Sommario
La pielonefrite è un’infiammazione del rene e della pelvi renale, di tipo acuto o cronico, causata da batteri. Colpisce individui di qualsiasi sesso ed età, ma più frequentemente si verifica in donne e bambini. I sintomi più comuni sono febbre (spesso elevata con brividi), dolore a livello lombare e sintomi a carico del tratto urinario inferiore.
La forma più comune di pielonefrite è quella acuta, che, se curata in modo tempestivo con una terapia antibiotica mirata, presenta un’evoluzione benigna, con guarigione completa senza conseguenze. Tuttavia, il reiterarsi dell’infezione può portare alla forma cronica.
Diversamente dalla forma acuta, che si manifesta come un singolo ed improvviso episodio, la pielonefrite cronica si sviluppa in un tempo prolungato a causa di danni ripetuti a carico del tessuto renale legati a processi infettivi ricorrenti o persistenti.
Pielonefrite acuta e cronica: che cosa sono
La pielonefrite acuta è un’infiammazione del rene e della pelvi renale che si manifesta come un singolo ed improvviso episodio a seguito di un’infezione batterica generalmente a partenza dall’apparato urinario.
Invece quella cronica, definita anche come nefrite tubulo-interstiziale cronica, è una malattia infiammatoria che si sviluppa in un tempo prolungato coinvolgendo il rene e la via escretrice e che, almeno nelle fasi iniziali, è sostenuta da germi che colonizzano le vie urinarie.
Si tratta di una forma più grave della “controparte” acuta. E’ caratterizzata da alterazioni anatomiche e funzionali, che nei quadri più avanzati possono portare ad insufficienza renale cronica.
Classificazione della pielonefrite cronica
Viene generalmente classificata in due forme, ostruttiva e da reflusso.
La pielonefrite cronica ostruttiva
E’ legata ad un’ostruzione cronica di varia natura che generalmente inizia in modo subdolo o come pielonefrite acuta ricorrente nel tempo.
Le principali cause di ostruzione sono:
- Intrinseche delle vie urinarie, come presenza di coaguli, calcoli, tumori e stenosi ureterali (ossia ristringimenti della cavità dell’uretere).
- Estrinseche a partenza dal sistema riproduttivo maschile o femminile (come tumori ed endometriosi) e gastro-intestinale (come tumori e il morbo di Crohn), o ancora dal retroperitoneo (come nel caso della fibrosi retroperitoneale idiopatica).
Il ripetersi frequente delle infezioni, favorite dalla condizione ostruttiva di base, determina ripetuti processi infiammatori a livello del rene, con conseguente fenomeno di cicatrizzazione di aree più o meno estese dello stesso.
Il rene, con il tempo, si presenterà più piccolo di volume e con una funzionalità ridotta.
La pielonefrite cronica da reflusso
E’ la complicanza più grave, ma anche la più frequente, del reflusso vescico-ureterale, caratteristica dell’età pediatrica.
In questa condizione si ha la risalita di urine infette lungo gli ureteri, che portano ad un processo infiammatorio che si protrae nel tempo (cronico) a livello del rene.
Il quadro di presentazione è spesso molto subdolo, quasi silente, per cui, soprattutto in epoca passata chi ne era colpito giungeva all’attenzione del medico già con segni di pielonefrite avanzati (in particolare per i reflussi bilaterali).
Perché le donne sono più a rischio?
La pielonefrite più comunemente colpisce le donne, per alcuni fattori predisponenti specifici.
- Uretra più breve (3-4 cm), che facilita la risalita dei germi.
- Modificazioni ormonali, contraccettivi ormonali e flusso mestruale che possono causare una riduzione delle difese esterne della mucosa genitale, con conseguente colonizzazione da parte dei germi.
- Infezioni dell’apparato genitale femminile.
- Traumi durante i rapporti sessuali.
- Gravidanza.
- Assenza dell’azione antisettica del liquido secreto dalla prostata.
Cosa causa la pielonefrite
La causa della pielonefrite è generalmente un batterio, che può arrivare al rene attraverso diverse vie.
- Ascendente dalla vescica: i batteri, penetrando dal perineo o – nei soggetti di sesso femminile – dal vestibolo vaginale, e risalendo l’uretra, arrivano in vescica e successivamente fino al rene.
- Discendente dal sangue: i batteri raggiungono il rene attraverso il circolo sanguigno, durante una setticemia (ossia presenza persistente nel sangue di batteri).
- Discendente dalla linfa: i batteri raggiungono il rene attraverso il circolo linfatico, ossia i vasi linfatici del colon ascendente per il rene destro e del colon discendente per il rene sinistro.
Alcune forme più rare di pielonefrite sono causate da patogeni opportunisti (tra cui il Corynebacterium urealyticum), micobatteri, lieviti e funghi.
La forma più comune è quella ad origine ascendente a partenza dalle vie urinarie inferiori (cistite). Infatti, i germi responsabili della pielonefrite sono generalmente i batteri che causano le infezioni del tratto urinario, dell’apparato genitale e gastro-enterico. Quindi coinvolgono organi come:
- vescica
- prostata
- cervice
- vagina
- uretra
- retto.
Quali batteri causano la pielonefrite?
Generalmente si tratta di:
- Escherichia coli
- Klebsiella
- Proteus
- Enterococcus
- Enterobacter
- Pseudomonas.
A differenza di quanto accade in altri organi, le infezioni del rene e più in generale dell’apparato urinario, sono causate da un ristretto numero di batteri, nell’80% dei casi da Escherichia Coli.
Sono germi che costituiscono la normale flora batterica intestinale, e che prendendo la via ascendente, riescono a raggiungere i reni superando i meccanismi che fisiologicamente proteggono le vie urinarie.
Infatti, l’apparato urinario degli individui sani è resistente alla colonizzazione da parte di patogeni, grazie alla presenza di meccanismi di difesa sia “locali” che “sistemici” ad opera del sistema immunitario.
È proprio per questo motivo che la colonizzazione delle vie urinarie da parte di germi patogeni non sempre causa infezione. Infatti, l’insorgenza di infezione è legata all’alterazione dell’equilibrio tra fattori di protezione dell’individuo e fattori predisponenti all’infezione. In questo giocano un ruolo fondamentale:
- carica, virulenza e ricorrenza dei germi.
- Efficacia delle difese immunitarie dell’individuo.
Quali sono i sintomi della pielonefrite
Acuta
Come suggerisce il nome – acuta – l’esordio della sintomatologia è rapido, con sintomi che si presentano nell’arco di ore o dopo un giorno.
La pielonefrite acuta si presenta tipicamente con febbre, anche elevata (39-40°) con brividi e tremori squassanti, che in genere regredisce con sudorazione abbondante, sensazione di malessere generale, dolore lombare e talvolta è associata a nausea e vomito.
Possono essere presenti sintomi del basso tratto urinario, come disuria (ossia difficoltà nell’emissione dell’urina), stranguria (ossia emissione di urina dolorosa e intermittente, goccia a goccia) e tenesmo vescicale (ossia una contrazione spasmodica e dolorosa della vescica associata a continua necessità di urinare, per cui le urine vengono emesse in piccola quantità o non vengono emesse).
Talvolta si può vedere sangue nelle urine (ematuria), o queste possono apparire torbide per la presenza di cellule (piuria) o batteri (batteriuria).
Forma cronica
L’esordio della malattia è più spesso insidioso, con sintomatologia più sfumata e senza segni caratteristici – per tale motivo quando viene diagnosticata spesso sono già presenti lesioni in fase avanzata a livello renale.
In questi casi la malattia decorre per diversi anni in assenza di sintomatologia evidente, per poi essere diagnosticata quando si manifestano i segni dell’insufficienza renale.
Altre volte, i primi segni sono sintomi aspecifici (come stanchezza, perdita di appetito, nausea, vomito e cefalea). Mentre, in altri casi, si presentano episodi ricorrenti di infezioni delle vie urinarie con sintomi simili a quelli della pielonefrite acuta.
Diagnosi
Pielonefrite acuta
In caso di sospetta infezione delle vie urinarie, per agire con il giusto trattamento e prevenire le complicanze, gli obiettivi fondamentali sono:
- dimostrare la presenza dell’infezione.
- Ricercare le possibili cause che hanno prodotto l’infezione.
La diagnosi di pielonefrite acuta non è sempre semplice. I sintomi, infatti, possono essere di diversa gravità e non ne esiste uno specifico che indirizza verso questa patologia (i sintomi sono solitamente suggestivi ma potrebbero essere collegati anche ad altre infezioni delle vie urinarie).
Indagini fondamentali
Anamnesi, sintomatologia ed esame obiettivo
La visita comprende una valutazione generale della frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura corporea ed eventuali segni di disidratazione. Spesso si rileva dolore lombare e aumento della sensibilità del rene alla palpazione. Nel caso di giovani donne è utile associare un esame pelvico.
Esame delle urine ed urinocoltura con antibiogramma
L’ esame delle urine ed urinocoltura con antibiogramma sono indispensabili per dimostrare la presenza di un’infezione. La diagnosi microbiologica, infatti, costituisce uno strumento fondamentale per fornire una diagnosi diretta.
L’urina è il campione su cui si ricerca l’agente responsabile della pielonefrite acuta, e deve essere sottoposta ad analisi mediante microscopia e coltura.
Per poter ottenere risultati attendibili, il campione di urina deve essere raccolto prima dell’inizio della terapia antibiotica; inoltre, il prelievo deve essere eseguito in modo corretto per non subire eventuali contaminazioni (condizioni di massima sterilità).
Microscopia diretta
L’esame microscopico diretto – attraverso l’analisi una goccia di urina a fresco, lasciata essiccare e processata con il metodo di Gram – consente di distinguere i batteri Gram-positivi dai Gram-negativi.
L’analisi del sedimento urinario consente di valutare la presenza di piuria (ossia presenza di materiale purulento nelle urine) e dei leucociti con relativa quantificazione (conta leucocitaria); tipica è la presenza di leucociti neutrofili.
Esame rapido delle urine: dipstick
Il test si esegue immergendo le strisce reattive direttamente nel campione di urina e permette l’esecuzione di alcuni test enzimatici specifici in modo rapido.
È possibile valutare parametri come la presenza di:
- Nitriti (che derivano dalla trasformazione dei nitrati effettuata dai germi patogeni come Escherichia coli).
- Esterasi leucocitaria (che conferma la presenza di globuli bianchi).
- Globuli rossi (ematuria).
- Proteine (proteinuria).
Urinocoltura con antibiogramma
L’esame colturale dell’urina assume una grande importanza, poiché permette di isolare il microrganismo che causa l’insorgenza della pielonefrite acuta, conferma la diagnosi e – associato all’antibiogramma – guida la scelta della terapia antibiotica mirata per il germe identificato.
Il campione di urina viene diluito e seminato su terreni di coltura idonei per la crescita delle specie batteriche che, con maggiore frequenza, provocano l’insorgenza della pielonefrite.
Inoltre, permette di determinare la carica batterica (espressa in Unità Formanti colonie (UFC)/ml).
Data la possibilità di contaminazione del campione urinario – nonostante le condizioni di massima sterilità e il prelievo del mitto (ossia getto) intermedio che minimizzano questa possibilità -, viene considerata certa la presenza di infezione solo per un numero di colonie pari o maggiore a 100.000 UFC/ml.
Invece, un valore compreso tra 10.000 e 100.000 è considerato dubbio.
In caso di urinocoltura positiva, va eseguito anche un antibiogramma, che permette di valutare la sensibilità dei patogeni alle diverse classi di antibiotici.
Esami ematochimici
Sono comprensivi di emocromo con conta leucocitaria (che generalmente mostra una leucocitosi neutrofila tipica dei processi infiammatori acuti) e marker infiammatori (che generalmente mostrano un’alterazione degli indici di infezione di fase acuta con aumento della VES e PCR).
Ecografia dell’apparato urinario
Il motivo dell’importanza dell’ecografia è legato al fatto che la pielonefrite acuta può essere a sua volta un sintomo o complicanza di altre patologie dell’apparato urinario, per cui è sempre utile eseguirla in una prima fase di valutazione.
È una tecnica di primo livello, non associata ad esposizione di radiazioni, per cui molto utile e sicura anche nella valutazione in età pediatrica.
Esami di imaging di II livello
Sono solitamente riservati ai casi più gravi (sintomi più severi, presentazione atipica della malattia, resistenza alla terapia, insorgenza di complicanze secondarie gravi) o in una seconda fase per valutare la causa sottostante.
Pielonefrite cronica: diagnosi
Nonostante l’anamnesi possa rivelare frequenti episodi di pielonefriti acute ricorrenti, associate o meno a diagnosi nota di ostruzione urinaria o reflusso vescico-ureterale, la diagnosi clinica non è facile – soprattutto perché i soggetti senza infezione possono risultare asintomatici fino alle fasi più avanzate della malattia.
Nel caso della pielonefrite cronica, le tecniche di imaging sono di grande aiuto per arrivare alla diagnosi poiché permettono di individuare la causa che ha portato al quadro di pielonefrite cronica.
L’ecografia dell’apparato urinario è un esame di I livello che permette di valutare gli aspetti anatomici del rene (rene piccolo, assottigliato, con alterazioni strutturali della via escretrice).
Come esami di II livello, nelle forme più complicate o con diagnosi poco chiara, si possono utilizzare la tomografia computerizzata (TC) (associata però all’emissione di radiazioni) o la risonanza magnetica (RM) dell’addome.
Invece, la scintigrafia renale è utile per valutare il grado di funzionalità renale. Anche nel caso della pielonefrite cronica, nel sospetto di un’infezione del tratto urinario, è fondamentale eseguire un esame delle urine con urinocoltura ed antibiogramma per poter identificare il germe patogeno e guidare la terapia medica.
Le analisi di laboratorio con la valutazione della creatininemia permettono di valutare la funzionalità renale.
Pielonefrite acuta e cronica: cure e terapie
Forme acuta
Il ruolo centrale nella terapia della pielonefrite acuta è svolto dalla terapia antibiotica, da associare al riposo a letto, all’idratazione abbondante ed eventualmente ad antipiretici e antidolorifici.
La terapia antibiotica specifica (terapia “mirata”) si basa sui risultati dell’urinocoltura con antibiogramma (test di sensibilità alle diverse classi di antibiotici).
Ma, in attesa di questi, si può iniziare una terapia “empirica” con classi di antibiotici come aminoclicosidi, fluorochinoloni o cefalosporine di III generazione.
La terapia va successivamente modificata sulla base dei risultati dei test specifici e sull’evoluzione della sintomatologia.
Però, va ricordato che classi di farmaci come i fluorochinoloni (come la ciprofloxacina e la levofloxacina) non vanno somministrati in donne in gravidanza, né in età pediatrica.
Nelle forme più lievi, i farmaci possono essere assunti a domicilio o a livello ambulatoriale, con terapia orale in compresse. Invece, i casi più gravi richiedono il ricovero in ambiente ospedaliero per la necessità di somministrare i farmaci per via endovenosa e monitorizzare in modo adeguato i parametri clinici.
Ad ogni modo, spesso, la terapia antibiotica è solo il primo passo della cura di quella che, in realtà, è una complicanza di una malattia dell’apparato urinario per la quale può essere necessario un ulteriore trattamento specifico.
Forme cronica
Anche nel caso della pielonefrite cronica il trattamento principale è la terapia antibiotica mirata contro i germi responsabili dell’infezione (sempre isolati all’urinocoltura e valutati con l’antibiogramma).
Però, in questo quadro specifico cronico, sono generalmente consigliati cicli a lungo termine, talvolta ripetuti, per prevenire nuove infezioni e riacutizzazioni.
Le classi di antibiotici principalmente utilizzate sono i fluorochinoloni e le cefalosporine – con le stesse attenzioni già riservate per le infezioni acute (i fluorochinoloni sono controindicati in gravidanza e nei bambini).
Una volta che l’infezione è sotto controllo, è necessario procedere con il trattamento della causa sottostante che ha favorito lo sviluppo della pielonefrite.
Complicanze, decorso e prognosi
Forma acuta
Nonostante sia un’infezione seria, con una corretta diagnosi e una terapia antibiotica mirata e tempestiva, la pielonefrite acuta ha un’evoluzione benigna e una prognosi favorevole, con guarigione completa senza conseguenze nella maggior parte dei casi.
Fondamentale è un intervento immediato. Infatti, se non trattata in modo adeguato, può portare a danni permanenti al rene e i batteri possono diffondersi nel circolo sanguigno con conseguente infezione estesa a tutto l’organismo.
Di uguale importanza sono i controlli dopo l’episodio acuto – con esami del sangue, esame delle urine e urinocoltura – per verificare che il germe sia stato eliminato in modo efficace. Ma, anche per prevenire le forme croniche di infezione, in particolar modo in gravidanza e in pazienti ad elevato rischio.
Quali sono le complicanze della pielonefrite acuta?
Tra le complicanze della pielonefrite acuta, citiamo:
- Necrosi papillare, ossia un processo infiammatorio e di distruzione del parenchima renale. È la complicanza più grave, che può arrivare fino ad un quadro di insufficienza renale acuta, e che si riscontra con più frequenza in soggetti con diabete o ostruzione urinaria.
- Evoluzione a pielonefrite cronica. Sebbene sia una condizione poco frequente, si può verificare in caso di germi particolarmente resistenti o insuccesso della terapia medica con antibiotici (più tipico di soggetti con diabete o anomalie dell’apparato urinario non ancora diagnosticate).
- Diffusione dell’infezione al circolo sanguigno con sepsi.
- Evoluzione in pionefrosi (ossia grave ed estesa malattia del rene caratterizzata da raccolta di pus, con distruzione del parenchima renale).
Le complicanze si verificano in forma più grave negli anziani e nei soggetti immunocompromessi, e più frequentemente in pazienti con diabete e funzionalità renale compromessa.
La pielonefrite cronica
Il decorso clinico della pielonefrite cronica è variabile poiché legato alla tipologia e gravità della patologia di base.
Ad ogni modo è caratteristica una progressione lenta della malattia, con bruschi peggioramenti associati alla riacutizzazione dell’infezione.
Pielonefrite in gravidanza
Durante la gravidanza, le infezioni delle vie urinarie sono frequenti. Il loro aspetto caratteristico è la gravità, con importante rischio sia per la mamma che per il feto.
Per questo motivo è necessario effettuare l’urinocoltura a partire dal primo trimestre di gestazione.
Perché la gravidanza è un fattore di rischio?
La gravidanza rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni delle vie urinarie e dunque anche di pielonefrite per i cambiamenti fisici e ormonali tipici del periodo gestazionale, che in ultima analisi portano tutti a stasi urinaria:
- dilatazione di ureteri, pelvi e vescica dovuta all’aumentata produzione di estrogeni
- presenza dell’utero che comprime su ureteri e vescica
- riduzione della peristalsi degli ureteri.
Come gestirla in gravidanza
Le donne che sviluppano una pielonefrite durante la gravidanza – soprattutto nel primo e secondo trimestre – possono avere un decorso più complicato, con un rischio aumentato di travaglio pretermine e rottura prematura delle membrane.
Pertanto, è importante avvisare tempestivamente il proprio ginecologo o il medico curante in caso di sintomi come:
- bruciore
- Dolore al fianco
- Febbre.
Il percorso diagnostico è sovrapponibile a quello precedentemente indicato per la popolazione generale, ad eccezione della TC.
Questa tecnica di imaging, essendo associata all’emissione di radiazioni, va riservata solo ai casi in cui è indispensabile, a basse radiazioni, con particolare attenzione al periodo di gestazione.
Inoltre, il periodo più delicato, in cui le radiazioni possono essere pericolose anche a dosaggi inferiori, sono le prime settimane di gestazione, quando si ha l’impianto dell’embrione e la formazione degli organi.
Anche la terapia non viene modificata dalla gravidanza (si basa principalmente sulla somministrazione di antibiotici), salvo per i farmaci che possono danneggiare il feto, che vanno evitati.
Però, più spesso dato l’alto rischio di complicanze, è necessario trattare le pazienti in ricovero ospedaliero con antibioticoterapia per endovena. Inoltre, dopo il termine della terapia, bisogna eseguire urinocolture di controllo ripetute fino al termine della gravidanza, per accertare l’eradicazione completa del microrganismo.
Bambini e pielonefrite
Le infezioni delle vie urinarie sono frequenti durante il periodo dell’infanzia, e presentano alcune caratteristiche peculiari che le differenziano da quelle dell’adulto.
Cause ed epidemiologia
Diversamente da quanto accade per gli adulti – in cui sono più frequenti nel sesso femminile – nei lattanti e i bambini piccoli, i maschi hanno un maggior rischio di sviluppare infezioni delle vie urinarie.
Questo accade poiché i maschi più frequentemente presentano anomalie strutturali dell’apparato urinario (come il reflusso vescico-ureterale) che li rendono più predisposti a sviluppare queste infezioni.
Tali anomalie si presentano in circa il 50% dei neonati e lattanti con infezioni delle vie urinarie e 20-30% dei bambini in età scolare.
Al contrario, le infezioni nei bambini in età scolare e negli adolescenti sono simili a quelle degli adulti.
Fino al 50% dei bambini che presentano infezioni delle vie urinarie sviluppa infezioni a livello renale.
Come riconoscere la pielonefrite nei bambini
Nei neonati e bambini di età inferiore ai 2 anni, la diagnosi clinica di pielonefrite è più complessa poiché spesso possono non presentare alcun sintomo, se non la febbre, oppure manifestano sintomi di malessere generale aspecifici:
- inappetenza
- Vomito
- Diarrea
- Sonnolenza.
Invece, i bambini di età superiore a 2 anni presentano sintomi simili a quelli riscontrati negli adulti.
Cosa fare nel sospetto di pielonefrite nei bambini
Le indagini fondamentali nella diagnosi della pielonefrite nel bambino sono sovrapponibili a quelle dell’adulto, ricordando che:
- Nei lattanti e nei bambini piccoli il prelievo delle urine si ottiene inserendo un catetere sottile in vescica (attraverso il meato uretrale).
- Molte anomalie strutturali dell’apparato urinario vengono diagnosticate prima della nascita in corso di ecografie prenatali. Poiché però non tutte sono visibili, per i maschi di tutte le età e le bambine di età inferiore ai 3 anni che manifestano anche un unico episodio di infezioni delle vie urinarie e per le bambine più grandi con infezioni ricorrenti, è necessario effettuare ulteriori analisi per valutare eventuali anomalie strutturali dell’apparato urinario.
I principali esami di imaging in età pediatrica sono l’ecografia e la cistouretrografia minzionale.
L’ecografia permette di identificare anomalie e ostruzioni dei reni e della vescica. Nei casi di anomalie riscontrate all’ecografia, o in caso di infezioni ripetute, si effettua una cistouretrografia minzionale, che, oltre a permettere di identificare ulteriori anomalie di reni, ureteri e vescica, consente di valutare se il flusso urinario è parzialmente invertito (presenza di reflusso).
Durante l’esame si posiziona un cateterino in vescica attraverso cui si inietta del mezzo di contrasto e successivamente si esegue un esame radiografico prima e dopo che il bambino ha urinato.
I bambini trattati adeguatamente raramente manifestano un’insufficienza renale, a meno che non presentino anomalie gravi delle vie urinarie.
Al contrario, in caso di pielonefriti acute ripetute e reflusso grave, fino al 20% dei casi svilupperà cicatrici renali. La formazione di cicatrici renali è problematica poiché può portare ad ipertensione arteriosa e alterazione della funzionalità renale in età adulta.
Come prevenire la pielonefrite
Per prevenire la pielonefrite acuta, risulta fondamentale:
- Gestire in modo adeguato la terapia medica, accertandosi dell’eradicazione dell’infezione urinaria.
- Individuare e trattare le cause sottostati predisponenti, come le ostruzioni urinarie o il reflusso vescico-uretrale.
- Limitare gli altri fattori predisponenti.
In quest’ottica, le attenzioni che possiamo avere sono:
- Bere molta acqua e altri liquidi come the e succhi che, aumentando la frequenza urinaria, aiutano a lavare via i germi dal tratto urinario.
- Urinare spesso, alla percezione dello stimolo, e non trattenere le urine.
- Curare l’igiene quotidiana, per limitare l’ingresso dei germi delle zone genitali verso il sistema urinario.
- Mantenere una regolarità intestinale valida.
- Particolare attenzione in soggetti portatori di catetere vescicale e altri dispositivi diagnostici o terapeutici della via escretrice.
Come prevenire e trattare la pielonefrite nei bambini
Nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie un’igiene adeguata svolge un ruolo centrale.
Si dovrebbe limitare l’uso di saponi troppo aggressivi per evitare di irritare la cute dei genitali.
Nei neonati di sesso maschile la circoncisione abbassa il rischio di sviluppare infezioni delle vie urinarie (i maschietti circoncisi sviluppano le infezioni urinarie con una frequenza di un decimo rispetto a quella dei bambini non circoncisi).
Infine, come per gli adulti, la regolarità della funzione sia urinaria che intestinale contribuisce a limitare il rischio di infezioni urinarie.
Anche nei bambini la terapia si basa su antibiotici, ricordando di evitare quelli controindicati in questa età.
I bambini affetti da reflusso vescico-ureterale grave in genere hanno bisogno di un intervento chirurgico preceduto da una terapia antibiotica.
Al contrario, nelle forme non gravi vengono tenuti sotto stretto controllo, associando eventualmente cicli di terapia antibiotica.
Fattori di protezione delle vie urinarie
I meccanismi che normalmente proteggono le vie urinarie si dividono in:
Fisici
- Peristalsi, ossia movimenti di contrazioni e di distensione delle pareti delle vie urinarie che indirizzano il flusso urinario dai reni al tratto urinario inferiore e non viceversa (flusso unidirezionale).
- Sfinteri, ossia meccanismi a valvola presenti a livello delle giunzioni tra le diverse porzioni dell’apparato urinario, che contribuiscono ad un flusso unidirezionale e costituiscono una barriera per la risalita dei germi.
- Flusso urinario. Svolge un’azione di lavaggio delle vie urinarie (questo è il motivo per cui è importante un periodico e costante svuotamento della vescica, associato e favorito da una diuresi abbondante).
- Sfaldamento delle cellule epiteliali dell’epitelio che riveste il sistema escretore renale, la vescica e il tratto iniziale dell’uretra.
- Lunghezza dell’uretra, che, nell’uomo, costituisce un ulteriore impedimento alla risalita dei germi (infatti nella donna, che ha un’uretra più breve, le infezioni sono più frequenti).
Chimici
- PH acido dell’urina, che è un elemento sfavorevole per la crescita dei batteri.
- Urea contenuta nell’urina, che protegge dai batteri anaerobi.
Biologici
- Flora batterica residente.
- Resistenza della mucosa alla colonizzazione grazie a particolari sostanze che impediscono l’attacco dei batteri alla parete dell’apparato urinario. Ad esempio, la proteina di Tamm-Horsfall che contiene mannosio e protegge da Escherichia coli, favorendone l’eliminazione.
- Risposta infiammatoria locale della mucosa.
- Attività antibatterica della secrezione prostatica presente nell’urina (assente nelle donne).
Fattori di rischio
I fattori che possono alterare l’equilibrio di questi meccanismi di difesa e, pertanto, rendere alcuni soggetti più suscettibili all’insorgenza di pielonefrite, possono essere legati sia all’individuo che al germe.
Fattori predisponenti legati all’individuo
I fattori predisponenti che riguardano l’individuo possono essere sia anatomici (come l’ipertrofia prostatica benigna, le stenosi ureterali, i tumori o i calcoli urinari), che funzionali (come la neuropatia diabetica e le paraplegie).
Ad ogni modo, tutti e due i casi favoriscono il ristagno di urine (anche detta stasi urinaria). Pertanto alterano il meccanismo di svuotamento vescicale e più in generale della via escretrice, con conseguente riduzione e rallentamento dell’eliminazione dei batteri. Quindi, in questo modo hanno più facilità di aderire alla mucosa che riveste l’apparato urinario.
Fattori predisponenti anatomici
- Brevità dell’uretra della donna (3-4 cm). I germi risalgono “controcorrente” più facilmente la via urinaria, in modo spontaneo, o facilitati dai rapporti sessuali o da problemi di natura ginecologica (come vaginiti, ossia infiammazioni dell’apparato genitale femminile, contraccettivi orali e il flusso mestruale).
- Condizioni di ostruzione urinaria sia congenita che acquisita. L’ipertrofia prostatica benigna è una condizione molto frequente negli uomini dai 50 anni in su, che determina un’ostruzione a livello della vescica e che pertanto aumenta la quantità di urine che ristagnano in vescica. Per questo meccanismo, i germi che raggiungono la vescica trovano un terreno ideale per la loro crescita. Altre cause di ostruzione urinaria sono le stenosi ureterali (ossia restringimenti della cavità dell’uretere), i tumori o i calcoli urinari.
- Incontinenza dello sfintere ureterale con conseguente reflusso di urine verso il rene (reflusso vescico-ureterale). Il reflusso vescico-ureterale è causa di infezione delle vie urinarie nel 40-60% dei casi in età pediatrica e nel 60-70% delle batteriurie (ossia presenza di batteri nelle urine) in gravidanza. Questa condizione causa un aumento della pressione all’interno della via urinaria che favorisce la risalita dei germi dalle basse vie.
Fattori predisponenti funzionali
Vescica neurologica, da danni a carico delle vie nervose centrali o periferiche (associata per esempio a diabete mellito, sclerosi multipla o lesioni del midollo spinale).
Altri fattori predisponenti
- Alcune procedure diagnostiche e terapeutiche sulle vie urinarie, come il posizionamento di catetere vescicale, stent ureterale (ossia un piccolo tubo inserito nell’uretere utilizzato per prevenire o risolvere l’ostruzione del flusso di urina proveniente dal rene) o nefrostomia (ossia un piccolo tubo posizionato per drenare l’urina dalle cavità renali verso l’esterno del corpo).
- Stati di immunodepressione, con alterazioni del sistema immunitario sia locale che sistemico. Per esempio, i bambini con deficit di IgA e IgG hanno una maggiore frequenza di infezioni poiché questi anticorpi svolgono un ruolo fondamentale nella protezione contro le infezioni.
- Disturbi gastrointestinali (come stitichezza prolungata, diarrea ed emorroidi).
Con la consulenza della Dottoressa Martina Maggi, specializzanda in Urologia presso Sapienza Università di Roma.
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