata fino alla fine della gravidanza. Se il feto è infetto, si passa a un trattamento con pirimetamina e sulfadiazina, farmaci che attraversano la placenta e agiscono anche sul feto.
Purtroppo questo cocktail di farmaci non è molto indicato nel primo trimestre di gravidanza in quanto può causare gravi conseguenze.
E’ prevista, inoltre, una cura di un anno per il neonato con toxoplasmosi congenita che è sempre a base di primetamina, sulfonamidi più acido folico. Ciò che cambia, chiaramente, sono le dosi.
Come prevenire la toxoplasmosi
Come si può prevenire la toxoplasmosi? Non esiste un vaccino contro la toxoplasmosi, ma si possono adottare misure preventive, come evitare il consumo di carne poco cotta, lavare accuratamente frutta e verdura, e proteggersi durante le attività di giardinaggio.
Le donne in gravidanza devono essere particolarmente caute, poiché l’infezione può essere trasmessa al feto, causando gravi conseguenze.
Lavare e manipolare i cibi
- Lavarsi spesso le mani con acqua tiepida e sapone per almeno 20 secondi sia prima che dopo aver maneggiato cibo, essere andati in bagno o avere cambiato pannolini. Lavare frequentemente taglieri e utensili da cucina con acqua calda e sapone.
- Sciacquare frutta e verdura sotto l’acqua corrente o strofinare con una spazzola per verdure pulita e poi risciacquare. Meglio se trattate prima con amuchina o bicarbonato di sodio.
- Fare attenzione ad incrociare i cibi. Vuol dire che se manipoli la carne cruda, il pollame o i frutti di mare e le uova, è possibile che si crei un ambiente invitante per la contaminazione di altri cibi. Quindi lavare tutto e poi lavarsi bene le mani prima di toccare altro. Separare i cibi potenzialmente infetti da tutto il resto anche nel carrello della spesa, nei sacchetti e nel frigorifero.
- Mettere subito in frigorifero o congelatore gli alimenti che necessitano di basse temperature, perché queste rallentano la crescita dei batteri. Non lasciare mai carni, frutta e verdura appena tagliate fuori dal frigo per più di due ore.
- Sarebbe una buona abitudine congelare carne e pesce prima del consumo in quanto aumenta la possibilità di far morire il parassita o altri batteri.
Come consumare i cibi
- Una delle misure di prevenzione riguarda sicuramente la cottura dei cibi che dovrebbe avvenire a temperature sicure tra 74-77° C, usando magari un termometro per alimenti che possa verificarne la cottura interna. Il solo colore esterno, infatti, non è affidabile per determinare che l’eventuale agente patogeno sia stato ucciso. Per questo motivo, non assaggiare mai la carne se prima non è ben cotta.
- Non consumare molluschi crudi e non bere latte di capra o pecora non pastorizzato in quanto si tratta di animali che con alta probabilità hanno le cisti nei loro tessuti.
- Le donne in gravidanza, in più, devono evitare le carni conservate crude come salame, salsiccia, prosciutto crudo non adeguatamente stagionato, speck, pancetta ecc. E neanche formaggi prodotti da latte crudo.
- In caso di scongelamento usare il frigorifero, l’acqua fredda o il microonde e poi cuocere subito.
- Non bere acqua dal rubinetto in paesi poco sicuri dal punto di vista igienico e comunque evitare acqua non potabile.
Abitudini sane
- Indossare guanti durante il giardinaggio e il cambio della lettiera dei gatti. In ogni caso, dopo aver finito, è bene lavarsi attentamente le mani.
- Cambiare la lettiera del gatto ogni giorno, in quanto il parassita appena espulso ci mette circa 24-48 ore prima di diventare infettivo.
- Le donne gravide non dovrebbero entrare in contatto con gatti selvaggi, né tanto meno cambiare la lettiera del proprio. In caso non possa essere fatto da nessun altro vale sempre la regola dei guanti e del lavaggio sicuro delle mani.
- Insegnare ai bambini l’importanza di lavarsi le mani.
Conclusioni
La toxoplasmosi è un’infezione causata dal parassita Toxoplasma gondii, che si trasmette principalmente attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta, cibi non lavati correttamente o il contatto con feci di gatto infette.
Spesso asintomatica, può presentare sintomi lievi simili all’influenza, ma in soggetti immunodepressi e donne in gravidanza può causare complicazioni gravi.
Non esiste un vaccino, ma la prevenzione si basa su una corretta igiene alimentare e personale.
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Fonti
- Istituto Superiore della Sanità- Epicentro.
- Partnership for Food Safety Education.
- Research Gate.
- Dubey 2008.