Il nostro giro nel Vietnam inizia da Ho Chi Minh City, già chiamata Saigon quando era la capitale del Sud, megalopoli che dalla sua caduta nelle mani dell’esercito del Nord. Infatti, nel 1975, ha superato le prime devastanti conseguenze e oggi si presenta viva e proiettata nel futuro, al pari di tante altre metropoli di quell’area geografica così effervescente.
Il relativo successo odierno, fatto di milioni di abitanti, di altrettante moto sovraccariche in perenne movimento, di grattacieli d’autore e di negozi di lusso affiancati a quelli ipertradizionali, è stato pagato dagli sconfitti con anni di repressione durissima e di carestia.
Ma, negli ultimi due decenni, l’apertura economica di tipo “cinese” ha reso il regime comunista – sempre impermeabile sul piano politico – aperto a concezioni economiche quasi sfrenatamente liberiste.
Tunnel dei Vietcong
In questo senso, fa impressione il confronto, ad appena un’ora di auto da Saigon, con i tunnel di Cu Chi, scavati per centinaia di chilometri a diverse profondità dai Vietcong che “assediavano dall’interno” la capitale. Adesso è facile visitarli insieme a comitive di reduci statunitensi, che tornano qui con le medaglie sul petto e raccontano alle guide turistiche poliglotte, discendenti di coloro che hanno combattuto, la loro versione della Storia …
D’altra parte, non è difficile trovare in qualsiasi bancarella le magliette che immortalano il summit del febbraio 2019 fra Trump e il suo omologo nordcoreano, svoltosi non a caso proprio in un terreno neutrale come il Vietnam.
Insomma, i tempi cambiano e tutti ne prendono atto. Ad esempio, nel centro di Saigon fervono gli scavi della nuova metropolitana, costruita insieme ad altre grandi opere pubbliche, proprio dai giapponesi, che pure all’inizio del Novecento lasciarono pessimi ricordi durante la loro occupazione.
Il Museo che racconta i disastri della guerra
Si mette una pietra sul passato, ma resta il dovere di ricordare. Questa la funzione del “Museo delle conseguenze della guerra” aperto nel centro di Saigon e circondato da decine di aerei e mezzi blindati usati dagli eserciti francese, statunitense e vietnamiti (del nord e del sud).
Il museo descrive da un lato il grande “movimento di solidarietà mondiale per la lotta anticoloniale e antimperialista” del nord comunista. Ma, dall’altro le tragiche e durature conseguenze del napalm e degli altri veleni sparsi in tutto il paese dagli americani. Insomma, una visione chiaramente unilaterale, ma senza dubbio meritevole di essere presentata alle giovani generazioni, che forse non ne hanno mai sentito parlare.
La Saigon coloniale
Non sono scomparsi del tutto, per fortuna, anche edifici del periodo coloniale francese, come l’elegantissimo Palazzo della Posta, col grande salone dominato dal volto del leader Ho Chi Minh (dal quale Saigon ha preso ufficialmente il nome attuale, dopo la caduta).
Di fronte ad esso la Cattedrale, una delle tante chiese cattoliche che vi capiterà di vedere un po’ in tutto il paese. I cattolici, minoranza del 10 per cento, hanno avuto un ruolo molto importante soprattutto nel Vietnam del sud. Tuttavia, questo è un motivo per il quale adesso sono tollerati ma visti ancora con un certo sospetto dal regime.
Invece, nelle pagode si può notare una varietà di divinità e di approcci religiosi che vanno dal taoismo al buddismo. Includono spesso – a conferma del “collateralismo” di queste religioni con il regime attuale – anche la figura quasi sacrale del padre della patria, l’austero e ascetico leader comunista Ho Chi Minh, morto esattamente 50 anni fa.
La visita della metropoli offre anche un primo interessante impatto con la cucina vietnamita, a cominciare dalle eccellenti zuppe, note come pho e ricche di varianti, da quelle con carne di manzo a quelle vegetariane e vegane.
Delta del Mekong
E’ imperdibile una puntata nel Delta del Mekong, l’immenso sbocco del fiume che, dopo aver attraversato per quasi cinquemila chilometri Cina, Birmania, Laos, Thailandia e Cambogia, si getta nel Mar Cinese Meridionale.
Siamo al sud di Saigon, in una vasta area rurale ricca di corsi d’acqua, lungo i quali si svolge gran parte della vita di milioni di vietnamiti. Noi abbiamo visitato, nella zona di Ben Tre, una tradizionale fornace per laterizi e un piccolo impianto per la lavorazione della noce di cocco. Ma sul posto si trova di tutto, comprese le confezioni di un’acquavite “impreziosita” da un certo numero di serpenti!
Tra l’altro, benché girate nelle Filippine, è a queste anse del fiume che si riferiscono le scene più spettacolari di “Apocalypse now”, il celebre film di Francis Ford Coppola sulla guerra del Vietnam.
Meravigliosi frutti tropicali
Il centro di riferimento è Can Tho, con il suo lungofiume dominato, tanto per cambiare, dalla statua di Ho Chi Minh. Da qui si raggiunge a prima mattina un luogo che attira sì molti turisti, ma vive di vita propria, quasi ignaro del fascino che ispira.
Il riferimento può essere Varanasi, in India, dove i riti di purificazione si svolgono sotto gli occhi di migliaia di occidentali, ma nessuno sembra notare la loro presenza.
Mercato galleggiante di Cai Rang
Invece, nel mercato galleggiante di Cai Rang, accade lo stesso fenomeno. Migliaia di barche con merci di ogni tipo, quotidianamente offerte, comprate e vendute da decine di migliaia di vietnamiti di ogni età, in una versione fluviale dei grandi mercati che si visitano in tutto il paese.
Uova, polli, verdure, stoffe e bevande, tutto passa di mano e viene consumato o portato a casa, come i meravigliosi frutti tropicali dei vicini frutteti, aperti al pubblico per deliziosi assaggi di:
- mango
- papaya
- jackfruit
- dragonfruit.
Antica casa di Binh Thuy
Più familiare a noi spettatori occidentali è l’antica casa di Binh Thuy, a poca distanza. Il film è di quasi trent’anni fa, ma viene riproposto spesso in tv: “L’amante” di Jean-Jacques Annaud , tratto dall’omonimo “scandaloso” romanzo in parte autobiografico di Marguerite Duras.
Inoltre, l’abitazione del giovane amante cinese della protagonista è visitabile, anche se da vicino fa meno effetto che nel film!
La religione caodaista
Lungo la strada che ci riporta a Saigon, ci fermiamo in un tempio dov’è in corso una cerimonia funebre insolita.
Ma ancor più insolito è il “pantheon” espresso dagli affreschi sulle pareti. Un sincretismo “glocal” che accomuna divinità e pensatori orientali a ebraismo, cristianesimo e perfino islamismo, con l’obiettivo di creare un culto originale ed esclusivo del Vietnam.
Si tratta del Cao Dai, un movimento religioso fondato proprio in questa zona nel 1926. Può sembrare una bizzarria, ma questo culto coinvolge ancor oggi 7-8 milioni di vietnamiti. Pur essendo ufficialmente fautore della non-violenza, aveva dato vita a una milizia molto ben organizzata nei tempestosi decenni della guerra contro i francesi.
L’antica capitale Hue
Uno degli snodi fondamentali della guerra fra gli Stati Uniti e il Vietnam del Nord fu Hue, capitale fra il 1802 e il 1945.
Città meravigliosa sotto la dinastia Nguyen, fu poi duramente colpita durante la guerra proprio per la vicinanza al confine fra nord e sud. Ma, da qualche anno, è sottoposta a un’accurata ricostruzione che l’ha fatta entrare nel Patrimonio Unesco.
Di grande fascino è la “Cittadella” con all’interno la “Città proibita”, una versione ridotta ma molto bella di quella che tutti hanno visto nel film “L’ultimo imperatore” (o di persona a Pechino).
Sale e cortili immensi che si susseguono creando effetti prospettici, legni scolpiti e laccati. Ci sono gruppi di turisti che si mescolano a scolaresche vietnamite soprattutto femminili, caratterizzate dagli splendidi ao dai, sorta di eleganti spolverini dai colori sgargianti. Un luogo che per fortuna sta tornando all’antico splendore.
A poca distanza, sulla riva del Fiume dei Profumi, il complesso della “Pagoda della Signora Celeste”, si può iniziare una breve navigazione fluviale fino al villaggio di Thuy Bieu. Questo villaggio è un’ esempio di turismo sostenibile nel quale si gira in bici fra le botteghe dei pittori e degli artigiani dell’incenso.
Hoi An e i templi di My Son
Tappa successiva, Hoi An. Città molto graziosa ma un po’ troppo turistica, a sua volta Patrimonio Unesco e molto interessante anche sul piano gastronomico.
Con qualche sforzo fisico per il clima caldo-umido, il Santuario di My Son, dove lavorano anche gli archeologi italiani impegnati a far rivivere questi templi di tipo “cambogiano”, risalenti al lungo periodo della dinastia Cham (dal V al XIII secolo d.C.).
Tuttavia, Hoi An rischia di diventare una sorta di luna park, con le file di turisti che tentano di attraversare il Ponte Giapponese (coperto), di acquistare le piccole lanterne vanto dell’artigianato locale. Puoi anche trovare posto nei ristoranti alla moda, come quelli dello chef Duc, riuniti nella catena Mango (www.mangohoian.com ). I suoi piatti si iscrivono nella tradizione vietnamita, con in più la leggerezza e l’eleganza della presentazione tipiche della cucina fusion.
L’incredibile sviluppo di Da Nang
La partenza da Hoi An verso il nord avviene dall’aeroporto di Da Nang, città sul mare che ebbe un ruolo strategico fondamentale durante la guerra.
Ora ha deciso di sfruttare il suo lunghissimo litorale con una mega-lottizzazione che nel giro di pochi anni, se non mesi, rischia di rendere la città irriconoscibile.
Lungo il chilometrico lungomare stanno sorgendo, a tappe forzate, grattacieli che ospitano hotel e residence di lusso, con testimonial del calibro di Cristiano Ronaldo.
Via di mezzo fra la Cina e Dubai
Una via di mezzo fra la Cina e Dubai, tanto per capirci, che ha come target i nababbi di quella parte del mondo che va dall’India alla Cina e al Giappone, senza trascurare lo stesso Vietnam.
Non ci sarebbe da stupirsi se nel giro di qualche anno questa località, per riempire le centinaia di nuovissimi hotel, entrasse nel giro dei gran premi motoristici, dei match di pugilato, e magari dei campionati mondiali degli sport più popolari!
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