Sommario
Conosciuta anche con il nome di “mal francese”, la sifilide è una malattia diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in Africa e in America Latina. In Europa, invece, dopo la clamidia e la gonorrea, si colloca al terzo posto tra le malattie sessualmente trasmesse.
Riguarda maggiormente gli uomini, soprattutto tra i 15 e i 30 anni, con un picco tra i 20 e i 24 anni. È causata da un batterio, il Treponema pallidum e colpisce prevalentemente gli organi sessuali. Tuttavia, se non curata, può progredire nel tempo e provocare lesioni permanenti a carico degli organi interni.
La sifilide si trasmette prevalentemente con i rapporti sessuali. I sintomi clinici si manifestano con lesioni cutanee a carico di pelle e mucose, che possono poi estendersi (20-50% dei casi) alle ossa, al sistema cardiovascolare e a quello nervoso. Si cura con trattamenti farmacologici a base di antibiotici.
Cos’è la sifilide
Dal greco sun fileo, cioè “provocato dall’amore”, la sifilide è una malattia infettiva sistemica (cioè coinvolge più organi) dalle caratteristiche cliniche differenziate. In alcuni periodi è attiva e in altri può essere latente. Può interessare più organi come:
- cute
- cuore
- ossa
- cervello.
Colpisce più gli uomini che le donne ed è causata dal Treponema pallidum, un batterio a forma elicoidale appartenente alle spirochetacee, isolato per la prima volta da Schaudinn e Hoffmann nel 1905 (Premio Nobel per la medicina nel 1906).
È diffusa in tutto il mondo e il contagio avviene prevalentemente per via sessuale, ma anche da madre a feto, in qualunque momento della gravidanza. Se trasmessa al feto attraverso il sangue o al momento del parto, si parla di sifilide congenita, mentre se si contrae dopo la nascita si considera acquisita.
La sifilide congenita del bambino può essere asintomatica o compromettere il sistema nervoso, fegato o milza.
Il tempo di incubazione è di circa 3 settimane, cui segue un’ulcera superficiale generalmente indolore (sifiloma) e non sempre evidente.
Sifilide: cause
Il batterio responsabile della malattia è il Treponema pallidum, un parassita del tessuto organico, appartenente alla famiglia delle spirochete.
Si trasmette durante i rapporti sessuali, poiché è in grado di penetrare nell’organismo attraverso le mucose di:
- genitali
- retto
- bocca
- gola (orofaringea).
Può determinare la comparsa delle caratteristiche lesioni a rilievo (sifilomi), di colore rosaceo, non dolorose, che persistono generalmente per qualche settimana.
Tuttavia, in assenza di cure adeguate, il batterio può diffondersi nel corpo e causare, a distanza di settimane o mesi, la cosiddetta sifilide secondaria.
Finita questa fase, si entra in un periodo di latenza, che può essere anche asintomatico. Inoltre, nella maggior parte dei casi, questo stadio della malattia coincide con la guarigione.
Nondimeno, in alcuni soggetti, dopo qualche anno, la malattia si riattiva (sifilide terziaria) e i danni possono essere a carico degli organi interni (cuore, polmoni, fegato, cervello, ossa e articolazioni) e della pelle (gomme luetiche).
Infatti, si può arrivare a una grave compromissione dell’organismo, con rischio di demenza e danni cerebrali permanenti (neurosifilide), e alterazione della funzionalità cardiaca.
Epidemiologia
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2016 sono stati circa 6 milioni i nuovi casi di sifilide nel mondo, nella fascia di età compresa tra 15 e 49 anni.
È la terza malattia a trasmissione sessuale più diffusa tra quelle di origine batterica, dopo la clamidia (127 milioni di nuovi casi) e la gonorrea (86 milioni di nuovi casi). Il trend è comunque in aumento secondo l’Istituto Superiore di Sanità.
In Italia, invece, tra il 2013 e il 2015, i casi di sifilide sono diminuiti, passando dai 1.100 casi del 2013 ai circa 1.000 nel 2015. Nel 2017 tuttavia, si è registrato un aumento del 35%.
Si parla quindi di nuova emergenza dalla fine degli anni Settanta, soprattutto nelle zone urbane ad alta densità (Lombardia, Lazio, Piemonte ed Emilia Romagna). Sebbene l’aumento dell’incidenza riguardi soprattutto gli omosessuali maschi, anche tra le donne c’è una ripresa della malattia.
Come si trasmette la sifilide?
L’infezione si contrae per contatto diretto, attraverso lesioni, anche piccole, della cute o delle mucose vicine alla pelle.
Infatti, il batterio penetra nell’organismo attraverso bocca e genitali, per poi spostarsi grazie ai capillari cutanei, verso i linfonodi, dove si moltiplica fino a determinare la malattia.
La trasmissione avviene prevalentemente per contatto sessuale.
Può essere contratta anche attraverso il sangue, ma è un’evenienza piuttosto rara, anche grazie ai test sierologici eseguiti prima delle trasfusioni e all’incapacità del batterio di sopravvivere alle temperature per la conservazione del sangue.
Il contagio, però, può avvenire anche da madre a feto durante la gravidanza.
Sintomi della sifilide
È Philippe Ricord, nel 1837, a definire i 3 stadi della sifilide (primario, secondario e terziario).
La sifilide primaria è la fase iniziale dell’infezione. Invece, nella secondaria, il batterio si espande in tutto l’organismo, provocando manifestazioni cliniche sistemiche. Queste due fasi possono comunque sovrapporsi.
Poi, chi è affetto da sifilide può entrare in una fase di latenza, durante la quale è infettivo, ma non presenta segni e sintomi.
Se non adeguatamente trattata, la sifilide può persistere in modo asintomatico anche per molti anni, danneggiando tuttavia apparati e organi interni come cuore, fegato o cervello. In questi casi, la prognosi può perfino essere infausta.
La neurosifilide (che interessa il cervello e il midollo spinale) può, invece, svilupparsi in qualsiasi stadio della malattia.
Tuttavia, se scoperta e trattata tempestivamente, la sifilide può essere curata, scongiurando danni organici permanenti.
Stadi della sifilide
Stadio primario
Tra il contagio e l’insorgenza dei primi sintomi possono trascorrere da una settimana a tre mesi.
Questa fase è caratterizzata tipicamente dalla presenza di un’ulcera (sifiloma) che può comparire su:
- genitali
- ano
- in bocca (labbra e lingua)
- gola.
Si presenta, inizialmente, come una zona arrossata e in rilievo, ma che evolve rapidamente in una lesione rotondeggiante, dura al tatto, indolore e di colore rosso scuro. Le localizzazioni dei sifilomi in altre aree del corpo sono invece più rare.
Circa la metà dei soggetti affetti da sifilide non si accorge dei sifilomi poiché sono asintomatici e quindi possono passare inosservati.
L’ulcera guarisce spontaneamente nel giro 3-6 settimane, ma la malattia continua il suo corso.
Stadio secondario
Dopo alcune settimane, i batteri entrano in circolo e si passa nello stadio secondario.
Questa fase è caratterizzata da un eritema cutaneo diffuso, con macchie rossastre (roseola sifilitica) che interessano prima il tronco e poi gli arti. Tuttavia, l’eritema non provoca prurito o dolore e si localizza tipicamente sui palmi delle mani e sulla pianta dei piedi.
I linfonodi appaiono rigonfi e duri ma indolori. Questo stadio può durare pochi giorni o perfino mesi. Anche senza trattamento, l’eritema sparisce da solo ma può ripresentarsi dopo qualche settimana.
Nelle aree della pelle più umide (ascelle, genitali e ano) possono manifestarsi, invece, delle piccole formazioni indolori chiamate “condilomi piani”. Questi sono molto infettivi, poiché racchiudono al loro interno un’alta carica batterica.
In questa fase può esserci:
- febbre
- stanchezza
- inappetenza
- mal di gola
- disturbi gastrointestinali
- dolori ossei.
Se l’infezione coinvolge il fegato, può manifestarsi ittero e urine scure. In alcuni casi, si accusa cefalea, problemi di udito, di equilibrio o della vista, poiché è probabile che il batterio abbia infettato l’orecchio e le strutture visive.
Anche senza trattamento farmacologico, i sintomi della sifilide secondaria tendono a sparire, ma se non curata, l’infezione progredirà verso lo stadio latente.
Sifilide: stadio latente
In questa fase, che può durare anche alcuni anni, la sintomatologia è assente ma la malattia è ancora in atto.
L’infezione è cioè latente ma i batteri sono ancora presenti nell’organismo e i test per la sifilide sono positivi. Questa fase può durare anche per sempre e il soggetto generalmente non è contagioso. Tuttavia, se si manifestano anche piccole ulcere sulla pelle, queste possono trasmettere l’infezione.
Stadio terziario (o tardivo)
Si presenta molti anni dopo l’infezione (10-30 anni), se la malattia non è stata trattata (accade in circa un terzo dei soggetti non curati). I sintomi oscillano da leggeri a molto seri.
Può coinvolgere qualsiasi organo, ma le manifestazioni più gravi, sono quelle a carico dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso centrale, mentre quelle più lievi interessano la cute. In questa fase, la malattia può colpire anche:
- ossa
- stomaco
- fegato
- milza
- polmoni.
Forme di sifilide tardiva
Sono tre le forme di sifilide terziaria:
Sifilide terziaria benigna
Tipicamente si sviluppa tra i 3 e i 10 anni dal contagio, ma è abbastanza rara. Si presenta con formazioni sulla cute, dalla consistenza morbida e gommosa (chiamate appunto gomme), soprattutto sul cuoio capelluto, viso, braccia e gambe. Tuttavia, possono attaccare anche fegato e ossa o altri organi. Se si rompono, formano delle ulcere che, se non trattate, distruggono il tessuto circostante. Guariscono lentamente e lasciano cicatrici.
Sifilide cardiovascolare
Può comparire dopo 10-25 anni dall’infezione iniziale. I batteri infettano i vasi sanguigni connessi al cuore, provocando seri danni al sistema cardiocircolatorio e nei casi più gravi il decesso.
Neurosifilide
Compromette cervello e midollo spinale e si può manifestare in circa il 5% dei soggetti non curati. I sintomi variano da leggeri a più severi (meningite e ictus) e sono:
- mal di testa
- rigidità nucale
- difficoltà di concentrazione
- scarsa memoria
- insonnia
- vista offuscata
- difficoltà nella deambulazione fino alla paralisi degli arti
- disturbi mentali e delirio
- tremori
- dolore alla schiena e alle gambe.
Sifilide: trasmissione madre-feto
Gravidanza
La trasmissione madre-feto può avvenire in qualsiasi momento della gravidanza, ma il rischio aumenta con il progredire della gestazione.
Ciò che conta è lo stadio della sifilide nella mamma:
- nelle donne non trattate, la percentuale di trasmissione madre/feto è del 70-100% in caso di sifilide primaria o secondaria
- del 40-83% in caso di sifilide latente
- del 2,5-10% nella fase tardiva.
La cura con penicillina riduce notevolmente il rischio di trasmissione della malattia, purché l’intervallo tra l’inizio della terapia e il parto sia maggiore di 4 settimane.
Le conseguenze per il feto includono, oltre alla sifilide congenita, anche complicanze come:
- aborto tardivo
- morte del feto in utero
- diminuzione della crescita
- parto pretermine
- mortalità del neonato.
Ogni anno nel mondo, dei circa 12 milioni di nuovi casi di sifilide, due milioni sono donne in gravidanza. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’infezione materna riguarda circa un milione e mezzo di casi di sifilide congenita, morte fetale e basso peso alla nascita.
Sifilide nel neonato
In base al periodo di insorgenza dei sintomi, nel neonato si distinguono:
sifilide congenita precoce (che si manifesta entro i primi due anni di vita) ed è caratterizzata da:
- eruzioni vescicolo-bollose sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi
- lesioni intorno al naso e alla bocca e nella zona del pannolino
- linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi)
- osteocondrite (infiammazione delle ossa)
- rallentamento della crescita
- interessamento del sistema nervoso centrale
- morte per scompenso epatico
sifilide congenita tardiva (che compare dopo il secondo anno di vita) e si caratterizza da:
- lesioni oculari
- sordità
- incisivi di Hutchinson (incisivi più corti del normale)
- piccole lesioni nella zona anale (ragadi).
Diagnosi
La diagnosi si basa su test sierologici con l’obiettivo di individuare la risposta immunitaria dell’organismo in seguito all’infezione. È possibile, quindi, rilevare gli anticorpi IgM dalla seconda settimana dopo il contagio e gli anticorpi IgG dalla quarta in poi.
Alla comparsa dei primi sintomi, la maggior parte dei soggetti è positiva sia alle IgM che alle IgG.
Generalmente i test si distinguono in:
- treponemici: ricerca degli anticorpi diretti contro antigeni specifici del Treponema pallidum e si usano a fini diagnostici
- non treponemici: ricerca di anticorpi prodotti contro le sostanze liberate dai tessuti colpiti dal batterio e servono per valutare l’evoluzione della malattia e la risposta terapeutica.
Come si cura la sifilide
La sifilide si cura con trattamenti a base di antibiotici specifici prescritti dal medico.
La terapia di prima scelta è a base di penicillina e il dosaggio e la durata del trattamento dipendono dallo stadio della malattia e dalla sintomatologia. Invece, per i soggetti allergici alla penicillina, la cura si basa su antibiotici come doxiciclina o l’azitromicina.
Oltre al trattamento antibiotico è necessario:
- astenersi dai rapporti sessuali fino al termine della cura
- la terapia deve essere eseguita da entrambi i partner
- tutti i partner con i quali si ha avuto un rapporto sessuale devono essere avvisati
- l’immunità non è permanente, quindi anche un soggetto guarito può infettarsi nuovamente se esposto al batterio.
Dopo il trattamento, infine, è necessario eseguire periodicamente le analisi del sangue fino alla scomparsa dell’infezione.
Se la cura della sifilide primaria, secondaria o latente ha buon esito, la maggior parte delle persone non presenta più alcun sintomo. Tuttavia, i danni subiti dagli organi interni in caso di sifilide terziaria (cervello o cuore) non sono reversibili.
Prevenzione
La prevenzione si basa su semplici regole per un sesso sicuro:
- corretto e regolare uso del preservativo in tutti i rapporti sessuali occasionali, con ogni nuovo partner o con partner di cui non si conosce lo stato di salute
- ridurre il numero di partner sessuali
- adottare un’adeguata igiene personale
- rivolgersi subito al proprio medico se si ha il dubbio di essersi infettati
- indentificare e avvisare, in caso di infezione, i partner sessuali
- evitare i rapporti sessuali durante il trattamento farmacologico.
Rimedi naturali e dieta
La sifilide si cura soltanto con gli antibiotici, tuttavia grazie a una corretta alimentazione si può aiutare il sistema immunitario a combattere l’infezione. E la natura ci viene sicuramente incontro.
- Aglio: è un valido alleato degli antibiotici, poiché possiede proprietà antibatteriche, antivirali e antimicotiche. Per sfruttare al meglio i suoi benefici è preferibile consumarlo crudo, ma in alternativa si possono acquistare degli integratori a base di aglio in capsule.
- Guava: anche la vitamina C aiuta l’organismo a debellare le infezioni, rafforzando il sistema immunitario e prevenendo le malattie infettive. Un frullato a base di guava (o guayava), un frutto tipico dell’America centrale e dei Caraibi e ricchissimo di vitamina C (4 volte in più rispetto agli agrumi), da bere una volta a settimana, è quindi un valido aiuto per l’organismo.
- Infusi a base di tè verde, artiglio di gatto e liquirizia: sono piante medicinali dalle proprietà antibatteriche e antibiotici naturali. Ma attenzione, chi soffre di ipertensione è meglio che eviti la liquirizia.
Sifilide: cenni storici
L’origine della diffusione della sifilide nel mondo è ancora controversa. Secondo le testimonianze, la malattia fa il suo ingresso in Europa dopo il ritorno di Cristoforo Colombo dalle Americhe. La prima descrizione della malattia, chiamata “grande vaiolo”, risale però all’assedio di Napoli da parte dell’esercito del re di Francia, Carlo VII, nel 1495 e alle battaglie tra francesi e aragonesi per il predominio dell’Italia meridionale.
È quindi in questo periodo che comparve un’epidemia caratterizzata da pustole sui genitali, che nel tempo si diffondevano nel resto del corpo e si ulceravano, e da forti dolori alle ossa. Chi si ammalava, o diventava invalido o moriva, non c’era molta scelta.
Furono perciò i soldati e i mercenari dell’esercito francese a diffondere la sifilide in tutta Europa. I francesi la chiamarono “mal napoletano”, gli italiani “mal franzoso” e gli spagnoli “mal francese”.
L’italiano Gaspare Torrella nel 1497 fu il primo a usare il mercurio per curare la sifilide. Girolamo Fracastoro, invece, nel 1530, nella sua opera “Syphilis sive gallicus”, attribuì un nuovo nome alla malattia: “morbo gallico”.
Tuttavia, dopo il XVI secolo, la denominazione “mal francese” predominò su tutte le altre, fino al XIX secolo in cui il termine “sifilide” divenne predominante.
Fu Philippe Ricord, un medico francese, a dimostrare l’esistenza del batterio, proponendo anche la suddivisione della malattia in tre stadi (primario, secondario e terziario).
Nel 1905, invece, fu il biologo tedesco Fritz Schaudinn che riuscì per primo a isolare il Treponema pallidum.
Con la consulenza della Dott.ssa Laura Anelli, Specialista in Ostetricia e Ginecologia, Responsabile del percorso citologico Asl Roma1, Responsabile di Branca Ostetricia e Ginecologia Asl Roma 1.
Fonti
- MSD.
- ISS Salute.
- La nuova epidemia di sifilide, A. D’Antuono, Università di Bologna.
- Sifilide. Percorsi diagnostici-assistenziali in ostetricia-ginecologia e neonatologia, Gruppo multidisciplinare.
- Istituto Pasteur Italia – Fondazione Cenci Bolognetti, Le infezioni sessualmente trasmesse. Come riconoscerle e prevenirle.
Ti è piaciuto il nostro articolo? Condividilo su Pinterest.