Lavorare, nella vita, è fondamentale. Oltre a un ritorno economico, avere un impiego comporta tutta una serie di benefici. Soprattutto psicologici, legati all’autostima e all’inclusione sociale. Ma quanto bisogna lavorare per stare veramente bene?
Se lo sono chiesto i ricercatori delle Università di Cambridge e Sanford, che hanno deciso di definire un corretto “dosaggio” di lavoro per un benessere mentale ottimale.
Lo studio delle Università
Monitorando per dieci anni le ore di lavoro svolte, il benessere mentale e la soddisfazione per la propria vita di oltre 70 mila abitanti del Regno Unito, hanno scoperto che la dose più “efficace” è di un solo giorno alla settimana. Otto ore, o meno, sono ottimali per il benessere mentale delle persone.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Social Science and Medicine, rivela che, quando le persone passano da una condizione di disoccupazione o lavoro casalingo a una di lavoro pagato da8 ore (o meno) alla settimana, il rischio di problemi di salute mentale si riduce fino al 30%.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che non ci sono prove a conferma del fatto che più di otto ore forniscano stimoli maggiori in termini di benessere. Così, un impiego standard, da 37 a 40 ore settimanali, non dà differenze sostanziali per la salute mentale.
Bisogna ripensare il lavoro
Secondo gli scienziati, questa scoperta potrebbe portare a una rimodulazione del lavoro, complice anche l’evoluzione, sempre più automatizzata, di tutta una serie di impieghi.
Nei prossimi decenni – ha detto la dott.ssa Daiga Kamerāde, prima autrice dello studio della Salford University – potremmo vedere l’intelligenza artificiale, i big data e la robotica che sostituiscono gran parte del lavoro retribuito attualmente svolto dagli esseri umani. Le nostre scoperte sono un passo importante nel pensare a quale potrebbe essere la quantità minima di lavoratori retribuiti in un futuro con poco lavoro da fare.
Le differenze significative, spiegano ancora gli autori, si hanno soltanto tra chi il lavoro retribuito lo ha e chi invece è disoccupato. La settimana lavorativa, quindi, potrebbe essere notevolmente ridotta senza effetti negativi sulla salute mentale e sul benessere dei lavoratori.
Secondo il team sarebbe possibile prevedere un lavoro limitato per tutti, con weekend di cinque giorni, due ore di lavoro quotidiano e vacanze annuali da settimane a mesi.
Ciò potrebbe migliorare l’equilibrio con la vita privata, aumentare la produttività e ridurre le emissioni di anidride carbonica dovute al pendolarismo. Ma c’è un’unica clausola.
La qualità del lavoro – conclude la dott.ssa Daiga Kamerāde – sarà sempre cruciale. I posti di lavoro in cui i dipendenti non sono rispettati o hanno contratti poco sicuri o a zero ore non offrono gli stessi benefici al benessere, né sono suscettibili di farlo in futuro.