Sommario
Il parto indotto è una tecnica medico-ostetrica di grande importanza perché permette di far nascere il bambino quando ancora il travaglio fisiologico non è iniziato o quando sono necessari tempi rapidi per evitare complicanze o problematiche a fine gravidanza.
Generalmente si pratica quando le 41 settimane vengono superate (dipende dal protocollo del singolo ospedale, in genere tra la 41esima e la 42esima settimana) e può comunque garantire alla mamma un parto vaginale senza dover fare ricorso al parto cesareo.
Parto indotto in Italia
In Italia, secondo alcuni dati statistici, il parto indotto trova impiego nel 20-25% delle gravidanze e rappresenta uno degli interventi di ostetricia e ginecologia più attuati.
Parto indotto: cos’è
Per parto indotto si intende l’induzione del travaglio con metodi artificiali. L’obiettivo è quello di indurre un travaglio attivo al fine di far nascere il bambino prima che si possano presentare complicanze, sia per la mamma che per il piccolo, dovute alla permanenza del feto nell’utero.
Ricordiamo che la durata di una gravidanza viene fissata mediamente sulle 40 settimane ma in realtà il parto è considerato fisiologico quando avviene tra la 38esima e la 42esima settimana.
Il parto indotto è una procedura delicata che il medico valuta sempre con estrema attenzione per capire quale sia il reale rapporto rischi – benefici.
Parto indotto: quando si esegue
Il parto indotto viene eseguito solo quando si verificano determinate situazioni che possono mettere in pericolo mamma e bambino se non si interviene “forzando” la nascita. Le più comuni sono:
- gravidanza oltre il termine
- Rottura anticipata delle acque.
- Anomalie a carico della placenta.
- Restrizione della crescita fetale.
- Alterazioni del liquido amniotico.
Ci sono poi situazioni in cui si ricorre al parto indotto per motivi non direttamente connessi alla gravidanza, come:
- obesità.
- Diabete.
- Malattia renale cronica o colestasi gravidica.
- Disordini ipertensivi.
Tuttavia l’induzione del parto è una metodica che può essere scelta indipendentemente dalla presenza di patologie. Per esempio può rivelarsi utile per:
- le donne incinte che vivono distanti da un centro ospedaliero attrezzato per il parto.
- Donne incinte che hanno necessità di partorire prima di un determinato momento della loro vita.
Gravidanza oltre il termine
Quando la gravidanza supera le 42 settimane (2 oltre il termine considerato “normale”) e il travaglio non parte o è inefficace, il rischio è che il feto cresca troppo, o che la placenta non sia più in grado di dare i necessari nutrimenti.
Rottura anticipata delle acque
Generalmente quando si rompono le acque si avvia naturalmente il travaglio. Può però accadere che ciò avvenga prima del previsto. Se la rottura delle acque avviene molte ore prima che si avvii il travaglio, mamma e bambino, in questo lasso di tempo, sono a rischio di infezioni.
Se invece la rottura prematura delle acque avviene qualche settimana prima del termine stabilito, è possibile che il parto sia pretermine, ovvero abbiamo la nascita prematura del bambino.
Anomalie della placenta e del liquido amniotico
Le anomalie della placenta possono essere di vario tipo. Si può ad esempio verificare che:
- il contenuto del liquido amniotico sia esiguo, tanto da mettere a rischio la salute del feto, o troppo abbondante (Oligoamnios – Polidramnios).
- Distacco della placenta. Questo evento può anche mettere in pericolo la vita della mamma e del bambino. Generalmente causa un’emorragia importante prima del parto.
- Infezione intra-amniotica, ovvero l’infezione di una delle membrane fetali.
- Si deteriori la placenta: questa “invecchia” precocemente e non svolge più le sue funzioni vitali per il feto e dunque spesso il feto inizia a crescere di meno.
- Pre-eclampsia: una patologia che provoca nella futura mamma la presenza di 3 patologie: ipertensione, edema e proteinuria. Se non trattata, può diventare eclampsia, una grave emergenza ostetrica.
- Ritardo della crescita del feto: è una condizione patologica che si verifica quando il feto non è abbastanza sviluppato per l’età gestazionale che sta vivendo.
Parto indotto: preparazione
Prima di eseguire il parto indotto, il ginecologo deve stabilire la reale idoneità della futura mamma e verificare che ci siano dei parametri che permettano il ricorso a questa procedura.
I parametri che vengono presi in considerazione sono lo stato di salute generale della madre e del feto e:
- l’età gestazionale del feto e le sue dimensioni reali
- Posizione del bambino nell’utero.
- Attenta valutazione del collo uterino.
Solo valutando con attenzione questi parametri, il ginecologo è in grado di capire il rapporto rischi – benefici del ricorso al parto indotto.
Come scegliere le tecniche del parto indotto
Le tecniche di attuazione del parto indotto a disposizione di ginecologi e ostetrici sono molteplici: la scelta di una o dell’altra tecnica, operata esclusivamente dal medico, dipende sostanzialmente dal motivo che rende necessaria l’induzione del parto.
Generalmente il parto indotto termina con un parto vaginale che però, in determinate situazioni, può trasformarsi in parto vaginale operativo (per esempio con l’utilizzo della ventosa) o in parto con taglio cesareo.
Il parto indotto, indipendentemente dalla tecnica che il ginecologo ritiene più opportuna, può richiedere l’anestesia epidurale in quanto le contrazioni provocate potrebbero essere più dolorose e forti rispetto a quelle che si provano con il parto naturale.
Tecniche del parto indotto
Ecco le tecniche che vengono utilizzate dai ginecologi per indurre il parto:
- scollamento delle membrane.
- Maturazione della cervice con metodi meccanici o con terapia medica con prostaglandine.
- Amnioressi/amniorexi.
- Somministrazione intravenosa di ossitocina.
Scollamento delle membrane
Nel parto naturale, la dilatazione dell’utero è preceduta dalla maturazione della cervice uterina. Per stimolare la maturazione della cervice che conduce poi alla dilatazione dell’utero, vengono utilizzati:
- prostaglandine sintetiche, somministrate per bocca o, sotto forma di gel, direttamente nella vagina.
- Dilatatore meccanico, simile ad un catetere di Foley. Questo è composto da un tubicino che ha all’estremità un palloncino gonfiabile. Il ginecologo inserisce l’estremità con il palloncino nel canale cervicale e poi inietta una soluzione salina che fa gradualmente gonfiare il palloncino. Questo, gonfiandosi, allarga le pareti della cervice.
Amnioressi
Per amnioressi si intende la rottura volontaria delle acque. Per eseguire questa operazione, il ginecologo incide il sacco amniotico con un piccolo gancio di plastica. Questa incisione provoca la perdita di liquido amniotico dalla vagina. Prima e durante l’amnioressi, il medico tiene sotto controllo, tramite monitoraggio, il feto, in quanto potrebbe subire delle variazioni del ritmo cardiaco.
Ossitocina
L’ossitocina è un ormone che la donna, al termine della gravidanza, produce naturalmente proprio per stimolare le contrazioni e il travaglio. Per indurre il parto viene spesso utilizzata l’ossitocina sintetica che induce le contrazioni in modo artificiale. Anche in questo caso è necessario monitorare continuamente il battito del feto.
Quanto dura il parto indotto
Molto dipende dal grado di maturazione della cervice.
In caso di grave immaturità possono volerci anche giorni prima che il travaglio vero e proprio abbia inizio.
Al contrario, se la cervice è abbastanza matura, un’induzione può rapidamente dare il via al travaglio.
Con l’ossitocina ci vogliono generalmente 4-5 ore, mentre se vengono utilizzate le prostaglandine, queste vengono lasciate agire per 12 ore.
La rottura delle acque o lo scollamento delle membrane, dovrebbero dare inizio al travaglio nel giro di poco tempo, ma si tende comunque ad aspettare 12 ore prima di capire se è necessario provare con un altro metodo oppure passare direttamente al taglio cesareo.
Rischi
Come abbiamo detto, il parto indotto è una procedura delicata, che può comportare dei rischi per la mamma e per il bambino. E’ per questo che i medici devono sempre valutare in anticipo il rapporto rischi/benefici.
Tra i rischi connessi al parto indotto abbiamo:
- taglio cesareo: in alcuni casi il parto indotto può non concludersi con un parto vaginale ma con il taglio cesareo, un vero e proprio intervento chirurgico non scevro da rischi e complicanze.
- Nascita prematura del bambino: accade a tutte le donne che devono essere sottoposte a parto indotto ma che non hanno portato a termine la gravidanza. Uno dei disturbi più comuni tra i bambini nati prematuri è il distress respiratorio: si tratta di una patologia polmonare tipica dei neonati prematuri, nella quale gli alveoli polmonari non rimangono aperti, a causa dell’assenza o della carenza di una sostanza che li riveste, chiamata surfattante. La maturazione polmonare generalmente si determina dopo la 35esima settimana.
- Riduzione del ritmo cardiaco del bambino: alcuni medicinali utilizzati per indurre il parto hanno, come possibile effetto collaterale, la riduzione della frequenza cardiaca fetale e il calo dell’apporto di ossigeno che la madre destina al feto: per questo è importante monitorare l’attività cardiaca fetale.
- Rischio di infezioni per la mamma e per il bambino.
- Prolasso del cordone ombelicale: una situazione che si verifica quando il cordone ombelicale scende nel canale cervicale prima della testa del bambino riducendogli così l’apporto di ossigeno.
- Emorragia post-partum causata dalla mancanza di contrazioni spontanee delle pareti muscolari dell’utero.
Controindicazioni del parto indotto
E’ controindicato a chi:
- ha già subito un taglio cesareo
- Presenta la placenta previa
- Se il feto è in posizione trasversale
- Ha un’infezione da herpes simplex genitale
- In caso di precedente rottura uterina
- Ha un carcinoma invasivo della cervice
- Qualsiasi situazione di grave compromissione delle condizioni fetali.
Fondamentalmente le controindicazioni all’induzione coincidono con quelle in cui è controindicato il parto vaginale.
In collaborazione con la Dott.ssa Flavia Costanzi, medico chirurgo in formazione specialistica in Ginecologia ed Ostetricia.
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