Sommario
Il post parto è quel periodo che inizia dopo il parto (nello specifico dopo il “secondamento” cioè l’espulsione della placenta) e termina nelle 2 ore successive. In questo periodo, i cambiamenti fisici ed emotivi determinano il passaggio dallo stato di gravidanza a quello di puerperio.
È un momento, bellissimo, delicato, ma anche difficile, in cui la mamma inizia a conoscere e a prendersi cura di suo figlio, con tutte le domande e i dubbi che questa esperienza porta con sé.
Ecco cosa accade alla donna e al suo bambino nel periodo del post parto, cioè nelle 2 ore successive al secondamento, e come affrontare al meglio le prime settimane di vita insieme.
Post parto: che cos’è
Il periodo successivo al parto, chiamato post parto, è quel lasso di tempo che inizia subito dopo il parto e termina nelle 2 ore successive.
Le due ore che seguono l’espulsione della placenta (secondamento) sono il periodo in cui la donna deve seguire un più stretto monitoraggio, per un maggior rischio di complicanze.
Il puerperio, invece, è definito come il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno dell’apparato genitale alle condizioni anatomo-funzionali pregravidiche: convenzionalmente si assegna a tale periodo una durata di 6 settimane.
Il post parto è caratterizzato da una serie di cambiamenti radicali che avvengono nell’organismo della donna nel passaggio, drastico, dallo stato gravidico a quello puerperale.
Post parto: cosa accade in ospedale
I controlli alla mamma
Dopo la nascita del bambino, la mamma viene monitorata dal personale ospedaliero generalmente per le due ore successive al parto poiché, come già detto, sono le ore durante le quali è presente un rischio maggiore di complicanze.
Si tengono sotto controllo la temperatura e il polso che, solitamente, comincia a tornare alla normalità nelle prime 24 ore.
Tuttavia, la temperatura può aumentare leggermente nelle prime ore dopo il parto per rientrare poi nella norma in pochissimi giorni. Un altro parametro a cui i medici prestano particolare attenzione è il sanguinamento.
Post parto: sanguinamento
Dopo l’espulsione della placenta, l’utero, in modo fisiologico, comincia a contrarsi per evitare il sanguinamento eccessivo e per tornare alle dimensioni precedenti la gravidanza.
Questo fenomeno è chiamato formazione del “globo di sicurezza”.
Però, può capitare che le contrazioni uterine non siano efficaci. In questo caso, la neo mamma può presentare un sanguinamento che verrà prontamente trattato dal personale sanitario. Le cause del sanguinamento, oltre la mancata contrazione dell’utero (definita atonia uterina), possono essere: la presenza di lacerazioni, un non ottimale secondamento o un problema della coagulazione.
In tutti questi casi è compito del personale sanitario, con un monitoraggio accurato, identificare e trattare la causa. Se la perdita di sangue è importante, prima di tornare a casa viene eseguito un emocromo per verificare che la puerpera non sia anemica.
Minzione
Generalmente si verifica un’aumentata produzione di urina che risulta essere un fatto solo temporaneo ma coincide con una possibile riduzione del controllo dello sfintere vescicale.
Si consiglia quindi alla neo mamma di urinare regolarmente, almeno ogni quattro ore. In questo modo, si evita di riempire eccessivamente la vescica, prevenendo infezioni ed eventuali perdite.
Tuttavia, se la neo mamma non riesce a urinare da sola, evento piuttosto raro, si applica un catetere nella vescica così da poterla svuotare. Il personale ospedaliero cercherà di evitare un catetere a permanenza (ovvero che rimane nella vescica per un certo periodo di tempo) in quanto aumenta il rischio di infezioni.
Dopo il parto, l’organismo elimina l’acqua ritenuta durante la gravidanza. Ecco perché la neomamma avverte spesso il bisogno di urinare.
Post parto e movimento
La neomamma deve riprendere al più presto le normali attività fisiche e per questo viene invitata dalle infermiere ad alzarsi subito dopo il parto e a camminare il prima possibile.
Nel periodo del puerperio, teoricamente, la neomamma potrebbe dedicarsi allo svolgimento di semplici esercizi volti a rafforzare la muscolatura addominale.
La verità è che, appena partorito, la puerpera è affaticata e presa dalle mille novità che si trova ad affrontare.
In particolare, per chi ha subito un parto cesareo, che è un vero e proprio intervento chirurgico, è meglio avvicinarsi a una blanda attività fisica solo dopo 6-8 settimane (nel migliore dei casi).
Differente è il discorso per quanto riguarda gli esercizi per il pavimento pelvico. Questi esercizi possono essere fatti già dopo il parto e permettono di evitare o controllare un’eventuale incontinenza urinaria.
Post parto: che controlli si fanno ai neonati?
Per il neonato, affrontare la vita extrauterina determina cambiamenti enormi. Il più importante è il passaggio dalla circolazione sanguigna fetale a un sistema circolatorio autonomo.
Quando il piccolo è nell’utero, infatti, il sangue passa dal cordone ombelicale senza interessare i polmoni. Inoltre, è la placenta a svolgere la maggior parte del lavoro che poi sarà eseguito dal fegato e dai reni del bambino, quindi questi organi non sono particolarmente irrorati di sangue.
Dopo la nascita, il primo respiro del bambino provoca cambiamenti di pressione nel sistema circolatorio, che fanno sì che il sangue arrivi anche ai polmoni, al fegato e ai reni. Allo stesso tempo, i vasi sanguigni che non servono più (in particolare quelli del cordone ombelicale) collassano e vengono eliminati.
Il bambino è pronto per la sua vita autonoma, fuori dal corpo della mamma.
Il test di Apgar
A causa di queste trasformazioni, subito dopo la nascita, il neonato viene sottoposto a una serie di controlli per verificare le sue condizioni e assicurarsi che tutto sia nella norma.
Tra questi, un esame per valutare la vitalità del neonato secondo la scala di Apgar.
Per ogni parametro, viene assegnato un punteggio da 0 a 2. La valutazione viene ripetuta dopo 5 minuti, quando il neonato ha avuto il tempo di adattarsi al mondo esterno e ha ricevuto le prime cure: di solito, neonati che hanno un punteggio scarso al primo esame, superano con 9-10 punti il secondo.
Oggetto di valutazione sono:
- Battito cardiaco: se è assente, vengono assegnati 0 punti, se è inferiore o superiore a 100 battiti al minuto, 1 o 2 punti.
- Respirazione: se il bambino non respira, il test assegna 0 punti, se ha una respirazione irregolare, 1 punto, se invece la respirazione è regolare, 2 punti.
- Colorito: se il bambino è cianotico, il test assegna 0 punti, 1 o 2, se è cianotico solo alle estremità o ha un colorito roseo.
- Tono muscolare: può essere debole (0 punti), scarso (1 punto) o attivo (2 punti).
- Risposta riflessa: può essere assente (0 punti), oppure il bambino può emettere un piagnucolio (1 punto) o proprio un pianto (2 punti).
Gli altri esami per capire se il neonato sta bene
Subito dopo la nascita, il neonato viene sottoposto anche ad altri controlli: si verifica che il palato sia ben formato e che le articolazioni della mandibola e dell’anca siano regolari. Inoltre, il bambino viene pesato e si procede alla misurazione della circonferenza del capo e della lunghezza, dalla testa ai piedi.
Con una lieve palpazione dell’addome, si controlla anche la funzionalità degli organi interni, come fegato e milza. Vengono esaminate anche le ossa craniche, per valutarne lo stato di sviluppo.
Che succede se il neonato ha bisogno di cure speciali
Ci sono casi in cui i neonati hanno bisogno di cure speciali: quando sono prematuri, cioè nati prima del termine, e quando sono immaturi, cioè più piccoli rispetto al periodo di sviluppo.
In entrambe le situazioni, alla nascita il piccolo può presentare una condizione di sottopeso, difficoltà respiratorie, ipoglicemia, e ha quindi bisogno di un’assistenza specifica.
Anche i bambini che, appena nati, hanno l’ittero necessitano di specifiche terapie, se questa condizione non è fisiologica, ma patologica. Ecco come vengono affrontate le principali problematiche del neonato subito dopo il parto.
Termoregolazione carente
I bambini sottopeso, dopo la nascita, non riescono a regolare la loro temperatura corporea a causa della scarsa presenza di grasso sottocutaneo.
Spesso soffrono di ittero, hanno problemi di alimentazione e sono più soggetti a infezioni.
Questi bambini vengono quindi tenuti nell’incubatrice per compensare, con una fonte artificiale di calore, la loro difficoltà a regolare autonomamente la temperatura del corpo.
Difficoltà respiratorie
I bambini prematuri e quelli nati sottopeso possono soffrire di apnea nei primi giorni dopo la nascita: per questo possono essere adagiati su un materasso che emette un segnale di allarme se il respiro si ferma.
Se accade, basta di solito un piccolo stimolo perché il bimbo ricominci a respirare. Molti bambini prematuri possono avere una carenza di agenti tensioattivi nei polmoni: si tratta di agenti che riducono la tensione superficiale dei polmoni, permettendo loro di espandersi e contrarsi senza collassare.
Il bambino che ha una carenza di tensioattivi presenta una sofferenza respiratoria. In questo caso, è utile somministrargli ossigeno per aiutarlo a respirare.
Ipoglicemia
Il bambino può essere in stato di ipoglicemia (poco zucchero nel sangue) se è prematuro o sottopeso, se la mamma è diabetica o se il parto è stato difficile.
L’ipoglicemia può accompagnarsi a difficoltà respiratorie, agitazione o, al contrario, apatia. In questo caso, si interviene con un’alimentazione abbondante (per via endovenosa o con un recipiente, a seconda della settimana di gestazione in cui è avvenuto il parto) e con l’eventuale somministrazione di glucosio per fleboclisi.
Ittero fisiologico
L’ittero si riconosce dalla colorazione giallastra della pelle, delle sclere e delle mucose del bambino. La causa è un aumento nel sangue dei valori della bilirubina, sostanza dal caratteristico colore giallo che deriva dal metabolismo dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi.
A volte il fegato non è in grado di smaltirla abbastanza velocemente, quindi si accumula nel sangue.
Per la maggior parte dei neonati l’ittero è una manifestazione fisiologica che appare il secondo giorno di vita e scompare nell’arco di una settimana, anche se nei prematuri può durare fino a 15 giorni.
In caso di ittero fisiologico, non c’è da preoccuparsi o impostare terapie, basta aspettare che il problema si risolva spontaneamente: per aiutare il neonato a smaltire la bilirubina in eccesso, è utile mantenerlo ben idratato somministrandogli liquidi.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sull’ittero.
Ittero patologico
L’ittero, però, può essere anche di natura patologica. Esiste un tipo di ittero, detto emolitico, causato da una incompatibilità da fattore Rh (mamma Rh negativa e figlio Rh positivo) o da gruppo sanguigno AB0 (cioè mamma con gruppo sanguigno zero e bambino con gruppo A o B).
In questi casi, la mamma produce anticorpi che si legano ai globuli rossi del bambino provocandone la distruzione (chiamata emolisi) e facendo così aumentare la bilirubina prodotta.
In caso di ittero patologico, è importante intervenire perché, se i valori di bilirubina superano una certa soglia (circa 20 – 25 mg per decilitro), questa sostanza potrebbe depositarsi in alcune zone del cervello e causare problemi neurologici, anche a distanza di tempo.
Il primo trattamento è rappresentato dalla fototerapia, cioè l’emissione di un particolare fascio luminoso che aiuta la degradazione della bilirubina, che quindi viene eliminata più facilmente con l’urina. Questo trattamento deve essere eseguito finché la bilirubina non scende sotto la soglia di rischio, quindi la degenza in ospedale può prolungarsi per qualche giorno.
Nel caso in cui la fototerapia non si riveli efficace, si ricorre alla cosiddetta exsanguinotrasfusione, che rimuove la bilirubina e gran parte dei globuli rossi ricoperti da anticorpi della madre e li sostituisce con quelli provenienti dal sangue di donatori di gruppo 0 Rh-negativo.
Post parto: istinto materno
Le prime ore dopo il parto sono importantissime per la formazione di quello che gli specialisti definiscono il legame speciale tra mamma e bambino.
Un legame che inizia a costruirsi già in gravidanza, ma che si realizza pienamente da quando la neomamma vede per la prima volta, tiene accanto a sé e stringe il suo bambino, quindi nelle prime ore e settimane dopo la nascita.
Tecnicamente, questo legame si chiama “bonding”: si tratta di una relazione basata molto sul contatto fisico, che è influenzata dall’assetto ormonale della mamma durante e dopo il parto ma che può anche essere favorita da alcune circostanze.
È positivo, per esempio, che nelle prime ore dopo la nascita mamma e bambino possano stare a contatto pelle a pelle, osservarsi e imparare a conoscersi.
Molti studi hanno dimostrato i benefici, sia relazionali che fisiologic,i dati dal contatto fisico tra il neonato e il corpo della sua mamma: i bambini nati a termine, tenuti a contatto pelle a pelle con la madre per i primi novanta minuti dopo il parto, mostrano un migliore adattamento termico e un più alto livello glicemico rispetto a quelli tenuti in culla.
Allo stesso modo, se il neonato viene separato dalla madre e portato al nido subito dopo il parto, tenderà a piangere molto di più e a manifestare segnali di stress (pianto, livelli più elevati di cortisolo, l’ormone dello stress).
Ecco alcune delle pratiche che favoriscono lo sviluppo del legame mamma-bambino e che gli ospedali dovrebbero cercare di adottare sempre più spesso subito dopo il parto:
- Mettere il bambino appena nato sulla madre, pelle a pelle.
- Attaccare il bambino al seno già in sala parto.
- Permettere alla mamma di averlo vicino durante il giorno e la notte, invece di tenerlo al nido.
Post parto: allattamento al seno
È consigliabile attaccare prima possibile il bambino al seno. In questo modo potrà godere dei benefici del colostro, una sostanza che gli fa da barriera e lo protegge dalle aggressioni dei batteri.
Il colostro: cos’è
La secrezione del colostro comincia, in genere, il secondo giorno dopo il parto: si tratta del primo latte prodotto dalla mamma, che è molto importante per il neonato.
Infatti, il colostro ha delle caratteristiche speciali rispetto al latte perché:
- Contiene più minerali, aminoacidi, proteine.
- Contiene cellule del sistema immunitario.
- Ha meno zucchero e grasso.
La produzione di latte: gli ormoni e il riflesso ossitocinico
La prolattina
La produzione di latte è influenzata dagli ormoni della mamma, ma in grande misura anche dalle poppate del neonato.
Tra gli ormoni che entrano in gioco c’è la prolattina, che stimola le cellule delle ghiandole mammarie a produrre latte, è sintetizzata dall’ipofisi (una ghiandola che si trova nel cervello) e i cui livelli dipendono da un meccanismo riflesso legato alla suzione (riflesso prolattinico).
In pratica, più il bambino succhia, più prolattina viene prodotta. Per assicurarsi un’adeguata produzione di latte, i livelli di prolattina devono essere mantenuti alti. Soprattutto alle prime poppate, è necessario che il neonato sia attaccato spesso e che sia lui a regolare la durata della poppata, staccandosi spontaneamente.
Ossitocina
L’ossitocina, invece, l’ormone che provoca le contrazioni dell’utero durante il travaglio, dopo la nascita viene stimolata dal bambino che, succhiando, attiva degli impulsi nervosi che arrivano al cervello della mamma.
Questo determina il cosiddetto riflesso ossitocinico, che provoca la contrazione delle cellule che circondano gli alveoli, favorendo la fuoriuscita del latte.
Proprio il riflesso ossitocinico può far sì che il latte fuoriesca dal capezzolo anche al solo pensiero di allattare o appena la mamma prende in braccio il bambino.
Questo riflesso può, invece, essere inibito da situazioni negative. Per esempio se la mamma prova dolore (in caso di ragadi al seno) o è stressata o imbarazzata. Un ambiente sereno e rilassante è quindi importante per favorire il benessere della mamma e di conseguenza una poppata soddisfacente per il bambino.
Quante volte al giorno allattare?
E’ importante allattare il neonato a richiesta, attaccandolo ogni volta che ha fame, prima a un seno e poi all’altro. In genere, i neonati mostrano segni di fame dalle 8 alle 12 volte nel corso delle 24 ore e possono restare attaccati al seno anche per un’ora.
Molti bambini, nelle prime 4-6 settimane di vita, vorrebbero sempre continuare a succhiare, ma il contenuto nutritivo del latte viene assorbito nei primi 5-7 minuti. Poppate brevi e frequenti, col bimbo che tra l’una e l’altra si appisola, sono l’ideale sia per lui che per la mamma.
Se un neonato fa meno di otto poppate nell’arco delle 24 ore, è probabile che stimolerà poco la prolattina. Anche l’uso del ciuccio, nelle prime settimane, potrebbe ridurre la frequenza delle poppate e quindi la produzione di prolattina.
I medici raccomandano l’allattamento al seno per almeno 6 mesi: trascorso questo tempo si può continuare ad allattare cominciando però ad introdurre alcuni alimenti adatti al primissimo svezzamento.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sull’allattamento.
Post parto: il ritorno a casa
Prima di lasciare l’ospedale, la neo mamma si sottopone a una visita medica. Se sia lei che il neonato stanno bene, generalmente tornano a casa dopo 24/48 ore dal parto.
Per le donne che hanno avuto un parto vaginale senza anestetici di alcun tipo e se e non è stata effettuata l’episiotomia, il ritorno a casa può avvenire anche prima delle 24 ore successive al parto.
Tutte le neo mamme vengono però informate dal ginecologo che le ha assistite sui cambiamenti che subirà il loro corpo e sulle misure da adottare man mano che tutto l’organismo ritorna alle condizioni precedenti la gravidanza. Inoltre, si programmano visite di controllo.
Con la consulenza di Flavia Costanzi, medico chirurgo in formazione specialistica in Ginecologia ed Ostetricia.