In un campione di donne statunitensi tra i 40 e i 50 anni di età, quelle con alti livelli sierologici di PFAS avevano la probabilità di entrare in menopausa 2 anni prima rispetto alle donne che invece avevano bassi livelli di queste sostanze chimiche nel sangue.
Cosa sono i PFAS
Questa sigla indica le sostanze perfluoroalchiliche, cioè composti organici formati da alcune particolari molecole. Le più utilizzate e studiate sono l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluoroottansolofonico (PFOS).
Queste molecole conferiscono alcune particolari caratteristiche fisico-chimiche, come la repellenza all’acqua o ai grassi, la stabilità termica e la tensioattività.
Motivo per cui, a partire dagli anni ’50, i PFAS sono stati utilizzati come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella formulazione di insetticidi, rivestimenti protettivi, schiume antincendio e vernici.
Inoltre, sono impiegati nella produzione di capi di abbigliamento impermeabili, in prodotti per stampanti, pellicole fotografiche e superfici murarie, e in materiali per la microelettronica.
Infine, sono usati anche per il rivestimento di contenitori per il cibo, come quelli dei fast food, nei cartoni delle pizze da asporto e per le padelle antiaderenti.
Se vuoi saperne di più, ti consigliamo di leggere il nostro approfondimento: Menopausa: cos’è, tipi, cause, sintomi, cura, dieta e alimentazione.
Lo studio americano
Il campione preso in esame dallo Study of Women’s Health Across the Nation (SWAN) Multi-Pollutant Study (MPS) era composto da 1100 donne. Di queste erano state escluse donne con menopausa prematura (prima dei 40 anni) e in menopausa precoce (prima dei 45 anni).
Lo studio suggerisce un legame tra la concentrazione sierologica di alcuni PFAS e una menopausa precoce, un fattore di rischio che può avere delle conseguenza sulle donne.
Infatti, anche pochi anni di anticipo nella menopausa rispetto alla norma (che in media sopraggiunge intorno ai 52-53 anni) possono avere un impatto significativo sulla salute cardiovascolare e delle ossa, sulla qualità della vita e sulla salute in generale.
In effetti dopo la menopausa, le donne sono più a rischio di eventi cardiovascolari. Venendo meno la protezione naturale offerta dagli ormoni femminili, e di osteoporosi.
I “forever chemicals”
Così sono chiamate in America queste sostanze, perché il problema dei PFAS è che non si degradano. Addirittura, si stima che l’acqua del rubinetto di 110 milioni di americani possa essere contaminata da queste sostanze.
Anche in Italia, è stato più volte segnalato da medici e cittadini l’inquinamento di falde e terreni con PFAS. Un caso fra tutti quello del Veneto.
Quindi, i PFAS sono dappertutto e non se ne vanno. Non solo, una volta che entrano nell’organismo, non vengono scomposti, ma si consolidano nel tempo.
Considerando quindi la loro persistenza negli essere umani e i loro potenziali effetti sulla funzione ovarica, è importante aumentare la consapevolezza sulla questione e ridurre l’esposizione a questi agenti chimici.
Anche se l’utilizzo di alcuni PFAS si è andato riducendo nel tempo, in seguito ad alcuni studi che hanno portato in primo piano i danni alla salute e all’ambiente, proprio per la loro capacità di non degradarsi, l’esposizione a queste sostanze è tuttora elevata.
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