L’invecchiamento è il principale fattore di rischio per lo sviluppo di demenze e di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. L’alterazione del tessuto cerebrale, dovuta ad aggregati proteici che si accumulano nelle cellule neuronali con l’avanzare degli anni, compromette il funzionamento neuronale.
Studiando il cervello del Killifish, un pesce che vive solo pochi mesi (dai 3 ai 12 mesi), i ricercatori della Scuola Normale di Pisa e del Leibniz Institute on Aging – Fritz Lipmann Institute di Jena sono vicini a svelare i meccanismi del decadimento neuronale.
Nello studio pubblicato su Molecular Systems Biology, i ricercatori hanno esaminato i cervelli del Killifish (nome scientifico Nothobranchius furzeri) nelle tre fasce di età: giovani (5 settimane dopo la schiusa), adulti e vecchi (che mostravano cioè segni di ridotta funzionalità cerebrale).
È stato scelto questo organismo non solo perché ha consentito tempi brevi di osservazione, ma anche perché l’invecchiamento provoca nel Killifish cambiamenti patologici simili a quelli umani rendendolo, quindi, perfetto per questo tipo di studi.
I dati raccolti hanno evidenziato una relazione tra invecchiamento e diminuzione dell’attività del proteasoma, una particella citoplasmatica che elimina le proteine danneggiate all’interno della cellula, conservando la “qualità” cellulare.
Che cos’è il proteasoma
Si tratta di un complesso multiproteico che ha il compito di degradare all’interno della cellula sia le proteine anomale, sia quelle normali, la cui concentrazione deve essere accuratamente regolata.
La degradazione delle proteine è un processo importante almeno quanto la loro sintesi. Molti processi cellulari,( ad esempio la regolazione della divisione cellulare e lo sviluppo delle reti neuronali) sono controllati proprio dalla degradazione di proteine specifiche.
Conoscere questo meccanismo è sempre più rilevante, poiché è implicato nelle patologie tumorali, in alcune malattie genetiche e in quelle neurodegenerative.
La ricerca
I pesci che mostravano una riduzione dell’attività del proteasoma avevano una vita più breve rispetto a quelli con un’attività regolare. La difficoltà principale nel comprendere i meccanismi dell’invecchiamento è che molte funzioni cerebrali diminuiscono nel tempo e contemporaneamente.
Ciò rende arduo il compito di ricostruire la concatenazione causa/effetto. Lo studio sulla perdita di funzione del proteasoma può essere un primum movens, ovvero l’origine della catena.
Fonti esterne: Molecular Systems Biology
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