Sommario
L’ipocondria è uno stato di forte preoccupazione per la propria salute, anche in assenza di malattie organiche. Alcuni segnali, quindi, che provengono dall’organismo, sono scambiati per sintomi di specifiche patologie.
Si tratta di un disturbo piuttosto diffuso. Si stima che ne soffra almeno il 2% delle persone che si rivolgono ai medici di base e oltre il 14% ammette di essere preoccupato per il proprio stato di salute, anche in assenza di patologie evidenti.
Nonostante sia considerato un disturbo non grave, può avere invece un impatto negativo sulla vita sociale e lavorativa. Queste persone poi si rivolgono spesso al medico di base e si sottopongono a test diagnostici anche senza averne bisogno.
Circa un terzo dei casi migliora spontaneamente, altri possono cronicizzare il disturbo e andare incontro a forti stati di ansia e a depressione.
I sintomi sono per lo più immaginari (ad esempio avere un tumore al cervello perché si soffre di mal di testa) e c’è una costante attenzione al corpo.
La cura è prevalentemente psicologica, con approccio cognitivo-comportamentale e in alcuni casi farmacologica.
Se adeguatamente trattati, i soggetti ipocondriaci (cioè affetti da ipocondria) hanno una buona prognosi a breve e a lungo termine. Senza alcuna cura, invece, il disturbo diventa cronico, peggiorando nel tempo.
Che cos’è l’ipocondria?
La parola deriva dal greco hypokhòndris (Hypo= sotto Khondris= cartilagine).
L’ipocondrio è la parte superiore e laterale della cavità addominale, la zona in cui, nell’antica Grecia, si credeva si annidasse la malinconia.
L’ipocondria è definita “l’atteggiamento psichico caratterizzato da una costante apprensione per la propria salute e dall’ansiosa o addirittura ossessiva tendenza a sopravvalutare i minimi disturbi”.
È un disturbo raro nell’infanzia ma abbastanza frequente durante l’adolescenza e la vecchiaia. Si riscontra in entrambi i sessi, con una leggera prevalenza per il sesso femminile. La preoccupazione può riguardare più organi contemporaneamente o un solo apparato o malattia specifica.
In altre parole, l’ipocondria è un forte disagio legato alla paura di soffrire di una grave malattia, anche mortale.
Chi ne è affetto controlla continuamente il proprio corpo alla ricerca di segni e sintomi riconducibili a una malattia. Si preoccupa eccessivamente per un raffreddore, un mal di gola o un’emicrania.
Ma la preoccupazione si attiva anche per:
- evento personale, come ad esempio un neo sulla pelle che scatena la paura di avere un tumore della cute.
- Evento esterno, come notizie apprese dai mass media o venire a conoscenza di malattie che hanno colpito amici o parenti.
Epidemiologia
I dati statistici sul numero dei casi e l’incidenza dell’ipocondria in Italia sono pochi e probabilmente sottostimati: circa 2-10% della popolazione generale, ma occorrono ricerche più approfondite. Il disturbo, infatti, non è sempre immediatamente riconoscibile e può essere scambiato per disturbi di ansia o per altre condizioni.
Generalmente uomini e donne ne soffrono in egual misura, con una lieve prevalenza nelle donne. Ad essere più coinvolti sono gli adulti e gli anziani, raramente i bambini.
Ipocondria: è un disturbo psichiatrico?
Il Manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali (DSM) nella Quinta versione, definisce l’ipocondria un disturbo di ansia. In particolare lo divide in:
- disturbo da ansia per la salute
- disturbo da sintomi somatici.
La differenza è la presenza o meno di sintomi somatici. Il disturbo poi deve essere presente per almeno sei mesi.
Cause dell’ipocondria
Molto dipende dalla storia personale del soggetto, anche se l’ipocondria inizia a formarsi nella prima infanzia, quando si creano i primi rapporti con le persone di riferimento (come i genitori).
Anche alcune esperienze del passato possono aver determinato la paura della malattia. Quindi, un semplice raffreddore è scambiato per qualcosa di molto più grave. Tra queste:
- familiari con gravi problemi di salute
- malattia vissuta in passato
- esperienze negative legate a errori diagnostici
- familiari o amici deceduti per gravi patologie.
La convinzione di essere vulnerabili (sia fisicamente, sia psicologicamente) si forma nel rapporto con i genitori o le figure di riferimento (ad esempio in caso di genitori iperprotettivi), sviluppando un vero e proprio schema cognitivo che si può rivelare all’improvviso, in circostanze specifiche, come una malattia o la morte di un proprio caro.
In questi casi, l’attenzione al proprio corpo diventa eccessiva e qualunque sintomo, anche lieve, fino a quel momento ignorato, diventa preoccupante.
Quindi, l’insieme di questi aspetti provoca un’errata interpretazione della realtà che genera ansia e senso di pericolo, attivando anche una risposta fisiologica come:
- tachicardia
- sudorazione
- vertigini, ecc.
Fattori di rischio
Sono numerosi gli studi che indagano sui possibili fattori di rischio dell’ipocondria o comunque sulle situazioni che ne favoriscono la comparsa.
Tra queste:
- assenza genitoriale nell’infanzia e nell’adolescenza
- senso di vulnerabilità verso le malattie
- convivere con familiari ipocondriaci
- la convinzione che essere in salute vuol dire non avere nessun sintomo somatico o piccoli malesseri
- soffrire di disturbi di ansia
- la morte di un familiare o di una persona cara
- avere amici o familiari affetti da gravi patologie
- aver contratto nell’infanzia una grave malattia che ha lasciato cicatrici psicologiche.
Come si manifesta l’ipocondria?
Chi è affetto da ipocondria è costantemente preoccupato dalla propria salute e ogni minimo segnale corporeo è avvertito come una possibile patologia in atto.
Poi, la paura di essere malati provoca anche sintomi fisici come:
- tachicardia
- senso di soffocamento
- vertigini
- sudorazione, ecc. fino a crisi di ansia o attacchi di panico.
Solitamente l’ipocondriaco vede se stesso come una persona fragile e vulnerabile, particolarmente esposta alle malattie. Questa convinzione è alla base del loro senso di identità.
Generalmente i sintomi principali nell’ipocondria sono:
- forte preoccupazione di essere malati con o senza evidenti sintomi
- stato di ansia per la propria salute
- comportamenti atti a verificare la presenza di patologie con consulti medici e test diagnostici o evitamento (cioè l’esatto contrario, evitare ogni visita medica per paura di scoprire la malattia)
- uso del tempo, di soldi e di energie per questioni di salute.
Quali sono i comportamenti dell’ipocondria?
I comportamenti dell’ipocondriaco si caratterizzano soprattutto per il controllo costante del proprio corpo alla ricerca di sintomi. Si possono poi suddividere in due categorie:
- richiedere assistenza: rivolgersi al medico, chiedere rassicurazioni per poi sentire il parere di altri medici, fare ricerche su internet
- evitare assistenza: evitare gli esami medici, i controlli periodici e di guardare il proprio corpo per paura di scoprire segni o sintomi che potrebbero scatenare la paura della malattia.
In tutti e due i casi, l’impatto sulla vita quotidiana non è secondario, soprattutto nelle relazioni con gli altri e nella vita lavorativa.
Diagnosi
Con il DSM V, l’ipocondria sparisce dall’elenco dei disturbi mentali per trasformarsi in disturbo da ansia di malattia.
Il disagio non è determinato dal sintomo in sé, ma dall’ansia che scaturisce dal suo significato o dalla causa scatenante.
I criteri diagnostici definiti sono:
- preoccupazione di essere affetti da una grave malattia da almeno sei mesi
- assenza di sintomi somatici (o se presenti molto lievi). In caso di reale disturbo o condizione medica, l’apprensione per la salute è sproporzionata
- livello di ansia e di allarme molto elevato
- comportamenti eccessivi nell’osservare il proprio stato di salute (ad esempio controllo frequente del corpo alla ricerca di segni e sintomi) o, al contrario, evitamento (sfuggire alle visite mediche e agli ospedali)
- eccessivo timore per la propria salute non spiegabile con altri disturbi mentali (come il disturbo da panico, d’ansia generalizzata, delirante di tipo somatico, dismorfismo corporeo od ossessivo compulsivo).
Per distinguere l’ipocondria con il disturbo delirante di tipo somatico, è necessario sottolineare che i soggetti affetti da disturbi psicotici non ammettono la possibilità che la malattia non sia presente, cosa che invece può accadere negli ipocondriaci.
Questi ultimi poi non presentano la rigidità che si riscontra invece nei disturbi psicotici come:
- schizofrenia
- disturbo delirante
- tipo somatico, ecc.
Cure e trattamenti dell’ipocondria
Chi è affetto da ipocondria è prigioniero di un circolo vizioso difficile da interrompere.
La continua ricerca di rassicurazione (su internet, dal medico, dagli esami diagnostici, da parenti e familiari) non risolve l’ansia. A volte, invece, un valore ematico un po’ alterato o l’espressione del medico farà sorgere nuovi dubbi.
Il trattamento ha dunque l’obiettivo di interrompere questa spirale. Generalmente l’approccio è psicoterapeutico, raramente farmacologico.
I farmaci possono essere prescritti nelle fasi più acute, ma è anche possibile che siano rifiutati per paura di contrarre malattie. La psicoterapia quindi è il trattamento più adeguato.
In particolare, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (TCC) è la metodologia più efficace per l’ipocondria. Segue poi:
- trattamento Psicoanalitico
- trattamento Metacognitivo
- terapia Breve Strategica.
L’obiettivo è sostituire l’idea che i sintomi rilevati siano lo specchio di una grave malattia con un’ipotesi più vicina alla realtà.
Terapie psicologiche
Terapia Cognitivo Comportamentale
Questa metodologia prende in esame la storia del soggetto, il modo di pensare, di vivere le emozioni e i comportamenti. L’obiettivo è modificare il gancio tra sensazioni somatiche e visioni distorte sulla malattia, rafforzato dall’idea di essere predisposti a gravi patologie.
La terapia cerca di cambiare questa percezione distorta della realtà puntando su una maggiore consapevolezza.
Il soggetto è quindi coinvolto nel processo di guarigione per imparare a gestire l’ipocondria.
Il primo passo è apprendere pensieri e comportanti più funzionali, partendo dalle credenze errate o distorsioni cognitive del soggetto. L’obiettivo da raggiungere è perciò creare un modello alternativo di pensiero riguardo ai sintomi sperimentati.
Si cerca poi di evidenziare i meccanismi che attivano l’ansia e aiutare il soggetto a confrontarsi con la paura della malattia per eliminare ogni aspetto angosciante.
Trattamento Psicoanalitico
Secondo la Psicoanalisi, questo tipo di disturbo nasconde un’emozione non espressa. In altre parole, nasce da eventi del passato e da relazioni affettive difficili che si manifestano nel presente.
Infatti, le risposte inadeguate dei genitori ai bisogni del bambino possono influenzare la sua capacità di regolare gli aspetti emotivi e fisiologici anche da adulto.
Trattamento Metacognitivo
Secondo questo tipo di approccio è lo stress psicologico a dare origine a una Sindrome cognitiva-attentiva, che si manifesta con:
- pensiero costante
- preoccupazione
- ruminazione (pensare di continuo a un evento che ha generato un’emozione spiacevole)
- comportamenti anomali (come controllare spesso il proprio corpo alla ricerca di segni e sintomi di malattie).
Il terapeuta, quindi, è chiamato a indagare le credenze che sono alla base del disturbo e a risolvere:
- la costante preoccupazione di avere malattie, sostenuta dal rimuginio (un pensiero negativo ripetitivo)
- l’attenzione costante al proprio corpo
- la svalutazione dei risultati medici
- la tendenza a evitare situazioni che potrebbero esporre il soggetto a contrarre delle malattie.
Terapia Breve Strategica
Questo tipo di approccio non indaga sul passato ma tende a guidare il soggetto, con esperienze concrete, a cambiare lo schema di pensiero attraverso tecniche di suggestione ed espedienti che imitano la logica paradossale, e a volte contraddittoria, del disturbo ipocondriaco.
In altre parole, si cerca di smontare il cosiddetto “check up ipocondriaco”, cioè la tendenza a esaminare costantemente il corpo per paura della malattia.
Il terapeuta chiede al soggetto di auto monitorarsi durante il giorno e annotare tutti i sintomi. In questo modo, si verifica una riappropriazione volontaria del controllo del corpo che smette di essere un’ossessione.
Cercare quindi volontariamente i sintomi e prendere appunti annulleranno l’emozione negativa generata dai sintomi stessi (se presenti).
Successivamente, si tenta di interrompere la continua richiesta di diagnosi e consulti medici.
Trattamento farmacologico
I farmaci solitamente utilizzati nei casi più severi sono gli antidepressivi triciclici e gli SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitor), in particolare la fluoxetina.
A volte si possono usare le benzodiazepine per trattare, a breve termine, gli stati di ansia, ma non sono una cura vera e propria.
Cybercondria e ipocondria
La Rete ormai è un serbatoio ricchissimo di informazioni medico-scientifiche (più o meno attendibili) che con pochi clic consente di fare ricerche sui sintomi avvertiti. Ma occorre fare molta attenzione alla qualità e alla veridicità delle informazioni.
Interrogare Google al posto del medico, se si avverte qualche sintomo, è un’abitudine piuttosto diffusa.
Secondo alcuni sondaggi americani, su circa 3.000 persone 8 su 10 si informano in Rete su sintomi e malattie.
Secondo un’indagine della IBSA Foundation for Scientific Research, l’88% (di cui 93,3% donne) degli italiani si affida al web per reperire informazioni sulla propria salute, consultando i primi risultati della ricerca e senza verificare l’attendibilità delle fonti.
Questo nuovo e diffuso fenomeno, definito cybercondria, cioè la tendenza a cercare sul web informazioni mediche, non fa che aumentare gli stati di ansia e d’inquietudine sulla salute, anche senza motivo. Consultare poi fonti non verificate ma considerate affidabili, crea livelli di ansia ancora più elevati.
In altre parole, si cerca conforto nella Rete e si trova maggiore preoccupazione.
Quali sono i rischi della Cybercondria?
La ricerca di informazioni online riguardo alla propria salute, per rassicurarsi e placare l’ansia, sta diventando una abitudine piuttosto rischiosa, poiché alimenta le paure e ne crea di nuove.
Inoltre, l’incapacità di distinguere le fonti può portare a comportamenti dannosi come il fai da te:
- evitare di consultare il medico
- affidarsi solo al web per scegliere test ed esami clinici da eseguire senza diagnosi
- acquistare integratori di ogni tipo venduti per “miracolosi”, senza pensare ai possibili effetti collaterali.
Invece, sarebbe utile educare gli utenti a un corretto uso della Rete, soprattutto nell’ambito della salute e del benessere fisico.
Per questo motivo, la IBSA Foundation for Scientific Research ha redatto, in collaborazione con esperti e associazioni di pazienti, un decalogo di regole per la “health literacy” online.
Con questo termine si intende esattamente “il grado in cui gli individui hanno la capacità di ottenere, elaborare e comprendere informazioni sulla salute, i servizi e le competenze necessarie per prendere decisioni e compiere azioni informate per la salute.”
Ipocondria: cenni storici
Già Ippocrate parlava di ipocondria descrivendolo come il “male degli ipocondri” (che sono regioni dell’addome situate tra le arcate costali e i fianchi). Coinvolgeva stomaco e mente e causava:
- cattiva digestione
- tristezza
- paura di morire.
Del resto i Greci credevano che l’addome fosse la sede dei sentimenti e delle emozioni, quindi non sorprende l’accostamento tra lo stomaco e la malinconia.
In tempi moderni poi, si è scoperto che non avevano tutti i torti. L’intestino, infatti, chiamato anche “secondo cervello” è dotato di una rete neuronale che lo collega all’encefalo e quindi alla mente e alla sede del pensiero.
La storia dell’ipocondria parte quindi dall’antica Grecia. Nello specifico, Ippocrate credeva che l’ipocondria fosse causata da un eccesso di “bile nera”, rispetto alle altre tre secrezioni che circolano nel corpo:
- sangue
- flemma
- bile gialla.
Più tardi Galeno (II sec. d.C.) associò l’ipocondria alla “melanconia”, ma è nel 1600 che il disturbo sarà descritto come lo conosciamo oggi.
Il medico inglese Thomas Sydenham definì l’ipocondria come una specie di isteria al maschile, avvicinandosi sempre di più alla definizione del disturbo.
Ma sarà il commediografo Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, con le vicende di Argante (Il malato immaginario) a mettere in scena le ossessioni dell’ipocondriaco che si circonda di medici e medicine perché convinto di essere malato.
Con la consulenza della Dott.ssa Franca Carzedda dell’Equipe per l’Età Evolutiva delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva, Associazione di Psicologia Cognitiva (APC) e Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC).
Fonti
- Istituto A.T Beck
- APC –Scuole di psicoterapia cognitivo-comportamentale
- Stateofmind
- Ipocondria: quando una nostra fragilità da il via ad un vero e proprio “turismo medico”, E. Pellicano
- Ipocondria (o Ansia Connessa allo Stato di Salute), Bortolotti, Calderone
- Il malato immaginario, Torrino Medica – Rivista dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Torino, 2018, n. 5.
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